RISORSE:

Le parole contano. Perché le idee contano. Particolarmente le idee teologiche. Ci sono poche parole teologiche che hanno, nella storia della chiesa, significato più grande della parola: giustizia.

È la radice di giustificazione – secondo Calvino la dottrina che è il cardine su cui s’impernia la fede. Ma c’è un fondamento ancor più profondo alla dottrina della giustificazione: la giustizia di Dio.

Questa fu il suo motivo per offrire suo Figlio come propiziazione per i nostri peccati: che Egli sia giusto e il giustificatore di quelli che hanno fede in Gesù (Ro. 3:26). Con questo profondo significato storico e teologico al cuore stesso del vangelo, è difficile immaginare che un’organizzazione evangelica conservatrice chiamata The Gospel Coalition possa fare alla carlona un pessimo uso del concetto di giustizia. Eppure è precisamente ciò che hanno fatto nell’ultimo articolo di Greg Forster.

Carità = Giustizia?

“Giustizia economica” reclama il Forster, fu la risposta che Jonathan Edward diede su come perseguire vere scoperte spirituali. “Giustizia economica” però, non è il termine usato da Edward. Edward non fu un teologo così sciatto. No, “Giustizia economica”  è il termine di Forster per ciò che Edward giustamente chiamava carità – aiuto  economico ai poveri. Se tuttavia Forster vuole informare la chiesa sulla posizione di Edward, perché non chiamarla carità come fa Edward? Perché utilizzare un termine completamente nuovo, che è estraneo all’autore la cui posizione stai cercando di presentare? Non posso sapere i motivi di Forster, ma posso dirvi qual’è l’ovvio risultato di questo cambio di termini, indipendentemente da ciò che siano state le sue intenzioni.

Per vedere il pericolo (e la marcata negligenza teologica) qui, basta solamente considerare il significato del termine rimpiazzato (carità), e il termine che lo sostituisce (giustizia economica).

Cos’è la carità? È aiutare persone nel bisogno. È dare a coloro i quali non l’hanno guadagnato. È una raffigurazione del vangelo. È grazia in azione, su un livello umano. È una cosa meravigliosa. Cos’è la giustizia? È ricevere ciò che si merita.  È una bilancia alla pari. Una transazione equa.  Ricevere ciò che è dovuto.  Perciò, giustizia economica è intesa comunicare: ricevere ciò che è dovuto, economicamente. Significa ricevere il denaro che è dovuto.  Se la carità è aiutare i poveri, e se il signor Forster fa riferimento all’aiuto dei poveri come “giustizia economica”, allora il signor Forster ci sta dicendo che l’aiuto monetario ai poveri è dovuto – non come come dono ma come diritto.  Se la carità è giustizia allora la mancanza di carità è ingiusta.     Se il denaro è dovuto ai poveri perché ne hanno bisogno, significa che il bisogno – al posto dei diritti di proprietà – è il nuovo standard di giustizia; e la misura in cui non dai a chi è nel bisogno, è la misura in cui sei un criminale, colpevole di una “ingiustizia economica”. Se vi suona Marxista è perché lo è. E questo articolo è solo uno dei più recenti articoli ispirati da Marx su “giustizia pubblica,” “giustizia sociale”, e chi sa quali altre perversioni del concetto di giustizia TGC possa essersi sognata.

La Grazia  NON è Giustizia

Ma il problema con questo linguaggio che equivoca tra carità e giustizia non è solo che è ispirato dal Marxismo culturale. Ciò è in realtà relativamente insignificante se paragonato alla capitolazione teologica che per certo ne conseguirà se questa atrocità non sia corretta, e velocemente. Ricordate che ho detto che la carità è una raffigurazione del vangelo? Questa è la ragione per cui è una pratica così importante per la chiesa: dimostra la grazia di Dio. Ora, chiedetevi questo: se la carità è una raffigurazione della grazia di Dio nel vangelo, allora, che messaggio stiamo trasmettendo riguardo alla grazia di Dio e al vangelo, quando predichiamo che la carità è dovuta?

Risposta: Stiamo insegnando che la grazia di Dio è, allo stesso modo, meritata. Quando insegniamo che dobbiamo denaro ai poveri, stiamo insegnando che Dio ci doveva la croce. Quando insegniamo che i poveri meritano assistenza monetaria, stiamo insegnando che noi meritiamo ciò che Cristo ha compiuto per noi.

Quando insegniamo che la “giustizia economica” consiste nel dare a chi è nel bisogno, stiamo insegnando che la giustizia divina è fatta della stessa cosa – e l’inevitabile risultato è un universalimo senza grazia in cui ognuno riceve tutte le benedizioni del cielo perché ne ha bisogno. Non si può pervertire il significato di giustizia nella “società” o in “economia” e non aspettarsi che tracimi sulla teologia. Non si può avere un criterio di giustizia la domenica mattina in chiesa e un altro per il mondo il resto della settimana. Senza dubbio The Gospel Coalition ha buone intenzioni,  ma sappiamo tutti il detto che di buone intenzioni è pavimentata la strada per l’inferno. Gli evangelicali conservatori non si aggreghino a quel progetto di pavimentazione. Se dobbiamo avere una speranza di preservare l’integrità del vangelo per la prossima generazione, questo malvagio equivoco deve finire. Ora.

Andare avanti

È vero che noi dobbiamo praticare la carità, ma non dobbiamo dire che la dobbiamo a chi è nel bisogno. Se la dobbiamo ad alcuno la dobbiamo a Dio – ma solo in modo volontario. Non dobbiamo dire che i poveri meritano carità. Non la meritano. Questo fa di essa una raffigurazione del vangelo. Noi meritiamo che ci sia negata la carità di Cristo se la neghiamo ad altri – ma questo non è perché la dovevamo loro.  È perché dovevamo a Cristo di amarlo abbastanza da condividere quell’amore con altri. Noi, come cristiani, dobbiamo partecipare nella carità – non per adempiere i requisiti della “giustizia economica”, ma per dimostrare la grazia di Dio nel vangelo. Non possiamo comunicare la grazia di Dio, però, se insistiamo a chiamarla giustizia. Nel nostro zelo per fare ciò ch’è retto, dobbiamo stare attenti a non minare il proposito stesso di ciò che stiamo facendo. Non dobbiamo, in nome del vangelo, sventrare la vera essenza del vangelo. Non dobbiamo mettere sullo stesso piano grazia e giustizia.

Di Jacob Brunton l’originale qui.


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