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A COSA PARAGONARE QUESTI TEMPI?

Recentemente, in un gruppo di discussione a cui partecipo, qualcuno ha posto questa domanda: “Vi sono dei paralleli tra il nostro tempo attuale e il periodo precedente la Riforma?”. La mia risposta è stata positiva: i nostri tempi presentano alcuni paralleli con quel periodo storico. Tuttavia, più di quelli, ritengo di maggiore importanza la comprensione dei paralleli tra l’epoca attuale e quella della Roma imperiale precostantiniana. Oggi ci troviamo, infatti, di fronte ad una situazione che il mondo non ha più visto fin dai tempi precedenti l’impero di Costantino, ovvero il tempo degli imperatori pagani, più simile al nostro rispetto al periodo precedente la Riforma. È proprio questo parallelismo con la Roma pagana che dobbiamo ben capire oggi. Un aforisma dice: “La natura rifiuta il vuoto”.[22] La spiacevole verità è che il vuoto lasciato dall’abbandono da parte della comunità cristiana della vocazione ad essere sale e luce per il mondo presso le nazioni viene riempito sempre più dai valori di una visione del mondo che per molti aspetti è simile a quella della Roma imperiale pagana. È proprio questa visione che sta plasmando il nostro mondo moderno.

Da Costantino in poi, fino a relativamente poco tempo fa, la società occidentale ha riconosciuto la legge superiore di Dio e ha creduto che tutti i governi e le leggi umane avessero da riconoscerla e conformarvisi. Ovviamente questo intento non è mai stato messo in atto in maniera perfetta: la storia ha prodotto a tal riguardo molti fallimenti e ha visto numerosi tiranni ostacolare questo tipo di ambizione. Nondimeno il principio è stato riconosciuto e compreso. Nel Medioevo era impossibile non rivolgere a Dio il proprio giuramento di fedeltà superiore. In ogni giuramento di fedeltà che veniva stabilito, infatti, il pegno di più alta lealtà era riservato per la fede dovuta a Dio; si giurava sì fedeltà al proprio signore nella vita e nelle membra, promettendogli obbedienza in tutto e per tutto, eccetto però che negli obblighi dovuti a Dio. Nessun uomo era nella posizione di esimersi dal destinare il più alto vincolo di dovere verso Dio e nessun principe era nella legittima posizione di poter esigere il contrario. “Nelle Leges Henrici possiamo trovare la più alta espressione del vassallaggio inglese. Ogni uomo doveva al proprio signore nella vita e nelle membra lealtà e venerazione terrena; doveva osservare gli ordini del suo signore in ogni cosa onorevole e giusta, ad eccezione della fede dovuta a Dio e al sovrano della sua terra; ma il furto, il tradimento, l’omicidio o qualsiasi cosa contraria a Dio e alla fede cattolica, tali cose non sarebbero dovute venir comandate da nessuno e da nessuno venir eseguite. Tuttavia, a parte queste cose, la fede doveva essere mantenuta nei confronti dei signori, in particolar modo del signore feudale, senza il cui consenso non si poteva avere nessun altro signore”.[23]

Per quanto le cose andassero male – e andarono di frequente molto male – il vincolo di dovere superiore dell’uomo verso Dio era sempre riconosciuto. È questo fatto che dà significato alla dottrina cristiana dello stato di diritto, la quale non significava che tutto ciò che un principe aveva da fare al fine di conseguire il proprio intento fosse quello di approvare una legge che gli permettesse di operare secondo il proprio piacere, ma piuttosto che tutte le leggi dei principi o degli stati avevano da conformarsi alla legge superiore di Dio. “Una legge umana non potrebbe essere valida se in contraddizione con la legge divina. Nel Doctor and Student queste due proposizioni sono chiaramente espresse. «Quando la legge eterna o la volontà di Dio viene conosciuta dalle sue ragionevoli creature alla luce della comprensione naturale, o alla luce della ragione naturale, è chiamata legge della ragione; e quando è mostrata dalla rivelazione celeste . . . allora si chiama legge di Dio. E quando viene loro mostrata per ordine di un Principe, come di qualsiasi altro governante secondario avente il potere di imporre la legge ai propri sudditi, allora è chiamata legge dell’uomo, anche se originariamente di formulazione divina». «Se infatti una legge fatta dagli uomini vincola qualcuno a qualcosa che sia contrario alle suddette leggi (la legge della ragione o la legge di Dio) non è una legge, ma una corruzione e un palese errore»”[24] (si veda il diagramma alla fine del capitolo). Oppure, come dichiara una dottrina del diritto anglosassone, “Ogni legge è o deve essere conforme alla legge di Dio”.[25] Il principe o lo Stato era sotto Dio e questo fatto, anche se oggetto di abuso, era compreso persino nelle peggiori tirannie.

Oggi non è più così. Stati e governi secolari ed umanisti non riconoscono alcuna legge superiore alla propria. Essi sono una legge a sé. E nel fare di sé stessi la più alta legge nel paese, al di là della quale non c’è appello alla legge superiore di Dio, essi si mettono di fatto al posto di Dio rivendicando in tal modo i suoi stessi attributi. Nella storia occidentale bisogna risalire fino all’epoca precedente quella di Costantino, quindi quella degli imperatori romani pagani, per trovare questo status divino del principe o dello Stato. In ciò, infatti, consiste il vero significato della divinizzazione dei cesari romani. Si trattava di un fatto politico: gli imperatori non credevano per davvero di essere divini (tranne quelli che soffrivano di infermità mentale), ma vedevano la legge romana come ultima e pretendevano che la fedeltà dell’uomo a Roma venisse prima di ogni altra cosa. E tutto ciò veniva simboleggiato dal culto imperiale, ossia il culto di cesare. Più che di una questione di natura religiosa in senso stretto, relativa quindi ad una devozione personale nei confronti di una divinità, si trattava di una questione di natura politica. A Roma non importava chi si adorasse come divinità personale. Vi erano molteplici culti misterici incentrati su varie divinità ai quali era possibile partecipare. Roma prevedeva per i cristiani un comportamento pari a quello dei seguaci dei culti misterici: che, quindi, adorassero Cristo secondo il proprio gusto all’interno della cornice del culto privato, ma che, allo stesso tempo, esprimessero una politica del tutto coincidente con quella romana, riservando a Roma totale lealtà politica. I cristiani si rifiutarono dichiarando: “No, Gesù è il Signore!”; così facendo, reclamarono di essere membri della sua ecclesia prima di tutto (ecclesia è un termine politico, non cultuale).[26] Questa era un’affermazione politica di ribellione e di tradimento contro Roma. Roma, simboleggiata dal culto dell’imperatore, era al posto di Dio. Nessun sistema di legge o Signore superiore era riconosciuto o consentito.

Dall’epoca di Costantino in poi le cose cambiarono. Non importa quanto il principio del dovere superiore dell’uomo nei confronti di Dio fosse praticato male, godette comunque di una certa accettazione. Oggi, però, per la prima volta dall’epoca degli imperatori romani pagani, la negazione di questo principio è una realtà consolidata. Gli Stati e i politici moderni non si considerano come vincolati alla legge superiore di Dio e non riconoscono più questo principio. Anche quando esiste un impegno teorico e costituzionale, come accade in Gran Bretagna, nella prassi viene negato e il Parlamento non ne tiene più conto nella sua attività legislativa. Ecco appena illustrati alcuni importanti paralleli tra il nostro sistema politico e quello dell’antica Roma imperiale precristiana.

Ma c’è di peggio da considerare: questo principio, in generale, non è più creduto nemmeno dalla Chiesa. E il motivo per cui non è riconosciuto dallo Stato è precisamente perché la Chiesa stessa lo ha accantonato. L’apostasia della Chiesa ha spianato la strada e ha illuminato il cammino all’apostasia dello Stato.

Qualche anno fa ho trascorso del tempo a studiare e a documentarmi sulla storia del periodo medievale, dalla tarda classicità in poi, e in particolar modo (anche se non esclusivamente) sulla storia dell’eresia, soprattutto quella di tipo dualista, dai manichei ai bogomili, fino ai catari. Una delle cose che mi ha colpito e che ho visto essere rimarcata di frequente dalla maggior parte degli autori letti è questa: i cristiani attenti all’ortodossia accettano l’Antico Testamento, Mosè e la legge di Dio; gli eretici li rifiutano. Le Scritture degli eretici ne risultano dunque troncate. Più volte è emerso questo. Gli ortodossi accettano la legge di Mosè, gli eretici la rifiutano. Naturalmente questo non significa che gli ortodossi avessero una comprensione perfetta o una teologia e una prassi completamente coerenti per quel che riguarda la legge; tutt’altro (la verità è che nessuno di noi dispone di tale intendimento – abbiamo tutti ancora molto da imparare). Eppure, questo valeva come principio accettato da parte degli ortodossi e respinto dagli eretici. Nel passato, per quanto imperfettamente i cristiani ortodossi praticassero la fede (ed è, a volte, cosa davvero straziante leggere la storia dell’ortodossia; per non parlare di quella dell’eresia), la legge di Dio, l’Antico Testamento e Mosè erano in linea di principio sempre accettati; coloro che, invece, li rifiutavano erano gli eretici.

Oggi la situazione è invertita. La Chiesa nel suo insieme ora rigetta l’Antico Testamento, Mosè e la legge di Dio; coloro che li accettano sono considerati nella migliore delle ipotesi come portatori di una teologia errata e “legalista”, anche se non sono considerati eretici (nonostante spesso lo siano per davvero). La Chiesa del XX e XXI secolo è eretica fino al midollo per tal motivo. Il cosiddetto “cristianesimo del Nuovo Testamento” è profondamente eretico. Non c’erano cristiani del Nuovo Testamento nel Nuovo Testamento. I cristiani del Nuovo Testamento non avevano un Nuovo Testamento. Le Scritture di tali credenti consistevano dell’Antico Testamento.

Quand’è che il Nuovo Testamento ha sostituito l’Antico? Non nell’età apostolica. Non in quella subapostolica. Non nel Medioevo. Non al tempo della Riforma. Non fino al XX secolo – tranne che tra gli eretici. Fino al XX secolo, il rifiuto dell’Antico Testamento, di Mosè e della legge di Dio rappresentava una caratteristica prominente dell’eresia. Lo è tuttora: la nostra è l’epoca dell’eresia.

Questa persiste nell’essere una faccenda altamente importante e problematica. In tutti i duemila anni di storia del cristianesimo ci sono stati solo due categorie di persone ad aver rifiutato l’Antico Testamento, Mosè e la legge di Dio: gli eretici e i moderni evangelici. O meglio, forse dovrei dire, un solo gruppo di persone: gli eretici. La Chiesa moderna apostata ed eretica ha portato il mondo alla rovina. È tempo per il sale che ha perduto il suo sapore di essere gettato via e calpestato; è tempo di otri nuovi.

 

 

[22] Questa affermazione è stata attribuita ad Aristotele ed è stata poi rilanciata da altri, come Galileo. In origine era intesa in senso fisico, piuttosto che come metafora sociale.

[23] F. Pollock e F. W. Maitland, The History of English Law Before the Time of Edward I (Cambridge University Press, 1911), Vol. I, p. 300.

[24] Doctor and Student: or Dialogues between A Doctor of Divinity and A Student in the Laws of England è stato un importante e noto trattato di diritto inglese scritto da Christopher Saint Germain, pubblicato nel 1523 in latino e nel 1531 in inglese.

[25] Entrambe le citazioni sono in A. K. R. Kiralfy, Potter’s Historical Introduction to English Law (London: Sweet and Maxwell Ltd, Fourth Edition, 1958), pp. 578 e segg. L’ultima affermazione è tratta da un Year Book (cronaca giudiziaria) del regno di Enrico VII.

[26] Per una spiegazione più dettagliata vedasi il mio libro The Politics of God and the Politics of Man: Essays on Politics, Religion and Social Order (Kuyper Foundation, 2016), capitolo II (disponibile sul sito della Kuyper Foundation: www.kuyper.org/books).


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