RISORSE:

Nel Giorno dell’Espiazione, il sommo sacerdote faceva espiazione per il Luogo santo, per il Cortile e per il Santuario. Poiché faceva questo da solo, la vigilia  del Giorno dell’Espiazione, faceva un giuramento davanti agli anziani del Sinedrio che non avrebbe apportato cambiamenti alla cerimonia. Con questo giuramento volevano significare che nessuna enfasi particolare, né Sadducea né Farisea sarebbe entrata nel santuario. Doveva prevalere solo il rito prescritto da Dio. Poi, il sommo sacerdote imponeva entrambe le sue mani sul capro espiatorio, significando che il capro espiatorio era il portatore dei peccati sia del sacerdozio che dei laici, e tutti i loro peccati erano caricati su di esso. Doveva caricare tutto il proprio peso sul capro: Veniva fatta una confessione di tutti i peccati chiamandoli per nome. Nel tempo del nuovo tempio questa preghiera divenne fissata con questa formulazione: “ O Signore, il tuo popolo, la casa d’Israele, ha peccato, ha commesso iniquità, ha trasgredito davanti a Te. O Signore, io ti imploro, copri i peccati, le iniquità e le trasgressioni che il Tuo popolo, la casa d’Israele ha peccato, ha commesso iniquamente e ha trasgredito davanti a te, come è scritto nella Legge del tuo servo Mosè.”

Questa imposizione delle mani, questo trasferimento di peccato e di colpa sul sacrificio vicario, significava non solo il trasferimento dell’offesa e della pena di morte, ma allo stesso tempo la restaurazione di una santa, sana responsabilità. L’uomo caduto imputa il peccato e la colpa ad altri e richiede il sacrificio della vittima e spesso della sua intera classe sociale come rimedio per i propri peccati. L’uomo caduto in questo modo nega la responsabilità; imputa la responsabilità, insieme col peccato e la colpa al suo capro espiatorio designato. Nel frattempo egli stesso è il capro espiatorio di qualcun altro. La falsa imputazione è quindi nel suo nocciolo un’imputazione ed un trasferimento di responsabilità.

La società dell’Adamo Caduto in questo modo non è neanche una società, è uno stato di guerra permanente. Nell’imputazione secondo il cuore di Dio, il legale trasferimento del peccato e della colpa vanno mano nella mano con la rigenerazione e la rinascita della responsabilità. Adamo fu creato per essere il vice reggente di Dio sulla creazione, per servire come re, sacerdote e profeta sotto Dio. Il re è il governatore responsabile del suo reame; come re sotto Dio, l’uomo deve governare ed esercitare il dominio nei termini della legge di Dio. L’uomo caduto vuole la regalità a motivo del potere che vi è connesso. Non riesce ad averla perché rifiuta la responsabilità. Un re irresponsabile non può governare neppure se stesso. Come profeta, l’uomo sotto Dio dichiara la parola di Dio a tutta la creazione e in tutta fedeltà. Il profeta la dichiara, il re la applica. L’uomo, come profeta studia la Parola e come re governa nei termini di ciò che ha studiato. L’uomo caduto è il profeta di se stesso, enuncia le proprie parole come legge stabilita. Ma la sua parola è una menzogna, e il suo reame si fonda sul furto e affronta la retribuzione e il giudizio di Dio.

Come sacerdote, l’uomo redento dedica se stesso, il suo reame, e le sue parole e le sue opere a Dio. L’uomo caduto, come proprio sacerdote e dio, dedica tutte le cose alla propria gloria, o, più precisamente, a ciò che diverrà la sua vergogna. L’espiazione in questo modo ristabilisce l’uomo al mandato creazionale (Gen. 1:26-28). Come abbiamo visto, la confessione del sommo sacerdote sopra il capro espiatorio era dichiarata molto chiaramente essere: non per tutti gli uomini, “ma per la casa d’Israele”, cioè per il popolo dell’alleanza. Erano i loro peccati che venivano confessati ed imputati al portatore di peccato con l’imposizione delle mani; ed era nelle loro vite che prendeva posto libertà, responsabilità e ristabilimento.

Nella teologia Cristiana ci sono tre separati e distinti atti di imputazione. In primo luogo, il peccato di Adamo è imputato a tutti noi, suoi figli, vale a dire giudiziariamente messi nel nostro conto cosicché ne siamo reputati responsabili e ne soffriamo le conseguenze. Questa è comunemente conosciuta come la dottrina del Peccato Originale. In secondo luogo, e precisamente nella stessa maniera, i nostri peccati sono imputati a Cristo cosicché Egli soffre la conseguenza del peccato. Ed in terzo luogo la giustizia di Cristo è imputata a noi e ci assicura l’entrata in cielo. Naturalmente, noi non siamo personalmente colpevoli del peccato di Adamo più di quanto Cristo non sia personalmente colpevole dei nostri, né siamo personalmente meritori a motivo della Sua giustizia. In ciascun caso è una transazione giuridica. Riceviamo la salvezza da Cristo precisamente nello stesso modo in cui riceviamo condanna e rovina da Adamo. In ciascun caso il risultato segue a motivo dell’unione stretta ed ufficiale che esiste tra le persone coinvolte. Rifiutare uno solo di questi tre passaggi è rifiutare una parte essenziale del Cristianesimo.

L’uomo caduto trova tutte e tre le imputazioni offensive, e con buona ragione. Se l’uomo è il suo stesso dio, ne consegue che il proprio destino non può essere opera di nessun altra potenza. La dottrina biblica dell’imputazione sottolinea chiaramente il fatto che l’uomo è una creatura. Non siamo il nostro stesso universo, siamo parte dell’umanità di Adamo. Ai nostri giorni troviamo che molte persone hanno del risentimento per essere nate nere, marrone o bianche, e dentro ad una certa famiglia e dentro ad un contesto sociale. Avere un contesto è per questi offensivo. L’Esistenzialismo formula questa idea che l’uomo è nato senza essenza, solo essere (J.P.Sartre); l’uomo poi crea e definisce la propria essenza. La Bibbia dichiara che ci è stata data un’essenza: siamo creature fatte ad immagine di Dio che sono cadute e che sono moralmente depravate.

Di nuovo, l’imputazione dei nostri peccati a Cristo significa che non siamo i signori del nostro destino o fato. La nostra salvezza non può essere opera nostra. Essere salvati significa, fra le altre cose, il pieno riconoscimento della nostra creaturalità e le sue implicazioni. Significa riconoscere che possiamo vivere solamente in alleanza con Dio e in obbedienza alla legge dell’Alleanza. Colui che rompe l’Alleanza sceglie la morte nella sua affermazione: Meglio morire all’inferno che servire in cielo! La vita deve essere nei suoi termini o non essere affatto.

L’imputazione deve essere un atto sovrano dell’uomo, non una categoria di vita pre-determinata e ordinata da Dio. Similmente, l’imputazione della giustizia di Cristo all’uomo significa che anche qui l’uomo è solo una creatura. Non solo è la Legge di Dio a dichiarare ciò che è giusto e giustizia, ma è un atto di Grazia di Dio in Cristo che ci ristabilisce giudiziariamente ad una condizione di giustizia e che ci rigenera moralmente.

Quando l’uomo redento afferma questa imputazione della giustizia di Cristo significa che egli dichiara che la totalità della vita e della legge provengono dal comando di Dio ed ogni atomo ed ogni pensiero nella creazione deve muoversi nei termini del suo decreto.

Il credo dell’uomo caduto è di essere il proprio dio (Gen.3:5). Un dio è al di la della responsabilità, perché non è responsabile a nessuno e tutte le cose sono responsabili a lui. Strettamente parlando un vero dio è al di la di entrambe, la responsabilità e l’irresponsabilità, ma né il paganesimo né l’umanesimo possono realizzare questo obbiettivo, perché sono in essenza falsi e finti. Il risultato è che tutti i tentativi di essere dio finiscono nell’irresponsabilità. Gli dei Greci sono un classico esempio di ciò, incapaci di vivere secondo le proprie regole o di manifestare qualsiasi cosa eccetto conflitto ed irresponsabilità. Lo stesso è vero dell’uomo caduto in ogni epoca. Rifiuta l’imputazione biblica che lo accusa di pretendere di essere dio e diventa radicalmente irresponsabile. La falsa imputazione diventa un aspetto della sua irresponsabilità. Tutto il mondo è fatto colpevole in modo che egli possa reclamare la propria libertà e la propria innocenza.

La dottrina Biblica dell’imputazione nega l’irresponsabilità di quelli che, pretendendo di essere dio, negano la responsabilità dei propri peccati. Taglia anche alla radice il pessimismo del Karma, la catena senza fine di conseguenze che lega un uomo ai suoi peccati. La dottrina Biblica dell’imputazione ci lega alla conseguenza dei nostri peccati mentre allo stesso tempo ci libera dal peccato. Vediamo la conseguenza, la morte di Cristo, il nostro sacrificio vicario, che prese su di se la pena di morte per la nostra rivoluzione contro Dio. Possiamo vedere quella conseguenza perché la sua grazia sovrana apre i nostri occhi al pieno significato del peccato. Allo stesso tempo, noi siamo liberati dal peccato e dalla morte e messi dentro alla giustizia e alla vita. Riconosciamo che in Adamo siamo un popolo e una persona in guerra con Dio, e gioiamo che in Cristo siamo in pace con Lui. Vediamo che non siamo nostri, non apparteniamo a noi stessi, e che siamo stati creati, e ri-creati secondo lo scopo di Dio per la Sua gloria, e la nostra risposta al sacrificio di Cristo è un offerta di ringraziamento di noi stessi.

“Io vi esorto dunque fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi, il che è il vostro ragionevole servizio (culto spirituale), quale sacrificio vivente, santo e accettevole a Dio” (Rm. 12:1). Paolo, in I Cor. 6:20 dice: “Infatti, siete stati comprati a prezzo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che appartengono a Dio”.

Noi siamo ristabiliti dal sacrificio di Cristo a quel ragionevole servizio religioso al quale fu chiamato il primo Adamo, esercitare il dominio nel nome del Signore e sviluppare tutta la sua creazione che ci è ora disponibile nel Regno di Dio. L’uomo si imputa falsamente in Adamo la posizione, natura e autorità di Dio (Gen.3:5) Allo stesso tempo l’uomo imputò il suo peccato a Dio, all’ambiente, agli altri uomini (Gen.3:12-13). La falsa imputazione divenne un esercizio di evasione dalla colpa e dalla responsabilità. L’imputazione Biblica rende chiara la nostra partecipazione in Adamo: il suo peccato è imputato a tutta la sua discendenza. Però, in Cristo, troviamo la nostra liberazione, perché i nostri peccati, come membri di Adamo e come individui, è stato imputato a Gesù Cristo, l’Adamo della nuova creazione, e la sua giustizia è stata imputata a noi. L’imputazione biblica è centrata sul sacrificio di Gesù Cristo, e chiede un sacrificio vivente da parte nostra per i Suoi scopi. (Rm.12:1). L’imputazione Biblica significa che non siamo divinità, ma membri uno dell’altro, dell’umanità o di Adamo o di Cristo. Così, Paolo, invitandoci ad essere sacrifici viventi, sottolinea la nostra vita corporativa nella nuova umanità. Infatti, come in uno stesso corpo abbiamo molte membra e tute le membra non hanno la medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un medesimo corpo in Cristo, e ciascuno siamo membra l’uno dell’altro. (Rm.12:4-5) La vera imputazione significa una sana, santa accettazione di creaturalità.

Traduzione by G.M. 2009-05-05 [da Systematic Theology, pp. 591s.]


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