Il conflitto culturale
Il fariseismo, ovvero l’autoproclamata rettitudine morale, caratterizza la nuova cultura. Essa reclama libertà sessuale, aborto e femminismo, ossia una libertà svincolata da ogni responsabilità verso gli altri in ogni ambito. Si oppone con risentimento a qualsiasi richiamo alla responsabilità morale in senso biblico. È la cultura della morte. Dobbiamo distaccarcene, abbracciando la cultura della vita, il cristianesimo.
Autore: R. J. Rushdoony, 1° settembre 1998
Nel corso della maggior parte delle epoche della civiltà cristiana, le persone hanno considerato la propria era come l’apice della storia e della cultura, non senza ragione. Per quanto un’epoca possa apparire crudele o brutale in retrospettiva, la sua direzione di fondo e il suo slancio risultavano generalmente promettenti. I suoi peccati potevano essere reali: l’era vittoriana, ad esempio, era segnata da un lato da una dipendenza nascosta dalla pornografia e, dall’altro, da un’ammirazione per le tradizioni classiche (greco-romane); tuttavia, il suo aspetto migliore si manifestava in un notevole progresso negli studi biblici, nella cultura cristiana e in un’attenzione per il benessere dell’uomo comune.
Un cambiamento significativo si verificò con il XX secolo. In precedenza, tre pilastri fondamentali governavano una cultura: la chiesa, la famiglia e l’educazione. Quest’ultima, un tempo sinonimo di istruzione universitaria, si estese progressivamente a comprendere l’educazione a tutti i livelli e in tutti gli ambiti.
Con il XX secolo emerse un’enfasi nuova, sconosciuta dai tempi della caduta di Roma: l’intrattenimento, accompagnato da un altro fenomeno che richiamava l’antica Roma, ovvero la carità statale o il welfare. Alcuni di noi conservano ricordi dell’era delle lampade a cherosene, prima che l’elettricità raggiungesse le campagne. Quando il sole tramontava, non passava molto tempo prima che tutti cenassero e andassero a letto. Le giornate estive, più lunghe, consentivano orari di lavoro più estesi; l’intrattenimento non occupava un posto di rilievo nella vita quotidiana. La radio e il cinema iniziarono a dominare il tempo delle persone, e entro il 1960 negli Stati Uniti si vendevano circa 120 milioni di biglietti cinematografici a settimana. Questo dato impallidisce rispetto all’ascesa successiva della televisione, con una media di quattro ore di visione giornaliera per persona.
Le implicazioni di questo cambiamento furono enormi, poiché generarono un nuovo tipo di individuo. Nel 1998, sembra quasi strano ricordare che negli anni Dieci e persino negli anni Venti del Novecento un termine frequentemente usato era “edificazione”. Questo concetto attirò presto la mia attenzione durante l’infanzia. Edificare significava costruire, migliorare, soprattutto in senso morale e religioso; si aspettava che la lettura, la predicazione, l’insegnamento e il teatro contribuissero a tale scopo.
Tuttavia, in breve tempo si passò dall’edificazione all’intrattenimento. Forse i revivalisti furono i pionieri di questo cambiamento. La predicazione, che un tempo si concentrava su un’esposizione solida e sulla crescita nella conoscenza delle Scritture, si trasformò rapidamente in una forma di intrattenimento, sebbene con un obiettivo specifico. I revivalisti influenzarono presto la predicazione ecclesiastica, impoverendone i contenuti per privilegiare un intrattenimento accattivante e risultati emotivi immediati.
In altri ambiti, l’intrattenimento in sé produsse risultati drammatici. L’umorismo precedente era spesso di natura politica, ma non volgare. Nei primi film, come quelli di Laurel e Hardy, o nei programmi radiofonici e cinematografici di Jack Benny, si faceva dell’autoironia. Dopo il cambiamento successivo alla Seconda Guerra Mondiale, comici come Don Rickles iniziarono a rivolgere battute offensive verso gli altri, spesso coinvolgendo il pubblico. Il mondo era profondamente cambiato.
La cultura precedente, ponendo l’accento su famiglia, chiesa ed educazione, promuoveva crescita e miglioramento. Il culto dell’intrattenimento, al contrario, non aveva come obiettivo il miglioramento: divenne progressivamente sadico. Oggi, Don Rickles appare una figura relativamente mite rispetto ai comici e ai registi cinematografici moderni. Un intrattenimento diretto contro gli altri tende, col tempo, a diventare sadico, abbandonando ogni pretesa di umorismo per enfatizzare il sadismo puro. Ciò lo rende patologico persino da osservare.
Non è sufficiente condannare questo ritorno alla cultura di Roma, né evitarlo. È necessario restaurare le priorità cristiane tradizionali: la famiglia, la fede o la chiesa, e l’educazione in senso cristiano.
Si sta assistendo a una significativa rinascita in tutti questi ambiti, e una recente conferenza a Minneapolis ha dedicato tempo a criticare aspramente tali sforzi. Tuttavia, la riforma più efficace inizia a livello locale e affronta il male più prossimo.
Il fariseismo, l’autoproclamata rettitudine, contraddistingue la nuova cultura. Essa esige libertà sessuale, aborto e femminismo, ossia una libertà svincolata da ogni responsabilità verso gli altri in ogni ambito. Si oppone con risentimento a qualsiasi richiamo alla responsabilità morale in senso biblico. È la cultura della morte. Dobbiamo distaccarcene, abbracciando la cultura della vita, il cristianesimo.