INDICE:

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Romani 5:1-11

I Frutti della Giustificazione

 

Giungiamo ad una nuova sezione nel libro di Romani: il capitolo 5 . Lasciatemi leggere i versi da 1 a 11.

1 Giustificati dunque per fede abbiamo pace presso Dio per mezzo di Gesú Cristo, nostro Signore,
2 per mezzo del quale abbiamo anche avuto, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale stiamo saldi e ci vantiamo (esultiamo) nella speranza della gloria di Dio.
3 E non soltanto questo, ma ci vantiamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce perseveranza,
4 la perseveranza esperienza e l’esperienza speranza.
5 Or la speranza non confonde, perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
6 Perché, mentre eravamo ancora senza forza, Cristo a suo tempo è morto per gli empi.
7 Difficilmente infatti qualcuno muore per un giusto; forse qualcuno ardirebbe morire per un uomo dabbene.
8 Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
9 Molto piú dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui.
10 Infatti, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto piú ora, che siamo stati riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.
11 E non solo, ma anche ci vantiamo in Dio per mezzo del Signor nostro Gesú Cristo, tramite il quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Come in ogni altro passo delle Scritture, e ancor più particolarmente nel libro di Romani, ogni parola è scelta da Dio accuratamente, per esprimere ciò che ha nella mente e nel cuore, e perciò voglio che proviate a prendere seriamente ogni parola in questo passo mentre cerchiamo di comprenderlo. La parola ‘dunque’ con cui inizia il passo, significa ovviamente che Paolo adesso trarrà delle conclusioni dalle cose che ha detto da Romani 3:21 fino alla fine del 4° capitolo dove ha parlato della natura della giustificazione, la natura delle fede che giustifica, l’imputazione e tutte quelle grandi verità, ed ora da queste verità evangeliche trarrà delle conclusioni; e ciò che vediamo qui, in questo capitolo, nei versi che abbiamo appena letto, sono le conseguenze della giustificazione, il risultato, le benedizioni che sperimentiamo nella nostra vita perché siamo stati giustificati. E anche, questo passo, ovviamente, è pieno di benedette certezze, Gesù è mio;  è un passo pieno di lode, di gioia. Guardate tutte le parole e le frasi che lo indicano. Guardate la seconda parte del verso 2: “E ci gloriamo, (o vantiamo, o esultiamo) nella speranza della gloria di Dio”.
Verso 3, “E non soltanto questo, ma ci vantiamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce speranza”.
Verso 5, “Or la speranza non confonde”;
verso 9, “Molto più dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui”;
verso 11, “E non solo, ma ci vantiamo in Dio”;

vedete che Paolo sta ammucchiando parole di ringraziamento e di lode a Dio per questa grande certezza che egli possiede, che poiché è stato giustificato non sarà mai separato dall’amore di Dio nel tempo e nell’eternità. E poi notate anche un’altra interazione tra i tempi dei verbi che è importante in questi versi.
Verso 1, “Giustificati dunque per fede”, che è qualcosa che è avvenuto nel passato, “abbiamo” tempo presente, esperienza al presente, “pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore”; per mezzo del quale abbiamo anche “avuto” tempo passato, mediante la fede, l’accesso a questa grazia, nella quale al presente “stiamo saldi” “e ci vantiamo nella speranza della gloria”. Così, lungo tutto questo passo si assiste a questo cambio di tempo dei verbi per imprimere in noi il senso di ciò che è avvenuto nel passato e le conseguenza per la nostra vita qui nel presente e nel futuro.

Osserviamo dunque, nel verso 1, la prima delle grandi conseguenze dell’essere giustificati per fede, e notate che “giustificati dunque per fede” è terminato, è compiuto, è superato, è sistemato, è un compimento una volta per tutte; “Giustificati dunque per fede” Noi abbiamo ora, nella nostra vita presente “pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore”. Ora, la parola “pace” è usata molte volte e in molte maniere nelle Scritture, e molte di quelle volte è usata per significare quell’interiore pace della mente, quella tranquillità del cuore che viene dal conoscere Dio; ma in questo passo non è quello il punto. Il punto non è una qualche esperienza soggettiva che noi abbiamo come risultato del cambiamento della nostra relazione con Dio, questa pace con Dio indica il cambiamento di relazione stesso, e cioè, prima di essere giustificati eravamo nemici di Dio, ora, essendo giustificati, siamo collocati nel favore di Dio, abbiamo pace con Dio. La guerra è terminata, non siamo più nemici di Dio, siamo stati riconciliati con lui, come il brano dirà più tardi. E, essendo stati riconciliati per mezzo di Cristo, e avendo pace con Dio, questa relazione è cambiata e noi abbiamo pace nei nostri cuori, tranquillità, quiete di spirito perché sappiamo dove ci porterà il nostro futuro. E poi abbiamo quella frase preposizionale: “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore”. Quel “per mezzo” enfatizza l’opera di mediazione di Cristo. Lungo tutte le Scritture c’è un solo Mediatore tra Dio e l’uomo: il Dio-uomo Gesù; egli ha compiuto la salvezza nella sua morte e ora, nella sua vita da risorto egli media le benedizioni, i benefici che sono risultati dalla sua morte. Perciò in tutto questo brano, sia che parli di ciò che ha compiuto con la sua morte 2000 anni fa, o che parli del nostro esperire ora i benefici guadagnati da quella morte, noi abbiamo comunque bisogno di un mediatore, qualcuno che medi quelle benedizioni a noi. Così, la sua opera come mediatore nella nostra vita non termina mai. Lo vediamo enfatizzato di nuovo nel verso 2. È lo stesso tipo di frase preposizionale: “Per mezzo del quale…” Cioè Cristo, “abbiamo avuto, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale stiamo saldi”. Così, è per mezzo della sua opera di mediazione che abbiamo pace con Dio, è per mezzo della sua opera di mediazione che abbiamo ottenuto accesso a questa grazia, che siamo stati introdotti a questa grazia per fede, nella quale stiamo oggi.

Ora, cos’è questa grazia di cui sta parlando? Ebbene, io credo che abbia riferimento a qualcosa che è stato menzionato nel primo verso, questa è la grazia, o il dono, dell’essere giustificati per fede, verbo al passato, c’è lì un parallelo, essendo stati giustificati per fede, abbiamo ricevuto, nel passato, quando siamo stati giustificati, la nostra introduzione e il nostro accesso, per fede, a questa grazia. Sta dunque parlando di cose compiute nel passato, opere di Dio compiute, e doni di Dio per la nostra vita che sono ricevuti per fede nella quale ci troviamo proprio anche oggi. Noi viviamo nel costante accesso a Dio onnipotente in quanto nostro padre. La giustificazione è un dono, ricordate le sfaccettature della giustificazione. Nella giustificazione Dio ci imputa la giustizia di Dio, perdona tutti i nostri peccati e ci adotta nella sua famiglia come suoi figli dandoci titolo al dono della vita eterna, e questa è la grazia in cui risiediamo. Avendo ottenuto quell’introduzione nel Signore Gesù Cristo, giustificati per sola fede, siamo ora in una permanente, costante, immutabile, irrevocabile relazione con Dio come figli al proprio padre. E questa è fonte di grande speranza e di grande esultanza e di gioia che abbiamo testimoniato in questo brano delle Scritture a motivo proprio di quella irreversibilità della giustificazione per sola fede.

Continua a dire, nel verso 2, che noi, esultiamo o gioiamo, nella speranza della gloria di Dio. Ora, questo è il livello più alto di lode e di certezza, gioire nella gloria di Dio. Dove sta puntando? Come si gioisce della gloria di Dio? Cos’è la gloria di Dio, prima di tutto. La gloria di Dio è la rivelazione della somma totale di ciò che Dio è, di tutte le sue perfezioni, e la speranza della gloria significa che noi abbiamo una speranza, e la speranza non è ‘io spero che’, ma è una confidente certezza che Dio sarà fedele, avendo cominciato qualcosa lo finirà; così noi speriamo nella gloria di Dio, abbiamo questa certezza in cui confidiamo, che avendo ricevuto il perdono dei peccati, essendo stati adottati nella famiglia di Dio e giustificati, avendo ottenuto accesso a Dio come nostro Padre per fede, una volta per tutte, in una situazione irreversibile nella quale siamo collocati, guardiamo ora avanti al futuro, ed abbiamo questa confidente certezza che questa salvezza che ha avuto inizio in noi sarà completata. La parola ‘gloria’ ricopre un ruolo molto importante nel libro di Romani. Nel capitolo 8 verso 18 parla della gloria che sarà manifestata in noi, e nel verso 21 si fa riferimento alla gloria della libertà dei figli di Dio. Ambedue sono collegate al culmine della redenzione che avverrà alla fine del mondo. Per quale ragione il libro di Romani identifica il culmine, la perfezione, la conclusione della redenzione che abbiamo in Cristo adesso come ‘la speranza della gloria di Dio’? A motivo di almeno due cose che avranno luogo in quel giorno. La bibbia c’insegna che nella culminazione della redenzione con la seconda venuta di Cristo, la gloria di Dio sarà manifestata come non lo è mai stata prima: Noi vedremo ed apprezzeremo la gloria di Dio, la rivelazione della somma totale di tutte le sue perfezioni, ed allo stesso tempo, noi come credenti, saremo conformati ad immagine di quella gloria che sarà rivelata in quel giorno.  Giovanni 3:2 dice che “Saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è”, e noi parliamo di questo, i libri di  teologia sistematica parlano di questo, dal capitolo 8 di Romani, come la nostra glorificazione. La nostra glorificazione è quel giorno in cui il nostro Signore Gesù Cristo ritorna in tutta la sua gloria, per manifestare la gloria della grazia di Dio, e la gloria della giustizia di Dio, e la gloria della maestà di Dio, e lo vedremo come egli è e saremo glorificati. I nostri corpi saranno resuscitati dai morti e saranno resi eterni e perfetti, il nostro spirito, che era stato fatto perfetto alla morte, sarà congiunto al corpo perfetto e così vivremo alla presenza di Dio per tutta l’eternità. Così, questa è  la speranza della gloria, Essendo stati giustificati per fede, confidiamo che anche il futuro ci appartiene; e il futuro è portato dentro al presente per mezzo della speranza. O, possiamo dirlo anche in un altro modo: noi ci proiettiamo dentro il futuro, per la speranza. Noi gioiamo nella nostra situazione presente perché quella gioia è provocata da qualcosa che siamo assolutamente certi avverrà nel futuro: noi vedremo la gloria! noi saremo glorificati! Essendo stati giustificati e avendo ottenuto accesso a Dio come figli e figlie non c’è la più minuscola possibilità che  non parteciperemo alla perfezione di questa salvezza alla fine del mondo. Perciò noi gioiamo, nella nostra vita presente, perché abbiamo questa fiduciosa sicurezza che la gloria sarà nostra per tutta l’eternità.

E poi dice, non solo ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio, ma verso 3 “ci vantiamo (esultiamo) anche nelle afflizioni”. Ora questo è interessante, noi gioiamo nelle tribolazioni, quando pensate alle tribolazioni pensate a tutto ciò che vi ferisce. Pensate a qualsiasi ferita abbiate sopportato per amore di Cristo e perché siete cristiani. Che sia calunnia, che sia degradazione della vostra persona, che siano ferite fisiche o il martirio, qualsiasi cosa sia, Paolo dice che esulta nelle tribolazioni. Questa è una parola chiave, notate cosa Paolo non dice, non dice esultiamo malgrado le tribolazioni, non dice: benché noi soffriamo ogni sorta di prove e tribolazioni in questo mondo, noi gioiamo lo stesso, non dice questo; Non dice neppure: “Noi gioiamo nel mezzo delle nostra tribolazioni; sì, noi esultiamo durante le nostra tribolazioni, ma quella frase preposizionale denota qualcosa di molto più ricco: noi gioiamo a motivo delle nostre tribolazioni, non malgrado le tribolazioni, non semplicemente durante le tribolazioni, ma a motivo delle tribolazioni. Non significa che necessariamente ci piacciano, non significa necessariamente che Paolo dica che si diverte ad essere gettato in prigione, a pane e acqua, per aver predicato il vangelo; ma significa che esulta in quel privilegio di soffrire per il Signore Gesù Cristo. In altre parole Paolo non è così assorbito dalla gloria, e non è così assorbito da ciò che accadrà alla fine dei tempi quando tutto sarà reso perfetto da pensare che le realtà presenti della vita non gli siano rilevanti. Egli ha sofferto come nessuno di noi ha mai sofferto, e non ha mai sentito auto-commiserazione, ma ha esultato in tutte le tribolazioni che ha sofferto per amore di Cristo. Vi ricordate la situazione in 2 Corinzi 12 nella quale Paolo aveva ciò che chiamava una spina nella carne, un messaggero di satana, una forma fisica di tribolazione, che satana stava cercando di utilizzare nella sua vita per farlo inciampare, per farlo essere impaziente, per farlo arrendere, ed essere frustrato e scoraggiato e Paolo dice: Ho pregato e ho pregato e ho pregato Dio che rimuovesse questa spina nella mia carne, e non lo fece. Ma il Signore Gesù Cristo, dice, è venuto da me e mi ha detto, verso 9, Gesù ha detto questo a Paolo: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza è resa perfetta nella debolezza”. In altre parole: Paolo, non ti toglierò questa spina nella carne perché voglio che impari che nella mia grazia e nel mio amore per te e la mia presenza nella tua vita tu hai tutto ciò di cui hai bisogno per gestire questa cosa, hai tutto ciò di cui hai bisogno per superarla; hai tutto ciò ch’è necessario per essere usato nella vita di altre persone che vedono come sopporti questi momenti difficili nella tua vita, perché più debole ti fa la provvidenza, più devi dipendere da me; e più devi dipendere da me e più forte diventi, perché la potenza è resa perfetta nella debolezza.

E poi Paolo dice questo: “Perciò, molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Perciò io mi diletto nelle debolezze, nelle ingiurie, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle distrette per amore di Cristo, perché quando sono debole, allora sono forte”. Questo è ciò che significa esultare a motivo delle tribolazioni, e questa è la ragione per cui Paolo poteva avere tale grande speranza per il futuro, perché sapeva che le tribolazioni nella sua vita erano la provvidenza che Dio gli faceva avere per terminare ciò che aveva iniziato in lui. Infatti, nelle prossime frasi vediamo cosa queste tribolazioni sono nella vita di Paolo, formano il suo carattere, sviluppano la santificazione.

Notate cosa dice del motivo per cui poteva esultare della tribolazione, verso 3: “E non soltanto questo, ma ci vantiamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce perseveranza, la perseveranza esperienza e l’esperienza speranza”. Sta dicendo: Dio sta usando l’afflizione nella mia vita, produce perseveranza, produce resistenza, mi fa più dipendente da Cristo e più fedele a lui quando è difficile vivere per lui. Ora, ricordate, è importante a questo punto avere a mente che quando Paolo parla di tribolazione è la tribolazione che sta sopportando a motivo della sua professione cristiana. Non sta facendo una dichiarazione generica di tutti i problemi che tutte le persone affrontano e sopportano. Non sta dicendo che chiunque nel mondo può beneficiare dalla tribolazione, che la tribolazione può migliorare il vostro carattere e aiutarvi ad essere più perseveranti e questa è una regola generale per chiunque. No, non è così. La tribolazione mette a nudo ciò che c’è nel cuore di una persona. Dio nella sua provvidenza può causare tribolazione per esporre quanto duro sia il cuore di un uomo, o una sua sotterranea amarezza nei confronti di Dio. Non è dunque un’affermazione generica che va bene per tutti. Queste tribolazioni in modo particolare, in modo supremo hanno riferimento a quelle sofferenze che sopporti a motivo della  risoluta fermezza di servire il Signore Gesù Cristo, ed è quel tipo di tribolazione, è quel tipo di sofferenza che patisci che ti aiuta ad appoggiarti a Dio, a perseverare nel fare il bene quando la perseveranza è difficile: essere paziente. Ora, quando parliamo di pazienza come cristiani non stiamo parlando di stoicismo, dove stringi i denti e sopporti. La pazienza cristiana non è questo. La pazienza cristiana è piena d’attesa, di sopportazione  e di costanza obbediente e fedele. Piena d’attesa, ti aspetti che Dio faccia qualcosa per mezzo di questa tribolazione, obbediente: tu rimani fedele a lui durante la tribolazione mentre la sopporti e sarai costante, e anche se diventerà più difficile vivere per Cristo sarai costante nella tua perseveranza. Ricordate Romani 2:7? Dice che c’è un giorno di giudizio da parte di Dio e in 2: 7 dice che daràla vita eterna a coloro che cercano gloria, onore e immortalità, perseverando nelle opere di bene”; cioè, una delle cose che il Signore cercherà nella tua vita nel giorno finale, per provare che sei un vero cristiano, è la tua perseveranza nel fare il bene e nel vivere per la gloria e l’onore di Dio anche quando è difficile farlo.

Così, Paolo dice: “Giustificati dunque per fede” tutte le cose cooperano al bene per quelli che sono stati giustificati, quelli che sono stati chiamati dal Signore secondo il suo proposito, perché le tribolazioni sono usate dalla provvidenza di Dio per produrre perseveranza, e, verso 4: “la perseveranza (produce) esperienza e l’esperienza speranza”. Vale a dire che più il vero cristiano soffre per la causa di Cristo – ed è fedele durante quella sofferenza, non se soffre perché è poco saggio o troppo zelante, ma soffre perché è fedele e tenace, ed è coraggioso nel tenere la sua posizione per Cristo – più ci saranno effetti benefici sul suo carattere, diventa un uomo migliore, una donna migliore, un uomo e una donna più simili a Cristo, produce esperienza, ‘virtù provata’ traduce la CEI, la gente che osserva questa persona soffrire per Cristo dice: Questa persona ha carattere, questa persona ha in sé una pazienza come quella di Cristo, è disposto a sostenere qualsiasi costo per tenere il campo per il Signore Gesù Cristo. E quando vediamo che la tribolazione produce perseveranza e anche un carattere temprato, essa produce pure speranza. Produce una benedetta sicurezza. Come sai di essere cristiano? Dove posa la tua sicurezza della tua salvezza? Poggia su tre cose: sboccia dalla tua fede nelle promesse di Dio, lo Spirito santo testimonia al tuo spirito che sei un figlio di Dio, e cresce con le evidenze di una vita cambiata. Fede nelle promesse di Dio, evidenze di una vita cambiata, e lo Spirito santo che opera in noi, ci rende capaci di vedere e di non essere ingannati riguardo alla nostra fede e riguardo ai cambiamenti che avvengono solo perché siamo cristiani, solo perché questi cambiamento sono il risultato dell’opera dello Spirito santo nella nostra vita. Ed ecco perché la tribolazione produce perseveranza, e la perseveranza carattere, e il carattere speranza – perché vedete la mano di Dio nella vostra vita, vedete che rispondete alla tribolazione in un modo che solo il cristiano farebbe, un modo a cui nemmeno vi avvicinereste per via naturale, e questo vi da speranza che realmente appartenete a Cristo, che realmente siete stati giustificati, che realmente siete salvati, avete una vita cambiata.

E poi dice questo: “E la perseveranza produce esperienza”, verso 4, “l’esperienza produce speranza  e la speranza non confonde, cioè non stai ingannando te stesso; che questa speranza è una speranza che è ben piantata, è sicura, non è una speranza che ci deluderà o farà vergognare, o fare un buco nell’acqua, questa speranza non è un’illusione, non ci stiamo ingannando da soli, la speranza che la tribolazione produce in noi che siamo giustificati, è una speranza che è ferma, che non delude; perché? Perché questa speranza non ci delude?

Verso 5: “Perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato”. Ora, questa è una delle affermazioni più condensate del libro di Romani e della bibbia intera. Voglio dire, lo si potesse pesare peserebbe molto di più del ferro, è così denso di verità. La nostra speranza non ci deluderà, c’è una combinazione, una concisa combinazione delle basi oggettive della nostra speranza, e della certezza soggettiva della nostra salvezza. Dice: La speranza non confonde, non delude, perché – l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato. Ora, cerchiamo di estrarre dei filoni di verità da questa pesante affermazione. L’amore di Dio, a cosa si riferisce? Fa riferimento al nostro amore per Dio? O all’amore di Dio per noi?

Beh, basta guardare il nostro testo, verso 8: “Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” Giovanni 3:16 “Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figliolo unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. E dunque, l’amore di Dio qui non è il nostro amore per lui, non è questa la gran cosa, ma la vera gran cosa è che Dio ama noi! Ed è a motivo dell’amore di Dio per noi che noi abbiamo una certezza della speranza, perché, proprio come l’amore di Dio non ondeggia e non inverte la direzione, così, quello che noi speriamo non inverte la direzione, la speranza che l’amore di Dio ci promette è irreversibile quanto quell’amore stesso. Perciò, il fatto che Dio ci ama, è il fondamento per questa ferma speranza. La nostra speranza non ondeggia, perché? Perché l’amore di Dio per noi non ondeggia mai. Cos’ha detto Paolo alla fine di Romani 8? “Sono assolutamente convinto che né morte né vita, né angeli, né principati, né potenze, né cose presenti, né cose future, né altezze, né profondità, né alcun altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore”.

Ma, questo amore deve essere ricevuto. Quest’amore deve essere fatto proprio, se debba costituire il fondamento della nostra sicurezza, della nostra certezza per il futuro, e se debba provocare in noi un tale gioire in confidanza, come ne Parla Paolo qui. E questo è il significato della frase figurativa: “Perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori” o per usare le parole di un’altra traduzione: “È stato diffuso in abbondanza” in noi, ci controlla, ci riempie, conquista i nostri cuori, l’amore di Cristo dice 2 Corinzi capitolo 5, l’amore di Cristo mi costringe, e mi spinge, e mi motiva, e mi tira, e mi riempie, e impregna la mia vita, questo è ciò che significa essersi appropriati dell’amore di Dio, averlo sperimentato mediante lo Spirito di Dio. È un’esperienza soprannaturale, non è qualcosa che ogni uomo, ogni donna, ogni bambino esperisce, ma questo possesso dell’amore di Dio, sparso nei nostri cuori, che ci rende assolutamente certi che ciò che Dio ha iniziato in noi lo porterà a completamento, e una volta che siamo stati salvati da lui non decadremo mai da quello stato di salvati, questa è un’opera soprannaturale dello Spirito santo di Dio. La persona che sparge l’amore di Dio nei nostri cuori non è altri che lo Spirito santo, colui che è il suggellatore, quello che conferma la genuinità e la potenza dell’amore di Dio per noi, e che ci riassicura dell’amore di Dio per noi in così tante maniere, in particolare nella Santa cena e nel Battesimo.

Romani 8:16 dice: “Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio”. Questo non significa che ci parla, non significa che sussurra ai nostri orecchi, significa però che opera nei nostri cuori per aiutarci a vedere i suoi movimenti in noi, ci aiuta a vedere che abbiamo veramente la fede, che è un dono di Dio, e per  rassicurarci, e confermarci che Dio realmente ci ama, e che quell’amore non ci abbandonerà mai. E dunque in questo verso particolare vedete gli elementi basilari che garantiscono le certezze di cui questo testo è saturo.  Abbiamo l’immutabile amore di Dio, l’infallibile ed efficace opera dello Spirito santo che vive in noi, e l’intera idea del nostro cuori, il centro determinante della nostra vita e del nostro pensare quale sfera delle operazioni dello Spirito santo. E quando metti insieme tutti questi pensieri, essi fanno scaturire quest’alto livello di lode, e di gioia, e di esultanza, e di certezza che caratterizzato il testo intero.

Così, nei versi da 1 a 5, abbiamo le conseguenze dalla giustificazione. Cominciando col verso 6 e fino al verso 11, questi versi ci dicono come possiamo sapere per certo che Dio ci ama con un amore immutabile. Paolo dice che la tua speranza è la base per il tuo futuro, e che la confidente sicurezza che hai che Dio sarà fedele con te, in particolare nel giorno del giudizio e lungo tutta l’eternità, è che lo Spirito santo ha sparso nel tuo cuore l’amore di Dio. Questo è il fondamento della tua speranza, e Dio non muta, il suo amore non indebolisce, e non fa marcia indietro e di conseguenza, quella speranza che hai per il futuro cambierà. Ora, veri da 6 a 11, come possiamo sapere per certo che Dio ci ama con un amore immutabile. Ora, questa non è una domanda irrilevante. Non è una domanda ovvia. Molte persone non la fanno perché semplicemente assumono che Dio ami tutti allo stesso modo quando sappiamo che non è così. Dio odia tutti gli operatori d’iniquità. Non dobbiamo prendere l’amore di Dio per dovuto e assumere che Dio ci ami semplicemente perché siamo persone umane. Perché? Per due ragioni: Dio non ama tutti. Alcuni hanno un metodo evangelistico col quale vanno in strada e approcciano le persone dicendo: “Dio ti ama ed ha un piano meraviglioso per la tua vita e Gesù è morto per te”. Come fa a saperlo? Voglio dire, sì, Dio ha un piano meraviglioso per la vita delle persone ma per alcune persone quel piano è meraviglioso solo per Dio. Ma come può sapere che Gesù sia morto per quella persona  quando la bibbia dice che Gesù Cristo è morto solo per i suoi. “Gli porrai nome Gesù perché salverà il suo popolo dai loro peccati”; “Mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei”. Il Buon Pastore mette la sua vita, Giovanni 10, non per i lupi, non per i capri, ma per le pecore. E dunque non è una domanda irrilevante. No. Non dare per scontato che Dio ti ama perché ama tutti. Ma la seconda cosa da tenere a mente è che tu sei empio. E io sono empio. Perché mai questo Dio che odia ogni peccato dovrebbe amare noi? Voglio dire che è audace, e temerario darlo per scontato. Non c’è niente in voi ed io che sia degno dell’amore di Dio. La sola cosa che noi meritiamo da Dio è la sua dannazione eterna. Perciò è una domanda che è molto importante farsi. È per questo che Paolo inserisce questi versi con tempistica perfetta. Come potete essere sicuri che Dio ci ama con amore immutabile – visto che noi abbiamo perso il diritto a questo amore a causa dei nostri peccati. Ebbene, comincia a rispondere al verso 6: “Perché, mentre eravamo ancora senza forza, Cristo a suo tempo è morto per gli empi”. Ora, notate il “noi” (sott’inteso), ha riferimento particolare a quelli che sono stati giustificati per fede, il popolo di Dio. Come possiamo noi, il fedele popolo di Dio, sapere che Dio ci ama con amore immutabile? Perché, mentre eravamo ancora  senza forza, a suo tempo, Cristo è morto per gli empi. Così vedete che la dimostrazione dell’amore di Dio per noi è fornita con la morte del Signore Gesù Cristo. Dio ama i deboli, disperati, ed empi. Come ha potuto finanche interessarsi di noi? Per sola grazia. E la meraviglia dell’amore di Dio è che Egli ha amore per persone empie. Questa è la forza della parola “mondo” in Giovanni 3: 16. La maggior parte delle persone non comprende Giovanni 3: 16, e gli fanno dire niente. “Poiché Dio ha tanto amato il modo che ha dato il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. I nostri fratelli arminiani usano quella frase per refutare la nostra comprensione della predestinazione e del fatto che Dio ama i suoi eletti, Gesù Cristo è venuto a morire per gli eletti. essi dicono: No, Dio ama il mondo. E dicono: Mondo significa mondo e ciò vuol dire che Dio ama tutti nel mondo senza eccezioni. Talché il punto di Giovanni 3: 16 è: Vedi quant’è grande l’amore di Dio? È capace di abbracciare una cosa così grande come tutto questo mondo intero con dentro tutti quanti. Ebbene, a parte il fatto che hanno appena fatto un’affermazione senza cercare di documentarla esegeticamente dal testo o dall’uso della parola “mondo” da parte di Giovanni, che in modo predominante non si riferisce a numeri ma all’umanità in ribellione contro Dio; ricordate 1 Giovanni 2 dice: Non amate il mondo, né le cose del mondo. La parola “mondo” lì significa forse il mondo intero senza eccezioni, talché ci è stato comandato di non amare nessuno nel mondo intero senza eccezioni? No, questo non è il punto. Non amate questo mondo empio nel quale dobbiamo vivere per un tempo. Perciò questo è ciò che la parola mondo significa in Giovanni 3:16. Ma oltre questo fatto, se tutto ciò che Giovanni 3:16 sta dicendo è: “Guarda quant’è grande l’amore di Dio” che con le sue braccia può abbracciare tutto il mondo, sta dicendo niente, assolutamente niente, è uno spreco d’inchiostro. È come dire: venite a vedere l’uomo più forte del mondo che vi proverà la sua forza incomparabile chinandosi e raccogliendo uno stuzzicadenti. Ora, il sollevamento dello stuzzicadenti cosa vi ha insegnato della forza dell’uomo più forte del mondo? Niente! E che Dio abbia l’abilità d’amare un granello di polvere in un  massiccio universo pieno di granelli di polvere, cosa v’ha insegnato della grandezza dell’amore di Dio? Niente! L’interesse di Giovanni 3:16 non è d’impressionarvi con la quantità dell’amore di Dio ma con la qualità dell’amore di Dio. E lo si può vedere scambiando la collocazione della parola “tanto”, Tu non dici a tua moglie: Io tanto ti amo; ma dici, io spero: Io ti amo tanto. Così spostiamola anche il Giovanni 3:16, Perché Dio ha amato il mondo tanto. Questa è una dichiarazione della qualità dell’amore di Dio, non di quanto grande sia, ma Dio è capace di abbracciare il mondo nella sua ribellione contro di Lui. Il mondo empio, senza forza dei peccatori. E così, si vede la stessa idea qui, in Romani 5: “Perché, mentre eravamo ancora senza forza, a suo tempo Cristo è morto per i peccatori”. Senza forza significa incapace di fare qualsiasi cosa che ci preparasse per la salvezza, incapaci di fare qualsiasi cosa perfino per fare in modo che Dio volgesse verso di noi lo sguardo con la più piccola misura di favore. Mentre eravamo senza forza, impotenti, deboli, per il nostro peccato, Cristo morì per gli empi, a suo tempo. Vista la frase? A suo tempo, nel tempo stabilito (CEI), perché quando eravamo ancora senza forza, nel tempo stabilito, Cristo morì per gli empi.

Ora, quella frase, nel tempo stabilito, a suo tempo, ha grandi implicazioni. A suo tempo può significare nel tempo stabilito, quando il tempo era maturo, compiuto, Galati 4:4; il tempo era maturo, quando Dio aveva messo tutto nel mondo in ordine come lo voleva, l’Impero Romano, i Greci ecc., Dio ha mandato suo figlio nel mondo. Ma al tempo giusto, a suo tempo, cioè nel tempo del nostro essere senza forza, quando non potevamo fare alcunché per la nostra situazione, Cristo morì per noi efficacemente, per superare quella situazione di impotenza, e per beneficiare noi nella sua morte, questo è il punto del verso 6. perché quando eravamo ancora senza forza, in quel tempo d’impotenza nel quale noi non avremmo potuto fare nulla per noi stessi, Cristo è morto efficacemente per persone empie, per guadagnare i benefici di cui hanno bisogno le persone empie. E quali sono questi benefici? Il perdono dei peccati, la riconciliazione con Dio. 

E poi, verso 7 e 8 espandono il pensiero del verso 6. Il verso 7 dice: “Difficilmente infatti qualcuno muore per un giusto; forse qualcuno ardirebbe morire per un uomo dabbene”. Il verso 7 parla dell’inauditezza, i-nau-di-tezza. Lo so che non c’è tale parola nel dizionario. Non m’importa. Se John Murray la usa la uso anch’io. L’inauditezza di uno che muore per gli empi. Non si è mai sentito parlare che uno debba morire per gli empi. E nel verso 8 dice specificamente ciò che era solo implicito nel verso 6, che l’amore di Dio ci è elargito direttamente da Dio nella morte del Signore Gesù. Ora, il verso 7 è spesso malinteso: “Difficilmente infatti qualcuno muore per un giusto; forse qualcuno ardirebbe morire per un uomo dabbene”. Ci sono persone che cercano di fare una distinzione tra un giusto e uno dabbene. Qualcuno non morirebbe per un uomo giusto, qualcuno che sia pignolo per i dettagli della giustizia, uno che crede che quando si tratta di moralità bisogna mettere tutti i puntini alle ‘i’ e il trattino alle ’t’, questa gente non è divertente. Ma per un uomo dabbene, uno che sia generoso, sia gentile e compassionevole, ebbene, forse qualcuno morirebbe per una persona così. Ebbene, non fate un contrasto, la bibbia non lo fa mai. La bibbia sa dove fare un contrasto tra un uomo giusto e uno buono, l’uomo giusto è un uomo buono e un uomo buono è un uomo giusto, e la versione che abbiamo letto (ASV)  cerca di reprimere quel contrasto con l’articolo determinativo ‘lo’ (un). Difficilmente infatti qualcuno muore per un giusto, forse qualcuno ardirebbe morire per ‘l’ uomo dabbene. In altre parole, è assai raro che qualcuno metta la sua vita in favore di un uomo giusto benché sia concepibile  che magari per rispetto per quell’uomo giusto e dabbene una persona metta la propria vita al posto di quella persona. “Ma”, il verso seguente, comincia con un contrasto, e qui si vede il contrasto totale tra l’uomo e Dio, “Ma Dio manifesta il suo proprio amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. Noi non eravamo uomini dabbene, noi non eravamo giusti, ma Dio ha mandato suo figlio a morire per i malvagi, per persone in ribellione contro di Lui. E notate la piccola parola ‘suo proprio’ amore per noi. Quella parola “suo proprio” significa  amore che fluisce da Lui stesso, amore che è unico perché di Dio, che non può essere offerto da nessun altro essere. E la morte del Signore Gesù Cristo è l’espressione e la manifestazione dell’amore di Dio per noi. Qual’è la prova più grande che Dio ama peccatori? Una croce! Con un uomo appeso a quella croce! La morte del Signore Gesù Cristo. La bibbia ce lo dice ripetutamente. In 1 Giovanni 4:9 “In questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi, che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi vivessimo per mezzo di lui. In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui ha amato noi e ha mandato il suo Figlio per essere la propiziazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato in questo modo, anche noi ci dobbiamo amare gli uni gli altri”. Perciò, la grande prova dell’amore di Dio per i peccatori, particolarmente per quei peccatori che sono giustificati per sola fede, e la base della loro speranza, la base della loro sicurezza che quando Dio comincia qualcosa nella tua vita lo condurrà alla perfezione, e nessuno può strapparti dalla sua mano, o separarti dal suo amore è il fatto che Dio ha dato il suo proprio figlio sulla croce, al posto nostro.

Verso 9. “Molto piú dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira di Dio per mezzo di lui”. Come dire, se qualcosa è vero anche qualcos’altro deve essere vero; e cioè, avendoci giustificati per mezzo del sacrificio di Gesù sulla croce, attraverso la sua propiziazione, è assolutamente certo che saremo salvati dall’ira di Dio per mezzo di lui. Vi ricordate che Romani 1:18 dice che “l’ira di Dio si manifesta dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia”, e poi, in Romani 2 parla del giorno dell’ira alla fine del mondo e dice ai non credenti impenitenti “Ma tu, per la tua durezza ed il cuore impenitente, ti accumuli un tesoro d’ira, per il giorno dell’ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, … a coloro invece che contendono e non ubbidiscono alla verità, ma ubbidiscono all’ingiustizia, spetta indignazione ed ira”. E qui dice che avendo ricevuto il perdono dei peccati, essendo stati giustificati, immersi nella morte del Figlio di Dio, non c’è la più piccola possibilità che noi assaggeremo mai l’ira di Dio, nel giorno dell’ira, il giorno del giudizio alla seconda venuta o all’inferno. Quando dice: “giustificati nel suo sangue” non significa che quando Gesù morì sulla croce i vostri peccati vi furono perdonati e foste adottati nella famiglia di Dio come figli, quello non è il punto: ciò non è avvenuto finché non avete creduto. Nessuno riceve il perdono dei peccati ed è adottato nella famiglia di Dio fino al momento in cui crede in Gesù, e dunque cosa significa che siamo giustificati nel suo sangue? Il suo sangue è la base della giustificazione per fede. Com’è che Dio può dichiarare giusto un peccatore e accettarlo in quanto giusto? Solo in ragione della morte espiatrice e la vita perfetta del Signore Gesù Cristo. E dunque questa giustificazione qui per il suo sangue non è una reale giustificazione che sperimentate ma è un modo abbreviato per definire il fondamento della giustificazione: il sangue di Cristo procura la nostra accettazione con Dio e che non assaggeremo mai la sua ira.

Così, questa certezza della salvezza che deriva dalla presente giustificazione, significa che non c’è ira riservata ai giustificati dal trono di giudizio di Dio. Fate un bel respiro profondo, espirate, gioite, qualsiasi cosa avverrà nel giorno del giudizio, potremmo essere imbarazzati, qualsiasi cosa avvenga nel giorno del giudizio, non ci sarà ira da Dio per voi o per me che siamo giustificati. La giustificazione è l’opposto della condanna. E poiché la giustificazione è completa e irrevocabile, non c’è alcuna condanna di nessun tipo riservata nel giorno del giudizio per quelli che sono in Cristo Gesù. E dunque la salvezza dalla futura manifestazione del terrore dell’ira di Dio è uno degli ingredienti della speranza della gloria. Noi possiamo guardare al giorno del giudizio sapendo che siamo stati salvati dall’ira di Dio per mezzo di Cristo.

Verso 10. “Infatti,” e qui c’è la ragione, “ Infatti, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto piú ora, che siamo stati riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita”. Qui ci vengono date informazioni addizionali sulla natura della morte di Cristo che non ci sono state date fin qui nel libro di Romani. E il beneficio è assicurato e quest’informazione aggiuntiva rafforza la nostra sicurezza dell’amore di Dio per noi. Guardiamo il verso in dettaglio. “Infatti, se mentre eravamo nemici”, queste parole non si riferiscono alle nostre azioni d’ostilità contro Dio, non è questa la questione, la questione non riguarda qualcosa che avviene dentro di voi, la questione tratta di qualcosa che avviene in Dio. Mentre eravamo nemici per quel che concerne Dio, un riferimento non alla nostra ostilità verso Dio, ma all’ostilità e l’ira di Dio nei nostri confronti, e la sua alienazione da noi. Mentre eravamo i suoi nemici, quando eravamo ancora alienati da Lui, mentre egli era ancora adirato con noi, “siamo stati riconciliati con Dio”. Questo è tutto per grazia. Questo “riconciliati con Dio” fa riferimento non alla rimozione di qualche inimicizia ch’è dentro di voi, ma che l’ostilità è stata rimossa dal cuore di Dio: Dio è un Dio riconciliato. Oh, i liberali odiano questa frase, ne odiano l’idea; quando parlano di riconciliazione è qualcosa che dobbiamo fare da parte nostra, un’ostilità che dev’essere rimossa da dentro di noi, un’ostilità che dimora nei nostri cuori e che dev’essere rimossa, in modo da poter essere riconciliati con Dio. E odiano l’dea che, perché voi ed io si possa essere riconciliati con Dio, c’è un’ostilità nel cuore di Dio nei nostri confronti che ha da essere rimossa, ed è rimossa riversando quell’ostilità su Cristo che è la propiziazione al posto nostro. Mi ricordo che un mio vecchio professore diceva che la parola ‘propiziazione’ non dovrebbe essere da nessuna parte nella bibbia, e quando gli rammentai che c’è nella bibbia, rispose: Lo so che è nella bibbia, ma non dovrebbe esserci. Non tollerano quel pensiero. “Siamo stati riconciliati con Dio”, giustificati con Dio è parallelo a “giustificati nel suo sangue”, ‘ché nel suo sangue, cioè nell’espiazione con la sua morte sulla croce, la propiziazione della sua morte sulla croce, furono gettate la basi per la nostra giustificazione, e per la nostra riconciliazione. La riconciliazione è un fatto che fu compiuto una volta per tutte con la morte del Figlio di Dio. Quando Gesù morì sulla croce, Dio fu riconciliato ed ora chiama tutti gli uomini ad essere riconciliati con lui mediante la fede e il pentimento. Se notate, il verso 11 dice che la riconciliazione è ricevuta, non dice di migliorarla, di perfezionarla o di aggiungervi qualcosa, la riconciliazione è avvenuta, Dio è un Dio riconciliato, ora riceviamo la riconciliazione per fede. E notate che continua: “Infatti, se mentre eravamo ancora nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte di suo figlio, vi rendete conto che questa è la prima volta che la parola ‘Figlio’ viene usata dopo il verso 3 del primo capitolo e verso 9? Perciò deve avere una somma importanza per riportare questa parola dentro la discussione dopo così tanto tempo e fare riferimento alla morte non di Gesù, non del Mediatore, ma la morte del Figlio di Dio. Perché ha usato questa parola? Ebbene, una delle ragioni non può che essere per dirci che  è Dio Padre ad essere riconciliato. Abbiamo la trinità davanti a noi. Poiché, mentre eravamo ancora peccatori siamo stati riconciliati con Dio il Padre, mediante la morte di suo Figlio. Molte persone lasciano l’impressione che Dio Padre ci ami un pochino meno di Gesù, e così Gesù morì sulla croce per far sì che Dio ci amasse. Nulla di vero! L’amore di Dio non è qualcosa che Cristo guadagnò, che meritò, è la motivazione che sta alla base della morte di Cristo. Poiché Dio ha tanto amato il mondo che ha dato…Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Dio il Padre ci ama quanto ci ama Gesù. Inoltre, parlare della morte di Gesù come la morte del Figlio di Dio ci evidenzia quanto la morte del Figlio di Dio dimostri l’amore del Padre verso di noi. Il Padre, ha dato il suo amato Figlio, a  morire per il suo amato popolo. E a motivo di ciò, siamo riconciliati, mediante la morte del Figlio di Dio. E notate come termina questo verso: 

Infatti, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto piú ora, che siamo stati riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita”. Ora quando dice la sua vita si riferisce alla vita di Cristo, e non si riferisce alla sua vita in questo mondo, per 33 anni, quello non è il punto. È la vita di Cristo da risorto la cosa importante. Ma anche così, Paolo sta dicendo molto di più che siamo salvati dalla resurrezione di Cristo. Sta facendo il punto che noi siamo salvati dalla vita esaltata, eterna, del nostro Redentore alla Destra di Dio. La garanzia della salvezza finale ed eterna cui Dio ci porterà  è la presente vita eterna risorta di Gesù Cristo, imperitura, invincibile, attraverso tutta l’eternità. E questo ci porta ad un collegamento indissolubile tra la morte e la resurrezione di Cristo. Cristo è morto per noi che i nostri peccati potessero essere perdonati e noi potessimo essere adottati nella famiglia di Dio, Cristo è risorto per noi e vive ora per noi in cielo, per garantire che noi non gusteremo mai l’ira di Dio.

Verso 11. “E non solo, ma anche ci vantiamo in Dio per mezzo del Signor nostro Gesú Cristo”, Avete notato  quante volte viene usata quella frase preposizionale, per ricondurre all’opera di mediazione di Cristo, non  abbiamo nulla da Dio senza quell’opera di mediazione di Gesù Cristo, “E non solo, ma anche ci vantiamo in Dio per mezzo del Signor nostro Gesú Cristo, tramite il quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione”. Così qui vediamo l’esultanza che inonda la nostra vita, vediamo una condizione, uno statuto presente davanti a Dio di ‘riconciliati’, ora non siamo più nemici, Dio ha un sacco di nemici in questo mondo ma noi non siamo tra questi. Questa esultanza non ha restrizioni, questa esultanza non può mai essere troppo esagerata quando fa riferimento a Dio mediante il nostro Signore Gesù Cristo. Paolo sta riflettendo ora sulle reali applicazioni della riconciliazione che Cristo ha compiuto per noi. Noi riceviamo quella riconciliazione, riceviamo Cristo come nostro Salvatore e quando riceviamo il signore Gesù Cristo come Salvatore per fede,  fede  che è un dono di Dio, non da opere affinché nessuno si glori, a quel punto siamo giustificati, e a quel punto riceviamo le conseguenze della giustificazione e riceviamo le conseguenze di essere riconciliati con Dio e di non essere più suoi nemici. E qui abbiamo dunque visto un passo ricco di verità e più meditiamo le verità contenute nei versi da 1 a 11 e più sperimentiamo gioia. Se state passando un brutto momento di tristezza e di sconforto perché state leggendo Le Istituzioni della Legge Biblica di Rushdoony e vi rendete conto che non siete i cristiani che vorreste essere, smettete quella letture, smettete di leggere i 10 Comandamenti, leggete Romani 5: 1-11, leggete cos’ha fatto Gesù per noi, e non c’è nulla che noi possiamo fare per aggiungere o diminuire le conseguenze della giustificazione e della riconciliazione. A quel punto potete riprendere la lettura che stavate facendo.

Preghiamo:

Ti ringraziamo, Padre, per questo meraviglioso Vangelo, che ci hai espresso così chiaramente in questi versi. Aiutaci a comprendere che esso è l’unico vangelo che possa farci del bene, aiutaci a crederlo, aiutaci a testimoniarlo, a condividerlo, a spargerlo, aiutaci a proteggerlo dal venire mescolato con la varie opinioni degli uomini, per amore di Cristo, Amen.


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