Capitolo XIX 

Il Perdono dei Peccati

 

“Il Perdono dei Peccati” è un articolo del Credo degli Apostoli e compare nel Credo di Nicea in relazione al battesimo: “Io conosco un solo Battesimo per la remissione dei peccati”.

La proclamazione della “remissione dei peccati” è fondamentale per il vangelo. Giovanni il battista avvertì tutto Israele della venuta del Messia, il Salvatore dai peccati, con la sua dichiarazione di questa dottrina in relazione al battesimo. Il battesimo, come segno del nuovo patto e in sostituzione della circoncisione ha annunciato la nuova era nella quale la nuova vita è caratterizzata dal perdono dei peccati (Mt. 3:2,6; Mr. 1:4; Lu. 3:3-6).

Dove si rinnega Gesù Cristo, si rinnega ovviamente il perdono dei peccati. Come ha detto Ignazio: “Chi non crede al vangelo non crede a tutto ciò che l’accompagna” [1]. Nelle Scritture si insegna dall’inizio alla fine di una sola dottrina del perdono, giustificazione, santificazione e comunione con Dio. Questa unica dottrina venne annunciata in modo caratteristico nelle ordinanze del Vecchio Testamento e portata a compimento in Gesù Cristo.

Il perdono nel mondo dell’umanesimo è diventato un atto personale ed emotivo; nella bibbia è un atto giudiziale e legale. Questo significa che vengono fatte cadere le accuse e imputazioni a carico di un uomo colpevole, perché l’espiazione ha rinviato l’imputazione al tempo accordato o, per alcuni casi, le imputazioni sono rinviate per il momento (Lu. 23:24) [2].

Siccome il perdono è un termine giuridico, è reso ancora più enfatico il fatto che il perdono sia interamente per grazia di Dio attraverso Gesù Cristo, perché l’espiazione è stata compiuta da Gesù Cristo e da lui solo. La persona del credente è accettata come giusta, non per qualcosa che abbia fatto, ma in virtù di ciò che ha fatto Cristo. L’obbedienza e la riparazione di Cristo sono le basi del perdono dell’uomo: la riparazione è stata compiuta da Cristo come uomo perfetto e come capo federale della nuova umanità che Cristo rigenera a chiama a sé. Come ha evidenziato Robert Shaw: “La giustificazione è un atto giudiziale di Dio e non un cambiamento di natura, ma un cambiamento dello stato del peccatore di fronte alla legge”. La giustificazione è più che un perdono dei peccati; essa è anche “il considerare e accettare le loro persone giuste,” come si esprime la Confessione di Westminster [3]. Il cambiamento di stato per l’uomo giustificato consiste nell’adozione ed è il privilegio di tutti coloro che credono veramente in Cristo (Gl. 3:26,28). La santificazione è la progressiva distruzione dell’intero corpo del peccato in coloro che sono efficacemente chiamati e rigenerati e posseggono un nuovo cuore e nuovo spirito creati in essi. Questa santificazione è ottenuta per mezzo della parola e dello Spirito dimorante nel credente [4].

Il peccatore non rigenerato è interessato al perdono, ma non dei peccati, ma piuttosto delle conseguenze dei peccati. Ciò che il peccatore vuole che vengano meno sono l’accusa e la pena, con la garanzia della libertà di continuare nel suo peccato. La richiesta religiosa delle religioni non cristiane è l’ottenimento dell’immunità dalla colpevolezza e dalle minacciose forze della retribuzione.

Per il successo di Giulio Cesare fu fondamentale la sua generale offerta di clementia, pietà senza grazia e senza rigenerazione. Il perdono di Cesare si estendeva ai suoi nemici di caso in caso, al punto che Cicerone ebbe a dire: “Tu sei l’unico, Gaio Cesare, nelle cui vittorie nessuno perde la vita, se non in battaglia” [5]. Cesare poté sospendere le accuse contro i suoi nemici, ma non poté cambiare la loro natura; egli non poté rigenerare né loro né se stesso ed essi lo assassinarono.

Qualsiasi tentativo politico di perdonare senza grazia conduce solo ad un aumento di disordine e di caos, perché il perdono senza salvezza è semplicemente un sussidio al peccato: è una condanna al peccato che di fatto dice: “Va e pecca ancora”.

Ma i salvatori politici sono molto spesso interessati a perpetuare il peccato piuttosto che sconfiggerlo. Il peccato è un importante e notevole strumento di potere politico. Prima di tutto, in ogni regime totalitario ed in ogni ordine socialista, il ricatto è il principale strumento di potere. Chi è passibile di ricatto è passibile di controllo. Di conseguenza il peccato è politicamente incoraggiato e sostenuto. Gli ambasciatori esteri vengono compromessi moralmente per poterli controllare e i legislatori interni e burocrati vengono avvolti dalle tentazioni per poterli tenere in una continua situazione compromessa. Il peccato è quindi uno strumento base per il controllo e il potere politico. Secondo, la religione è necessaria al potere politico. Per poter ricattare gli uomini occorre che il peccato sia pubblicamente reprensibile in modo che gli atti immorali di un legislatore possano danneggiargli la carriera. Le religione predicata non deve essere quella cristiana ortodossa, una dichiarazione priva di compromessi sulla potenza salvifica di Dio e sulla gloriosa libertà dell’uomo in Gesù Cristo. La religione dello stato deve essere una religione moralista; i suoi sacerdoti, predicatori ed evangelisti annunciano il programma dello stato come parte del vangelo e predicano il moralismo per rendere terribile il peccato e remota la grazia. L’effetto netto della religione moralistica è di far sentire i peccatori ancora più colpevoli e di rafforzare il potere dello stato. Terzo, il potere statale ha l’interesse a perpetuare il peccato perché gli uomini colpevoli sono schiavi. Un uomo dalla coscienza sporca non è un uomo libero; egli si trova in schiavitù e la sua vita rivelerà la sua schiavitù interna. Più di qualche moglie ha cercato nel momento favorevole di spingere di nascosto il marito verso l’adulterio sapendo che un uomo colpevole è meno indipendente e meno saldo nello stabilire le regole della sua giusta autorità e responsabilità. Come osserva l’Amleto di Shakespeare: “La coscienza ci rende tutti codardi”. Gli effetti di un cattiva coscienza si manifestano nell’asservimento. Quindi il potere statale lavora per promuovere l’immoralità come se fosse un aspetto necessario della libertà umana e per distruggere il cristianesimo con lo scopo di eliminare il rimedio al peccato, il conforto e la guarigione di un coscienza schiava. Senza il potere liberatorio del cristianesimo, del perdono dei peccati per mezzo di Gesù Cristo, non c’è alcuna possibilità di liberarci dalla tirannia. Il vangelo dello stato tiranno diventa l’affermazione che la libertà consiste nella licenza di peccare e la schiavitù consiste nella libertà dell’autogoverno morale. In questo tipo di stato, le aule giudiziarie e le scuole decretano e interpretano la libertà come libertà dalla moralità. La gente viene tratta in inganno facendole credere che sono più liberi perché ora posseggono la licenza di fornicare, commettere adulterio, indulgere liberamente nella perversione e leggere pornografia. Nel frattempo, mentre essi sguazzano in questa “nuova libertà”, lo stato estende rapidamente i suoi poteri sulla gente, sulla vita familiare, economia, istruzione, commercio, lavoro, agricoltura, sulle chiese, l’arte, le scienza e tutto il resto. La proclamazione dell’idea che l’irresponsabilità morale e sessuale è libertà è quindi l’usuale e necessario preludio alla distruzione della libertà e per l’aumento del potere dello stato. La “nuova libertà” produce la vecchia schiavitù.

Dove non vi è perdono dei peccati, c’è però il condono degli stessi. Una società peccatrice si scopre contraria ad accettare il giudizio, perché è passibile del giudizio stesso. Di conseguenza, la legge viene tenacemente sovvertita. La pena di morte viene indebolita o abolita. Il criminale viene talmente favorito in tribunale che la prosecuzione dei crimini ne risulta monca. Le leggi penali favoriscono sempre più il colpevole. La legge civile non è migliore. Alcuni anni fa, uno studio condotto dall’Institute for the Study of Law at John Hopkins mostrò che “nella Suprema Corte della Contea di New York meno del 7 % dei giudizi accettati dalla corte erano stati proposti dalle parti vincenti” [6]. Le corti civili servono gli interessi dello stato e procurano una bella vita ai giudici e agli avvocati. Nel potere statale, vi è poco spazio per la giustizia in tribunale per la gente, perché i tribunali sono agenzie dello stato piuttosto che agenzie della gente. E siccome lo stato stesso è nel peccato, egli ha in quest’ultimo un interesse evidente. La giustizia è anatema per un ordine sociale che ha tutto da temere da essa ed è impegnata a peccare come affermazione della propria indipendenza da Dio.

Dove non c’è perdono dei peccati, c’è schiavitù al peccato. Un popolo peccatore può anche lamentarsi dell’ingiustizia dei suoi governanti, ma manca del coraggio morale per opporsi ad essa. Per un peccatore dichiarare guerra contro il peccato è paragonabile a guerreggiare contro se stesso. Di conseguenza un popolo corrotto si perderà in lamentele contro la tirannia, ma sarà impotente a combatterla.

San Paolo ha collegato la remissione dei peccati alla libertà di avvicinarsi a Dio: egli si riferiva alla “piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura” (Eb. 10:16-25). Se il perdono dei peccato dà libertà nella relazione con Dio, quanto più lo fa nelle relazioni tra uomini. La relazione del peccatore non redento con Dio è di paura e odio; il peccatore è in lotta con Dio e in fuga da lui. Il nascondiglio di Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden fu dietro le foglie di fico e nel rifugio delle tenebre. Il nascondiglio dell’uomo moderno sta nelle chiese apostate e nell’incredulità, ma nessun luogo di rifugio può giovare all’uomo contro Dio.

Il perdono dei peccati ristabilisce l’uomo in comunione con Dio e nella giusta posizione come signore della terra in Cristo. Il perdono dei peccati è la liberazione dell’uomo dal giudizio di Dio e dalla sentenza del proprio cuore. È il ristabilimento dell’uomo nella sua chiamata come uomo ad essere sacerdote, profeta e re sotto Dio. È il ristabilimento dell’uomo ad un pensiero chiaro e vero, perché come scrisse Fulke Greville:

Whence all mans fleshly idols being built,
As humane Wisedome, Science, Power, and Arts,
Upon the false foundation of his Guilt;
Confusedly doe weave within our hearts
Their owne advancement , state, and declination,
As things whose beings are but transmutation [7].

(Onde sono costruiti tutti gl’idoli carnali, come le umane sapienza, scienza, potere e arte, sul falso fondamento della sua colpa; confusamente intessono nei nostri cuori, il loro progresso, stato e declinazione, come cose il cui essere è null’altro che mutamento.)

Quando l’uomo costruisce sul “falso fondamento della sua colpa,” egli fallisce nel costruire sulla ragione, che misura “prima la nostra propria umanità”, ma cerca invece di raggiungere la divinità e di fondare il nostro Paradiso sulla sabbia [8]. Mentre il peccatore costruisce sul falso fondamento della propria colpa, il credente costruisce su Gesù Cristo, colui che si è incarnato, e sul suo perdono dei peccati. In Cristo l’uomo è liberato dal fardello del peccato e della colpa e dal peccato e dalla morte e invece di ritrovarsi un uomo cacciato e colpevole, in caduta libera da Dio, da se stesso e dalla realtà, egli diventa un figlio di Dio e un erede della creazione. Il perdono dei peccati è la Magna Charta della libertà.

Il perdono dei peccati è in primis un atto di Dio. La domanda degli scribi: “Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?” non fu elusa da Cristo. Dimostrò invece di essere egli stesso il Dio incarnato. Egli parlò di se stesso come “il Figlio dell’uomo”, un titolo indicativo del Messia di Dio e fece un miracolo per dimostrare la sua potenza divina (Mr. 2:6-12). Il perdono dei peccati è un atto di Dio e perciò non vi può essere alcun perdono umano su basi umanistiche come l’amore, l’emozione, il sentimentalismo o il desiderio di pace. Il perdono dell’uomo può assumere solo le vesti ministeriali, cioè secondo le leggi ed i requisiti di Dio. Agendo ministerialmente l’uomo può perdonare, sapendo che ciò che scioglie è sciolto in cielo e che ciò che lega è legato in cielo, perché Dio è verace a se stesso e alla sua parola (Mt. 16:19; 18:18: Gv. 20:23; 1 Co. 5:4,5; Is. 22:22). L’uomo può muoversi in fiducia e in potenza, perché si muove nella certezza della Parola di Dio.

Siccome il perdono è un atto di Dio non può in alcun modo diventare un atto dell’uomo in forma originaria. L’uomo può perdonare o negare il perdono solo come lo richiede la Parola di Dio. L’iniziativa del perdono proviene da Dio. Di qui il persistente tentativo dei teologi ereticali di distruggere la dottrina del perdono per mezzo dell’universalismo, insistendo che i peccati di tutti gli uomini sono perdonati e che tutti gli uomini sono salvati. L’universalismo significa che il peccato viene stabilito quale condizione base e permanente nella quale tutti gli uomini vengono accettati e perdonati dei loro peccati e senza giudizio né rigenerazione. L’universalismo reclama di essere l’amore globale, ma è nient’altro che l’amore globale del male, nel fatto che stabilisce quest’ultimo nella legittimità morale. L’universalismo è l’odio totale nei confronti del proposito e progetto rigenerativo di Dio. L’universalismo è anarchia morale. La dottrina universalistica del perdono dei peccati è l’insediamento del male e la negazione del significato e realtà del peccato. Ove esso prevalga, la tirannia e la stagnazione prendono il sopravvento sulla società.

Il perdono dei peccati secondo la fede biblica è la struttura sia della libertà sia del progresso.

Il perdono biblico è giudiziale ed è esercitato in due aree, quella politica e quella religiosa. Primo, nella sfera politica, il perdono viene esercitato nelle aule dei tribunali e il perdono biblico nelle relazioni sociali è soggetto al compimento della legge di Dio. Per alcuni crimini il perdono è possibile solo per mezzo della pena capitale; per altri attraverso la restituzione. Senza perdono biblico, i crimini si accumulano e aumenta il giudizio quando il sangue dell’innocente grida vendetta dalla terra. Il crimine si accumula non solo sul capo del criminale, ma anche sulla terra, provocando la pena capitale di Dio sull’intero paese. Una città senza giustizia è una “città sanguinaria” e sotto giudizio (Ez. 24:6-14). L’obiettivo della legge civile è di stabilire la giustizia e non c’è giustizia senza restituzione. Il criminale resta perciò, all’occhio di Dio, socialmente non-perdonato e la terra condivide la colpa e il giudizio del colpevole.

La seconda forma di perdono biblico è soteriologico, cioè religioso in riferimento alla salvezza. I nostri peccati sono espiati dal sangue di Gesù Cristo e noi siamo perdonati. Una terra, per poter essere cristiana, deve vedere prevalere ambedue le forme di perdono. Senza entrambe diventano inevitabili l’antinomismo e la decadenza sociale.

Note:

1 “The Epistle of Ignatius to the Philadelphians,” Ante-Nicene Library, I, The Apostolic Fathers, 234.
2 K. Schilder, Christ Crucified. Tradotto da Henry Zylstra. Terza Edizione. (Grand Rapids: Eerdmans, 1948), 134. 3 Robert Shaw, An Exposition of the Confession of Faith of the Westminster Assembly of Divines, 147
4 vedi la Confessione di Fede di Westminster, cap. XIII.
5 Ethelbert Stauffer, Christ and the Caesars, 42-53.
6 William Scagle, Law: The Science of Inefficiency(New York: Macmilian, 1952), 3.
7 Geoffrey Bullough editore, Poems and Dramas of Fulke Greville, First Lord Brooke, vol. I, da “Atreatieof Humane Learning”. (NewYork: Oxford University Press, 1945), 167. “Onde sono costruiti tutti gl’idoli carnali, come le umane sapienza, scienza, potere e arte, sul falso fondamento della sua colpa; confusamente intessono nei nostri cuori, il loro progresso, stato e declinazione, come cose il cui essere è null’altro che mutamento”.
8 Ibid., 190.


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