Capitolo XI

La processione dello Spirito Santo

 

Il subordinazionismo, nel suo significato più ampio, ebbe una doppia implicazione: primo, trattò il Padre come vero Dio, ma diede al Figlio e allo Spirito Santo uno status inferiore, sì che, pur essendo formalmente trinitario, era in realtà incompatibile con il trinitarismo. Secondo, come conseguenza del subordinazionismo, l’ordine rivelato cioè — la rivelazione di Dio la Parola e della sua parola scritta: la bibbia — assume una posizione inferiore alla parola naturale di Dio, la creazione ed il suo ordine di potere, cioè lo stato. Nel subordinazionismo il mondo diventò il dominio dello stato e l’elemento della rivelazione era visto come una aggiunta piuttosto che come un elemento essenziale della vita dell’uomo. Nel subordinazionismo e per mezzo di esso lo stato messianico avanzava nuovamente le sue pretese.

Lo sviluppo agostiniano, culminante nel Credo Atanasiano, fu ostile a questo subordinazionismo. Fu una logica conclusione di questo sviluppo aggiungere al Credo di Nicea il Filioque, la clausola riguardante la processione tanto dal Figlio quanto dal Padre dello Spirito Santo: “che procedette dal Padre e dal Figlio”. La frase mancava nella prime forme del credo, perché la questione non era ancora sorta, ma il concetto era interamente appartenente a Nicea e ad Atanasio.

La prima introduzione conosciuta del Filioque è del Concilio di Toledo in Spagna nel 589 d.C., che in Spagna segnò il trionfo dell’ortodossia sull’arianesimo [1]. La clausola non apparve nei primi credi perché la questione non era ancora venuta a galla. Agli inizi l’assenso nei confronti della processione dello Spirito Santo era più generale che successivamente, quando il pensiero monofisita e ariano avrebbe sviluppato più estesamente le proprie conseguenze. In Gv. 14:16-18, 26, 27, lo Spirito Santo, il Consolatore, viene visto come procedere sia dal Padre che dal Figlio e il verso 18 è interpretato in questo modo dai commentatori. Questo era altrettanto vero nella chiesa primitiva. Le sofisticazioni del dubbio arrivarono più tardi.

Il Secondo Concilio di Toledo del 447 adottò il canone: “Il Padre non è generato, il Figlio è generato, il Paracleto non generato, ma procedente dal Padre e dal Figlio” [2]. Ma in quell’epoca, mentre si combatteva contro i credi ariani, l’espressione non fu aggiunta al credo. Il Concilio del 589 si riunì quando re Riccardo divenne ortodosso e portò nell’ortodossia i Goti di Spagna. Il re richiese un concilio o sinodo per scomunicare le eresie ariane ed istruire il popolo. Venne formulata una confessione generale con ventitré anatemi e la clausola Filioque fu aggiunta al credo. La confessione dichiara:

  1. Se qualcuno ancora sostiene la dottrina e la comunione degli ariani sia egli anatema.
  2. Se qualcuno non confessa che il Figlio di Dio, nostro Signore Gesù Cristo, è generato della sostanza del Padre senza inizio, ed è di una sostanza con il Padre e come lui, sia egli anatema.
  3. Se qualcuno non crede che lo Spirito Santo procede dal padre e dal Figlio ed è coeterno ed uguale al Padre e al Figlio, sia egli anatema.
  4. Se qualcuno non distingue le persone della Trinità sia egli anatema.
  5. Se qualcuno dichiara il Figlio e lo Spirito inferiori al Padre sia egli anatema.
  6. Se qualcuno non crede che il Padre, il Figlio e lo Spirito sono di una sostanza, una onnipotenza ed eternità sia egli anatema.
  7. Se qualcuno insiste che il Figlio è ignorante riguardo a qualsiasi cosa, sia egli anatema
  8. Se qualcuno attribuisce un inizio al Figlio o allo Spirito, sia egli anatema.
  9. Se qualcuno insiste che il Figlio, nella sua Divinità, era visibile o capace di soffrire, sia egli anatema.
  10. Se qualcuno non prende lo Spirito Santo come il Dio Onnipotente, come il Padre ed il Figlio, sia egli anatema.
  11. Se qualcuno dichiara che un’altra fede da quella di Nicene, Costantinopoli, Efeso o Calcedonia è quella Cattolica, sia egli anatema.
  12. Se qualcuno divide il Padre, il Figlio, lo Spirito quanto alla gloria e alla divinità, sia egli anatema.
  13. Se qualcuno crede che il Figlio e lo Spirito non debbano essere onorati assieme al Padre, sia egli anatema.
  14. Se qualcuno non dice: “Gloria et honor Patri, et Filio, et Spiritui Sancto,” sia egli anatema.
  15. Se qualcuno difende o pratica il ribattesimo, sia egli anatema.
  16. Se qualcuno giudica buono l’abominevole trattato che componemmo nel dodicesimo anno di Leovigildo, al fine di traviare i Romani alla fede ariana, sia egli anatema.
  17. Se qualcuno non condanna il Concilio di Ariminum con tutto il suo cuore, sia egli anatema.
  18. Noi confessiamo che ci siamo convertiti con tutto il nostro cuore dallaeresia ariana alla Chiesa Cattolica. La fede che il nostro re ha confessato davanti al sinodo anche noi confessiamo e insegniamo nelle nostre comunità. Se qualcuno non afferma questa fede, sia egli anatema, maranatha (1 Co. Xvi. 22).
  19. . a 22 Se qualcuno respinge la fede del sinodo di Nicea, Costantinopoli, Efeso e Calcedonia, sia egli anatema.

   23. Questa condanna dell’eresia ariana è stata sottoscritta con le
nostre mani. Abbiamo sottoscritto le definizioni dei Sinodi di
Nicea, ecc.. Essi contengono chiaramente la vera dottrina della
Trinità e dell’Incarnazione. Se qualcuno falsifica questa santa
dottrina e si separa dalla comunione Cattolica alla quale ci
siamo ora aggiunti, egli è colpevole di fronte a Dio e al mondo
[3].

Nel numero 16 è fatto riferimento al sinodo eretico, un sinodo ariano, tenutosi a Toledo nel 581 o 582, convocato da Leovigildo, re dei Goti occidentali, un ariano che perseguitò duramente l’ortodossia. Il sinodo pubblicò un Libellus per traviare gli ortodossi e i vescovi anatematizzarono la loro vecchia opera. La condanna di un sinodo è altrettanto evidente nel numero 17. Il concilio di Ariminum del 359 d.C. si riunì ad Arimino in Romania. Il concilio, per tutto il tempo in cui fu libero, fu ortodosso e anti-ariano. Ma quando l’ortodossia divenne evidente, il concilio venne forzato verso una conclusione ariana. Si fece pure uso dell’astuzia quando Valente inserì una dichiarazione che il Figlio non era una creatura come le altre creature. I vescovi ingenui lo interpretarono come una denuncia di arianesimo, quando in realtà era un’affermazione che Cristo fosse una creatura, anche se non come le altre creature. Arimino venne velocemente, prontamente ed universalmente condannato. Coloro che puntano l’attenzione sul fatto che i primi concili erano spesso convocati da un re o imperatore si dimenticano di notare questo significativo fatto: i concili furono liberi da imposizioni dello stato e un concilio guidato era un falso concilio.

Come evidenziato da Schaff, il Filioque non fu un’aggiunta accidentale, ma uno sviluppo necessario della fede ortodossa, l’inevitabile conseguenza della cristologia ortodossa:

La doppia processione segue inevitabilmente dalla consustanzialità del Padre e del Figlio e dall’identità dello Spirito di Dio e lo Spirito di Cristo. Esso forma anche una catena di collegamento tra la Trinità e la cristologia e tra la cristologia e l’antropologia, ponendo lo Spirito Santo e la sua opera in collegamento più immediato con Cristo e, per mezzo di lui, con la chiesa e il credente. Non fu quindi casuale che lo stesso Agostino, che per primo insegnò la doppia processione, abbia elaborato anche quelle profonde visioni di peccato e grazia che presero stabile radice in Occidente, ma che non ebbero alcuna influenza in Oriente [4].

Le svalutazioni e subordinazioni di Gesù Cristo, ariane e in genere ereticali erano svalutazioni della rivelazione. Quanto la rivelazione veniva disprezzata, tanto la natura veniva elevata a ordine auto sufficiente, primario e basilare. Dio al più diventava la causa prima della natura e trionfava nuovamente l’umanesimo greco. Se la natura è l’ordine fondante e Gesù è al più un prodotto della natura, allora lo stato è l’autentico ordine del mondo e l’ordine salvifico. La determinazione della storia, inoltre, passa dalla Trinità allo stato, dall’eternità al tempo, dal soprannaturale al naturale. La cristologia subordinazionista fu una Cristologia imperiale e le dottrine dapprima imperiali e poi cesaro-papiste, concepivano Dio essenzialmente come l’autore di una natura primaria e lo stato quale istituzione governante. L’autentica voce di Dio era di conseguenza la voce naturale, lo stato. L’opera della grazia e della rivelazione diventava quindi una specie di aggiunta alla natura. Il concetto scolastico del donum superadditum era fondamentalmente umanistico oltre che non-biblico. Le conseguenze dello Scolasticismo portavano quindi al subordinazionismo.

Le dottrine agostiniane del peccato e della grazia si fondano sulla prospettiva e in una cristologia anti subordinazionista e sul trinitarismo. Yeomans ha evidenziato:

La clausola filioque è legata in modo vitale con il progresso della chiesa Occidentale verso una forte antropologia (in connessione alla dottrine del peccato e della grazia), mentre quella Orientale si è fermata ad una debole visione pelagiana e sinergistica, rozza e non sviluppata. La processione unicamente de Patre per Filium avrebbe posto la chiesa ad una spanna da Dio; cioè al di la di Cristo, allontanata in un estremo o a lato del regno della vita divina, piuttosto che nel centro e nel cuore di quel regno, dove tutte le cose le appartengono. La clausola Filioque pone la chiesa, che è tempio ed organo dello Spirito Santo nell’opera di redenzione, piuttosto tra il Padre e il Figlio, partecipe della loro comunione, secondo la grande preghiera d’intercessione di Cristo stesso. Essa pone la chiesa nel punto d’incontro, nel circuito vivente dell’interazione di grazia e natura, del divino e dell’umano; creando quindi spazio per una vigorosa dottrina di natura e grazia assieme, ed anche per una forte dottrina della chiesa stessa [5].

A causa del subordinazionismo a Oriente venne incoraggiato lo sviluppo dello stato; grazie all’anti subordinazionismo lo sviluppo della chiesa divenne possibile in occidente e sia l’alta dottrina della chiesa dell’Europa medievale che la Riforma sono prodotti di questo trinitarismo ortodosso e anti subordinazionista. L’ordine rivelato e l’ordine naturale sono ambedue direttamente e pienamente posti sotto la Trinità; chiesa e stato sono ministri di Dio, parimenti responsabili a lui i cui decreti governano tutte le cose. Lo stato è il ministro di giustizia e la chiesa ministro della parola e dei sacramenti; ambedue sono parimenti ordinati dalla Trinità e sono sotto il Dio trino. Dio e Cristo non stanno sostenendo due ordini in competizione, come il subordinazionismo al più può implicare, con l’ordine di Dio apparentemente quello superiore. Piuttosto, il Dio trino da solo ha giurisdizione universale; alla chiesa e allo stato, nelle loro rispettive aree di giustizia e della parola e dei sacramenti, Dio ha assegnato un’autorità limitata e subordinata. In tutte le cose essi sono soggetti a lui. Come ha dichiarato Gelasio I (492-496), papa e santo della Chiesa di Roma all’imperatore:

Ci sono due poteri che esercitano regno sovrano sul mondo: le autorità spirituale e temporale: la sacra autorità dei vescovi è a tal punto più grande che nel giorno del giudizio essi dovranno rendere conto delle azioni dei re. Tu sai, magnanimo imperatore, che la tua dignità supera quella degli altri principi sulla terra: ciononostante, tu sei obbligato a sottometterti al potere dei ministri della cose sacre, perché è ad essi che ti rivolgi per conoscere quali siano le fonti della tua salvezza e le norme che devi seguire nel ricevere i sacramenti e nell’organizzare le cose religiose. I vescovi convincono il popolo che Dio ti ha dato un potere sovrano sulle cose temporali e lo inducono a sottomettersi alle tue leggi. In cambio, sei chiamato ad obbedire, con piena sottomissione a coloro che sono destinati a distribuirti i santi sacramenti. Se il fedele deve seguire ciecamente gli ordini dei vescovi che assolvono degnamente le loro funzioni, tanto più devono seguire il decreto del pontefice di Roma, che Dio ha stabilito come il primo dei suoi vescovi e al quale la Chiesa ha sempre riconosciuto come proprio capo supremo [6].

Qui, in una veste primitiva ed imperfetta, c’è la prima grande formulazione del concetto di sovranità di sfera, o sfera di legge, che entrò in vigore con il Calvinismo e, in particolare, con Abraham Kuyper. Secondo questo concetto, le cui origini stanno nell’Antico Testamento, Dio ha stabilito leggi per le varie sfere della creazione e queste sfere di legge sono coordinate. La giurisdizione universale non appartiene ad alcuna delle sfere, ma solo al Dio trino. Né la chiesa, né lo stato, né la scuola o qualsiasi altra sfera può rivendicare validamente giurisdizione universale, anche se ciò è avvenuto, perché la sovranità e il dominio appartengono solo a Dio.

L’anti-subordinazionismo rese anche inevitabile la dottrina Riformata della giustificazione. Il subordinazionismo diede il primato alla natura e quindi all’abilità naturale dell’uomo. Di conseguenza, l’uomo diventa di fatto il proprio salvatore e la grazia è grazia cooperatrice, non grazia preventiva. Se lo Spirito Santo procede solo dal Padre, allora lo Spirito Santo, in un sistema che accorda primato alla natura, viene assorbito dalla natura. Esso diventa un atto della natura, un atto carismatico, ma essenzialmente un atto naturale, perché il carisma viene o neutralizzato o reso un appendice della natura. Un esempio è rappresentato dal santo russo, San Serafino: “un asceta, contemplativo e pneumatoforo”. San Serafino “ritenne che la prima aspirazione di un cristiano fosse ‘acquistare’ lo Spirito Santo” [7]. In un tal pensiero lo Spirito Santo è un bene che può essere acquistato dall’attività umana nel suo naturale sviluppo verso il progresso. Come ebbe a dire S. Bulgakov: “L’uomo è il logos del mondo e attraverso di lui il mondo riflette ed impara su se stesso”. Il mondo lavora in avanti; l’obiettivo in progresso della natura è questa fede religiosa. “L’uomo è un microcosmo; egli unisce in se stesso il mondo; l’umanità contiene l’immagine del mondo; esso è l’eikon degli eikons, perché è l’immagine di Dio” [8]. Qui vengono virtualmente identificati il mondo della natura e Dio. “L’immagine del mondo” e “l’immagine di Dio” sono per Bulgakov sinonimi. L’opera dello Spirito Santo è di appoggiare l’opera dell’uomo in ascesa verso la deificazione. “La fede ortodossa vede nella Chiesa, cioè nella concreta chiesa storica, la concentrazione del processo teantropico” [9]. Lo stato è l’autentico ordine umano e la chiesa è l’area concentrata nella quale si sviluppa il processo sociale di deificazione, il processo teantropico, dove l’umanità e lo stato ascendono verso il progresso. Il Cristo kenotico del pensiero orientale rinunzia alla propria deità nel mondo per guidare l’uomo, con la sua unione ed esempio, lungo la via della deificazione. La liturgia russa dice di Cristo: “Tu che ti sei fatto povero come noi e che hai deificato ciò che è terreno per mezzo dell’unione con esso” [10]. Queste sono naturali conclusioni della naturalizzazione dello Spirito Santo. Mentre l’opposizione della Chiesa Orientale al Filioque era originariamente in primo luogo tecnica, cioè l’aggiunta era stata fatta senza un consenso generale e secondariamente teologica, essa è ora essenzialmente teologica. Un teologo greco ortodosso, il Rhosse, afferma: “Non è solo tecnicamente illegale ed illegittimo, ma essenzialmente errato … Anche come opinione teologica essa è errata e sbagliata ed inammissibile” [11]. E’ un affermazione forte chiamare il Filioque “sbagliato”. E perché “inammissibile”? Mesalora ci ha detto: “Una cosa è evidente – non c’è che un principio o fonte nella Divinità … A questo l’aggiunta occidentale del Filioque è diametralmente all’opposto … Il credere in un singolo principio nella divinità è richiesto da una concezione logica del Dio trino” [12].

Cosa c’è di implicito e di esplicito in questa affermazione di Mesalora? Primo, Mesalora e la Chiesa Ortodossa Greca, sono formalmente trinitari; “il Dio trino” è affermato in modo formale. Secondo, si sostiene che “non c’è che un principio o fonte nella Divinità,” e anche che “un solo principio nella divinità è richiesto da una concezione logica del Dio trino” Terzo, questo “solo principio”, “questo singolo principio” è identificato con Dio il Padre. Qualsiasi “logica concezione del Dio trino” richiede l’inclusione dell’intera Trinità nelle attività della Trinità; l’economia della Trinità può coinvolgere in vari modi le tre persone, ma il grande lavoro di S.Agostino fu di richiamare l’attenzione sull’opera equivalente dell’intera Trinità nella creazione, redenzione e provvidenza. “Funzioni ed atti, come le teofanie nel Vecchio Testamento che sono state attribuite al Figlio, furono da Agostino ascritte all’intera Trinità. (De Trinitate, L. 11, 9-18) Con lui fu inequivocabilmente insegnata l’unità numerica delle persone riguardo alla sostanza” [13]. Eliminare il Figlio dalla processione dello Spirito Santo non fu solamente biblicamente errato, ma anche unitariano nelle implicazioni filosofiche. La kenosi del Figlio fu trasferita dal tempo, dove era stata erroneamente posta, pure nell’eternità. Dio il Figlio, fu svuotato della sua Divinità e Dio il Padre fu fatto “il singolo principio nella Divinità” ad esclusione del Figlio. Quarto, questa posizione subordinava anche lo Spirito Santo, dal momento che Dio era visto come la figura principale. Nella visione Agostiniana, l’atto della processione coinvolge senza subordinazione tutte e tre le persone della trinità; allo Spirito Santo viene economicamente attribuito un ruolo differente da quello del Padre e del Figlio, ma autorità, sovranità, potenza e gloria rimangono gli stessi, in essenza ed in atto.

Questo anti-subordinazionismo dell’occidente portò alla Riforma. Il trinitarismo di Agostino rappresentava, come è stato notato, la sua visione biblica di grazia e peccato. Il subordinazionismo rese sovrana la natura, ma la grazia non può essere sovrana se lo è la natura. La continua comparsa della dottrina della grazia e della predestinazione nella Chiesa occidentale fu dovuta al suo trinitarismo ortodosso. Evitando di compromettere la fede in questo punto cruciale nelle confessioni liturgiche, la resistenza alla falsa dottrina non sarebbe morta e la rivolta scoppiò ripetutamente per asserire la grazia sovrana.

Nel 1875 a Bonn in Germania, un sinodo di vecchie chiese cattoliche, orientali e anglicane si riunì per cinque giorni a partire dal 12 Agosto. La conferenza adottò alcune risoluzioni il cui proposito di base era portare le varie chiese più vicine tra loro, così che l’elemento della pace da raggiungere fu il fattore principale delle deliberazioni, piuttosto che un’esplicita difesa della fede. Le risoluzioni dichiararono:

Risoluzioni Preliminari

  1. Noi concordiamo nel ricevere i simboli ecumenici e le decisioni dottrinali della chiesa primitiva indivisa.
  2. Noi concordiamo nel riconoscere che l’aggiunta del Filioque al Credo non avvenne in un modo ecclesiasticamente corretto.
  3. Noi tutti riconosciamo l’interpretazione della dottrina dello Spirito Santo, come espressa dai Padri della Chiesa indivisa.
  4. Noi respingiamo qualsiasi proposizione e qualsiasi metodo d’espressione nella quale possa essere contenuto il riconoscimento dei due principi di arche e aitai nella Trinità.

Sulla Processione dello Spirito Santo

Noi accettiamo l’insegnamento di San Giovanni Damasceno sullo Spirito Santo, come viene parimenti espresso nei seguenti paragrafi, nel senso dell’insegnamento dell’antica Chiesa indivisa.

  1. Lo Spirito Santo procede dal Padre il quale è l’Inizio, la Causa e la Fonte della Divinità.
  2. Lo Spirito Santo non procede dal Figlio, perché nella divinità non c’è che un solo Inizio, una Causa, per mezzo della quale tutto ciò che si trova nella Divinità viene prodotto.
  3. Lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio.
  4. Lo Spirito Santo è l’Immagine del Figlio, che è l’Immagine del Padre, procedente dal Padre e presente nel Figlio come la forza che irradia da lui.
  5. Lo Spirito Santo è la produzione personale del Padre, appartenente al Figlio, ma non procedente dal Figlio, perché egli è lo Spirito della Bocca della Divinità, che emette la Parola.
  6. Lo Spirito Santo forma la mediazione tra il Padre e il Figlio ed è legato al Padre per mezzo del Figlio [14].

A parte il suo palese intento compromissorio, il testo porta l’incredibile premessa che ad impegnare la chiesa sono solo quei simboli e dottrine che furono un prodotto “dell’antica indivisa Chiesa”, cioè dei primi sei, o qualcuno direbbe sette, concili. Questa premessa è stata spesso riaffermata, ma nessun ramo della chiesa ha mai considerato tale limitazione valida per se stesso. Inoltre la premessa devia dall’autorità delle Scritture in favore dell’autorità dei concili. È umanesimo implicito affermare che, se un concilio indiviso si riunisse nuovamente, potrebbe legittimamente e senza errore definire la fede. Si tratta semplicemente della sostituzione dell’infallibilità papale con quella conciliare. In ogni caso è l’autorità umana e non la parola di Dio ad essere determinativa. In più la terza delle “Risoluzioni Preliminari” è un non senso. I Padri di Nicea non diedero il loro assenso ad alcun tipo di subordinazionismo ariano come fece il sinodo del 1875 e Agostino certamente diede una forte testimonianza della processione dal Figlio. Ciò che la conferenza ha segnato, anziché un contributo significativo allo sviluppo dottrinale, è stato un compromesso dottrinale e un rinascente arianesimo. Lo sviluppo seguente della storia delle chiese evidenzia ulteriormente il loro allontanamento dall’ortodossia.

Il motivo dell’arrogante compromesso della Conferenza fu dovuto alla sua apostasia teologica. Nel 1861 Stanley poté scrivere della dottrina della doppia processione: “È un eccellente esempio della specie delle ‘controversie estinte’”. Dopo un migliaio d’anni di controversie, Stanley disse: “ora l’intera questione è stata completamente abbandonata. In Occidente non se ne è mai seriamente discusso. In Oriente viene ricordata e forse non verrà mai dimenticata; ma è più un punto d’onore che una fede” [15].

Quando una controversia è basata su questioni reali e fondamentali, i principi coinvolti non possono mai estinguersi al contrario degli uomini che dimenticano tali principi.

E molte chiese Occidentali affrontano questa estinzione. Nel 1967 la Chiesa Episcopale degli Stati Uniti nella sua liturgia di prova per la comunione, volse le spalle all’occidente. Il Credo di Nicea venne alterato per conformarlo all’uso orientale: “Noi crediamo” e la processione dello Spirito Santo venne limitata al Padre, recidendo la clausola Filioque [16]. La nuova liturgia passò da una confessione personale ed individuale ad una confessione collettiva. Il credente non era più legato alla fede confessata: era una affermazione collettiva piuttosto che una testimonianza personale resa basilare per la vita della persona e per la sua comunità di fede.

Note:

1 Il Concilio di Toledo del 8 Maggio 589 è chiamato il quarto concilio da John M’Clintock e James Strong, Cyclopaedia of Biblical, Theological and Ecclesiastical Literature, vol X, “Toledo, concili di” (New York: Harper, 1894), 453 ed è chiamato il terzo concilio di Toledo da Schaff, Creeds of Christendom, I, 26 ed è il Quarto Concilio secondo il Landon, Manual of Councils, II, 153. Ma Landon cita un Sinodo del 404 circa come il secondo, mentre esso non è annoverato da M’Clintock e Strong, che tale considera quello del 447, convocato durante la vita di Leone I, ma non elencato da Landon.
2 Badcock, History of the Creeds, 216.
3 Hefele, History of the Church Councils, IV, 417.
4 Schaff, History of the Christian Church, III, 688 e ss.
5 Ibid., III, 689.
6 M’Clintock and Strong, III, 765.
7 Nadejda Gorodetzky, The Humiliated Christ in Modern Russian Thought (London: SPCK, 1938), 99.
8 S.Bulgakov, “Religion and Art,” in E. L. Mascall editore, The Church of God, An Anglo-Russian Symposium (London: SPCK, 1934) 180.
9 G.P.Fedotov, “Ortodoxy and Historical Criticism,” in Mascall, 97.
10 Nicholas Arseniev, We Beheld His Glory (London: SPCK, 1937), 124.
11 Frank Gavin, Some Aspects of Contemporary Greek Orthodox Thought (Milwaukee: Morehouse, 1923), 126.
12 Ibid., 126.
13 Fisher, History of Christian Doctrine, 146.
14 M’Clintock and Strong, op. cit., VIII, 611.
15 Arthur Penrhyn Stanley, Lectures on the History of the Eastern Church (New York: Scribner, 1865), 142.
16 The Liturgy of the Lord’s Supper (The Church Pension Fund, New York, 1967), 7.


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