Capitolo IV

Te Deum Laudamus

 

La chiesa primitiva non fu sprovvista di proprie abili guide, ma è un errore attribuire un ruolo troppo grande ai padri della chiesa. Malgrado il loro ruolo eroico, anche i migliori tra loro non furono liberi da errori teologici dovuti ai persistenti effetti delle filosofie pagane. Similmente, le varie eresie portarono un manifesto paganesimo nella vita autentica della chiesa e abbondarono le pratiche e le credenze pagane. È di sicuro evidente che la chiesa primitiva fosse un quadro confuso ed “un’accozzaglia di gente raccogliticcia”, ma rimane il fatto che c’era anche un solido nocciolo di ortodossia. Il crescente collasso dell’umanesimo faceva dell’alternativa, cioè della cristianità ortodossa, a maggior ragione, non una mera alternativa, ma l’unica speranza dell’uomo. In confronto ai vaghi miti del paganesimo e dell’eresia e delle ricercate incertezze dell’umanesimo, le forti e certe realtà della fede biblica, furono una gioiosa alternativa anche di fronte alle persecuzioni. Il Te Deum Laudamus fu un inno della chiesa che era un’esuberante espressione della natura trionfante della fede ortodossa. Il Te Deum Laudamus riflette in modo veramente autentico la fede confessionale. È l’inno di trionfo della chiesa in fronte all’eresia e alla miscredenza; esso riecheggia le battaglie contro lo gnosticismo, l’arianesimo e le altre eresie e celebra la vittoria dell’ortodossia e la gioiosa fede nel Dio trino.

Le origini del Te Deum stanno nell’inno greco Gloria Patri e in vari inni di lode. Le Costituzioni Apostoliche (357 d.C.?) contengono elementi del Te Deum [1]. Il Te Deum risale al Codice alessandrino della bibbia dal momento che una parte di cinque versi è stata incorporata dal quel testo [2]. La presente forma dell’inno risale probabilmente al quarto secolo dopo Cristo.

Il testo del Te Deum, da come appare nel Book of Common Prayer, è il seguente:

Noi ti lodiamo, o Dio; noi ti riconosciamo come il Signore.
Tutta la terra ti glorifica: il Padre eterno.
Tutti gli angeli ti innalzano ad alta voce: i Cieli e tutte le Potenze in essi; I Cherubini ed i Serafini: di continuo ti innalzano.
Santo, Santo, Santo: Signore Dio del Sabato:
Cielo e terra sono pieni della Maestà: della Tua gloria.
La gloriosa compagnia degli Apostoli: Ti glorifica.
La buona fratellanza dei Profeti: Ti glorifica.
Il nobile esercito dei Martiri: Ti glorifica.
La santa chiesa in tutto il mondo: Ti riconosce;
Il Padre: di una infinità Maestà;
Tuo adorabile e vero: unico Figlio;
E anche lo Spirito Santo: il Consolatore.
Tu sei il Re di Gloria: O Cristo.
Tu se l’eterno Figlio: del Padre.
Quando prendesti su di te l’onere di liberare l’uomo: umiliasti te stesso per nascere da un Vergine.
Quando sconfiggesti la durezza della morte: Tu apristi il Regno dei Cieli a tutti e credenti.
Ti sedesti alla destra di Dio: nella Gloria del Padre.
Noi crediamo che tu dovrai venire: per essere nostro giudice.
Noi perciò ti preghiamo, aiuta i tuoi servitori: i quali tu hai redento col tuo prezioso sangue.
Li annoverasti fra i tuoi santi: in gloria eterna.
O Signore, salva il tuo popolo: e benedici la tua eredità.
Governali: e portali per sempre con te.
Giorno per giorno: noi ti magnifichiamo;
E noi veneriamo il tuo Nome: per sempre, mondo senza fine.
Degnati, O Signore: di serbarci quest’oggi senza peccato.
O Signore abbi pietà di noi: abbi pietà di noi.
O Signore, che la tua pietà sia su noi: come la nostra speranza è in te.
O Signore, in Te io ho confidato: fa che io non sia mai confuso.

Proctor, nel suo studio sul libro delle preghiere, citò un eccellente sunto dell’inno:

Comber osserva che questo antico inno contiene: primo, un atto di lode offerto a Dio da noi, e da tutte le creature, come in terra così in cielo: secondo, una confessione di fede che dichiara: 1) una generale accettazione, 2) i particolari dell’inno che riguardano ogni persona della Trinità e più ampiamente il Figlio, la sua Divinità, la sua Umanità e in particolare la sua incarnazione, la sua morte, la sua presente gloria e il suo ritorno per il giudizio; terzo, una supplica fondata su di esso: 1) per tutto il suo popolo, che possa essere preservato qui e salvato nell’aldilà; 2) per noi stessi, che lo adoriamo ogni giorno, che possiamo essere preservati dai peccati futuri ed essere perdonati per quelli passati perché confidiamo in lui [3].

Questo è un eccellente sunto ed evidenzia le caratteristiche dell’inno. Il Te Deum risuona con la fiera gioia e l’esuberante fiducia della fede ortodossa della chiesa primitiva. Vengono messe in evidenza parecchie importanti caratteristiche: primo, quella che il Te Deum declama con chiarezza è la fede ortodossa. La popolarità dell’inno era un’indicazione del radicamento popolare della fede ortodossa: fu la fede di un grande numero di umili credenti e di semplici pastori. Le vaghe incertezze dell’Arianesimo e delle altre eresie potevano riuscire attraenti agli ostinati, ribelli e umanistici frequentatori della chiesa, ma per gli umili credenti parlare di Dio come la monade e di Cristo come una emanazione era un’assurdità insignificante quando confrontato con le forti, chiare realtà celebrate dal Te Deum.

Secondo, sebbene i cristiani fossero una minoranza dentro e fuori l’impero, essi cantarono il Te Deum nella fiduciosa allegrezza che il vero credente si trova sempre nella grande maggioranza nell’universo di Dio: “ Tutta la terra ti glorifica… i Cieli, e tutte le Potenze in essi; … il Cielo e la terra sono pieni della Maestà della tua gloria”. Nel Te Deum riecheggia la fede del Salmo 19:1 “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani”. Coloro che credono che l’opposizione, per quanto ben trincerata e numericamente e politicamente forte, è una mera nuvola nell’universo di Dio, non saranno facilmente scoraggiati o sviati nella loro stabile processione verso il potere e il dominio. Il nemico possiede solo un dio silenzioso; il partito ortodosso ha il Dio che si rivela. Il nemico ha il potere di Cesare dietro di sé; i credenti ortodossi hanno il potere del Dio trino dietro di loro. Il Signore di Cesare era il loro Dio e Salvatore e questo Dio, essendo morto per loro, tanto più avrebbe fatto per loro e se ne sarebbe preso cura. Essi poterono quindi cantare con gioia: “Tu sei il Re di Gloria, O Cristo”.

Terzo, con questa fede certa i credenti ortodossi potevano recitare la sorprendente preghiera: “che io non sia mai confuso”, l’apice del Te Deum. Per i pagani gli dei e la storia hanno sempre confuso gli uomini. Triste era il destino dell’uomo e i processi dell’universo disorientavano, confondevano, umiliavano gli uomini con delusioni, sconfitte, rovina e morte. Gli umanisti sono soliti descrivere l’antichità pagana come l’età dell’oro, un’epoca di gioia, auto realizzazione umana e dignità; la raffigurazione è mitologica. L’uomo pagano credeva basilarmente ad una prospettiva pessimistica. Fu una filosofia del “non si può vincere”. Il fato ha destinato l’uomo ad una fine tenebrosa ed irreparabilmente oscura ed i giorni dell’uomo erano rannuvolati dalla fondamentale ostilità della vita nei confronti dell’uomo. Era non meno vero per l’esistenza dei barbari che la loro vita fosse fondamentalmente frustrante. Vida Cudder ha citato un significativo passaggio di Bede come illustrativo del differente mondo della Cristianità:

“Non ci si meraviglia” dice Bede di S. Cuthbert, “ che ogni vera creatura debba obbedire alle sue richieste come obbedì così fedelmente l’Autore di tutte le creature. Ma noi abbiamo perso per la maggior parte il dominio sulla creazione che ci è stata resa soggetta, perché ci siamo rifiutati di obbedire al Signore e Creatore di tutte le cose” La creazione che ci è stata resa soggetta! Quanto stranamente è arrivata agli orecchi pagani il sussurro di questa quieta frase di sottofondo! [4]

Essere un Cristiano significa, come vide il partito ortodosso, ricostituzione nel dominio di Adamo e signoria sulla terra. Una tal fede promuove una splendida fiducia di fronte a qualsiasi cosa. Secondo Bede, i consiglieri di re Edvino nel 627 spinsero per l’adozione del cristianesimo per il pragmatico motivo che “contiene qualcosa di più certo” che il loro paganesimo e perciò “sembra giustamente degno di essere seguito” [5]. Un elemento non irrilevante nell’interesse verso la Cristianità ortodossa fu il fatto che offriva un “ qualcosa di più certo” e questo qualcosa era un vangelo, buone nuove e la parola di vittoria. La vita aveva modo di confondere gli uomini, grandi e piccoli ed una fede che potesse essere fiduciosa nella sua preghiera contro la confusione era chiaramente una fede autorevole. Il Te Deum rifletteva la Scrittura qui come altrove. Il salmo 22:5 recita: “Gridarono a te, e furono salvati; confidarono in te, e non furono delusi”. In un altro salmo Davide pregò: “Non siano confusi per causa mia quelli che sperano in te, o Signore, Eterno degli eserciti, non siano svergognati per causa mia quelli che ti cercano, o Dio d’Israele”. In numerosi salmi si chiede la sconfitta degli infedeli. (Sl. 35:4; 40:14; 70:2; 71:13, 14; 83:17; 97:7;). La certezza dei credenti ortodossi nel pregare “che io non sia confuso” era inoltre fondata nella dichiarazione di Paolo: “Ma Dio ha scelto le cose pazze del modo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti”. (1 Co. 1:27). Di conseguenza, la fiducia del Te Deum è radicalmente fondata: Dio non solo risparmia coloro che ha scelto dalla confusione, ma egli si propone di usarli per confondere le potenze di questo mondo!

Quarto, il potente motore della confusione degli infedeli è “il Re di Gloria”, la seconda Persona della Trinità: Gesù Cristo. egli è il grande Giudice, il salvatore dell’uomo e l’aiuto presente. egli è quello che si è incarnato, colui che ha sperimentato tutto ciò che gli uomini sperimentano, inclusa “l’asprezza della morte”.

Il Te Deum perciò è anche l’espressione trionfante del confessionalismo cristiano. La Thalia di Ario fu cantata dagli scaricatori di porto ed altri ed ebbe una breve popolarità, ma solo come mezzo per deridere i credenti ortodossi. Aldilà del suo uso canzonatorio e di critica, essa non ebbe senso, certamente non come inno di fede. Il Te Deum invece è un inno di fede, di sicura e trionfante fede nel Dio trino che governa tutta la storia. Le controversie sul credo non furono meri dibattiti teologici il cui scopo era ristretto agli intellettuali della chiesa. La diffusione e la grande popolarità del Te Deum illustra la vitalità della teologia dei credi nella vita quotidiana e in quella della chiesa primitiva. Questa fu alimentata dalle controversie sul credo e rese anche possibile l’intellettualismo che circondò i padri ortodossi. La chiesa che produsse e sorresse i padri fu una chiesa provata dalle battaglie che cantava di vittoria certa in e per mezzo di Cristo il Re: Te Deum Laudamus.

 

Note:
1 Apostolic Constitution, VII; xxvi, specialmente VII, xlvii; VIII, v; VIII, xii; VIII, xxxvii; in Ante-Nicene Christian Library. vol. XVI, 188, 205, 214 e ss., 230, 248.
2 Shaff, History of the Christian Church, III, 592n-593n.
3 Francis Proctor, A History of the Book of Common Prayer (London: Macmillan, 1875), 225. Il riferimento a Comber è tratto da Companion to the Temple, I, 96; Short Discourses upon the Common Prayer, 53.
4 Vida D. Scudder, “Introduction”, to the Venerable Bede, The Ecclesisticl History of the English Nation (London: Dent [Everyman], 1910), xix.
5 Bede, Ecclesiastical History, ch. XIII, 91.


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