Capitolo VIII

Il Credo di Atanasio: L’Uno e il Molteplice

 

I credi della Chiesa primitiva furono di due specie, battesimali e conciliari. I credi battesimali erano affermazioni di fede al battesimo, credi di ingresso nella fede. Il Credo Apostolico è il credo battesimale per eccellenza. Sebbene altri credi battesimali abbiano preceduto e seguito il Credo Apostolico, in particolare i due credi di san Epifanio (310-403), il Credo Apostolico è rimasto la formula basilare di credo per i convertiti [1]. I credi conciliari furono testi di ortodossia e perciò avevano solitamente allegati degli anatemi. Il Credo di Nicea, nella sua versione ampliata a Costantinopoli, divenne il credo battesimale della chiesa orientale ed è di conseguenza un credo sia battesimale che conciliare. Come risultato il Credo di Atanasio non è strettamente un credo in alcuno dei due sensi, dal momento che non è né il prodotto di un concilio, né un credo battesimale. Clarke lo ha definito “non propriamente un credo, ma un inno al Credo, come il Te Deum” [2]. Tuttavia, pur non essendo opera di un concilio, esso è il prodotto della battaglia della chiesa contro l’eresia ed è un testo di ortodossia, per cui è molto vicino alle confessioni conciliari ed è propriamente un credo.

Questo credo porta il nome di san Atanasio, o Atanasio Magno, sebbene si sappia per certo che non è una sua opera. Dal momento che Atanasio fu a Nicea il campione della dottrina ortodossa della Trinità, questo credo, affermante questa dottrina, porta il suo nome, sebbene sia più direttamente un risultato dell’influenza di san Agostino che di Atanasio.

Atanasio (299-373), mentre non era una guida affidabile per quanto riguarda la dottrina della redenzione, era una campione fedele delle fede trinitaria, al pari di Epifanio, viene chiamato “il padre dell’ortodossia”. La sua opposizione all’arianesimo lo rese bersaglio della persecuzione politica e fu esiliato cinque volte. Durante un esilio di sei anni visse nel deserto egiziano con i monaci. In un’occasione vennero assoldati dei sicari perché si sbarazzassero di lui. Gli statalisti nominarono Giorgio di Cappadocia, un vescovo ariano, per sostituire Atanasio. Giorgio prese possesso del suo ufficio con truppe imperiali e cominciò sia a perseguitare brutalmente i credenti ortodossi che a saccheggiare i templi pagani. I pagani lo catturarono e lo portarono per la città legato su un cammello e quindi bruciarono sia Giorgio che il cammello. Secondo Schaff la legenda ariana fece di Giorgio un santo e parlò di Atanasio prima come di un mago nemico, poi come di un dragone sconfitto da “San Giorgio” [3]. Fu mossa ogni tipo di accusa contro Atanasio; egli venne accusato di aver ucciso Arsenio, che invece era ben vivo e nascosto; venne accusato di aver rapito una vergine che risultò essere una prostituta che non aveva mai visto

Atanasio prima di allora e che fallì nel suo compito identificando Atanasio in un altro uomo. La sua fu una vita perseguitata e per anni piena di guai. Il credo a ragione lo onora quale primo grande campione conciliare del trinitarismo. In prima battuta il credo fu semplicemente chiamato “la fede Cattolica” e successivamente venne arricchito del titolo di atanasiano durante la controversia ariana in Gallia, quando vennero invocate le origini atanasiane della controversia.

Le tendenze occidentali contro il subordinatismo furono invocate dagli ariani per opporsi all’ortodossia. Sant’Agostino insegnò con forza contro il subordinatismo e per l’unità ed uguaglianza della Trinità e questa visione, sebbene sottolineata all’origine in Oriente, venne ad acquisire radici in Occidente come risultato dell’opera di Agostino. Il Credo Atanasiano sintetizza questa fede latina. Agostino insegnò la processione dello Spirito Santo dal Padre al Figlio e l’unità essenziale delle ipostasi. Schaff vide il credo atanasiano come un’espressione in forma classica della dottrina agostiniana della Trinità “Oltre la quale, lo sviluppo ortodosso della dottrina nelle chiesa Romana e in quella Evangelica ad oggi non ha più fatto progressi” [4]. Questo credo include passaggi dall’opera di sant’Agostino sulla Trinità (415 d. C.) e dal Commoritorium di Vincentius di Lerinum, 434 d.C.. Probabilmente il credo è del 450 circa o poco più tardi; proviene dalla Gallia, appartiene alla scuola di pensiero Agostiniana. L’influenza di questo credo nella cristianità Occidentale è stata molto grande. Lutero lo ritenne l’opera più grande e pesante della chiesa dai tempi degli apostoli. La Chiesa d’Inghilterra fece decadere il suo uso obbligatorio nel 1867 e la Chiesa Episcopale Protestante d’America, nell’Assemblea del 1785 in Filadelfia fece decadere sia il Credo atanasiano che quello di Nicene ed espunse dal credo apostolico il verso “egli scese agli inferi”. Nel 1786 le pressioni degli arcivescovi di Canterbury e York portarono alla re-introduzione in America di tutti i credi eccetto quello atanasiano. La ragione dell’ostilità era data dalla clausola sulla dannazione. La Chiesa Orientale non ha mai formalmente accettato questo credo, sebbene di esso ci sia stato un uso limitato [5].

Il Credo Atanasiano, come compare nella liturgia luterana ed in altre chiese, dichiara:

Chiunque sarà salvato, prima di tutto è necessario che egli dichiari la fede cattolica (cioè universale, cristiana).
Fede che, se non seguita interamente e puramente, porta senza dubbio ciascuno alla morte eterna.
E la fede cattolica è questa, cioè che adoriamo un Dio nella Trinità e la Trinità nell’Unità.
Senza confondere le Persone, né dividere la Sostanza.
Perché c’è una Persona del Padre, una Persona del Figlio ed una dello Spirito Santo.
Ma la Divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo è tutta una: la gloria uguale e la maestà co-eterna.
Così è il Padre, così il Figlio e così lo Spirito Santo.
Il Padre non creato, il Figlio non creato e lo Spirito Santo non creato.
Il Padre incomprensibile, il Figlio incomprensibile e lo Spirito Santo incomprensibile.
Il Padre eterno, il Figlio eterno e lo Spirito Santo eterno.
Non ci sono tre (entità) non create e nemmeno tre Incomprensibilità, ma un(a entità) non creata ed una Incomprensibilità.
Così similmente il Padre è onnipotente, il Figlio onnipotente e lo Spirito Santo onnipotente.
E ancora non ci sono tre onnipotenze, ma una Onnipotenza.
E non ci sono tre Signori, ma un Signore.
Perché così siamo spinti dalla verità Cristiana a riconoscere Ogni Persona di per se stessa essere Dio e Signore.
Quindi la religione cattolica ci proibisce di dire che ci sono tre Dèi e tre Signori.
Il Padre non è stato fatto da nessuno, né creato, né generato.
Il Figlio è dal Padre solo, non fatto né creato, ma generato.
Lo Spirito Santo è del Padre e del Figlio, né fatto, né creato, né generato ma procede da loro.
Quindi c’è un Padre, non tre Padri; un Figlio, non tre Figli; uno Spirito Santo, non tre Spiriti Santi.
E in questa trinità nessuno viene prima o dopo gli altri; nessuno è più grande o inferiore ad un altro;
Ma tutte e tre le Persone sono co-eterne assieme ed uguali, perciò in tutte le cose, come detto, l’Unità nella Trinità e la Trinità dell’Unità deve essere adorata.
Colui perciò che sarà salvato deve della Trinità pensare in questo modo.
Inoltre è necessario per la salvezza eterna che egli creda anche con fede
l’incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo.
Perché la fede autentica è che crediamo e confessiamo che il nostro Signore
Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è Dio e Uomo.
Dio della Sostanza del Padre, generato prima dei mondi; e Uomo della
Sostanza di sua madre, nato nel mondo;
Perfetto Dio e perfetto uomo, di un’anima razionale e dotato di carne umana. Uguale al Padre riguardo alla sua Divinità e inferiore al Padre riguardo alla sua umanità.
Il quale, sebbene egli sia Dio e uomo, egli non è due, ma un Cristo.
Uno, non per trasformazione della Divinità in carne, ma per aver assunto l’umanità in Dio;
Uno assieme; non per confusione della Sostanza, ma per unità della Persona. Perché come l’anima razionale e la carne è una persona, così Dio e l’Uomo è un Cristo;
Che soffrì per la nostra salvezza; discese agli inferi; risuscitò il terzo giorno dalla morte;
egli salì al cielo; egli si sedette alla destra del Padre, Dio Onnipotente; da dove verrà a giudicare i vivi ed i morti.
Alla cui venuta tutti gli uomini risorgeranno con i loro corpi e dovranno rendere conto delle loro opere.
E quelli che avranno operato bene entreranno nella vita eterna, e quelli che avranno operato male nel fuoco eterno.
Questa è la fede cattolica; per la quale, a meno che un uomo la creda con fedeltà e saldezza, non può essere salvato [6].

Una lettura di questo credo rende ovvia la ragione della sua impopolarità. Esso è lungo e la gente è impaziente con i credi lunghi; il culto deve essere breve. Gli altri credi hanno un’eleganza del periodare e qualità musicale, mentre quello di Atanasio è dal punto di vista teologico preciso e logico. Tuttavia rimane il fatto che questo credo è estremamente importante e rappresenta una delle maggiori vittorie della cristianità Occidentale.

Per la cristianità Occidentale la teologia biblica riposa stabilmente su un fondamento trinitario, senza subordinazione. In teologia gli attributi o proprietà di Dio sono divisi in incomunicabili e comunicabili. Gli attributi incomunicabili, che manifestano Dio come Dio nella sua trascendenza, sono primo, aseità o indipendenza, per mezzo della quale Dio è assoluto, sufficiente a se stesso. Secondo, l’immutabilità di Dio significa che, dal momento che Dio è assoluto e quindi dipendente da nessuno oltre se Stesso, egli non cambia e non può cambiare. Terzo, Dio è infinito. Sull’infinità di Dio Van Til ha detto:

In relazione alla questione del tempo noi parliamo di eternità di Dio, mentre in riferimento allo spazio parliamo di onnipresenza di Dio. Col termine eternità vogliamo significare che non c’è inizio o fine o successione di attimi nell’essere o coscienza di Dio (Sl. 90:2; 2 Pi. 3:8). Questa concezione dell’eternità è di particolare importanza in apologetica perché coinvolge l’intera questione del significato dell’universo temporale: essa coinvolge una filosofia ben precisa della storia. Con il termine onnipresenza vogliamo significare che Dio non è incluso nello spazio e né assente da esso. Dio è al di sopra di tutto lo spazio, eppure è presente in ogni sua parte. (1 Re 8:27; Atti 17:27) [7].

Il quarto attributo incomunicabile di Dio è l’unità. Come Van Til ha evidenziato: “Noi distinguiamo tra l’unità della singolarità (singularitatis) e l’unità della semplicità (simplicitas). L’unità della singolarità si riferisce all’unità numerica. C’è e può esserci un solo Dio. L’unità della semplicità significa che Dio non è in alcun senso composto di parti o aspetti che siano esistiti prima di se stesso. (Gr. 10:10; 1 Gv. 1:5)” [8].

Gli attributi comunicabili di Dio sono quelli che sottolineano la sua immanenza e sono, primo, spiritualità; Dio è uno Spirito (Gv. 4:24); secondo, invisibilità; terzo, onniscienza.

La dottrina della Trinità dichiara che le tre Persone sono co-sostanziali: “nessuno è derivato quanto alla sua sostanza dall’altro o dagli altri due. Ci sono tre distinte persone in questa unità: la diversità e l’identità sono ugualmente originarie” [9].

Agostino, nello scrivere il De Trinitate, sottolinea l’unità, l’eguaglianza e l’uguale qualità primaria [o qualità ultima dell’essere] delle tre persone nella Divinità:

Per prima cosa riteniamo ben fermo questo: tutto ciò che si attribuisce in senso “assoluto” a quella eccelsa e divina sublimità ha significato essenziale; tutto ciò che si attribuisce in senso “relativo” invece non si riferisce alla sostanza, ma alla relazione. In secondo luogo riteniamo ben fermo che nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo l’identità di sostanza è talmente potente che ogni attribuzione applicata a ciascuno di essi in senso assoluto, va intesa non al “plurale collettivo”, ma al “singolare”. Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio; e questo è un denominativo di ordine sostanziale, come tutti ammettono; tuttavia non sono tre dèi, ma confessiamo che la divina Trinità è un Dio solo. Similmente il Padre è grande, il Figlio è grande, lo Spirito Santo è grande; tuttavia non sono tre grandi, ma un solo grande. Non è del solo Padre infatti – come credono a torto gli ariani – ma del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che la Scrittura dice: Tu sei il solo Dio, grande (Salmo 86:10). E’ buono il Padre, buono il Figlio, buono lo Spirito Santo; tuttavia non vi sono tre buoni, ma un solo buono, del quale è scritto: “Nessuno è buono se non Dio solo”(Mar. 10:18, Lc 18:19). Infatti il Signore Gesù per impedire di essere considerato soltanto uomo da colui che, rivolgendosi al lui come a uomo, l’aveva chiamato Maestro buono (Matt. 19:16) , non disse “Nessuno è buono se non il Padre solo”, ma Nessuno è buono se non Dio solo (Lc.18:18-19). E la ragione è questa: nel nome “Padre” è designato personalmente solo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, essendo la Trinità un unico Dio.
Invece la posizione, il modo di essere, il luogo, il tempo non si predicano di Dio in senso proprio, ma in senso figurato e metaforico…
Ecco perché è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo, senza che vi siano tre onnipotenti, ma un solo Onnipotente dal quale, per mezzo del quale e nel quale sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli (Rom. 11:36).
Dunque tutto ciò che si attribuisce a Dio in senso assoluto, si attribuisce singolarmente a “ogni persona” cioè al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo e nello stesso tempo alla Trinità santissima, non al plurale, ma al singolare. Questo perché, per Dio, “essere” ed “essere grande” non sono cosa diversa, ma sono la stessa cosa. E come non parliamo di tre essenze, non parliamo neppure di tre grandezze, ma di “una solo essenza” e di “una sola grandezza”. Dico “essenza” per esprimere ciò che i greci chiamano ousia, e che noi comunemente chiamiamo “sostanza” [10].

È del tutto evidente l’influenza di questo passaggio dal De Trinitate (400 d. C.) sul Credo Atanasiano. Agostino chiarì che l’unica subordinazione nella Trinità è economica e relativa, non essenziale. Le tre persone della Trinità sono ugualmente primarie [di valore ultimo] nella loro particolarità come nella loro unità. La loro individualità è reale come la loro unità; esse sono veramente tre Persone e un Dio. Il nome Dio è ugualmente applicabile a tutte e tre le Persone. Riservare il nome di Dio al solo Padre è un’eresia arminiana. Questo uso comune porta l’arminianesimo più vicino all’arianesimo e al nestorianesimo che alla cristianità ortodossa. Il Credo Atanasiano dice che gli attributi di Dio appartengono a tutte e tre le Persone senza differenze di sorta. “Sono solo gli epiteti ingenerato, generato dal Padre e procedente che sono legati rispettivamente ed esclusivamente al Padre, Figlio e Spirito” [11].

Dio significa quindi il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e non che due persone della trinità assieme sono più grandi della terza e nemmeno che tutte e tre assieme le persone sono più grandi di ciascuna individualmente. Come scrisse Agostino:

L’abbiamo già detto altrove che le cose che costituiscono il predicato della Trinità si applicano in maniera propria e distinta a ogni singola Persona, i nomi che indicano il predicato delle loro mutue relazioni come Padre e Figlio e il dono di entrambi, lo Spirito Santo; perché il Padre non è la Trinità, il Figlio non è la Trinità, né la Trinità il loro dono. Invece quando si esprime ciò che sono le Persone, considerate ognuna in se stessa, non si parla di “tre” al plurale, ma di “una sola realtà”; la stessa Trinità. Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio; il Padre è buono, il Figlio è buono, lo Spirito Santo è buono; il Padre è onnipotente, il Figlio è onnipotente, lo Spirito Santo è onnipotente. E tuttavia non vi sono tre dèi, tre buoni, tre onnipotenti, ma un solo Dio buono e onnipotente che è la stessa Trinità. E così si deve dire di tutti gli altri attributi che si riferiscono non alle divine Persone considerate nelle loro mutue relazioni, ma ad ogni singola Persona considerata in se stessa. Questi attributi riguardano infatti l’essenza, perché in Dio “essere” è la stessa cosa che “essere grande, buono, sapiente” e tutto ciò che si afferma di ciascuna Persona considerata in se medesima e della stessa Trinità. E se si parla di “tre Persone” o di “tre sostanze” non è per far intendere una differenza di essenza, ma per tentare, con una sola parola, di rispondere alla domanda: “Chi sono questi Tre?” o “che cosa sono questi Tre?” È così perfetta l’uguaglianza in seno alla Trinità che non solo il Padre non è più grande del Figlio in ciò che riguarda la divinità, ma il Padre e il Figlio insieme non sono una realtà più grande dello Spirito Santo, né ognuna della tre persone, qualunque essa sia, è una realtà meno grande della stessa Trinità [12].

L’importanza di questo punto in riferimento alla Trinità appare quando analizziamo il problema dell’uno e del molteplice. Come Van Til ha evidenziato per il cristiano c’è una distinzione tra l’Uno e il Molteplice Eterno e L’uno e il molteplice temporale. Per le filosofie non cristiane, non esiste una tal distinzione dal momento che per esse tutto l’essere è un unico essere. Per la filosofia cristiana, come dimostrò Van Til, il pensiero ortodosso afferma che “L’eterno uno e molteplice forma un’unità auto-completa. Dio è personalità assoluta e perciò individualità assoluta. Egli esiste necessariamente. Al di fuori di se stesso egli non ha un non-essere in contrapposizione al quale definire se stesso; egli è auto definito internamente” [13]. Per il pensiero cristiano ortodosso c’è un uguale fondamento dell’uno e del molteplice nella Trinità, cioè la singolarità della cose è un fondamento come l’individualità e la particolarità della cose. L’unicità di Dio non è più fondante che le sue tre Persone, né le sue tre Persone più fondanti che la sua unicità. Per citare di nuovo Van Til, la cui opera lo ha collocato di diritto nella grande tradizione di Atanasio, Agostino e Calvino: “L’unità in Dio non è meno fondamentale che la diversità e quest’ultima non è meno fondamentale che l’unità. Le persone della Trinità sono mutuamente esaustive l’una dell’altra. Il Figlio e lo Spirito sono ontologicamente alla pari del Padre”[14]. La dottrina cristiana della Trinità evita il tranello di un astratto universale e dei particolari astratti, in quanto né gli universali o l’unicità della cose è un’astrazione da particolari concreti, né i particolari sono mere estrazioni da un universale concreto. “E’ solo nella dottrina cristiana del Dio trino, come dobbiamo credere, che abbiamo realmente un universale concreto. Nell’essere di Dio non ci sono particolari non correlati all’universale e non c’è nulla di universale che non sia pienamente espresso nei particolari” [15].

L’uno ed il molteplice temporale sono interamente creazione di Dio; ogni cosa esistente è creazione di Dio e “il non essere rientra nel possibile campo d’azione di Dio. Dal momento che per Dio il non essere è nulla in se stesso, Dio dovette creare se volle creare tutto dal nulla” [16]. L’uno e il molteplice temporale sono quindi creati da Dio e lui è la legge della creazione. Come conseguenza l’ordine temporale deve vedere tra l’uno e il molteplice una relazione simile a quella che esiste nell’Uno e Molteplice eterno. La filosofia non Cristiana oscilla tra un’enfasi sull’uno ad una sul molteplice, o per dirla politicamente, dal totalitarismo all’anarchia; dall’insistenza che l’unità è la verità all’insistenza che l’individualità è il giusto ordine. Essa è perciò in perenne conflitto: lo stato o l’uomo; il marito e la moglie come esseri individuali o il matrimonio come istituzione; il gruppo o le persone? Quale rappresenta il vero ordine? Tutti i pensieri non cristiani affermano il fondamento o dell’uno o del molteplice e di conseguenza oscillano dal totalitarismo all’anarchia. I due possono mantenere un equilibrio tra di loro solo in maniera dialettica, per breve tempo ed in una tensione che collassa. La cristianità ortodossa, con la sua dottrina della Trinità, evita il problema fondamentale della filosofia. Lo stato non riveste un’importanza maggiore che il cittadino; ambedue sono ugualmente basati sull’ordine di Dio ed ugualmente fondati sulla sua legge. Il matrimonio è un’istituzione sotto Dio e secondo la sua legge, ma l’uomo e la donna sono ugualmente sotto Dio e protetti dalla sua legge in modo che il matrimonio non è sacrificato ai desideri individuali, né gli individui sono sacrificati ad un’istituzione. Ambedue sono stabiliti dall’ordine della legge di Dio e vivono sotto di essa. Una filosofia che enfatizzi l’uno o l’universale rende gli individui astratti e irreali di fronte al concreto universale: i cittadini sono sacrificati allo stato e l’uomo e la donna sono nulla di fronte all’istituto del matrimonio. Una filosofia che affermi la realtà del molteplice e che gli universali sono astrazioni, distruggerà lo stato per liberare il particolare concreto: l’uomo anarchico, e negherà che il matrimonio come istituzione possa avere un valido diritto sui desideri o capricci di uomo e donna.

La Cristianità Ortodossa ha sempre condotto ad una fede trinitaria a 360 gradi e il Credo Atanasiano è una classica espressione di questa dottrina. Nella chiesa ogni eresia è stata in un modo o in altro subordinazionista. Se, per esempio, con Dio, l’onnipotente Creatore, intendiamo in modo esclusivo il Padre, e il Figlio e lo Spirito sono visti al più come delle specie di piccoli dèi la conseguenza sarebbe il primato dell’ordine naturale sull’ordine rivelato. La legge naturale (o legge positiva, come sviluppo successivo) assume una posizione di supremazia sulla legge rivelata. L’ordine fondante è visto come l’ordine naturale e l’ordine rivelato diventa una specie di aggiunta, un complemento ad un ordine già operativo. In queste eresie lo stato diventa l’ordine fondamentale dell’uomo e la chiesa è periferica e subordinata allo stato, che è l’ordine di base. In una tal scenario il vero vicario di Dio è lo stato ed il suo capo e lo stato diventa l’ordine salvifico dell’uomo, il regno di Dio sulla terra.

Una tal teologia diventa una forma di antica teologia imperiale e la politica diventa nuovamente la fonte dell’etica. Nella cristianità ortodossa, l’etica deriva dalla religione, dalla teologia, ma nel paganesimo e nelle eresie subordinazioniste l’etica deriva dalla politica, perché l’uomo viene governato da una teologia politica, cioè lo stato è la voce operativa e l’organismo del suo dio.

Il Credo Atanasiano, meticolosamente, in modo completo, preciso e in linguaggio agostiniano chiuse la porta al subordinazionismo e ne fece un’eresia. Non fu mai una fede accettabile ed allora venne dichiarato: “Chiunque sarà salvato, prima di tutto è necessario che egli dichiari la fede cattolica”, cioè questa dottrina anti – subordinazionista della Trinità, perché “Questa è la fede cattolica; per la quale, a meno che un uomo la creda con fedeltà e saldezza, egli non può essere salvato”.

Queste frasi di condanna sono state violentemente attaccate dai critici del Credo Atanasiano. E’ stato arguito che tutti coloro che sono sotto il livello di sant’Agostino sono esclusi dal paradiso e consegnati all’inferno per non essere riusciti a comprendere totalmente la dottrina della Trinità. Perché, è stato affermato, è un credo troppo lungo, complicato e filosofico per diventare un testo di fede, limita la cristianità ad una manciata di intellettuali ortodossi. L’accusa è totalmente priva di fondamento. Il credo definisce la dottrina ortodossa della Trinità; all’umile credente è chiesto di crederlo, non di comprenderlo in tutte le sue implicazioni. L’obbligo del credente è di accettare la fede, di riceverla, non di diventarne un dotto espositore.

Il punto critico è questo: se non si affermasse il trinitarismo affermato dal Credo Atanasiano, verrebbe affermato un salvatore altro da Cristo e nessun uomo che affermi un altro salvatore potrebbe essere salvato. Il subordinatismo fu lo strumento attraverso il quale la dottrina imperiale della salvezza veniva reintrodotta nella chiesa. I subordinazionisti moderni sostengono la salvezza politica e, nell’area subordinata della religione, tutti i buoni buddisti, mussulmani, indù, cannibali e tutti gli altri possono essere salvati nei termini delle loro rispettive premesse. L’inevitabile esito di tutto il subordinazionismo è un altro salvatore. Di questo si resero conto sia Agostino sia Atanasio. Per essi, a quei tempi, era in gioco la cristianità stessa. Qualsiasi avvicinamento all’unitarianismo ariano era anche un avvicinamento all’universalismo religioso. La cristianità avrebbe cessato di essere cristianità e sarebbe diventata un’altra delle fedi sincretiste del tempo. Il subordinazionismo fa di Dio il Padre, il creatore che non ha completamente o realmente rivelato se stesso in Gesù Cristo, il fondamentale uno e universale. Non esiste quindi particolare che sia altrettanto fondamentale: solo l’unità finale. Inoltre, dal momento che questo uno creatore è più operativo nell’ordine creato che nella rivelazione, allora tutte le religioni lo rivelano meglio di quanto faccia la bibbia e Cristo. A tutte le religioni è data quindi dignità e Cristo è ridotto ad uno fra i tanti sforzi naturali verso l’unità finale.

“Liberare” l’uomo dalla dottrina ortodossa della Trinità significa “liberare” l’uomo da Dio. Con questa dottrina viene conservata la sovranità di Dio e viene dichiarato il suo eterno decreto: il tempo e la storia sono determinati da Dio. Senza questa dottrina Dio diventa nuovamente il Dio silenzioso dell’arianesimo, un essere primitivo privo di coscienza che è muto perché non può rivelare se stesso. Un tale dio è solo il fondamento come essere originale dal quale tutti gli esseri si evolvono, non come il creatore e il determinatore di tutte le cose. Da un tal dio il bene ed il male emergono egualmente e quindi sono ugualmente fondati. Al pari di Agostino nel De Libero Arbitrio, Van Til dice:

Per lui fu un grande vantaggio quando i Manichei gli raccontarono nella sua giovinezza che egli poteva vivere come voleva dal momento che non era fondamentalmente responsabile per i suoi atti. C’era una fondamentale forza del male, qualcosa di demoniaco, più ampio e più vincolante della volontà dell’uomo, che faceva peccare l’uomo. Ma ora da cristiano Agostino sa che egli stesso, che l’uomo, non una forza soprannaturale, è responsabile del peccato [17].

Le forme di questa “liberazione” variano e il Manichesimo non è che una di queste forme. In ogni forma, tuttavia, dove è negata la dottrina della Trinità come dichiarata dalla Scrittura e riassunta nel Credo Atanasiano, lì la filosofia della “morte di Dio” è in via di formazione.

È quindi chiaramente “necessario” che “chiunque sarà salvato” affermi questa ortodossa fede Trinitaria, perché “Questa è la fede cattolica; per la quale, a meno che un uomo la creda con fedeltà e saldezza, egli non può essere salvato”.

Note:

1 Vedi Shaff, Creeds of Christendom, II, 32-38.
2 C. P. S. Calrke, Short History of the Christian Church, (London: Longmans, Green, 1929), 25.
3 Schaff, Church History, III, 888.
4 Ibid., III, 690.
5 Schaff, Creeds of Christendom, 35-42.
6 Schaff, Creeds of Christendom, 66 e ss., traduce Sostanza anche con Essenza; incomprensibile anche sia illimitato che infinito; fedelmente come giustamente; e nel periodo conclusivo, fedeltà e saldezza con autenticità e fermezza.
7 Cornelius Van Til, Defense of the Faith (Philadelphia: Presbyterian and Reformend Company, 1955), 26.
8 Ibid.
9 Ibid., 28.
10 Agostino, De Trinitate, Libro V, Cap. 8 sezione 9, 1977, Ed. Paoline; p. 248.
11 George Park Fischer, History of Christian Doctrine (New York: Charles Scribner’s Sons, 1896) 147.
12 Ibid., Libro VIII, prefazione; 115.
13 Van Til, op. cit., 42.
14 Ibid.
15 Ibid., 43.
16 Ibid.
17 Cornelius Van Til, Christianity in Conflict, Vol. I, pt. III, Syllabus (Westmintster Theological Seminary, Philadelphia, 1962), 123.


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