Capitolo X 

La Dottrina della Grazia

 

Nel Pelagianesimo, l’umanesimo di fece avanti con la sua dottrina dell’uomo. Pelagio con franchezza e linearità affermò la piena abilità dell’uomo di vivere senza peccato: “Io dico che l’uomo è capace di essere senza peccato e che è capace di osservare i comandamenti di Dio” [1].  Pelagio sostenne, primo che tutti potrebbero essere senza peccato se lo scegliessero e che molti lo sono stati. Secondo, che ciascun uomo è nato senza alcun impedimento o eredità di peccato o debolezza morale derivata da Adamo o dai suoi antenati. Terzo, che l’uomo non ha perciò bisogno della grazia divina per sconfiggere il peccato [2]. Come ha notato Matheson: “Il pelagianesimo non conosce il peccato, conosce solo dei peccati: non ha alcuna concezione del principio del male; esso concepisce solo una serie di atti malvagi”. Warfield aggiunge: “Anche questo è pelagianesimo” [3].

Si dice che Pelagio, un monaco britannico che fu l’esponente di questa forma di umanesimo, avesse originariamente il nome di Morgan. Le date della sua nascita e morte non sono conosciute, ma comparve a Roma circa nel 400 e cominciò ad insegnare le sue dottrine. Sant’ Agostino fu il grande difensore dell’ortodossia contro il pelagianesimo. Dal momento che è fuori dal nostro proposito analizzare le controversie, gli uomini e gli scritti in esse coinvolti, ma piuttosto i movimenti conciliari ed i credi, il grande lavoro di sant’Agostino non può essere qui trattato.

Il concilio che ebbe a confrontarsi col pelagianesimo fu il secondo Sinodo tenuto a Orange (Aurasio) nella Gallia meridionale, il 3 luglio del 529. Questo concilio è stato definito da Schaff [4] una vittoria del semi-agostinianesimo ed è in gran parte vero, ma, proprio perché fu una vittoria del semi-agostinianesimo, fu anche una vittoria per il semi-pelagianesimo.

Il testo dei 25 canoni appare in Leith e si possono trovare in Hefele delle sintesi dei canoni con il testo completo in latino [5]. La sintesi di Landon ci dà più brevemente i punti essenziali di questi 25 canoni, riportando quelli chiave:

  1. Condanna coloro che mantengono che il peccato di Adamo abbia colpito solamente il corpo dell’uomo rendendolo mortale, ma non abbia colpito anche l’anima.
  2. Condanna coloro che mantengono che il peccato di Adamo abbia colpito solo lui stesso o che la morte del corpo sua l’unico effetto di questa trasgressione che sia trasmessa alla sua posterità.
  3. Condanna coloro che insegnano che la grazia viene data in risposta alla preghiera dell’uomo e chi nega che sia per grazia che egli sia portato a pregare.
  4. Condanna coloro che insegnano che Dio aspetta la nostra volontà prima di purificarci dal peccato e che non sia per il suo Spirito che egli ci dà il desiderio di essere purificati.
  5. Condanna coloro che mantengono che l’atto di fede, con il quale noi crediamo in colui che ci ha giustificati, non sia un’opera della grazia, ma che noi siamo capaci di farlo di per noi stessi.
  6. Condanna coloro che mantengono che l’uomo può pensare o fare qualcosa di buono per quanto concerne la sua salvezza senza grazia.
  7. Condanna coloro che mantengono che qualcuno arriva alla grazia del battesimo per loro propria libera volontà ed altri con l’aiuto soprannaturale della carità divina 6.

Gli altri diciotto canoni sono essenzialmente proposizioni prese dai lavori di sant’Agostino e Prospero. Tre proposizioni vennero aggiunte ai 25 canoni, sostenendo:

  1. Che tutte le persone battezzate possono, se lo vogliono, compiere la propria salvezza.
  2. Che Dio non ha predestinato alcuno alla dannazione.
  3. Che Dio, per la sua grazia, ci dà il primissimo inizio della fede e della carità e che egli è l’autore della nostra conversione [7].

Il concilio per certi aspetti fu quindi una ritrattazione. Le vittorie riportate da Agostino e i suoi discepoli furono indebolite. Il commento di Fischer è appropriato:

Il Concilio affermò la necessità della grazia preveniente e la necessità della grazia ad ogni stadio di rinnovamento dell’anima ed affermò pure che la grazia immeritata precede le opere meritorie, che tutto il bene, incluso l’amore di Dio, è dono di Dio e che anche un uomo non caduto ha bisogno della grazia. Ma solo si nega la predestinazione al peccato, ma non c’è alcuna affermazione della elezione incondizionata e della grazia irresistibile. Inoltre si dice che il libero arbitrio è stato “indebolito” in Adamo e ristabilito attraverso la grazia del battesimo. Il credo è anti pelagiano, ma le dottrine semi-pelagiane sono esplicitamente condannate solo in parte. Esso fu sancito dal vescovo di Roma, Bonifacio II [8].

Inoltre, dal momento che Agostino aveva chiaramente parlato della doppia elezione, a dannazione e a salvezza, egli stesso era stato in effetti condannato dal Concilio di Aurasio.

L’agostinianesimo rigoroso ebbe i suoi aderenti nei secoli successivi, uomini come Bede, Alcuin, e Isidoro di Siviglia, ma la chiesa si allontanò fermamente dall’agostinianesimo fino alla Riforma. Le conseguenze sarebbero state di grande portata.

Il Pelagianesimo è essenzialmente l’affermazione della capacità dell’uomo di salvare se stesso; è la convinzione che l’uomo non necessita di Dio per arrivare alla vita perfetta. Le implicazioni di questa dottrina sono molto grandi, sia per la chiesa e per lo stato che per qualsiasi altra sfera. Se l’uomo è capace di salvare se stesso, lo sono anche lo stato, la chiesa e l’università.

Nella teoria politica, il Pelagianesimo ha significato il fatto che lo stato non è limitato nel suo ruolo a ministro della giustizia. Lo stato diventa il mediatore dell’uomo e suo salvatore. Lo stato pelagiano offre sicurezza dalla culla alla tomba. Esso affronta ogni problema nella fiducia che, con un tempo e potere sufficiente, troverà la risposta. Lo stato pelagiano è convinto che può eliminare malattie e infermità, povertà e fame, crimine ed anarchia e, per mezzo di una scienza nazionalizzata, possibilmente anche la morte stessa. Il Pelagianesimo afferma la piena capacità dell’uomo di salvare se stesso e lo stato pelagiano crede nel pieno potere dello stato di salvare l’uomo e di creare il paradiso sulla terra. Siccome lo stato pelagiano crede nella propria piena capacità, esso lavora per conquistare quella piena potenza che afferma essere necessaria per esercitare la proprie capacità e sviluppare i propri piani. Di conseguenza, dal punto di vista politico, lo stato pelagiano è inevitabilmente totalitario. Allo stato non può essere posto alcun freno, né si possono nutrire dubbi giustificabili nei suoi confronti, dal momento che non ha una vera dottrina del peccato, ma solo un catalogo di atti peccaminosi. Il declino della dottrina della grazia sovrana è segnato dal sorgere dello stato sovrano.

Anche in ecclesiologia, con riferimento alla dottrina della chiesa, il pelagianesimo implica conseguenze che portano lontano. La chiesa del mediatore si fa essa stessa progressivamente il mediatore, man mano che il pelagianesimo si sviluppa. L’autorità e la sovranità che propriamente appartengono a Cristo cominciano ad incorporarsi nella chiesa pelagiana e l’infallibilità di Cristo e della sua parola scritta sono progressivamente trasferite alla chiesa. La chiesa pelagiana indebolisce la dipendenza degli uomini da Dio e dalla sua grazia e aumenta la loro dipendenza dall’istituzione della chiesa. La grazia e la potenza sono trasferiti dall’opera di Cristo all’opera della chiesa e la chiesa diventa progressivamente la potenza e la società salvatrice. Diminuisce l’interesse nella cristologia ortodossa e cresce l’interesse nella ecclesiologia pelagiana. Siccome il potere riconosciuto dalla chiesa pelagiana è essenzialmente potere umano, essa cerca di incrementare quest’ultimo, in due maniere: primo, la chiesa pelagiana cerca la forza numerica con l’unione con altre chiese pelagiane e con regole più elastiche al fine di presentare un fronte forte in termini di riconoscimento umano. Secondo, la chiesa pelagiana cerca potere con l’alleanza con lo stato. Il suo obiettivo è essenzialmente lo stesso, un paradiso terrestre conquistato con sforzi umani e di conseguenza chiesa e stato pelagiani formano un fronte comune per distruggere qualsiasi traccia dello stato e chiesa cristiani. L’obiettivo comune è costituito da un ordine mondiale nel quel sia realizzato il sogno di Pelagio: la perfettibilità umana dell’uomo. Siccome la chiesa pelagiana crede assai apertamente nell’uomo come proprio dio, essa muove dall’oblio di Dio al tentativo di eliminarlo al proclamare la morte di Dio. La chiesa pelagiana, come lo stato, è essenzialmente totalitaria: è il proprio dio e la propria legge.

Il pelagianesimo non è meno evidente nel mondo accademico che nella chiesa o nello stato. L’istruzione oggi applica ampiamente il pelagianesimo [9]. L’istruzione in questa prospettiva diventa un programma di salvezza. Attraverso l’educazione tutti i problemi degli uomini verranno risolti. La conoscenza è potere e l’insegnante è perciò la chiave della rigenerazione dell’uomo. La scuola pelagiana vede l’ignoranza, non il peccato, come l’handicap e problema di base dell’uomo e, coerentemente, cerca di rimuovere questo ostacolo. L’uomo deve essere liberato dalla propria ignoranza per essere posto di fronte al vasto mondo della proprie potenzialità. La scuola è l’istituzione per mezzo della quale l’uomo può entrare in possesso di questi poteri divini e insegnare a se stesso e al mondo intero. La scuola pelagiana è quindi ostile allo stato cristiano e alla chiesa cristiana non meno che alla scuola cristiana e cerca la loro distruzione. Alleata con la chiesa e lo stato pelagiano essa cerca il paradiso sulla terra.

Il pelagianesimo tuttavia influisce su ogni sfera. L’artista per esempio crede nella potenza rigeneratrice dell’esperienza estetica. Le donne pelagiane credono nella potenza del proprio sesso per salvare l’umanità e il femminismo ne è la conseguenza. Gli economisti fanno piani con i quali, con astute mosse monetarie, creeranno prosperità perpetue e così via. La completa capacità dell’uomo significa completa programmazione, completo controllo e completi tiranni e tirannie. Le conseguenze storiche e sociali del pelagianesimo sono sempre state disastrose. Esaltando l’uomo, l’uomo viene degradato dai suoi programmatori.

Solo la dottrina della grazia sovrana provvede un baluardo alla libertà, perché la grazia sovrana, creduta con fede ed applicata, significa anche un freno sovrano alle pretese umane. Solo a Dio appartiene il dominio. O è Dio a predestinare, o lo fanno uomo e stato. Se Dio non è sovrano, allora lo è lo stato. I fondamenti della libertà sono preparati con materiali di Agostino. O Cristo o lo stato: non ci possono essere due padroni o due salvatori. Il trionfo del pelagianesimo costituisce sempre un asservimento dell’uomo.

Anche se il subordinatismo fu un compromesso che abbandonò il trinitarismo ortodosso, anche quando è stato ad esso più vicino e quindi il concilio di Arausio anche se difese l’agostinianesimo in larga maniera, abbandonò però la dottrina della grazia compromettendola. La verità è esatta e precisa e il più piccolo allontanamento dalla verità significa sostituirla con la falsità. I lunghi canoni di Arausio sono nel complesso eccellenti, ma essi sono compromessi da un elemento di errore.

Note:
1 Benjamin Breckinridge Warfield, Studies in Tertullian and Augustine (New York: Oxford, 1930), 293.
2 Ibid.
3 Ibid., 296.
4 Schaff, History of the Christian Church, III, 866-870.
5 Leith, Creeds of the Church, p. 37-45; Hefele, History of the Councils, IV, 152-169.
6 Landon, Manual of Councils, 11.
7 Ibid., II, 5.
8 Fischer, History of Christian Doctrine, 197.
9 Vedi R. J. Rushdoony, Intellectual Schizophrenia (Presbyerian and Reformed. Philadelphia, 1961) e The Messianic Character of American Education (Craig Press, Nutley, New Jersey, 1963).


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