La storia di Israele

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La storia degli Ebrei  è giunta fino a noi in modo molto particolareggiato e preciso grazie alla Bibbia, il libro sacro che riporta innumerevoli eventi e racconti storici. Mentre la Bibbia è spesso derisa e svalutata, ridotta a collezione di miti, è ancora il documento basilare usato dagli storici per datare la storia, anche la storia dei popoli orientali circonvicini. Israele è il nome che Dio diede a Giacobbe, figlio di Isacco a sua volta figlio di Abramo. È pure il nome del regno finché rimase unito, formato cioè da tutte le 12 tribù dei figli di Giacobbe (Israele). Il nome giudei, attribuito agli ebrei, deriva invece dal nome di uno dei figli di Giacobbe la cui tribù (con quella di Beniamino e Simeone) costituì il Regno di Giuda e dalla quale nacque il Redentore (Matteo 1). Israele è ancora il nome della nazione rinata dopo la seconda guerra mondiale col ritorno in Palestina di molti ebrei da tutte le parti del mondo. Molti imperi e nazioni sono scomparsi ma Israele esiste ancora e la Bibbia profetizza una conversione in massa al cristianesimo nel futuro e ne parla in toni quasi trionfalistici di grande avanzamento del regno di Dio e di riscatto umano. Non sappiamo se si tratta dell’Israele disperso nel mondo o della nazione Israele, sappiamo che nel futuro aderirà al cristianesimo e vi si dissolverà.

Cos’è la Storia?

Quando studiamo la Storia, dobbiamo riconoscere che la bibbia è l’unico infallibile libro di storia: è la parola di Dio. Tutti gli altri libri di storia possono sbagliare, spesso sbagliano e sono soggetti a continue revisioni o cambiamenti in base a nuovi studi. La bibbia è pertanto il nostro testo chiave

per una comprensione della Storia, non solo della storia d’Israele.
Il concetto di parola di Dio, di una rivelazione storica, è unico. Altri libri cosiddetti “sacri” ci danno idee astratte: la bibbia ci dà la storia dell’uomo a cominciare dalla creazione, la sua rivolta contro Dio, e l’attività redentiva di Dio volta a ristabilire l’uomo nel patto.

Se crediamo che la storia sia il prodotto del Caso, che il mondo si sia creato da solo, che non abbia significato morale e la vita non abbia scopo se non quello della sopravvivenza del più forte, allora la Storia non ha storia da raccontare ma è solo un mucchio di eventi disconnessi e vuoti.

Per il cristiano vero, che crede la bibbia, il significato della Storia non proviene dall’uomo ma dalla Trinità cristiana. Tutte le cose visibili e invisibili sono state fatte da Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito santo: tre persone: un Dio. Siccome tutte le cose sono state fatte da Dio, derivano tutte il loro significato da lui e dal suo proposito per esse. Il significato della Storia, perciò, non proviene dalla storia stessa o dall’uomo ma da Dio il creatore. La Bibbia, il basilare, più importante, e il solo infallibile libro di testo di storia, ci dice, tra le altre cose, due fatti importanti che riguardano la Storia.

Primo, dice che Dio ha creato l’uomo a sua immagine; cioè in conoscenza (Colossesi 3:10), giustizia e santità (Efesini 4:24) con dominio sulle creature e l’ordine di sottomettere la terra e governarla sotto Dio (Genesi 1:28), e tuttavia l’uomo poteva perdere queste qualità (Genesi 3:1-19). L’uomo poteva scegliere se servire Dio o dare retta al tentatore e cercare d’essere il proprio dio, diventare la misura di tutte le cose conoscendo o determinando da sé ciò ch’è bene e ciò ch’è male (Genesi 3:1-6). In questo modo Dio stabilì la possibilità di due società, la Città di Dio e la Società di Satana. Altre religioni promettono di salvare l’uomo; la loro idea di salvezza implica la magica sottrazione dell’uomo da tutti i problemi e il dono della pace. La fede biblica dice che Dio prova ogni uomo e la salvezza non è liberazione dalla prova ma vittoria sui nostri problemi, non fuga ma trionfo.

Secondo, la Storia così non è solo la storia del sorgere e cadere dell’uomo e delle sue civiltà nei termini del suo continuo essere messo alla prova da Dio, ma è anche la lotta tra due forze poderose per il dominio della storia: Cristo contro l’Anticristo, il Regno di Dio contro il Regno di Satana, e a noi è data la certezza che la vittoria appartiene a nostro Signore. A mano a mano che la storia progredisce, le questioni diventeranno sempre più chiare e meglio delineate, talché ci sarà uno sviluppo in entrambi i campi. La vittoria sarà del Regno di Dio e culminerà con la sua seconda venuta. Questo è il significato della Storia come la presenta la bibbia. Il mondo ha avuto il suo inizio con Dio e avrà la sua fine nei termini del suo proposito, non nei termini dell’uomo e dei suoi sogni di essere capace di salvarsi da solo per mezzo delle sue opere.

Il mondo ha avuto inizio con Dio il quale ha creato i cieli e la terra in sei giorni. La gloria di quella creazione originale è rimasta perfino dopo la caduta nel peccato e la maledizione. L’uomo fu cacciato dal Giardino. Se ci fosse rimasto avrebbe avuto la certezza dell’immortalità, l’albero della vita, insieme al suo peccato. Dio non permette che l’uomo si senta sicuro nel suo peccato e pertanto l’insicurezza è scritta da Dio nella costituzione della storia dell’uomo peccatore.

Prima del Diluvio, però, la vita dell’uomo rifletteva ancora la gloria di una magnifica creazione, e la durata della sua vita arrivava oltre i 900 anni. Gli uomini avevano dunque considerevole sicurezza nel loro peccato e: “l’immaginazione (o tutti i disegni dei pensieri) del loro cuore non era altro che male in ogni tempo” (Genesi. 6:5). Nel frattempo, abbondavano i matrimoni misti tra i figli di uomini potenti “i figli di Elohim” e donne credenti “le figlie della linea della promessa” e ciò generò dei figli che erano “uomini potenti” nel senso che erano giganteschi uomini di violenza e di pulsioni dittatoriali (Genesi 6:4).

Le indicazioni dicono che la civiltà prima del Diluvio era molto avanzata. Per certo, dopo il Diluvio apparvero rapidamente delle grandi culture e ci sono evidenze che indicano un altissimo livello di realizzazione per l’uomo intorno al 2000 aC. Le piramidi comparvero molto presto in Egitto; i grandi sviluppi della cultura Minoica superarono quelli successivi degli stati greci, e l’antica Ur dei Caldei sembra più vicina a noi di culture che le succedettero secoli dopo. Leggere la storia solo come sviluppo uniforme è distorcerla: lo sviluppo c’è, ma sono presenti anche declino e degenerazione , nonché elementi di discontinuità, ad es. il peccato originale e il diluvio.

Dopo il Diluvio, la controversia basilare della storia ricomparve, ma questa volta in un mondo ove le conseguenze del peccato e la morte avevano un effetto più rapido a causa della vita più breve dell’uomo che in poche generazioni diminuì alla sua durata attuale.

Alla Torre di Babele l’uomo cercò nuovamente di costruire un unico ordine mondiale, un paradiso senza Dio. Questo è un tentativo costante nella Società di Satana. È la convinzione che l’uomo non abbia bisogno di un rinnovamento interno da parte di Dio ma solo di un cambiamento esterno nel suo ambiente. Secondo questa convinzione, il problema non è nell’uomo e

non è dovuto al peccato. A rendere malvagio l’uomo sono forze esterne come ambiente, ereditarietà, retaggio culturale, educazione e simili. Si sostiene che se si cambiano queste condizioni per legge e mediante pianificazione statale cambierà pure l’uomo. Sono così nati ideali come l’uomo fascista, l’uomo sovietico: “L’uomo realizzerà il suo obiettivo di dominare le sue emozioni, innalzare i suoi istinti fino alle altezze della coscienza, renderli trasparenti, estendere i fili del suo volere nelle sue rientranze nascoste e in tal modo innalzare se stesso verso un nuovo livello, per creare un tipo sociale e biologico superiore, oppure, se permettete, un superuomo” (Leon Trotsky), e ora l’uomo post-umano. Per il cristiano di mentalità biblica questa è una falsa fede. L’uomo è un peccatore per scelta; la sua caduta è un fallimento morale, non è accidentale o ambientale. L’uomo, in quanto peccatore non può redimersi da sé ma deve essere salvato e rigenerato da Dio in Cristo. Questa dunque è la questione fondamentale: chi rigenererà l’uomo, Dio o l’uomo e lo stato? Quelli che sostengono una salvezza operata dall’uomo, che avvenga o no nella chiesa, sono ancora ostili al governo di Re Gesù. Rispetto ai tentativi precedenti il post-umanesimo presenta un cambiamento radicale: il riconoscimento che l’uomo può essere cambiato solo dall’interno per questo probabilmente si assisterà al tentativo di condizionare le sue decisioni meccanicamente da una élite a ricettori delle loro volontà innestati nelle persone.

Il corso della storia

Secondo Ebrei 12:18-29, la Storia è sottoposta a due grandi scuotimenti. Il primo, nel periodo del Vecchio Testamento, vide tutti gli stati e gli imperi grandi e piccoli della storia antica frantumati nei loro sogni di un paradiso senza Dio. (Daniele 2:37-45 vede Gesù scendere dal cielo durante il dominio romano e frantumare gli imperi di Babilonia, Medo-Persia, Alessandro Magno e Roma). Gesù Cristo compare per dichiarare la pienezza della redenzione e per compierla con la sua morte e resurrezione, distruggendo il potere del peccato e della morte. Ma nell’era cristiana, le nazioni riesumeranno il loro antico sogno e il secondo scuotimento distruggerà definitivamente ciò che può essere scosso di modo che rimarrà solo ciò che non può essere scosso. Allora ci sarà il suo secondo avvento. Il libro di Apocalisse ci descrive la marcia trionfale di Cristo su tutti i suoi nemici in termini di piaghe che echeggiano quelle mandate sull’Egitto.

L’origine degli ebrei

Dopo la Caduta (il peccato originale), Dio istituì due riti che sono presenti nelle pratiche o nel passato di ogni popolo: circoncisione e sacrificio. Il loro significato vero e biblico è stato oscurato o pervertito, ma erano stati dati come testimonianza al genere umano. La circoncisione era un rito che evidenziava il fatto che non c’è speranza per l’uomo nella generazione, cioè nella nascita, perché l’uomo nasce peccatore e può generare solo altri peccatori. Nel sacrificio, era richiesto all’uomo che offrisse un animale di una varietà specifica o pura senza difetto, ovvero: perfetto. Con questo indicava che meritava di morire per i propri peccati ma che la sua morte non aveva potere di cancellare i peccati. Solo la morte di uno innocente al suo posto poteva sia rendere a Dio la giustizia richiesta: la morte del peccatore, e sia la perfetta obbedienza di una vita senza difetto. Circoncisione e sacrificio, per quanto deformate da alterazioni pagane, rimasero per l’uomo una generale testimonianza. In aggiunta, poiché tutti gli uomini sono creati da Dio, tutto nell’uomo testimonia di Dio, talché la natura stessa dell’uomo, quanto cielo e terra, dichiarano la gloria di Dio e lo rivelano. Paolo dichiarò che: “Infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, essendo evidenti per mezzo delle sue opere fin dalla creazione del mondo, si vedono chiaramente, affinché siano inescusabili” (Romani 1:20). L’uomo soffoca la verità nell’ingiustizia (Romani 1:18) o, potrebbe essere meglio tradotto, gli uomini sopprimono la verità a causa della loro ingiustizia perché sono in ribellione morale contro Dio. Nessun uomo, in qualsiasi luogo, può lamentarsi di essere privo di una testimonianza: tutti gli uomini hanno la totale testimonianza di tutta la creazione, incluso il loro proprio essere.

Abrahamo

Dopo il Diluvio fu istituita anche un’ulteriore testimonianza: un popolo scelto o chiesa come testimonianza alle nazioni. Abrahamo fu chiamato ad essere lo strumento di questo patto di Dio con l’uomo e gli fu promesso che attraverso di lui sarebbe venuta la progenie promessa ovvero il Salvatore che sarebbe stato una benedizione per tutte le nazioni e l’erede di tutte le cose. La terra di Canaan fu promessa ai discendenti di Abrahamo come prova della grandezza delle cose a venire.

In origine gli ebrei erano un popolo di pastori nomadi semitici provenienti dalla Mesopotamia, e in particolare da Ur, migrati intorno al 2000 aC verso Haran dove si stabilirono per alcuni secoli vivendo di pastorizia e praticando l’idolatria mescolata con la conoscenza del vero Dio tramandata oralmente. Dio chiamò il patriarca Abramo a separarsi dalla sua famiglia e a condurre la sua tribù verso la terra di Canaan, nella parte meridionale della Siria, terra che gli Ebrei chiamarono così perché vi abitavano i discendenti di Canaan, il figlio di Cam, a sua volta figlio di Noè, che Dio aveva maledetto.

Il termine patriarca viene utilizzato per individuare l’anziano a capo della tribù; il primo fu Abramo a cui seguì il figlio Isacco, che continuò la vita nomade. Isacco ebbe due figli, Esaù e Giacobbe, da quest’ultimo, a cui Dio cambierà il nome in Israele nacquero 12 figli tra i quali Giuseppe. Da questi proverranno le 12 tribù d’Israele.

Israele in Egitto

A seguito di gravi carestie, intorno al 1700 aC. Il popolo di Abrahamo, gli Ebrei, furono trasferiti in Egitto dalla provvidenza di Dio fino alla pienezza dei tempi per i Canaaniti, cioè fino a che la giustizia di Dio avrebbe alla fine richiesto la loro distruzione. Giuseppe divenne lo strumento mediante il quale Israele andò in Egitto per la salvezza di entrambi i popoli (Genesi 37-50).

Il racconto della Bibbia ci narra di come Giuseppe, figlio di Giacobbe, fu venduto dai fratelli come schiavo ad alcuni mercanti madianiti e, tradotto in Egitto, si guadagnò la fiducia del Faraone a cui predisse 7 anni di abbondanza seguiti da 7 di carestia, suggerendo a questi di risparmiare negli anni di abbondanza per avere scorte sufficienti per superare la successiva carestia. Giuseppe divenne quindi ministro del faraone. Ormai accettato dagli egiziani, Giuseppe si farà raggiungere dal padre e dai fratelli assegnando loro la terra di Goscen, nel delta del Nilo. In quel momento storico l’Egitto era sotto il dominio degli Hyksos, un popolo di origine semita proveniente dalla Siria, e questo fattore rese più facile i rapporti tra Ebrei ed Egiziani che convissero inizialmente in pace, pur non integrandosi tra di loro e conservando ognuno la propria lingua, cultura e religione. Dopo il 1580 aC tornarono al potere in Egitto i re nazionali, che presero a considerare gli ebrei come stranieri. Iniziò un periodo di oppressione, il popolo ebraico fu schiavizzato e costretto a lavorare l’argilla e i campi per gli egiziani. Successivamente gli Egiziani schiavizzarono la crescente popolazione degli Ebrei e la costrinse ad edificare le loro città magazzino.

L’esodo

Mosè, rimandato da Dio in Egitto per liberare Israele, fu usato da Dio per dichiarare contro l’Egitto dieci piaghe.

Le prime tre e più leggere toccarono anche Goscen, l’area dove Israele dimorava, e la decima avrebbe colpito anche Israele se il sangue dell’Agnello pasquale non fosse stato applicato agli stipiti e all’architrave delle porte.
Le piaghe, dalla quarta alla decima, furono dunque contro l’Egitto. Fu una guerra contro gli dèi d’Egitto, contro una fede basilarmente naturalistica da parte del Dio soprannaturale. Dio mostrò di possedere lui il controllo della natura e non gli dèi d’Egitto. L’incapacità di faraone di accettare il giudizio di Dio dopo ogni piaga scaturiva dal suo naturalismo: tutto ciò che era avvenuto doveva avere in qualche modo una spiegazione naturale e le dichiarazioni di Mosè riguardo ai giudizi di Dio meramente coincidevano con le catastrofi naturali. Questa incapacità d’accettare che queste piaghe venissero invece dalla mano di Dio portò alla catastrofe finale per le forze egiziane nell’attraversa-mento del Mar Rosso. Israele accettò la divisione delle acque “per fede” ma l’Egitto, vedendolo come solo un fenomeno naturale egualmente utilizzabile da loro, cercò anch’esso di attraversare e “quando invece gli Egiziani tentarono di fare ciò, furono inghiottiti” (Ebrei 11:29).

Fu dunque Dio per mezzo di Mosè, intorno al 1250 aC, a liberare il popolo ebraico per condurlo fuori dall’Egitto attraverso il Mar Rosso. Ma per mancanza di fiducia in Dio gli ebrei vagarono nel deserto del Sinai 40 anni. Fu sul Monte Sinai che Mosè ricevette, direttamente da Dio, le Tavole della Legge, anche conosciute come il Decalogo o i 10 comandamenti, la legge del patto, il primo codice morale che comanda al popolo redento come vivere per avere una vita personale, famigliare e nazionale di salute, prosperità, sicurezza e successo. Questa fu la prima volta che la legge fu data in forma scritta ma le evidenze nella Bibbia sono che fosse conosciuta anche prima. Mosè scrisse pure la casusuistica dei Dieci Comandamenti: 613 esempi minimi di come i comandamenti di Dio dovevano essere interpretati e dove applicabile anche le pene relative che il giudice doveva comminare per la trasgressione. I libri di storia sono pieni di tentativi di denigrare la legge di Dio facendo paragoni assurdi con quella di Hammurabi mentre la sua perfezione, giustizia e santità sono evidenti anche ad un confronto con quella romana successiva di secoli e tanto decantata dagli umanisti. La sua direzione è quella della libertà dell’uomo sotto Dio e ciò è evidente a prima vista anche solo nel numero delle leggi: 613 contro le 200.000 che abbiamo in Italia. Mosè morì prima di entrare in Canaan. Nella terra promessa entrò la generazione successiva.

La conquista di Canaan

Israele ricevette da Dio l’ordine di occupare Canaan e di distruggere le sue popolazioni che Dio aveva condannato a morte. Per le persone di oggi questo giudizio sembra scandaloso ma agli occhi di Dio non c’è nessuna moderna “reverenza per la vita” ma solo reverenza per la giustizia nei termini della sua legge. I Canaaniti praticavano una forma di culto della fertilità particolarmente degradata in cui le azioni rituali includevano il sacrificio dei loro figli al dio Moloch. La paziente testimonianza di Dio era durata secoli e non era stata priva di pii capi come Melchisedeck, re di Salem.

Il popolo fu guidato da Giosuè che conquistò miracolosamente Gerico e dopo una lunga lotta con le popolazioni locali estese la conquista a quasi tutta la terra di Canaan, suddividendo il territorio tra le 12 tribù che componevano il popolo, ognuna autonoma rispetto alle altre e prevedendo la nomina di un giudice comune per discutere eventuali controversie o affrontare problemi comuni. Il fallimento da parte d’Israele di portare forzatamente a termine la guerra contro i Canaaniti portò all’incorporazione dentro Israele di una continua fonte di corruzione.

I Giudici

Il periodo dei Giudici, o governatori nazionali, circa 400 anni, 1400-1000 aC fu marcato da cicli di degenerazione e apostasia, cattività, furto del raccolto da parte di predoni quando il popolo si allontanava da Dio; riforme spirituali e libertà godimento del proprio lavoro, prosperità e sicurezza quando il popolo rimaneva fedele e obbediente a Dio. In tutto questo periodo Israele fu una volontaria federazione di tribù e fece senza un governo centrale perché Dio era o avrebbe dovuto essere il loro re mediante l’applicazione della sua Legge da parte dei singoli individui. Fu un periodo di alti a bassi talché la frase “In quel tempo non c’era re in Israele; ognuno faceva ciò che sembrava giusto ai suoi occhi” (Giudici 17:6) può essere intesa in due modi diversi: estrema libertà perché ognuno sapeva cosa fare secondo la legge di Dio o estrema apostasia perché ognuno decideva da sé ciò che era bene e ciò che era male che è la sostanza del primo peccato (Genesi 3:5). Questo periodo è quasi idealizzato dai libertari cristiani che vi vedono il loro ideale sistema di

società con uno stato minimo. La forma dello stato però non è il fattore determinante per la buona vita di una nazione; lo è l’esistenza di una maggioranza o di una solida minoranza di uomini pii che estendono la loro redenzione a tutti gli aspetti della vita nella loro cerchia d’influenza (ad esempio Gedeone). L’apice dell’apostasia giunse verso la fine dei giorni di Samuele, l’ultimo dei Giudici, quando la nazione rigettò Dio come proprio re e richiese un re umano “come tutte le altre nazioni”, rigettando in questo modo la libertà in favore della schiavitù (I Samuele 8).

La monarchia

Di conseguenza fu stabilita una monarchia con Saul come primo re nel 1020 aC. Dio usò la monarchia, primo, per rendere chiare agli ebrei le conseguenze dell’aver rigettato la libertà sotto Dio il Re in favore di speranze poste su un ordine umano e, secondo, per stabilire una monarchia come tipo (figura) di quella che aveva promesso al mondo intero sotto Gesù Cristo.

Il primo re Ebreo fu Saul, appartenente alla tribù di Beniamino, fu scelto da Dio e unto re dal sacerdote/giudice Samuele su consiglio divino. Saul fu un re coraggioso, ma anche violento e molto duro. Le sue battaglie contro i Filistei lo resero superbo e sempre meno dipendente da Dio. Samuele iniziò a osteggiarlo, e Dio lo mandò a ungere re Davide, il gracile guerriero che onorerà Dio con la vittoria sul gigante filisteo Golia.

Il re Saul costrinse Davide all’esilio e gli israeliti si indebolirono per via di lotte interne e nemici esterni. I filistei approfittarono di questa debolezza per sconfiggere l’esercito d’Isarele.

Saul si uccise per non cadere in mano ai nemici e Davide tornò in patria per diventare il nuovo re. Dopo la morte di Saul, Davide regnò su una porzione della nazione per sette anni e il figlio di Saul, Ish-Bosceth regnò sul resto. Dopo l’assassinio di Ish- Bosceth da parte dei suoi stessi uomini, Davide divenne re della riunita monarchia intorno al 1050 aC Sotto il suo regno, la nazione unita divenne una potenza internazionale mediante una serie di guerre con le quali fu asserito sia il potere d’Israele che la sua indipendenza. Davide fu un combattente coraggioso e un grande poeta che si esaltava nell’adorazione di Dio. A lui si sono attribuiti molti Salmi, e soprattutto riuscì a dare agli Israeliti la consapevolezza di essere una nazione, rinsaldando lo spirito di unità che li accomunava. Sconfisse i Filistei e gli altri popoli nemici, e conquistò la parte fortificata di Gerusalemme che aveva fino quel tempo resistito e vi spostò la capitale. Fu un bravo amministratore, allargò il suo regno e intrattenne rapporti cordiali con altri re circonvicini. Gerusalemme divenne il nuovo centro religioso della nazione.

Il regno di Davide fu una figura, un tipo del regno del Signore Gesù Cristo. Dio gli promise non gli sarebbe mai mancato uno della sua discendenza sul trono d’Israele, e chiarì che quella discendenza sarebbe stato Figlio di Davide, cioè un suo discendente, e figlio di Dio (2 Samuele 7:14; Matteo 1).

Con riguardo a Canaan, la “terra promessa”, si devono notare due cose. In primo luogo, in quel tempo possedeva una fertilità, una vegetazione e risorse acquifere ora mancanti in Palestina che Dio successivamente maledì a causa dell’apostasia del suo popolo. Secondo, la terra promessa non era un luogo appartato di pace e quiete ma la principale via commerciale del mondo antico. In tempi moderni, il commercio mondiale si è mosso principalmente lungo il Canale di Suez, i Dardanelli e Gibilterra. Nel mondo antico, la Palestina era il crocevia di strade che collegavano nazioni e 3 continenti (Africa, Asia, Europa). Il suo possesso dava a una nazione grande potere ricchezza seppure i suoi confini geografici potessero essere limitati. Se deboli, i popoli Palestinesi potevano contare su invasioni di potenze che tentavano di impadronirsene per comandare la ricchezza dei traffici mercantili che vi transitavano. Israele era dunque situato in una posizione di continua prova ove, se mancavano carattere e forza, la guerra era certa.

Sotto Salomone, il figlio di Davide, questa forza si manifestò in un lungo regno di giustizia, pace e di prosperità, e l’influenza di Salomone si fece sentire fino in India, nell’Africa profonda, e in tutta l’area del Mediterraneo. Salomone, nel 961 aC., re giusto e saggio, rafforzò l’esercito che ottenne ulteriori conquiste nei territori confinanti e avviò un fervido commercio, fece cingere la città di Gerusalemme da solide mura e fece edificare la reggia e il Tempio di Gerusalemme, costruzioni che però richiesero un ingente investimento economico ottenuto attraverso una tassazione molto elevata e prestazioni lavorative gratuite, generando molto malcontento nella popolazione.

Verso la fine l’impero di Salomone cominciò a subire gli effetti di due fattori che portarono poi alla sua successiva disintegrazione. Primo, il temporaneo sbandamento spirituale di Salomone (I Re 11:5-43) molte mogli e la conseguente idolatria cui prese parte anche il popolo con ovvi risultati nella generazione successiva che contornò il figlio di Salomone – Roboamo. Secondo, la ricchezza d’Israele divenne tale che l’argento era comune come l’acciottolato delle strade di Gerusalemme (I Re 10:27), e il risultato fu l’inflazione.

L’inflazione può essere causata dalla stampa di moneta a credito e da denaro a corso forzoso, ma anche da un grande influsso d’oro e d’argento come ricchezza non guadagnata.

L’oro portato dall’America del Sud causò nel 1500 un’inflazione simile in Spagna. Quando c’è un eccesso di denaro, in particolare di denaro non guadagnato col lavoro, il costo dei beni prodotti col lavoro aumenta sensibilmente e ciò genera difficoltà economiche tra la gente comune perché a quel punto solo i ricchi possono permettersi beni che prima erano accessibili a tutti.

Il regno diviso

Dopo la morte di Salomone, Israele fu diviso in due regni. Nove tribù si ribellarono all’erede al trono il figlio di Salomone Roboàmo che non volle diminuire la pressione fiscale. Nel 930 aC le tribù settentrionali formarono il Regno del Nord – Israele, sotto Geroboamo I (930-910 aC) con capitale Samaria, mentre Giuda, Beniamino e Simeone rimasero fedeli alla casa reale di Davide, la linea della speranza della venuta del Redentore, nella persona di Roboamo (930-913 aC) Questo Regno meridionale fu chiamato Giuda e la sua capitale rimase Gerusalemme.

Israele

Il Regno del Nord, Israele, fu all’inizio l’area più grande e più prospera, ma la sua storia è più breve (930-723 aC), e il suo trono passò di mano ripetutamente. Fin dall’inizio si diede all’apostasia malgrado la testimonianza di molti profeti. Durante il periodo della monarchia, specialmente dopo il 900 aC, i profeti furono attivi nel loro ministero con Elia ed Eliseo i due grandi profeti del nono secolo, seguiti poi da Osea e Amos, i quali cercarono di riportare la nazione al culto di Jahvé ma inutilmente. Il regno fu frequentemente impegnato in guerre con Giuda a Sud e con la Siria a Nord, finché non fu definitivamente distrutto dalla nascente potenza Assira. Seguì la cattività e la dispersione d’Israele attraverso tutto l’impero Assiro. L’ascesa dell’Assiria a potenza mondiale cominciò nel 734 e fu completata nel 721 a C. La stessa Assiria cadde secolo successivo, nel 607 aC, e nel la sua caduta portò al potere mondiale Babilonia. Fu proprio Babilonia che distruggerà poi Giuda, il Regno meridionale tra il 606 e il 586 aC.

Giuda

Il Regno del Sud, sebbene anch’esso segnato dall’apostasia, diversamente da quello del Nord, non fu privo di alcuni capaci e pii re, quali Asa (910-870 aC.), Giosafat (873-848 aC), Joash (835-796 aC), Amatsia (796-767 aC), Uzza (791-686 aC) Jotham (750-731 aC) Ezechia, il suo governante migliore (716-667 aC), e Giosia, il suo ultimo buon governante (640-608 aC) Fatta eccezione per la breve usurpazione da parte della Regina Athaliah della famiglia di Achab, tutti i suoi re appartennero alla casa di Davide. Nel Regno meridionale ci fu pertanto un grado maggiore di ordine sociale e di unità in virtù della forte lealtà alla linea davidica. Il Tempio di Gerusalemme, in quanto centro religioso, fu l’altro grande fattore unificante. Il Tempio, e la fedeltà ad esso, divenne strumento di delusione durante gli anni di declino della nazione; la gente infatti poneva la propria fiducia nelle forme e nei riti della loro fede mentre la disonorava nel cuore e nella pratica, credeva che la presenza del tempio avrebbe costretto Dio a stornare i nemici.

Il messaggio dei profeti Isaia e Geremia fu: il giudizio di Dio sul suo popolo per i loro peccati, la richiesta di giustizia e di fede, la dichiarazione del giudizio su tutte le nazioni del mondo antico, e profezie che concernevano la venuta del Redentore e la sua opera in toccanti dettagli (ad es. Isaia 53).

Dopo la caduta di Gerusalemme per mano di Nebukadnetsar, seguì la cattività babilonese (606-536 aC.) una parentesi di miseria e tristezza per il popolo che però non perse mai l’amore per la patria perduta e la speranza di farvi ritorno, anche grazie alle profezie di Ezechiele e Daniele.

Daniele profetizzerà che il popolo ebraico come nazione non sarà mai più al centro dell’opera di Dio nel mondo, rivelazione che lo fece ammalare per vari giorni (Daniele 8:27). Non è certo se al ritorno il popolo abbia rispettato il sabato della terra ogni sette anni. La cattività era stata causata proprio dal mancato rispetto di questo comando. È certo invece che l’idolatria e gli alti luoghi scomparvero definitivamente.

Il ritorno

La cattività terminò con la conquista di Babilonia da parte della potenza di Medo-Persia nel 536 aC Ciro il Grande emanò un editto col quale permetteva a tutti i giudei di tornare in patria. Un numero limitato di persone tornò in Palestina sotto la guida del sommo sacerdote Giosuè e del principe davidico Zorobabel.

Il Tempio e Gerusalemme furono ricostruiti con l’impeto impresso da Esdra e da Nehemia, e i profeti Aggeo, Zaccaria e Malachia furono anche profeti post-esilici. La Giudea era ora una provincia persiana, e continuò ad essere tale per due secoli. Il dominio persiano era complessivamente tollerante e per la Giudea questo fu un periodo di graduale crescita e sviluppo. I Giudei non divennero comunque mai più un regno indipendente, furono vassalli dei persiani prima e poi di Alessandro Magno. Successivamente ancora degli eredi di Alessandro magno i Tolomei prima e poi i Seleucidi. Uno di questi, Antiochio Epifane cercò di eradicare completamente la religione ebraica e di sostituirla con gli dèi greci e la visione ellenica della vita. Vi riuscì solo in parte. Con un gesto sacrilego contaminò il Tempio sacrificandovi animali impuri. Proibì il culto di Jahvè, il sacrificio continuo, la circoncisione, la Pasqua, il possesso di rotoli delle Scritture: pena la morte. Ne scaturì una sanguinosa rivolta che ristabilì, per un periodo, il vero culto con il governo dei Maccabei.

Nel 63 aC i Romani conquistarono la Palestina e i Giudei finirono sotto il loro dominio. E’ proprio sotto l’impero romano con Cesare Augusto imperatore, durante il primo censimento fatto sotto Quirino governatore della Siria, che a Betlemme nacque Gesù, (Luca 2:1-2).

La sua nascita è il centro della storia, lo spartiacque tra quello che è accaduto prima di Cristo e quello che è avvenuto dopo Cristo. Lo spartiacque tra l’adorazione di Dio nel tempio di Gerusalemme all’adorazione di Dio in spirito e verità in tutto il mondo. Due tempi storici si sovrapposero per circa 70 anni e si conclusero con la distruzione del tempio e di Gerusalemme, da parte delle legioni romane, la crocifissione di un milione di ebrei e la vendita come schiavi di un altro milione. Gesù era “ritornato sulle nubi” (Matteo 26:64 e rif.) per giudicare quella generazione. Il famoso storico inglese Gibbon ha affermato che fu il cristianesimo a far cadere l’impero romano segnalandolo come l’elemento che ne indebolì il carattere. In parte potrebbe essere vero e in parte l’impero romano cadde per il decadimento che aveva raggiunto. Il fatto certo è che nei tre secoli successivi il cristianesimo impattò Roma e ne cambiò la religione, la legge, la famiglia, l’economia, lo sport. Fu una nuova genesi, un nuovo inizio per tutto il mondo. Gesù Cristo nasce quindi in quello che per noi è oggi l’anno 0, sebbene gli storici collochino la vera data tra il 7 e il 4 aC. Il calendario ebraico conta invece gli anni a partire dalla data della creazione che in base alle indicazioni della Bibbia è stata calcolata nell’anno 3760 aC.

La religione ebraica

Gli Ebrei erano e sono monoteisti, adoravano un unico Dio, a differenza degli altri popoli con cui convissero e si scontrarono i quali adoravano molti dei e che identificavano nelle forze della natura. Spesso, l’anello di congiunzione tra gli dèi e gli uomini e dio in terra era il governante come faraone in Egitto o il satrapo orientale nelle religioni mesopotamiche. I libri di storia umanisti vorrebbero che il monoteismo sia il penultimo stadio dell’evoluzione religiosa dell’uomo che sarebbe cominciata con l’animismo, si sarebbe evoluta in politeismo, poi in monoteismo e infine in ateismo. La bibbia testimonia una realtà ben diversa con un inizio monoteista centrato sul vero Dio, un caduta nell’umanesimo (l’uomo come proprio dio), e data la sua manifesta incapacità di governare la natura e la realtà, la successiva formazione di vane superstizioni politeiste e la degradazione più totale nell’animismo. Per duemila anni, da Abrahamo a Cristo gli ebrei sono stati i custodi della vera religione e degli oracoli di Dio.

Il Dio adorato dagli Ebrei disse di chiamarsi Jahvè, “colui che è”, e non veniva mai rappresentato con immagini iconografiche o statue essendo puro spirito. La proibizione di farsi immagini di Dio è dichiarata nel secondo comandamento.

Il culto ebraico consisteva nell’obbedienza ai comandamenti di Dio nel tutto della vita. La liturgia era basilarmente famigliare col capofamiglia che presiedeva l’adorazione. La parte liturgica era formata da preghiere, lodi, confessioni, inni e dal riposo sabbatico che cominciava all’imbrunire del venerdì. Prevedeva la celebrazione della Pasqua, il pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme una volta all’anno, occasione in cui gli ebrei offrivano doni al Tempio e vi portavano un agnello immacolato che uno dei sacerdoti sacrificava dopo che i componenti della famiglia avevano posato le loro mani sul suo capo simboleggiando il trasferimento della colpa sull’agnello senza macchia. Durante la cattività di Babilonia fu istituito il sistema decentralizzato della sinagoga e gli insegnanti si chiamavano rabbini. Ogni sinagoga aveva i rotoli delle Scritture e la sua funzione era essenzialmente educativa e di governo.

Tutte le feste del calendario ebraico erano votate al ringraziamento a Dio, così il Sabato gli ebrei si astenevano da qualsiasi lavoro per celebrare il riposo di Dio dopo la creazione e la liberazione dalla schiavitù in Egitto (Esodo 20:8-11; Deuteronomio 5:14-15).

La circoncisione rappresenta la necessità di un intervento di Dio nella vita della persona ed è segno dell’appartenenza al patto. La Pasqua rappresenta la liberazione del popolo ebreo dall’Egitto e si commemora mangiando il pane azzimo, ossia non lievitato per ricordare la fuga precipitosa degli ebrei, le erbe amare per ricordare l’amarezza della schiavitù e l’agnello per celebrare il sostituto dei primogeniti. Il bambino più piccolo della famiglia viene istruito a chiedere a tavola il significato della festa e il capofamiglia risponde ricordando la miracolosa liberazione dalla schiavitù dell’Egitto.

La festa dei Tabernacoli (capanne)

Rievoca la vita nomade nel deserto e la festa di Pentecoste, una festa di ringraziamento, ricorda la consegna delle Tavole della Legge date a Mosè sul Monte Sinai. La festa del Purim, istituita successivamente, celebra la strage dei nemici del popolo di Dio sotto re Assuero (Ester 9).

Gli ebrei credevano la resurrezione finale dei morti seppur senza la chiarezza che ne hanno i cristiani dopo la resurrezione di Cristo. A questo scopo seppellivano i loro morti in terra o li deponevano in grotte sigillate dopo averli unti compassionevolmente con olii e spezie, e fasciati con lenzuola di lino. Per fede consegnavano i corpi dei loro cari alla decomposizione credendo che Dio era capace di far risorgere i loro corpi dalla polvere.

La società e l’economia del popolo ebraico

La nazione d’Israele cominciò come una federazione di 12 tribù indipendenti. Non aveva un governo centrale ma si basava sull’autogoverno di ciascun individuo guidato dalla legge data da Dio al Sinai, i 10 Comandamenti (Esodo 20; Deuteronomio 5), spiegati da 613 esempi di applicazione della legge alle varie situazioni. Le controversie tra persone venivano portate agli anziani e ai Leviti alla porta della città. Se il responso non era chiaro la causa veniva presentata al giudice che faceva il giro di tutto il paese nell’arco di un anno durante il periodo dei giudici, al re durante la monarchia, al sinedrio durante l’occupazione romana. Gli ebrei sparsi per il mondo evitavano di sottoporre i loro litigi alle autorità civili. I contenziosi venivano risolti nelle sinagoghe in base alla legge di Dio.

Il codice morale dei 10 comandamenti veniva insegnato e tramandato all’interno della famiglia e dal sistema di istruzione Levitico. La legge era uguale per tutti, ebrei o forestieri. La legge ebraica considerava tutti gli uomini uguali di fronte a Dio, e per questo motivo le differenze sociali non avevano peso nei tribunali. Dio permetteva alcune forme di schiavitù, con leggi che difendevano da maltrattamenti e da abusi gli schiavi acquisiti da popoli vinti in guerra o acquistati, dando loro anche un certo margine di libertà personale. Gli ebrei potevano diventare schiavi solo per un massimo di sei anni per estinguere un debito o restituire un furto che non potevano ripagare in denaro.
Il quarto comandamento comandava il riposo del settimo giorno esteso anche allo straniero, allo schiavo e agli animali da lavoro. Un riposo era comandato anche per la terra ogni settimo e cinquantesimo anno. Il settimo anno esigeva la fine di ogni debito e la liberazione di tutti gli schiavi ebrei. Il primo giorno del cinquantesimo anno, il giubileo veniva suonato il corno a distesa in tutto il paese per annunciare il perdono di tutti i debiti, la restituzione ai proprietari originali delle terre ipotecate e la liberazione dalle città rifugio dei condannati per omicidio involontario. La legge biblica non prevede il carcere ma la restituzione. Celebrava il ripristino delle condizioni di vita decretate da Dio prima della caduta nel peccato. Il comandamento del riposo nel settimo anno obbligava tutti ad essere laboriosi e previdenti nei sei giorni e sei anni di lavoro e questo contribuì a fare degli ebrei un popolo storicamente ricco e a scatenare non poche invidie.
Il quinto comandamento provvedeva coesione tra generazioni richiedendo il rispetto e la cura dei genitori anziani se divenuti incapaci di provvedere da soli ai loro bisogni primari.
Il sesto comandamento proteggeva la vita fin dal grembo materno. Per aver tolto una vita non c’era restituzione possibile, la pena era la morte.
Il settimo comandamento proteggeva la famiglia e la moralità.
L’ottavo comandamento proteggeva la proprietà di ogni persona.
Il nono comandamento proteggeva la buona reputazione delle persone e assicurava la giustizia nei processi.
Il decimo comandamento proteggeva la società in generale da soprusi e furti perpetrati “legalmente” e generava una società contenta e laboriosa.

Questi comandamenti che concernono i rapporti tra persone sono l’applicazione pratica del comando: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.

Nella legge di Dio La moglie era protetta da eventuali abusi del marito attraverso un contratto ed una cauzione che il marito versava al padre della sposa prima del matrimonio. Questa pratica ha indotto molti storici a vedere la donna come acquistata dal marito e quindi sua proprietà. Niente potrebbe essere più distante dalla realtà. La donna nel matrimonio era un aiuto convenevole nella vocazione che Dio aveva dato alla coppia. 4000 anni fa una moglie aveva diritti che la donna occidentale ha cominciato ad avere solo dopo il XVIII Secolo: poteva amministrare le proprie sostanze, lasciare un’eredità e in talune situazioni perfino divorziare automaticamente (ad. es. se il marito ne prendeva un’altra e faceva mancare alla prima casa, cibo, vestiario e coabitazione.) Esempi di donna virtuosa si trovano disseminati nel libro dei Proverbi e in particolare nel capitolo 31. La storia biblica è costellata di donne pie, coraggiose e di fede che hanno in tempi particolari dimostrato più fede, coraggio e determinazione degli uomini del loro tempo.

I figli erano di Dio dati in custodia alla famiglia ai quali i genitori dovevano inculcare la legge di Dio, allevare nella fede, istruire in un mestiere, e, se pii, possibilmente aiutare con una eredità. Il primogenito, se degno, riceveva una porzione doppia di eredità perché si sarebbe preso cura dei vecchi genitori. I genitori avevano la responsabilità dei loro figli fino a che non lasciavano la famiglia, ma se abitualmente delinquenti non avevano su di essi potere di morte come nella legge romana ma affidavano questa responsabilità ai giudici.

Gli stranieri avevano gli stessi diritti degli ebrei eccetto la partecipazione alla Pasqua. Se volevano mangiare questo pasto pattizio dovevano convertirsi e ricevere il segno dell’appartenenza al patto: la circoncisione.

I mestieri erano di libera scelta; non erano soggetti a Gilde. Lavorare sei giorni era obbligatorio quanto riposare il settimo (vedi quarto comandamento). Un padre aveva l’obbligo di insegnare al figlio un’attività. Un detto rabbinico recita: “Se non hai insegnato a tuo figlio la Torah (la legge di Dio), e un mestiere ne hai fatto un ladro”.

Il riposo dal lavoro era abbondante, in media 160 giorni l’anno, e le festività, che assorbivano circa la metà di quei giorni erano tutte religiose. Religiosi erano pure il canto, la danza, l’arte e l’abbigliamento. Se il riposo conseguiva dall’osservanza della legge del patto, dal governo di un buon Re, dalla salute, dalla libertà, dalla pace e dall’abbondanza (benedizioni dell’obbedienza individuale e collettiva) la terra promessa, terra dove scorre i latte e il miele, era una figura del futuro Eden: (1 Re 4:25; Michea 4:4)

All’inizio della sua storia ogni famiglia (casato) d’Israele possedeva una proprietà di terra sufficiente per il proprio sostentamento. Questa proprietà era inalienabile e se venduta per difficoltà economiche ritornava al proprietario originale nel Giubileo. Il re non aveva il diritto di confiscare beni immobili agricoli o di pascolo per nessun motivo.

Originariamente il popolo ebreo era stato nomade e dedito alla pastorizia ma successivamente, quando prese possesso della terra promessa e la spartì alle varie famiglie, divenne sedentario e si dedicò principalmente all’agricoltura e in seguito ancora al commercio, infine agli affari e alla finanza. Le coltivazioni più diffuse erano quelle dei cereali e del lino, dell’ulivo e della vite, del fico, del melograno, del dattero e del mandorlo. I suoi animali da lavoro erano il bue e l’asino. Non mescolava sementi diverse e avrebbe dovuto far riposare la terra il settimo anno. A quel tempo la terra di Canaan era molto fertile ma questa fertilità dipendeva soprattutto dalla benedizione o maledizione di Dio che mandava (o non mandava) le piogge nella loro stagione (Deuteronomio 11). Ai tempi di Gesù troviamo sviluppata anche la pesca.

Opere pubbliche

Già dal tempo di Giosuè e dei Giudici, e cioè in assenza di tassazione, furono costruite strade che collegavano speditamente tutte le città di Israele alla più vicina delle 6 città rifugio in modo che l’omicida involontario vi si potesse riparare in attesa di giusto processo.

Durante la monarchia furono costruite strade di collegamento tra l’Egitto e la Mesopotamia, e queste strade, unite al porto di Etsion-Gheber, e all’amicizia col re di Tiro che fornì agli ebrei degli abili marinai stimolarono il commercio e la nascita di istituti bancari. Gli ebrei cominciarono
a diventare abili mercanti. Salomone incoraggiò l’estrazione di rame e altri metalli e la loro lavorazione e favorì l’importazione di oro e argento in grandi quantità. Fu intrapresa anche l’estrazione di pietra da cave per la costruzione di palazzi e mura di difesa. Furono costruite o rinforzate di torri città murate, acquedotti e piscine (grandi riserve di acqua) specialmente
per Gerusalemme. Sparsi nel territorio furono edificati magazzini per la conservazione dei raccolti. reggenza di Omri segnò un forte sviluppo edilizio e di opere pubbliche atte a fortificare le difese nonché di commerci con l’Assiria. Questo re è menzionato anche da storici pagani per la sua rilevanza ma la bibbia gli riserva poco spazio perché la sua vita fu contrassegnata da odio per Dio.

Il Tempio di Gerusalemme


Era considerato una delle sette meraviglie dell’antichità. Chiamato anche la “Casa di Dio” fu edificato sul monte Moriah nel 950 aC per volere di Re Salomone. La costruzione richiese sette anni di lavoro. Si trattava di un enorme complesso creato con pietre di notevoli dimensioni e materiale prezioso di ogni tipo, tavole di legno di cedro incise con bassorilievi e ricoperte d’oro, aveva arredi d’oro argento e stoffe pregiate. Disegnato come copia magnificente della tenda in cui Dio aveva dimorato e incontrato il suo popolo durante il suo periodo nomade e che a sua volta era copia del tempio in cielo che Dio aveva mostrato a Mosè, era diviso in tre parti, la più grande, il cortile era per tutti i fedeli, nella seconda a forma di rettangolo vi servivano i sacerdoti, la terza, il santissimo, un cubo perfetto, era il vero e proprio tabernacolo; vi aveva accesso solo il Sommo Sacerdote e solo una volta l’anno in occasione della propiziazione con l’aspersione del sangue del sacrificio sopra il propiziatorio: un bacino d’oro posto sopra dell’Arca dell’Alleanza, la cassa in legno e oro che conteneva le Tavole della Legge. Poiché era la legge del patto che Dio aveva fatto col suo popolo le due tavole erano probabilmente uguali, una per Dio e una per il popolo. Il luogo santissimo era separato dal luogo santo da un drappo molto spesso che si lacerò in due quando Gesù morì sulla croce, dichiarando con ciò che l’accesso a Dio era ora accessibile a tutti e senza la mediazione di un sacerdote.

Quando nel 586 aC il re Babilonese Nebukadnetsar conquistò Gerusalemme e distrusse il Tempio saccheggiò tutte le ricchezze e le trasferì a Babilonia.

Nel 538 aC, quando Ciro fece tornare gli Ebrei dalla deportazione in Babilonia ricostruirono il Tempio, ma in modo meno sontuoso e pregiato. Il secondo tempio venne ampliato nel 19 aC da Erode il Grande, re della Giudea sotto i Romani.

Il secondo Tempio di Gerusalemme fu distrutto nel 70 d.C. Quando Gesù ritornò sulle nubi per giudicare la città che lo aveva crocefisso come aveva promesso (Matteo 23-24; 26:64Mc. 14:62; Luca 21:27) per mezzo dell’imperatore romano Tito.

Del secondo Tempio di Gerusalemme oggi resta soltanto il muro occidentale di contenimento, che ha preso il nome di muro del pianto.

La decima.

Prima dell’istituzione della monarchia (i 400 anni dei Giudici), la sola “tassa” che il popolo d’Israele era tenuto a pagare era la decima, cioè il 10% del raccolto e dell’incremento delle greggi e delle mandrie. La decima doveva essere versata ai Leviti che vivevano sparsi in tutto il territorio e le cui mansioni erano suddivise in insegnanti della legge e del sapere del tempo, magistrati, e cantori. I leviti versavano a loro volta la decima della decima al culto centrale. In questo modo le tasse erano usate per l’istruzione, la giustizia e l’adorazione di Dio. Ogni capofamiglia pio sceglieva con discernimento a quale levita della sua città dare la decima, cioè si sceglieva gli insegnanti per l’istruzione dei propri figli. Questo sistema evitava che insegnanti privi di fede biblica corrompessero i figli delle famiglie pie. Quando la nazione era santa gli insegnanti corrotti pativano la fame. Maschi e femmine sapevano leggere. Il sistema Levitico ha sempre fatto del popolo ebraico il popolo più letterato della storia antica sollevando anche per questo non poche antipatie e invidie.

C’erano anche altre due decime nell’arco del ciclo di sette anni che facevano salire il totale della tassazione a circa il 16%. La prima provvedeva una forma di sussidio per i più poveri che quindi non erano lasciati a se stessi. Inoltre, la spigolatura e la racimolatura (ambedue comunque lavori faticosi), e la possibilità di raccogliere il frutto nato spontaneamente il settimo anno, provvedevano forme di aiuto a quella popolazione che per qualche motivo si fosse impoverita. La scelta del destinatario di questi aiuti rimaneva a discrezione del donatore. La seconda era chiamata anche la decima della gioia. Il donatore doveva comperare ogni sorta di cibi e bevande succulenti e fare festa davanti a Dio con i poveri del paese. Queste due decime servivano alla coesione sociale e religiosa.

Documenti di storici greci registrano che non c’erano poveri in Israele. Tutti avevano un pezzo di terra di proprietà e se qualcuno per qualche sopravvenuta disgrazia doveva vendere il suo podere o perfino vendersi come schiavo, era egli stesso liberato il settimo anno e le terre ritornavano ai proprietari originali ogni 50 anni. La decima era volontaria. Sebbene non versarla fosse considerato furto al Signore la legge non dichiarava punizioni da comminarsi da parte del magistrato, solo una minaccia di inaridimento del cuore dell’avaro da parte di Dio.

Quando vollero avere un Re come tutti gli altri popoli Dio li avvertì che la prima conseguenza sarebbe stata una pesante tassazione e la coscrizione a lavori forzati. (1 Samuele 8:10-22 leggi). Prima di allora erano stati completamente liberi. Il primo cambiamento fu l’istituzione di un esercito permanente. Prima della monarchia il popolo veniva adunato per la difesa del paese solo secondo necessità. Il secondo fu che molti artigiani furono obbligati a lavorare per il re. Il terzo che molte persone anche semplici furono coscritte a servire in corvée a corte.

A tavola

Gli ebrei avevano e hanno una dieta molto salutare anch’essa regolata dalla legge di Dio. Oltre ai cereali, le erbe e la frutta, il miele, mangiavano la carne di una selezione di animali dopo averne scolato il sangue e scartato alcune frattaglie e parti grasse. Mangiavano pure una selezione di pesci ma non i molluschi e i crostacei. Oltre all’acqua e al latte le bevande includevano il vino e la birra (cervogia). L’elenco dei cibi puri si trova nel libro del Levitico al capitolo 11. Questa dieta era stata imposta gli ebrei da Dio come modo per distinguersi -essere separati- dagli altri popoli, ed essi la osservano ancora oggi (cibo kosher) mentre i cristiani sono religiosamente esentati da questa osservanza. Rimane però il fatto che per la scienza nutrizionale moderna molti degli animali e pesci proibiti risultano effettivamente poco salutari per l’uomo e talvolta perfino tossici. Le cene di Shabbat sono di solito a più piatti e comprendono pane, pesce, zuppe, carne e / o pollame, contorni e dessert. Mentre i menu possono variare ampiamente, alcuni cibi tradizionali sono proprio favoriti per lo Shabbat e nei quali gli ingredienti e la loro forma hanno tutti significati religiosi. Prima del pasto il capofamiglia chiede la benedizione di Dio sul cibo e sui figli.

La storia di Israele, del popolo ebreo è lunga, attraversata da guerre ed esodi, minacciata fin dai suoi esordi da molti popoli come gli Assiri, i Babilonesi, gli Egiziani e i Romani, ma il popolo ebraico non si è mai estinto e, sopravvivendo a drammatiche persecuzioni e genocidi, anche recenti, è tutt’oggi esistente.

Con la distruzione del Tempio di Gerusalemme per mano dell’imperatore romano Tito, gli Ebrei furono cacciati dalla Palestina e si assistette ad una quasi totale diaspora nel mondo. Alcuni ebrei si convertirono al cristianesimo altri mantennero intatti i propri precetti con la propria identità e il desiderio di rientrare in patria. In giro per il mondo gli ebrei contribuirono alla cultura della nazioni che li ospitavano per esempio ad Alessandria d’Egitto tradussero il Vecchio Testamento ebraico nella lingua greca, a Roma Giuseppe Flavio si distinse come storiografo, altri durante il periodo islamico contribuirono al suo splendore, altri ancora scrissero trattati di filosofia e di giurisprudenza di grande spessore.

Dopo le persecuzioni della seconda Guerra Mondiale, nel 1948 in Palestina è stato riconosciuto lo Stato di Israele permettendo il ritorno “in patria” di molti ebrei dispersi in tutto il mondo.

Conclusione

Abbiamo cominciato la storia del mondo con la storia biblica. La fede biblica è oggi la più importante nella storia mondiale. La sua influenza su legge, teoria politica, economia, filosofia, e tutte le altre aree di pensiero e di vita è impossibile da calcolare. E tuttavia la maggior parte dei libri di testo a livello mondiale o omette di menzionare questo aspetto della storia o dà una spoglia menzione degli ebrei, di Gesù Cristo, e degli inizi della chiesa in un paragrafo. La loro preoccupazione in effetti è di seppellire questa storia, e questo non sorprende perché due rivali filosofie della storia sono in guerra tra loro: quella biblica contro quella umanista. Per lo storico umanista i “fatti” stessi della storia sono diversi perché ha una filosofia che crea la propria dottrina di ciò che sono i fatti. Il sistema di valori e la fede che una persona ha farà tutta la differenza per quanto concerne il tipo di storia che registrerà come significativa. La Storia implica milioni di continui eventi non raccontati. La fede di una persona determinerà quali eventi siano importanti, vale a dire, quali siano i “fatti reali” della Storia.

Domande per lo studio

  1. Come potrebbe uno storico di persuasione darwiniana spiegare l’ovvia devoluzione della cultura tra il 2000 e l’800 a.C. ? Vedi ad es. la superiorità di culture come quella sumera, minoica, egizia.
  2. Gli storici hanno cercato nel passato di suscitare qualche legge con la quale spiegare i trionfi e le tragedie della Storia. Questi tentativi hanno variato dal mistico al quasi-scientifico, e gli storici contemporanei tendono a denigrarli tutti. Per il cristiano c’è effettivamente una legge della storia: di che legge si tratta, e in che modo questa “idea della storia” determina come i cristiani percepiscono le antiche civiltà? (Creazione, Caduta, Redenzione)
  3. Quali differenze si possono notare tra la cultura ebraica e quelle circostanti riguardo a religione, giurisprudenza, partecipazione alla vita dello stato, famiglia, libertà personale, proprietà privata, tassazione.
  4. Qual’è il significato di “Occhio per occhio, dente per dente”?
  5. Come erano affrontate le differenze economico/sociali in Israele?

 


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