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Guida divina per la comprensione del libro dell’Apocalisse – Parte 7

Di Phillip G. Kayser, sermone del 5/07/2015

Parte della serie “Progetto Apocalisse”

Quello di oggi vuol essere un sermone volto all’incoraggiamento. Cercheremo di comprendere come mai Giovanni pronunci una benedizione su coloro che leggono, comprendono e custodiscono il messaggio dell’Apocalisse. L’Apocalisse non è un libro che mira ad infondere sconforto o paura; quando correttamente compreso, è fonte di grande incoraggiamento, speranza e fede. Oltre a ciò, approfondiremo il collegamento del libro con la liturgia e con l’etica.

(Centrale per la comprensione dell’esposizione di oggi sarà un grafico che ho approntato appositamente e che troverete all’interno della trascrizione. Consiglierei a chiunque ne avesse la possibilità di tenerlo a portata di mano, così da potermi seguire più agevolmente)


Leggiamo i primi tre versetti di Apocalisse 1 dal testo greco “maggioritario”:

1 Rivelazione di Gesù Cristo che Dio gli diede per render noto ai suoi schiavi le cose che devono presto accadere, e che egli comunicò mandando il suo angelo al suo schiavo Giovanni, 2 il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto: le cose che sono e quelle che devono accadere dopo di esse. 3 Beato chi legge e chi ascolta le parole della profezia e osserva le cose che sono scritte in essa, perché il tempo è vicino[1].

 

Introduzione

In questi sermoni introduttivi sto cercando di dare una panoramica dell’intero libro dell’Apocalisse attraverso la lente di ciascuno dei principi interpretativi di Giovanni. E c’è una buona ragione per cui vi stiamo dedicando così tanto tempo: credo, infatti, come la maggior parte della confusione sperimentata dai lettori di questo libro derivi proprio dalla non conoscenza di queste importantissime chiavi ermeneutiche. Difatti, conoscere e saper usare questi trenta principi fa sì che si eviti tutta una serie di contorti ed accidentati percorsi interpretativi, avendo la certezza di poter battere un unico sentiero certo e sicuro. I principi che abbiamo già trattato nei primi due versetti sono stati probabilmente i più importanti. Ma anche quelli che seguiranno ci saranno di gran beneficio. Ed oggi avrò occasione di illustrarvene altri tre, iniziando con il sedicesimo.

 

Il principio n. 16 dice: quando correttamente compreso, questo libro è per i credenti fonte di grande incoraggiamento (v. 3a – “Beato”)

Questo principio ruota attorno alla parola “beato” all’inizio del verso 3: “Beato chi legge e chi ascolta le parole della profezia e osserva le cose che sono scritte in essa…”. Il dizionario definisce il termine greco “beato” in tal maniera: “benedetto, felice per le circostanze, fortunato, privilegiato”. Gli scritti dell’Apocalisse sono forieri di buone notizie: notizie di una rivendicazione nella storia in favore dei cristiani e notizie del successo delle loro imprese. In altre parole, questo è un libro che mira ad infondere coraggio, conforto e speranza. Non è concepito per rendere il cristiano depresso e spaventato. Tant’è vero che il verso in questione non dice mica: “Abbattuto è chi legge e chi ascolta le parole della profezia”; no! Dice “Felice…”.

Uno scrittore l’ha messa in questi termini: “…vi sorprenderebbe se vi dicessi che il libro dell’Apocalisse non è affatto una storia dell’orrore, ma che è invece scritto per aumentare per sempre la vostra delizia e la vostra gioia in Dio? Il libro dell’Apocalisse è pensato per essere goduto! È la fonte della felicità a venire”.

E io dico: “Amen!” Per ben sette volte, infatti, questo libro parla di questa beatitudine: della benedizione e della felicità elargita a coloro che prestano attenzione al suo contenuto. I santi vengono fatti destinatari di questa beatitudine nella loro adorazione, nel loro servizio di dominio e addirittura nella loro morte – sì, persino nella morte! Apocalisse 14 offre una tale prospettiva di vittoria che i credenti sono messi in grado di persino affrontare la morte con grande aspettativa. Il verso 13, infatti, dice: “E udii una voce dal cielo che diceva: «beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essi si riposano dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono»”.

La morte non può nemmeno privare i trapassati nel Signore delle proprie opere. Vorreste essere capaci di affrontare la morte con gioia? Ebbene, il libro dell’Apocalisse ci indica come fare. Se, però, la vostra interpretazione del libro dovvesse finire per spaventarvi, scoraggiarvi o privarvi della speranza e della felicità, allora avreste la conferma di come il vostro approccio al libro sia difettoso. L’Apocalisse è foriera di ottime notizie, è il libro delle ottime notizie per eccellenza!

Invece, l’approccio interpretativo di molte persone porta con sé un intrinseco senso di inquietudine e disperazione. Negli ultimi 45 anni mi sono imbattuto in centinaia di insegnamenti sull’Apocalisse che non solo promettono la fine del mondo, ma portano le persone a pensare come non vi sia alcuna possibilità ed utilità di intervento sul piano culturale per poter cambiare la storia. In pratica, la nostra, – secondo tali visioni – sarebbe una situazione senza speranza.

Una volta un amillenarista mi disse: “È cosa certa che la Chiesa verrà sconfitta nella storia; ma sarà vittoriosa nell’eternità”. Quest’uomo stava, quindi, affermando come l’Apocalisse fosse portatrice di pessime notizie per quel che riguarda la storia e di come, invece, le buone notizie si limitassero al paradiso. Ebbene, gloria a Dio di come fosse capace di intravedere notizie positive ed incoraggianti per il paradiso! Tuttavia, davanti a tali affermazioni non si può che replicare ponendo alcuni semplici quesiti: “Ma queste notizie incoraggianti furono trasmesse ai santi mentre questi erano ancora sulla terra o quando erano passati “a miglior vita”? Quand’è che Giovanni li chiama beati proferendo una benedizione nei loro confronti?” La risposta è chiara e la dice lunga sulla discutibilità di ogni approccio pessimistico per il qui ed ora: la benedizione fu rivolta ai santi proprio mentre questi leggevano, ascoltavano e mantenevano le cose scritte nel libro; quindi, per il tempo della loro vita. La loro fu una felicità da gustare prima della morte. Ed è così anche per noi.

Un altro insegnante dell’Apocalisse ha detto: “La chiesa vince perdendo”. Mah, che affermazione astrusa! Ma come si può vincere perdendo? Beh, evidentemente nel momento in cui verremo tutti martirizzati e potremo godere della nostra ricompensa in cielo – ecco come! Non dico adesso come in ciò non vi si trovi un aspetto di verità. Il punto è, però, che questo libro non ci dà solo buone notizie per l’aldilà; ci dà buone notizie per il qui ed ora, per la storia, per il pianeta Terra e per il mondo intero.

Ma, credetemi, questa è una visiona totalmente assente nella maggior parte dei commentari sull’Apocalisse che ho passato in rassegna negli ultimi 35 anni, i cui insegnamenti trasmettono scoraggiamento e demotivazione. E, a mo’ d’esempio, vorrei porre alla vostra attenzione alcuni brevi passaggi da un commentario recente (del 2013), il quale pare continuare sulla falsa riga dei suoi predecessori, quindi nel solco del pessimismo e della paura. Ve lo cito:

Nessun libro al mondo è più spaventoso della profezia dell’Apocalisse… È l’ultimo libro della Bibbia ed è un libro di eventi che devono ancora accadere. Ciò che viene predetto è così orribile che non potrei nemmeno immaginare di viverlo. Essere in questi ultimi giorni è cosa già abbastanza difficile…”. “Sebbene tutte le profezie di giudizio siano dure e spaventose, la profezia dell’Apocalisse si distingue come la più terrificante. Termina con la catastrofica distruzione della terra…[2]

E il commentario prosegue dando una serie di notizie tutt’altro che incoraggianti per gli abitanti del mondo intero. Scoraggiamento e disperazione, ricordo, la facevano da padrone già negli anni della mia adolescenza. Quanto veniva insegnato mi ha sempre spaventato a morte. Mi veniva detto che la tribolazione sarebbe arrivata di lì a poco. Mi fu persino rivolto il consiglio di non sposarmi e assolutamente di non mettere figli al mondo – un mondo tanto tormentato e caotico. Il punto di vista sull’Apocalisse dietro ad un tal suggerimento di certo non era in nessuna maniera influenzato dalla benedizione e dalla felicità di cui parla Giovanni.

Uno scrittore, ricordo, disse che nel 1986 la carestia sarebbe stata tanto grave che “parti del corpo umano sarebbero state vendute nei negozi”[3]. Ebbene, tale predizione ovviamente non si è verificata, eppure l’azione frenante e scoraggiante di messaggi come questo ha fatto sì che un gran numero di persone si ritraesse da ogni tentativo di influenzare la cultura del paese spingendola in una direzione virtuosa. E gli orribili risultati di questa falsa speranza (o “anti-speranza”, potremmo dire), beh, sono oggi purtroppo sempre più visibili tutt’intorno a noi. Nel 1977, l’intendimento del messaggio dell’Apocalisse da parte dello scrittore Salem Kirban era grandemente permeato dallo sconforto e dalla demorilazzazione. Egli arrivò così a sollecitare i propri lettori di non affannarsi più in alcun tentativo di influenzare la cultura. Eccovi due suoi interventi da due sue opere diverse: “Siamo arrivati al punto di non ritorno. Siamo su una rotta irreversibile verso il disastro mondiale”[4]; “Senza la speranza del ritorno del Signore… che futuro abbiamo noi?”[5].

La mia replica ad un tale punto di vista pieno di scoramento e arrendevolezza non può che essere questa: “No. Noi abbiamo ogni ragione per essere fiduciosi. L’Apocalisse ci dà motivo di essere grandemente fiduciosi; beato chi legge e chi ascolta le parole della profezia e osserva le cose che sono scritte in essa – è questa la meravigliosa benedizione che elargisce Giovanni ai destinatari dei suoi scritti. E se gli infausti ed avversi eventi della storia più recente dovessero portarvi a pensare che la nostra causa sia senza speranza, allora avreste bisogno di una sana dose della benedizione che deriva da un’autentica comprensione di questo libro e, quindi, di considerare l’importanza di questo nostro sedicesimo principio e della beatitudine di cui Giovanni ci fa destinatari”.

Ciò non vuol dire negare che questo libro parli di persecuzione, di tempi difficili e di giudizio. Difatti, questo libro è diviso in sette parti, cinque delle quali descrivono giudizi piuttosto orribili avvenuti nel I secolo. Detto ciò, chi sono i destinatari di questi terribili giudizi divini? Sono i nemici e i persecutori della chiesa ad essere severamente giudicati da Dio. In risposta alle preghiere dei santi perseguitati, il marito della sposa si solleva con indignata gelosia e distrugge coloro che osano toccare la pupilla dei suoi occhi. Egli si mostra vendicatore della sua sposa quando questa è disposta a gridare. In Deuteronomio si richiedeva a una vittima di stupro di gridare e di non assumere un atteggiamento permissivo e lassista – alla “chi se ne frega”. Personalmente mi capita di leggere articoli di stampo escatologico che quasi quasi mostrano un certo entusiasmo di fronte ai tanti infausti eventi dell’attualità, giacché questi indicherebbero un prossimo ritorno improvviso di Cristo. Beh, che dire, tali reazioni sono tipiche di una sposa che, nel subire violenza, si rifiuta di gridare; una sposa che addirittura finisce per considerare lo stupro come volontà di Dio. Ebbene, in questo libro, nessuno dei santi dice: “Chi se ne frega!” Quei santi gridano. E quando la chiesa chiede aiuto a suo marito supplicandolo e gridandogli, a lui importa. E questa è per noi sicuramente una gran bella notizia.

L’Apocalisse strutturata come un chiasmo

Sapete, persino il modo in cui è strutturato il libro stesso mostra speranza, incoraggiamento e vittoria per il popolo di Dio. Nella trascrizione di questo sermone, come detto, troverete un’immagine della struttura dell’Apocalisse. Sarebbe buono se riusciste ad averla davanti, così potreste agevolmente seguirmi nella panoramica che ne farò cercando di spiegare come mai questo è per noi un libro dispensatore di grande speranza. Per adesso, vi presento una versione del grafico piuttosto basilare e, quindi, più semplice da seguire. Ma continuerò ad aggiungervi ulteriori elementi e dettagli man mano che analizzeremo il libro.

(cliccare sull’immagine per ingrandirla)

La prima cosa che salta all’occhio osservando l’immagine è che il libro è strutturato come un gigantesco chiasmo – un modo antico di strutturare le opere letterarie. Il chiasmo è una figura retorica consistente nell’accostamento di due elementi concettualmente paralleli in un determinato brano oppure in un libro, in modo però che i termini del secondo siano disposti nell’ordine inverso a quelli del primo. Questi elementi paralleli all’interno dell’Apocalisse, secondo il grafico che ne ho fatto, li vedete apparire etichettati con diverse lettere maiuscole: la prima e l’ultima sezione del libro recano l’etichetta A, mentre la seconda e la penultima B e così via. Questi parallelismi concettuali procedono poi fino ad arrivare al centro del libro, nel quale è incastonato pure il suo tema principale. Così, attraversando le sezioni C e D, vedete come infine si giunga alla E, il cuore del libro e il centro del chiasmo: qui, nei capitoli da 12 a 14, troviamo dunque la vittoria assicurata – una vittoria per la quale una chiesa che si ritrova a vivere tempi a dir poco terribili riceve piena garanzia. Questo della vittoria garantita è il cuore e il tema centrale dell’Apocalisse. Non è meraviglioso? Sebbene ci sia una battaglia cosmica tra il regno di Satana e il regno di Cristo, è garantito che i santi del regno di Cristo vinceranno e faranno avanzare progressivamente la sua causa.

Per arrivare ad afferrare l’intera portata di tutta la gioia e la speranza espresse in questo libro, non è, quindi, necessario andare a guardare l’ultima sezione del libro – insomma, per capire come questo vada a finire. Infatti, l’Apocalisse, per la sua struttura chiastica, offre dichiarazioni di gioia e speranza ad intervalli regolari. Vedete quei titoli e quelle frasi in blu nel grafico? Costituiscono l’introduzione a ciascuna delle diverse sezioni. Ebbene, ogni introduzione di ciascuna sezione è particolarmente ricca di contenuti capaci di rinvigorire la fede dei santi.

Vediamo come nei capitoli 2 e 3 abbiamo a che fare con diverse notizie piuttosto negative e scoraggianti sulle condizioni della chiesa militante. Ci vengono descritti, ad esempio, alcune delle criticità della chiesa del I secolo; che, tra l’altro, sono molto simili alle nostre. Si parla di apatia, persecuzione da parte dei liberali, materialismo, idolatria, immoralità sessuale, del caso specifico di una donna di nome Jezebel che insegna ai cristiani a coltivare ogni corruzione sessuale, ecc., ecc. L’Apocalisse non è un libro alla pie in the sky bye and bye, vale a dire un libro il cui messaggio rimandi la realizzazione o il godimento delle buone notizie all’aldilà sminuendo allo stesso tempo le sofferenze e i problemi della vita. L’Apocalisse non dà in pasto pie illusioni di nessun tipo; affronta in maniera chiara e diretta ogni criticità del cammino cristiano. Nel I secolo v’erano chiese dottrinalmente abbastanza contaminate. Le buone chiese non mancavano; tuttavia, sembravano essere la minoranza. Questo è il contenuto con cui abbiamo a che fare nella prima sezione B: ci viene descritta la chiesa militante con i suoi tanti punti deboli e i suoi pochi punti forti – un misto di notizie scoraggianti e informazioni piuttosto promettenti.

Tuttavia, i capitoli 2 e 3 non sono gli unici a parlarci dei santi e delle loro condizioni. La parte più benedetta del messaggio dell’Apocalisse alla chiesa include, infatti, l’introduzione nel capitolo 1 e il suo testo parallelo nei capitoli da 19 a 22. Giovanni conclude il libro con una sezione B sulla Chiesa trionfante che è molto positiva. Questa ci indica la traiettoria trionfante verso cui si sta dirigendo il cammino della Chiesa. Noi non vogliamo tornare alla chiesa apostolica del Nuovo Testamento. Quella era una chiesa a dir poco disastrosa. La nostra determinazione deve essere quella di andare avanti, quindi di progredire secondo la chiamata che ci viene data in questo libro.

Ma in ogni caso, è già nell’introduzione in blu alla prima sezione B del chiasmo in cui Giovanni ci dà le basi per essere pienamente fiduciosi e positivi in questa nostra chiamata. Questa introduzione mostra che Cristo è presente con la sua chiesa. Non è un marito assente. Egli si prende cura della sua chiesa, combatterà per essa, la purificherà e sarà colui che le garantirà il trionfo finale. Quindi, anche se, come già considerato, nei capitoli 2 e 3 abbiamo a che fare con alcune chiese del I secolo piuttosto incasinate, per così dire, nel capitolo 1 Giovanni è attento nel fornirci una prospettiva della chiesa radicata in Cristo. Quindi, prima ancora di lasciarci intristire e preoccupare dalle condizioni di quelle chiese dei capitoli 2 e 3, lasciamoci incoraggiare concentrandoci interamente sul Cristo che edificherà la sua chiesa in modo che le porte dell’inferno non possano in nessuna maniera prevalere su di essa. Le porte dell’inferno non avranno la meglio sulla chiesa perché Cristo cammina in mezzo ai candelabri. Cristo cammina in mezzo ai santi. Questa è la buona notizia che detta ed anima la nostra marcia.

Andiamo avanti… La prima sezione C del chiasmo tratta dei sette sigilli. Quei sette sigilli implicano dei giudizi piuttosto orribili. Ma quei sigilli sono preceduti da un’introduzione (di quelle in blu, di cui abbiamo parlato prima) che va da Apocalisse 4:1 ad Apocalisse 5:14. Giovanni introduce quei sigilli con una descrizione maestosa della sala del trono di Dio. Mostra, inoltre, come Gesù venga ritenuto degno di aprire il rotolo e di inaugurare i giudizi su Roma ed Israele di cui aveva profetizzato quando era ancora sulla terra. E ciascuno dei sette sigilli tratta di giudizi storici – a partire dalla prima venuta di Cristo fino ad arrivare a Nerone. Ognuno di quei sigilli rappresenta l’emissione dei verdetti formulati dal tribunale celeste.

La prima sezione D del chiasmo mostra un’intensificazione dei giudizi contro i nemici di Dio. Ma prima che quelle trombe vengano suonate, Giovanni fa una gioiosa introduzione nel capitolo 8, versetti da 1 a 6. Questa introduzione descrive come le preghiere dei santi di Dio salgano al cielo e come a causa di ciò agli angeli venga permesso di andare in battaglia per nostro conto. Nessuna preghiera significa nessuna battaglia! In questi versi si dice del silenzio che esiste in paradiso: quasi si ha l’impressione che il cielo ignori la difficile situazione della chiesa. Ma ovviamente non è così. In cielo gli angeli hanno la spada in mano e le trombe pronte, e sono in trepida attesa che la chiesa preghi. E non appena l’incenso delle preghiere della chiesa sale, reggimenti e reggimenti di angeli cominciano a suonare le loro trombe e cominciano a riversare i loro giudizi sulla terra. Insomma, si tratta di un’introduzione incredibilmente incoraggiante. Il suono delle sette trombe ci giunge come una brutta notizia finché non lo si intende alla luce dell’introduzione del capitolo 8:1-6. Questa introduzione rende quelle trombe una notizia incredibilmente buona… a condizione che la chiesa sia disposta a gridare.

Il capitolo 12 costituisce l’introduzione alla sezione centrale del libro: la sezione E. Il capitolo 12 è anche il cuore del libro e contiene notizie estremamente positive. E poiché lo stesso capitolo 12 è strutturato come un chiasmo, allora i versetti 10 e 11 rappresentano il cuore del cuore del cuore del libro. E qual è questo messaggio centrale? Che Cristo sta progressivamente estendendo la sua salvezza e il suo regno fino ai confini della terra, che Satana ha perso la battaglia ed è stato scacciato dal cielo e che i santi sono vincitori – anche nella loro morte sono vincitori. Sono le fasi iniziali della conquista della terra di Canaan da parte di Giosuè: tempi difficili, ma allo stesso tempo grandemente entusiasmanti, perché Gerico sta cadendo rovinosamente e l’umanesimo sta dimostrando tutta la sua impotenza. Allora – come dice il nostro principio n. 16 – non è “questo libro per i credenti fonte di grande incoraggiamento”? Direi proprio di sì!

Questa volta non avrò modo di presentarvi il contenuto di ogni introduzione blu alle sette sezioni principali, ma vi invito comunque a leggerle: vedrete come ognuna di esse presenti ottimi contenuti capaci di riempire il cristiano di fede per vincere e trionfare anche nel mezzo delle circostanze più difficili.

Considerate questo grafico come la vostra mappa stradale per il viaggio rappresentato dalla lettura del libro; insomma, come delle indicazioni utili a mantenere la giusta rotta non perdendo nessuna benedizione e scansando ogni scoraggiamento. Sono davvero convinto come questo schema rappresenti un contributo importante agli studi sull’Apocalisse. Infatti, non prendendo visione della particolare struttura che Giovanni dà al suo libro, i vari tentativi di interpretazione non potranno che risultare confusi e difettosi. Questo schema è il risultato dello studio di oltre cinquanta tentativi accademici di tracciare e delineare la struttura del libro: ho raccolto e messo insieme vari frammenti prodotti dagli sforzi di diversi studiosi, cercando di eliminare le tensioni e di raggiungere una certa armonia di sistema. Mi raccomando, utilizzatelo. Penso che vi sarà molto utile.

In ogni caso, in termini di benedizione generale che questo libro apporta, pensiamola in questo modo: i santi del I secolo subirono battute d’arresto molto peggiori di quelle che soffriamo noi a causa dalle avversità della nostra storia. Eppure, quei santi non si scoraggiarono. Non si scoraggiarono perché sapevano di essere dalla parte dei vincitori e che nessuno dei loro sforzi sarebbe andato perduto: ogni cosa era utile all’avanzamento del Regno. Sapevano che le loro fatiche nel Signore non sarebbero state vane. Qualsiasi interpretazione dell’Apocalisse che non riesce a dare speranza e incoraggiamento, e a dispensare benedizione sulle fatiche e sull’obbedienza della chiesa militante è un’interpretazione che fallisce uno degli scopi fondamentali di Giovanni per questo libro.

Ma, attenzione, c’è un avvertimento in ogni sezione del libro. Questa benedizione non è automatica. Anche il “beato” nel capitolo 1:3 non è automatico. Infatti, non vi viene detto beato chi legge e chi ignora le parole di questa profezia. Questo libro promette la gioia della vittoria solo a coloro che sono disposti a prestare attenzione alla Parola di Dio e ad obbedire. Quanto appena detto ci porta a considerare adesso altri due principi – principi che deduciamo sempre dal versetto 3.

 

Il principio n. 17 dice: questo libro ha da essere letto ad alta voce nelle assemblee dei santi (“leggere” = ἀναγινώσκω); ha quindi una funzione liturgica

Questo principio ci viene suggerito dalla parola “legge” (“beato chi legge e chi ascolta…”). Il termine greco è ἀναγινώσκω (anaginósko), che un dizionario definisce come “leggere ad alta voce (nel culto pubblico)”[6]; in un altro ancora leggiamo: «Si usa per lo più col senso di lettura o lettura pubblica»[7]. E così “chi legge” è al singolare, perché si riferisce a chi presiede, e “chi ascolta” è al plurale, perché si riferisce all’intera congregazione.

E a causa di questa sua natura liturgica, Chilton, Wallace e alcuni altri autori affermano che questa parola sia un importante indizio che indichi come il libro nel suo insieme sia strutturato in maniera liturgica, nel senso che, secondo loro, segue l’ordine formale di un servizio di culto. Ora, c’è da dire come la maggior parte degli studiosi sia scettica a tal riguardo. Ed anch’io sono ancora piuttosto indeciso sulla bontà di questo punto particolare. Detto ciò, questo è un punto che ci porta a considerare almeno tre chiare implicazioni – aspetti, questi, sui quali non c’è davvero nessun disaccordo tra i commentatori:

  1. questo è certamente un libro che ben si presta alla lettura nelle assemblee dei santi. Non è, quindi, un libro che dovrebbe essere relegato ad una classe speciale della scuola domenicale. È stato pensato per essere letto durante la pubblica adunanza – a beneficio dell’intero popolo di Dio;
  2. il verbo ἀναγινώσκω (anaginósko) implica il comando di leggere questi scritti ad alta voce (cosa che la maggior parte dei dizionari presenta come parte integrante della definizione stessa del verbo). Insomma, evidentemente nella lettura “ad alta voce” dev’esserci qualcosa di benefico. E non riuscirò a parlerne stavolta, ma in futuro vedremo come sia l’adorazione che la battaglia spirituale siano state concepite da Dio come azioni da affrontare proprio ad alta voce, esattamente come pure il nostro culto privato. Quando ho iniziato a condurre le mie devozioni private ad alta voce, cantando e pregando ad alta voce, la mia adorazione ne è risultata enormemente potenziata; quando ho iniziato a impegnarmi nelle battaglie spirituali ad alta voce, queste hanno avuto esiti di gran lunga migliori. Apocalisse 12 e altri passaggi sembrano indicare che, quando le Scritture vengono proferite ad alta voce, la nostra fede aumenta. Non avremo tempo di approfondire adesso l’argomento, ma il volume con il quale esterniamo il nostro cristianesimo è importante per crescere in fede e in forza.
  3. anche se il libro nel suo insieme non dovesse davvero seguire uno schema liturgico, è comunque certamente pieno di liturgia, dossologia, preghiera e adorazione dialogica. In effetti, vedremo più avanti che il culto in terra è in qualche modo connesso con il culto in cielo, e vedremo come quest’ultimo rappresenti un modello per il primo. Ad esempio, il culto in cielo ci fornisce indicazioni sia sul contenuto dei cantici che sulla musica strumentale che li accompagna. E ci sono molte altre implicazioni per l’adorazione che diventeranno chiare più avanti nel libro.

In ogni caso, siccome al momento è in corso un dibattito su quante e quali implicazioni il significato della parola ἀναγινώσκω (anaginósko) porti con sé, non mi spingerò oltre nel presentarvi il diciassettesimo principio ad essa collegato. Vi invito, comunqe, a far tesoro dei tre punti che vi ho appena esposto: sono semplici e per nulla controversi, e – lo ribadisco – indicano tutt’e tre come questo libro abbia da far parte del culto della chiesa.

 

Il principio n. 18 dice: questo libro è un libro sull’etica (v. 3c – “ascolta…osserva”)

Questo diciottesimo principio lo si deduce dai verbi “ascoltare” ed “osservare” (o, come la Nuova Re Giacomo traduce, “mantenere”). Quando la Bibbia usa il verbo “ascoltare” o l’espressione “prestare attenzione”, non chiede semplicemente di assorbire informazioni. Quando una mamma si rivolge ai propri figli dicendo loro: “Non mi state ascoltando”, allora è chiaro come intenda dire che il comportamento dei propri figli non coincide con il suo volere, che non v’è da parte loro obbedienza. Il dizionario dice della parola “ascoltare”: “fede ed obbedienza sono i segni del vero udito”[8]. E, difatti, la maggior parte dei commentari riconosce come Giovanni chiami qui i cristiani ad un’obbedienza etica rispetto alle richieste dei suoi scritti. E di certo l’”osserva” che segue sottolinea e rafforza questa idea. Il dizionario definisce τηρέω (tiréo) per l’appunto come “osservare, persistere nell’obbedienza, mantenere, compiere, prestare attenzione”. Questo non è un libro per curiosi indolenti. È un libro che tratta di etica. E questa è un’informazione importante da interiorizzare, così da potersi avvicinare al libro con uno spirito incline all’obbedienza pratica. E permettetemi adesso di darvi alcuni esempi della portata etica dell’Apocalisse.

I capitoli 2 e 3 trattano dell’etica della chiesa. Il capitolo 4 mostra come l’etica debba essere centrata su Dio e scaturire dal suo trono. Per la legge naturale non v’è alcun posto in questo libro. L’unico codice etico che interessa all’Apocalisse è quello proprio delle Scritture. Il capitolo 5 mostra come la nostra etica scaturisca dalla grazia: solo l’Agnello di Dio è, infatti, in grado di realizzare le cose di questo libro ed è lui che fortifica i suoi attraverso il resto del libro. E i capitoli da 6 a 19 mostrano che Dio non è indifferente nei confronti delle persone che osservano o disobbediscono la sua Parola. Ci sono sempre giudizi che derivano dalla disobbedienza e ci sono sempre benedizioni che derivano dall’obbedienza alla Parola di Dio. Questi capitoli mostrano come lo stesso ordine creato risponda alla richiesta di sanzioni di Dio (proprio come predetto da Deuteronomio 28). Le sanzioni si traducono in benedizioni o maledizioni nella storia. Ciò significa che è impossibile per gli umanisti sfuggire all’etica divina. Potrebbero non credervi o persino andargli apertamente contro, ma questa alla fine li afferrerà e li scuoterà – che gli credano o no, poco importa. È impossibile, ad esempio, che i tribunali americani ignorino le leggi di Dio senza che Dio non faccia qualcosa al riguardo: impossibile.

Allora, torniamo al nostro verso 3; “…osserva le cose che sono scritte in essa”, vi vien detto. Ma a quali altre cose ancora si riferisce il libro dell’Apocalisse? Verso cos’altro in particolare i credenti avrebbero da prestare attenzione ed obbedire? Ebbene, la Chiesa è chiamata a cantare, per esempio. E coloro a cui non piace cantare e tengono la bocca chiusa durante l’adorazione non danno ascolto alle parole di questa profezia mancando di osservare le cose che sono scritte in essa. E nello specifico, ci si aspetta che la chiesa intoni i canti di Mosè e dell’Antico Testamento. L’Apocalisse non ci chiama ad avere un tipo di culto basato esclusivamente sullo “stile neotestamentario”. Invita la Chiesa a cantare i canti di Mosè. E non solo. Il capitolo 15 al verso 3 dice: “E cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello, dicendo…” (v. 3) e poi arriva un canto nuovo che non troverete nel Salterio. Vediamo, quindi, come l’Apocalisse ci dia anche istruzioni su come e cosa dobbiamo cantare.

Oltre a ciò, in diversi capitoli vediamo come la Chiesa venga spronata a darsi alla preghiera – una preghiera che sia orientata a formulare ed emettere giudizi contro i nemici di Dio. E mi è chiaro come questo punto provochi oggigiorno disappunto e disagio in alcuni cristiani. Ripetutamente i santi invocano Dio affinché li vendichi e si scagli contro coloro che vogliono sterminare la Chiesa. E tanti si chiedono come ciò sia compatibile con l’amore per i nostri nemici. Ma è cosa totalmente compatibile. Ad esempio, nel capitolo 14, Dio abbatte i suoi nemici convertendo alcuni di essi nei versetti da 14 a 16 ed eliminandone altri nei versetti da 17 a 20. Anche i suoi giudizi contro Israele funzionano alla stessa maniera. I 144.000 ebrei che furono risparmiati dalla grande ira ebbero dalla loro Cristo, il quale portò le maledizioni di questo libro per loro conto; mentre il resto degli ebrei dovette subire quei terribili giudizi in prima persona.

Ma questo è qualcosa che risiede esclusivamente nelle mani di Dio, non nelle nostre. In Romani 12:19 leggiamo infatti: “«A me la vendetta; io darò la retribuzione», dice il Signore”. Noi non siamo, quindi, chiamati a gestire la vendetta per conto nostro. Quando, però, in preghiera mettiamo i nostri nemici nelle mani di Dio, allora siamo davvero liberi di amarli. E questo è esattamente ciò che fece Davide con il re Saul. Davide amava Saul e senza dubbio sperava che egli si pentisse e trovasse perdono presso Dio. Tuttavia, la mano opprimente e dittatoriale di Saul continuava a pesare sempre più e così Davide (per ispirazione divina) arrivò a scrivere molti salmi imprecatori contro il re. E quei salmi rassomigliano tanto alle suppliche dei santi contro Israele e Roma nel libro dell’Apocalisse. Il punto è che Dio ascolta tali preghiere quando la chiesa si mostra finalmente disposta a formularle e porgergliele. L’Apocalisse ci mostra chiaramente come Dio agisca in risposta diretta alle preghiere dei santi: una volta che il fumo dei profumi, offerti con le loro preghiere, sale dalla mano dell’angelo davanti a Dio, i giudizi vengono riversati sui nemici della Chiesa. Allora come mai i giudizi divini non vengono riversati oggi sui nemici di Dio in America? È perché la chiesa sta disobbedendo alle istruzioni di questo libro su come dobbiamo pregare contro i suoi nemici.

Poc’anzi, in riferimento alle persecuzioni di Saul, mi è capitato di menzionare la tirannia. Ebbene, l’Apocalisse fornisce ai santi un eccellente sistema etico per gestire i casi di tirannia. Non si può aspettare passivamente di vedere se e come i tiranni arrivino ad eliminarci. Il libro dell’Apocalisse esprime un deciso ammonimento profetico nei confronti di ogni tirannia. Descrivere Roma come l’orrenda bestia che sale dal mare la dice lunga a tal riguardo: Giovanni non usa mezzi termini nel descrivere il male demoniaco che controlla l’Impero. E descrive pure Israele come bestia, la bestia che sale dalla terra, esponendo l’inganno di quella forma di statalismo: Israele era una bestia che somigliava un po’ ad un agnello, ma aveva il respiro di dragone. Proprio come i democratici e i repubblicani che sventolano la Bibbia mentre si impegnano in un orribile statalismo antibiblico, la bestia che sale dalla terra affermava di essere un agnello di Dio e di parlare a nome di Dio. Eppure, era controllata dal demoniaco proprio come lo era anche la bestia del mare.

Quindi, Apocalisse ci aiuta a ben inquadrare la pretenziosità dello statalismo e ci incoraggia ad opporci ad esso. Fa parte dell’etica cristiana resistere all’idolatria dello statalismo. Penso che lo statalismo sia il più grande idolo in America. I cristiani che rifiutano di abbattere quell’idolo all’interno del proprio partito politico, per esempio, sono parte del problema. O sei parte della soluzione ai problemi della nostra nazione o sei in automatico parte del problema. E il silenzio della Chiesa in America, beh, è certamente parte del problema.

In ogni caso, questo libro contiene appelli etici a confrontarsi con le pretese demoniache dello Stato; a fuggire da esse, a formulare preghiere in diretto contrasto con esse, ad ammaestrare i cristiani su come sottrarsi da esse. Eppure, nel capitolo 13, ci vengono presentate delle regole e dei limiti sul come gestire tale resistenza. Dio diffida i cristiani dall’accollarsi l’onere della vendetta: non abbiamo da vestire i panni dei rivoluzionari che usano la spada contro lo Stato senza autorizzazione divina. Ciò è proibito nell’Apocalisse, proprio come pure in 1 e 2 Samuele. In altre parole, questo libro è un’incredibile risorsa su come essere ordinati nel resistere ai tiranni. Le strategie etiche che vi vengono illustrate sono in totale accordo con quelle dei padri fondatori degli Stati Uniti, il cui motto è stato: “Resistenza ai tiranni è obbedienza a Dio”. Ma, invitando a ciò, mette anche in guardia sui pericoli derivanti dallo sbarazzarsi di ogni forma di autorità. Insomma, Apocalisse rappresenta una risorsa eccellente sull’etica dell’interposizione e della resistenza.

Ma questo libro fornisce indicazioni etiche anche in tanti altri ambiti. Per esempio, in quello relativo al cammino e al processo di santificazione personale del cristiano. In quello degli affari – con un’attenzione particolare ai mali inerenti al sistema bancario internazionale. Sì, che ci crediate o no, ha addirittura parole da rivolgere all’empietà di un sistema bancario internazionale. Inoltre, secondo questo libro, coloro che tramano e reggono le fila dietro le quinte dei governi non sono da vedersi come onnipotenti. Dio, prima o poi, li porta allo scoperto. Insomma, di questi e di altri principi ancora potete leggere soprattutto nei capitoli 13, 18 e 19.

L’Apocalisse ci fornisce linee guida per aggirare il fascismo e per avvalerci di un sistema economico alternativo nel momento in cui lo stato costringe all’osservanza obbligata di un’economia fascista. Il fascismo satanico dei vari Mussolini ed Hitler, come pure quello dell’America di oggi, non è qualcosa di nuovo sulla scena mondiale: è vecchio quasi quanto il diavolo. Quando in seguito discuteremo del marchio della bestia e della proibizione di qualsiasi commercio non approvato da Roma, vedremo che Roma e Israele attuarono vero e proprio fascismo. E la semplice logica ci porta a pensare che, dato il divieto di comprare o vendere senza il marchio della bestia, ai vari cristiani non sarebbe rimasta alternativa alcuna se non quella di vivere il tempo della tribolazione sfruttando il contrabbando e il mercato nero. Non esiste, in effetti, altra possibilità logica. Il contrabbando e i mercati neri hanno una cattiva reputazione, certo; eppure, sono autorizzati nelle Scritture. Sono inevitabili durante i periodi di incredibile repressione. E il libro di Corrie ten Boom, Il nascondiglio, ne mostra la necessità. Questa testimonianza biografica ci mostra come i cristiani sotto il nazismo si rifiutarono di aderire al sistema dittatoriale. E i capitoli 18 e 19 dell’Apocalisse, nonostante descrivino il sistema economico mondiale del I secolo, forniscono spunti sorprendenti sulla natura del sistema economico mondiale dei nostri giorni. Più in là, nel corso della serie, tratteremo come si deve tutti gli elementi riguardanti l’etica presentati in questo rapido excursus.

Ma, prima di concludere, vorrei ribadire il concetto che ho cercato di esprimere negli ultimi minuti: l’Apocalisse è un libro sull’etica riguardante l’interezza della vita; tralasciare l’etica (come fanno molti commentatori) significherebbe ignorare l’ammonimento del verso 3. Rileggiamolo: “Beato chi legge e chi ascolta le parole della profezia e osserva le cose che sono scritte in essa…”. La prossima volta cercherò di terminare il versetto 3 passando così al 4.

Ringraziamo Dio di come questo sia un libro dispensatore di grande benedizione ed incoraggiamento, un libro che governa l’autorità della chiesa e la sua adorazione, un libro che ci mostra come applicare l’etica della Bibbia a tutta la vita. Ti siamo grati Signore, amen.


Originale: https://biblicalblueprints.com/Sermons/New%20Testament/Revelation/Revelation%201_1-11/Revelation%201_3a-c?utm_source=kaysercommentary.com

[1] Traduzione basata sul testo greco: The Greek New Testament According to Family 35 di Wilbur Pickering.

[2] Erika Grey, End of the World: The Revelation Prophecy, (Danbury, CT: Dante Press, 2013), pp. vii e 17.

[3] Reginald Dunlop, The Coming Russion Invasion of America – Why? (1977).

[4] Salem Kirban, Countdown to Rapture (Irving, CA: Harvest House Publishers, 1977), p. 11.

[5] Salem Kirban, Your Last Goodbye (Wheaton, IL: Tyndale, 1969), p. 252.

[6] Newman, A Concise Greek-English Dictionary of the New Testament, s.v. “ἀνἀγινώσκω,” n.p.

[7] TDNT, s.v. “ἀναγινώσκω, ἀνάγνωσις,” I:343.

[8] TDNT Abbreviato, s.v. “ἀκούω ἀκοή εἰσακούω ἐπακούω παρακούω παρακοη ὑπακούω ὑπακοή ὑπήκοος,” 35.


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