(La Sapienza nella Scrittura)

a. Sapienza e creazione

 

È necessario iniziare con Dio, poiché Dio è il Creatore e l’uomo è la sua creatura. Inoltre, Dio ha creato l’uomo per essere una replica esatta di se stesso, solo su scala limitata. Poiché l’uomo è stato modellato a immagine e somiglianza di Dio, poter capire qualche cosa riguardo l’uomo, la natura della sua esperienza nel mondo, lo scopo che è stato designato a compiere, richiede che noi rivolgiamo i nostri pensieri, in primo luogo verso Dio. Se cominciamo escludendo Dio dai nostri tentativi di comprendere la vita e l’essere dell’uomo, come il mondo moderno sotto l’influenza degli ideali illuministi ha indubbiamente fatto, allora è certo che ci allontaneremo dalla verità della Scrittura. Se l’uomo non è che un un’analogia limitata dell’essere e dell’attività di Dio, allora è nella conoscenza di Dio che il mistero dell’uomo sarà rivelato, incluse la collocazione e l’esercizio della sapienza. Di conseguenza, ogni volta che la Bibbia pronuncia alcune verità su Dio e le sue opere, questa è un’indicazione cui dovremmo prestare attenzione, perché avrà un significato per la nostra conoscenza dell’uomo e della sua attività. La Bibbia non si limita mai a fornire mere informazioni su Dio, per quanto ciò possa essere interessante in se stesso. Piuttosto, la conoscenza e la comprensione che rivela di Dio è intesa per insegnare pure una verità importante sulla vita dell’uomo. Così, conoscendo Dio l’uomo può conoscere se stesso.

In materia di sapienza la Bibbia impartisce verità fondamentali su Dio, quindi sull’uomo. Permettete che qualche passaggio selezionato esibisca ciò che insegna.

Proverbi dichiara: “Con la sapienza il Signore fondò la terra e con l’intelligenza rese stabili i cieli; per la sua conoscenza gli abissi furono aperti, e le nubi stillano rugiada” (3: 19s). Si paragoni questo con Geremia: “Egli ha fatto la terra con la sua potenza; ha stabilito il mondo con la sua sapienza e con la sua intelligenza ha disteso i cieli” (10:12). Accanto a questi due versi risuona il tributo di Davide: “Quanto numerose sono le tue opere, o Signore! Tu le hai fatte tutte con sapienza; la terra è piena delle tue creature” (Sl. 104: 24). L’enfasi in ciascuno di questi versi si trova su quello che Dio aveva fatto e come l’aveva fatto. Nel primo caso Dio creò il cielo e la terra. Questo pensiero è diventato così comune nella nostra mente che non riusciamo ad apprezzarne il significato. Il lavoro che viene qui attribuito a Dio onnipotente, non è solo un lavoro che ha fatto; piuttosto è l’opera che Dio ha scelto per sé da realizzare. In altre parole, quali mezzi furono utilizzati da Dio per completare l’opera? Impariamo che Dio lavorò con gli strumenti chiamati sapienza, intendimento, conoscenza e potenza. Dio fu un accurato costruttore. Egli agì partendo da un piano d’azione ben cogitato. Calcolò perfettamente i mezzi che avrebbero realizzati i fini. Le sue azioni non furono congetturate né le affidò al caso, ma pensò profondamente intorno a ciò che stava facendo ed agì da intendimento e sapienza perfetti.

In realtà, i termini “sapienza”, “intendimento” e “conoscenza” sono tutti intercambiabili. Questo getta luce su cosa si intenda per sapienza. Essa è strettamente legata alla capacità della mente: possiede una componente intellettuale, non un concetto popolare oggi! A causa di un’errata propensione a separare la teoria dalla pratica siamo arrivati a supporre che non abbiano alcuna relazione tra di loro. Ma l’intuizione intellettuale può avere profonde ripercussioni per l’esperienza pratica. Mentre la sapienza è essenzialmente pratica nella sua natura, è tale solo per la conformazione e la forma che ha ricevuto per mano dello sforzo intellettuale sostenuto. Dio non è un anti-intellettuale. Ha creato la mente dell’uomo; ha creato l’apparato della logica come strumento per il pensiero dell’uomo, anzi, per il compimento di ogni proposito umano. Se la mente non è correttamente alimentata e impegnata, il lato pratico della vita soffrirà. Peggio ancora, nelle attuali condizioni di peccato l’uomo si troverà in balia di false concezioni della vita e dell’origine della verità; poiché la mente s’impegnerà nel mondo dell’esperienza umana che lo si voglia oppure no. Anche l’anti- intellettualismo sarà costretto infine a fornire una giustificazione “intellettuale”.

Così Dio ha eseguito il suo lavoro con perfetta sapienza. Intendimento e conoscenza sono aspetti funzionali della sua sapienza. E l’esecuzione della sua opera, la potenza che egli mise in atto, era in conformità con la sua sapienza, la sua conoscenza e il suo intendimento. Non fu per mera potenza che Dio fu in grado di realizzare il suo proposito, ma da una potenza che esercitò una visione costruttiva su esattamente come il lavoro avrebbe potuto essere meglio eseguito e su come gli obiettivi che aveva determinato per esso avrebbero potuto essere perfettamente realizzati. Il risultato fu determinato da concepimento e progetto.

Da questo pensiero si scende all’uomo che è stato creato per essere come Dio. La persona e l’attività di Dio sono esemplari per l’uomo. Pertanto, dal momento che Dio lavora, anche l’uomo è stato creato per lavorare e raggiungere fini od obiettivi produttivi. Inoltre, l’uomo era destinato a realizzare il suo lavoro nello stesso modo in cui Dio stesso lo aveva fatto, per mezzo di sapienza, conoscenza e intendimento. L’opera di Dio è auto- determinata ma il lavoro dell’uomo è determinato da Dio. Solo colui il cui lavoro è auto-determinato avrebbe potuto essere il creatore originale del mondo; eppure, come determinatore del lavoro dell’uomo, Dio ha dato all’uomo la responsabilità di “ri-creare” ciò che Dio aveva originariamente creato. L’idea qui è di analogia. L’uomo non può creare come ha fatto Dio. Tuttavia, su scala limitata, anche lui avrebbe dovuto essere un costruttore del suo mondo e in questo senso avrebbe modellato il suo comportamento su quello di Dio. Questo pensiero emerge in Genesi 1:26, 28 dove Dio comanda all’uomo di avere il dominio sulla terra. Esprime il requisito che l’uomo dovrebbe costruire il regno di Dio sulla terra. Per completare l’operazione Dio ha dotato l’uomo con gli stessi strumenti che Egli stesso possedeva, solo, ancora una volta, secondo la natura creata dell’uomo. Sapienza, conoscenza e intendimento sono caratteristiche originarie dell’uomo, non qualcosa che avrebbe dovuto raggiungere. Queste costituivano l’attrezzatura spirituale e intellettuale che gli sarebbe stata necessaria per fare ciò che Dio gli aveva richiesto. Se l’uomo voleva avere successo nello svolgimento della sua vocazione, se doveva essere “abilitato” a raggiungere il suo obiettivo, non poteva rinunciare quindi proprio a quegli stessi strumenti che Dio stesso aveva impiegato per avere successo nel suo lavoro.

Dal punto di vista biblico, quindi, la sapienza era una caratteristica originale della vita e della natura dell’uomo nel lavoro che è stato creato per eseguire e ottiene il suo significato solo da questo obiettivo. Separata da questo ambito creazionale non possiede alcun significato. La sapienza (conoscenza e intendimento) non era da possedersi sterilmente, ma per dirigere il fare. Nella sua impresa l’uomo avrebbe dovuto avere lo stesso successo che Dio aveva avuto nella propria. La tragedia del suo fallimento deriva dalla sua volontaria ribellione contro Dio e dal suo rifiuto di avere a che fare con il proposito di Dio per la sua vita.

La caduta nel peccato ha avuto un impatto devastante sulla sapienza umana. Nella Scrittura ci sono due linee essenziali di pensiero che chiariscono il problema della sapienza nell’uomo a causa del peccato. In primo luogo, la Scrittura vuole rendere innegabilmente chiaro che la saggezza umana è diventata completamente corrotta e pervertita in conseguenza della disobbedienza dell’uomo. Talmente corrotta che già nelle prime pagine dice che l’uomo ha virtualmente cessato di possedere persino un briciolo di sana sapienza. Essa non nega che una capacità di sapienza (e conoscenza e intendimento) continui a risiedere nell’uomo, perché se l’uomo dovesse perdere anche il potenziale per la sapienza cesserebbe di essere uomo in qualsiasi senso. Si ricordi che l’uomo è stato fatto a immagine di Dio, e che la sapienza, la conoscenza e l’intendimento erano aspetti indispensabili dell’immagine-di-Dio. Ciò che la Scrittura intende affermare è la perversione totale della sapienza ora nell’uomo. La necessità di vivere la vita “saggiamente”, per così dire, non cessa di pressare la sua richiesta sulla coscienza dell’uomo peccatore; solo che ora, poiché il cuore ha subito un profondo cambiamento morale e religioso, la sapienza che lo guida è radicalmente fuori strada.

Nel Giardino l’uomo ha scelto una sapienza altra da quella di Dio e deve ora vivere con le conseguenze di una falsa sapienza. Tutta la sua concezione della vita e del suo scopo sarà radicata in questa falsa sapienza e di lì sgorgherà. Egli cercherà di realizzare il suo ideale del regno dell’uomo nei termini di questa sapienza, ma troverà che a causa della maledizione che Dio ha posto su di lui sperimenterà costantemente la frustrazione nel suo desiderio. È questa verità ineludibile che aggiunge intensità al lamento del predicatore fin dall’inizio del suo lavoro, quando chiede: “Che vantaggio ha l’uomo da tutta la fatica in cui si affatica sotto il sole?” (Ec. 1:3). Egli sa quale sia la risposta, così come il motivo. Non ha alcun profitto! L’uomo ha voltato le spalle a Dio, l’unica vera fonte di fondata sapienza e ha ricercato una sapienza creduta auto-generata solamente dalla consapevolezza dell’uomo. La correlazione di sapienza, conoscenza e intendimento con la potenza è grandemente attenuata e notevolmente sbilenca a causa del peccato dell’uomo. Eppure l’uomo continua a credere di essere in possesso di una sapienza che gli permetterà di superare questa discrepanza fondamentale. Parte integrante del messaggio sapienziale della Scrittura è obbligarci ad affrontare questa illusione.

In secondo luogo, se la sana sapienza deve essere recuperata nell’uomo affinché egli possa nuovamente sapere ciò che è veramente buono per se stesso e acquisire la capacità necessaria per attuare tale bene nella sua vita e nella sua cultura, l’uomo deve essere riscattato dal suo falso ideale di sapienza. Dio deve ristabilire nell’uomo vera sapienza, conoscenza e intendimento. L’uomo deve arrivare a riconoscere il suo bisogno di questa restaurazione. Questa è la più grande preoccupazione del messaggio sapienziale nella Scrittura, che alla base dell’operare di Dio c’è il suo programma di recupero della vera immagine di se stesso nell’uomo. L’opera di Dio nella redenzione non può mai essere scollegata dal lavoro di Dio nella creazione. Dio vuole l’uomo di nuovo all’opera nel lavoro che gli ha dato da fare. Per imprimere questo sulla coscienza dell’uomo gli deve essere fatto vedere che la falsa saggezza con la quale vive attualmente è del tutto futile. Ecco perché Ecclesiaste inculca ripetutamente il punto del non senso e vanità di ogni cosa che l’uomo fa sotto il sole.


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