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LEGGE E POLITICA NELLE NAZIONI CIRCOSTANTI ISRAELE

“Dio non esentò le nazioni circostanti Israele dalle rivendicazioni della sua giustizia, ma anzi le tenne responsabili per la degenerazione morale.”

Legge e politica nell’Israele del Vecchio Testamento gravitavano attorno alla legge di Dio per il magistrato civile. Questo fatto sarebbe concesso virtualmente da qualsiasi cristiano che assuma un interesse nella posizione politica cristiana e che abbia letto la bibbia. Nella “teocrazia” del Vecchio Testamento Dio diede ovviamente delle leggi che il suo popolo doveva obbedire nel settore politico della vita.

Nondimeno, spesso si pensa che quelle leggi “teocratiche” date ad Israele per la sua vita politica siano di poco aiuto oggi alla teoria politica cristiana. Perché? Le leggi del Vecchio Testamento concernenti crimini e pene erano forse meno ispirate delle profezie concernenti il Messia a venire? “Beh, no!”, ci verrebbe risposto. Le leggi del Vecchio Testamento concernenti crimini e pene erano forse meno un riflesso dell’immutabile carattere santo di Dio dei comandamenti concernenti l’attitudine del cuore di una persona verso il suo prossimo? “Beh, no!”, ci verrebbe risposto di nuovo. Le leggi concernenti crimini e pene erano forse di carattere cerimoniale (o restaurative, redentive) simili al sistema sacrificale, ombre che dovevano essere rimpiazzate dalla realtà del Messia a venire e della sua opera? “Beh, no!”, ci verrebbe risposto ancora una volta. Perché dunque si pensa che le leggi “teocratiche” che appartengono alla sfera politica siano oggi di poco indirizzo e aiuto nella teorizzazione politica cristiana?

La risposta che viene offerta volta dopo volta è che le leggi politiche date da Dio a Israele in quanto una “teocrazia” fossero da obbedire solo da parte d’Israele. Certamente solo Israele aveva ricevuto una rivelazione scritta di queste leggi. Tutti lo concederanno. Ma quel fatto da solo non implica che solo Israele fosse vincolato ad obbedire gli standard morali espressi in tale rivelazione scritta. Dopo tutto, per mezzo di Paolo, Dio scrisse alle chiese degli Efesini e dei Colossesi che i figli dovrebbero obbedire i loro genitori (Ef. 6:1; Cl. 3:20), e nessuno direbbe seriamente che questo fatto implica che solo i figli di genitori cristiani sono sotto l’obbligo morale d’obbedire i propri genitori. Pertanto, il fatto che solo Israele abbia ricevuto una speciale rivelazione di certe leggi politiche non implicherebbe che solo Israele fosse vincolato ad obbedire tali leggi.

I gentili erano sotto la legge di Dio

Ciò che Dio rivelò in forma scritta al suo popolo eletto e redento circa i loro doveri morali fu altrettanto rivelato da Dio — senza metterlo per iscritto — anche a tutte le altre persone create. I Gentili ai quali non era stata data la legge hanno comunque l’opera della legge scritta nei loro cuori che condanna il loro comportamento peccaminoso. Questa è la testimonianza di Paolo in Romani 2:12-16, ed è una verità fondamentale per il vangelo universale della salvezza che Paolo procede ad elaborare in Romani. Tutte le genti sono moralmente obbligate agli standard della legge di Dio — in qualsiasi forma sia stata ricevuta, scritta oppure no — e quindi tutti hanno peccato e hanno bisogno della redenzione di Cristo (Ro. 3:23). Dio qui non fa differenze tra persone: ha lo stesso standard per tutti gli uomini che ha creato. E tutti gli uomini conoscono quegli standard in virtù della loro creazione ad immagine di Dio, in virtù del fatto che vivono nel mondo creato da Dio, ed in virtù della chiara opera di Dio di rivelazione generale e speciale. Tuttavia, ci sono cristiani che mantengono che per quanto concerne una speciale sottoclasse delle leggi rivelate ai Giudei nel Vecchio Testamento, quelle leggi furono intese per l’osservanza del solo Israele. Queste leggi erano di carattere politico. Ci viene detto che i re e i giudici d’Israele erano vincolati ad obbedirle, ma non i governanti in altre nazioni. Si pensa che tutti i figli — Giudei o Gentili — fossero nell’obbligo morale d’obbedire i propri genitori, ma solo i governanti Giudei ( e quelli Gentili no) avevano l’obbligo morale di punire i crimini (per esempio l’aggressione violenta dei propri genitori) nel modo specificato dalla legge del Vecchio Testamento. Vale a dire, che secondo questa prospettiva alcune leggi date da Dio avevano vincolo universale ed altre erano limitate geograficamente. È forse il testo ispirato del Vecchio Testamento a fare questa delineazione di leggi universali e locali? Beh, no, bisogna ammetterlo. Questa delineazione di leggi universali e locali è forse fatta nell’insegnamento di Paolo circa la rivelazione generale o universale degli standard morali di Dio? Beh, no, bisogna ammetterlo di nuovo. Infatti, l’Epistola ai Romani dichiara molto chiaramente che coloro i quali commettono malefatte abominevoli come l’omosessualità sanno dal “decreto di Dio che quelli che fanno tali cose sono degni di morte” (Ro. 1:31).

Non sembra esistere alcun ovvio sostegno biblico per l’opinione che le leggi politiche del Vecchio Testamento fossero intese per essere obbedite solo da Israele. Praticamente ogni linea di considerazione teologica ci orienterebbe verso la conclusione opposta: il Creatore di tutti gli uomini, che ha un carattere morale immutabile, ha rivelato gli standard della sua legge ad ogni nazione degli uomini e farà sì che tutti gli uomini rendano conto del loro comportamento in tutti gli ambiti di vita, politica inclusa. Se i suoi standard sono stati espressi in modo chiaro e scritto ad un gruppo speciale di uomini — i Giudei — dovrebbe sembrare ragionevole che tutti gli uomini prestino attenzione a queste leggi scritte e si sforzino di conformarsi ad esse.

Quando si passi dai temi teologici ad una lettura specifica della Scrittura, questo è il punto di vista che in definitiva vi troviamo decretato. Come parte di una benedizione speciale, Dio diede ai Giudei un’espressione scritta della sua legge (per tutti gli ambiti di vita), e quella legge scritta fu intesa come modello da seguire per tutte le nazioni — non semplicemente Israele. Nel dare ad Israele la legge di Dio da osservarsi nel paese “teocratico”, Mosè fu ispirato a dire: “Ecco, io vi ho insegnato statuti e decreti, come l’Eterno, il mio DIO, mi ha ordinato, affinché li mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso. Li osserverete dunque e li metterete in pratica; poiché questa sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutti questi statuti, diranno: “Questa grande nazione è un popolo saggio e intelligente!”. Quale grande nazione ha infatti DIO così vicino a sé, come l’Eterno, il nostro DIO, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha statuti e decreti giusti come tutta questa legge che oggi vi metto davanti?” (De. 4:5-8). La legge d’Israele era un modello per tutte le nazioni circostanti. Ed era un modello tale con riferimento a tutti gli statuti e i decreti dati da Dio per mezzo di Mosè — inclusi, dunque, gli statuti che toccano questioni politiche come reati e pene.

Riassumendo, quando abbiamo considerato l’insegnamento biblico concernente legge e politica nell’Israele del Vecchio Testamento, abbiamo scoperto che: (1) i governanti ordinati da Dio non si devono resistere; (2) poiché portano titoli religiosi i governanti sono vendicatori dell’ira di Dio; e (3) i magistrati devono dissuadere dal male governando secondo la legge di Dio. Una panoramica di ciò che il Vecchio Testamento insegna riguardo ai governanti delle nazioni Gentili ci porterà a fare gli stessi tre punti riassuntivi nei confronti dei magistrati non giudaici. La dottrina dei doveri morali del magistrato civile nel Vecchio Testamento è pertanto uniforme.

Il fatto che Dio stesse trattando con Israele in maniera redentiva e pattizia, senza porre il suo amore elettivo sopra alcun’altra nazione (cf. Amos 3:2) non introdusse una disparità o differenza negli standard morali tra Israele e le nazioni. Secondo Salmo 119:118-119, tutti quelli che si allontanano dagli statuti di Dio – di fatto tutti i malvagi della terra — sono condannati da Dio. In conformità, nel Vecchio Testamento non c’è riconoscimento di leggi diverse tra diversi tipi di persone (Giudei, Gentili). “Avrete una stessa legge per il forestiero e per il nativo del paese; poiché io sono l’Eterno, il vostro DIO” (Le. 24:22). Con riferimento alla politica, come con tutte le cose, Dio non ebbe un doppio standard di moralità. La giustizia della sua legge doveva essere stabilita come luce dei Gentili (Is. 51:4). Di fatto, la speranza profetica era che tutte le nazioni confluissero dentro a Sion, dicendo: “Venite, saliamo al monte dell’Eterno, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola dell’Eterno” (Is. 2: 2-3).

La prospettiva del Vecchio Testamento era che la legge di Dio aveva rilevanza internazionale e civile. Il suo carattere vincolante non era circoscritto ai confini d’Israele. Di conseguenza, la letteratura della Sapienza del Vecchio Testamento (per esempio il libro di Proverbi) fece applicazioni sagge e pratiche della legge di Dio, e fu scritto per il mondo intero. La saggezza di proverbi aveva una portata universale perché esprimeva verità assiomatiche per tutti gli uomini. Anziché essere localizzata e nazionalistica, la letteratura sapienziale era intesa da usarsi nelle interazioni culturali con altri popoli. La legge di Dio — la sapienza d’Israele agli occhi degli altri (cf. De. 4.6, 8) — fu designata per governo morale del mondo.

Magistrati civili gentili

L’insegnamento biblico concernente il magistrato nelle nazioni Gentili durante il periodo del Vecchio Testamento, riflettendo paralleli con l’insegnamento concernente il magistrato civile in Israele, comincia con la verità che:

1. I governanti ordinati da Dio non devono essere resistiti.

I capi delle potenze straniere attorno ad Israele erano servi della volontà di Dio. Faraone dovette imparare la lezione che Dio non ha eguali in tutta la terra in termini di potenza e autorità (Es. 19:14-16). I re Gentili erano soggetti alla punizione di Dio (Sl. 105:14). Tutti i magistrati civili dovevano la loro autorità alla sovrana disposizione della storia da parte di Dio, e in quanto tali erano soggetti a suo governo, essendo innalzati o abbassati secondo il suo decreto (Ez. 17:24).

Dio diede la terra a a quelli a cui sembrò giusto a Lui (Gr. 27:5). Era Dio che avrebbe o spezzato il giogo del re babilonese o l’avrebbe stabilito come giogo di ferro (Gr. 28:1-14). Egli era “Altissimo” su tutta la terra (Sl. 9:2, 83:18) che decideva il corso delle nazioni soggette al suo rimprovero (Sl. 9:4-8; 83:9-12). Perfino governanti “bestiali” avevano ricevuto la loro autorità da Dio (Da. 7:6). Daniele, un giudeo in esilio che avrebbe guadagnato onore politico, scrisse che Dio “depone i re e li innalza” (2:21); “l’Altissimo domina sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole” (4:25). Sia Nebukadnetsar sia Belshazzar, capi Gentili, dovettero imparare questa verità sotto la mano terrificante del giudizio di Dio (Da. 4:28-34; 5:18-28). Le nazioni attorno ad Israele dovevano sapere che Dio è colui che istituisce e rimuove sovranamente i governanti. Infatti, dopo aver imparato questa lezione, Nebukadnetsar fece recapitare alle nazioni un decreto affinché anch’esse riconoscessero che Dio domina gli affari politici degli uomini (Da. 4:1-3). Il Vecchio Testamento dunque, insegnò che, per quanto concerne i magistrati Gentili “le autorità che esistono sono ordinate da Dio” (cf. Ro. 13:1).

A tali governanti bisognava dare sottomissione e rispetto. Dio proibì la resistenza alla loro appropriata autorità. Chi rispettava Dio avrebbe dovuto dare onore anche il re (Pr. 24:21). L’opposizione ai governanti ordinati da Dio avrebbe portato punizione dal governante e da Dio (vv.21-22). Pietro alluse a questi versi nello stilare 1 Pietro 2:13-14 per cristiani del Nuovo Testamento che vivevano sotto governanti non cristiani. Similmente, nel Vecchio Testamento, l’istruzione di ricercare la pace politica (Sl. 34:14) fu ritenuta applicabile anche quando governanti gentili sono in carica sopra il popolo di Dio: “Cercate il bene della città dove vi ho fatti condurre in cattività e pregate l’Eterno per essa, perché dal suo benessere dipende il vostro benessere” (Gr. 29:7). Quest’ingiunzione ha un parallelo nell’istruzione di Paolo d’offrire preghiere per re ed alti ufficiali in modo che sia possibile vivere una vita pacifica (1° Ti. 2:1-2). Il popolo di Dio nella “dispersione” (1° Pi. 1:1) doveva cercare la pace anche sotto la minaccia della persecuzione (1° Pietro 3:10-14, che cita nuovamente Salmo 34:14).

Così dunque, se Dio ha decretato che Nebukadnetsar salga al potere: “Avverrà che la nazione o il regno che non vorrà servire a lui, a Nebukadnetsar re di Babilonia, e non vorrà porre il suo collo sotto il giogo del re di Babilonia, quella nazione io la punirò, dice l’Eterno, con la spada, con la fame e con la peste, finché non li abbia sterminati per mano sua” (Gr. 27:8). Chi resiste i governanti ordinati da Dio ne riceverà giudizio, proprio come Paolo insegnò in Romani 13:2.

2. Comportando titoli religiosi, i governanti erano vendicatori dell’ira divina.

In Israele i titoli di “mio servo” e di “mio pastore” avevano una connotazione chiaramente religiosa in ragione del loro significato tipologico, poiché indicavano al Messia a venire (per esempio, Isaia 53:11; Ezechiele 34:23). Ciò che c’interessa è che tali titoli religiosamente significativi vengono applicati a governanti politici al di fuori d’Israele. Nebukadnetsar fu chiamato “mio servo” (Gr. 25:9, ecc.), e Ciro fu chiamato “il mio pastore” (Is. 44:28). Di fatto, Ciro è designato perfino “il mio unto” (“il mio Cristo” nella traduzione in greco) da Jehovah in Isaia 45:1. Tali titoli dimostrano quanto, secondo la parola di Dio, l’ufficio di magistrato fosse religiosamente importante anche in terre dei gentili. Era quindi appropriato aspettarsi che i magistrati civili vendicassero l’ira di Dio sui malfattori perché i magistrati erano rappresentanti e servitori dell’Altissimo. Per esempio, il re assiro dovette essere “la verga della mia ira nelle cui mani c’è il bastone della mia indignazione” (Is. 10:5). Dio diede
l’ “incarico” all’Assiria di eseguire la sua opera di vendetta, e quando l’Assiria sottovalutò la propria posizione di servitore sotto Dio fu punita per l’alterigia del suo cuore e l’arrogante presunzione d’autosufficienza nell’assalire Israele (Is. 10:12-13). Nella prospettiva del Vecchio Testamento perciò, Dio fu visto come seduto sul trono sopra tutte le nazioni (Sl. 47:2, 7, 8), facendo di tutti i governanti gentili dei sostituti di Dio. “ Gli scudi (i governanti) della terra appartengono a Dio” dichiarò il Salmista (Sl. 47:9). In tutte le nazioni il governo civile è secondario e subordinato al governo di Dio. Secondo il Vecchio Testamento Dio regna tra le nazioni nella giustizia (Sl. 93:1-2, ecc.).

In quanto sostituti ordinati dell’Altissimo, i governanti civili avevano l’obbligo morale di governare secondo gli standard di Dio. Il Proverbio indicò che “il trono è reso stabile con la giustizia” e “il re rende stabile il paese con la giustizia” (Pr. 16:12; 29:4). Pertanto, il trono di ogni magistrato deve essere modellato secondo il trono di Dio, fondato su giustizia e giudizio (Sl. 97:2). L’orientamento e le decisioni prese dal magistrato civile — anche tra i Gentili — avrebbe dovuto riflettere la concezione di Dio di giustizia per le questioni sociali, e quella concezione si trovava nella legge di Dio. Perciò era un’abominazione per qualsiasi magistrato tra gli uomini giustificare il malvagio o condannare il giusto (Pr. 17:15).

3. I magistrati devono dissuadere dal male governando secondo la legge di Dio.

Nel Nuovo Testamento Paolo avrebbe poi insegnato che i magistrati avrebbero dovuto portare lode a chi fa il bene e timore a chi fa il male (Ro. 13:3). La stessa prospettiva era stata avanzata nel Proverbio del Vecchio Testamento : “Fare ciò che è retto è una gioia per il giusto, ma è una rovina per gli operatori d’iniquità” (Pr. 21:15). Ma come può essere realmente così a meno che il magistrato, che sia in Israele oppure no, giudichi e punisca secondo gli standard della legge di Dio? Quando tra gli uomini governano dei tiranni, anche i cittadini retti devono temere il giudizio del governante perché egli non aderisce a standard appropriati, lo stesso vale con un magistrato che non onora la legge di Dio: un cittadino malvagio non deve necessariamente temere le decisioni del governante. Il Vecchio Testamento richiedeva dunque che i magistrati Gentili osservassero la legge di Dio in questioni politiche.

Uno standard morale

Dio non esentò le nazioni circostanti Israele dalle rivendicazioni della sua giustizia; ma anzi le tenne responsabili per la degenerazione morale. La prova di quest’affermazione si trova a sufficienza nelle storie di Sodoma (negativamente) e di Ninive (positivamente). Ma la prova più sensazionale che la legge di Dio era valida al di fuori d’Israele si trova in Levitico 18:24-27. Lì Dio richiese al suo popolo d’evitare le abominazioni contro la sua legge che venivano praticate dai canaaniti del paese, e minacciò di punire Israele per quei crimini nello stesso modo in cui avrebbe punito i gentili. Chiaramente Dio aveva un solo standard morale per tutte le società. Per quella ragione l’accusa: “edificate Sion con il sangue e Gerusalemme, con l’iniquità”, fu rivolta sia contro Israele (Mi. 3:10) quanto contro i babilonesi (Ab. 2:12). È ovvio da queste osservazioni che Dio si aspettava che il magistrato gentile e i cittadini onorassero i suoi standard di giustizia e giudizio quanto se lo aspettava dai magistrati e dai cittadini d’Israele. Come insegnò il Proverbio: “ La giustizia innalza una nazione, ma il peccato è la vergogna dei popoli” (Pr. 14:34).

La verità politica assiomatica insegnata dal Vecchio Testamento fu che “È un abominio per i re fare il male” (Pr. 16:12) — qualchessia re! Conseguentemente, Esdra potè lodare Dio per aver messo nel cuore dell’imperatore pagano Artaserse, di far rispettare la legge di Dio (perfino al punto di far eseguire le sue sanzioni penali di morte) attraverso tutte le regioni intorno ad Israele (Ed. 7:11-28). Infatti, Davide stesso dichiarò che avrebbe preso la legge di Dio per Israele e ne avrebbe parlato davanti ad altri re (Sl. 119:46). E avvertì che i re e i giudici della terra che non avessero temuto e servito Jehovah sarebbero periti per via (Sl. 2:10-12).

Le evidenze dal Vecchio Testamento sono assai abbondanti, dunque, che le aspettative per i governanti civili al di fuori d’Israele erano spesso le stesse che per i governanti in Israele. Erano ordinati da Dio per vendicare la sua ira facendo valere la legge del Signore. Gli aspetti politici della legge di Dio, perciò, non erano intesi certamente per l’uso esclusivo dei Giudei nella loro situazione “teocratica”. La giustizia politica che Dio richiese in Israele fu richiesta anche a tutte le nazioni. Non era relativa alla razza o alla geografia.


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