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DISCONTINUITÀ TRA I PATTI SULLA LEGGE

“Il Nuovo Testamento sorpassa il Vecchio in gloria, potenza, realizzazione e finalità”

Ciò ch’è stato detto sopra non nega minimamente che ci siano delle forme di discontinuità concernenti la legge di Dio tra il Vecchio Testamento e il Nuovo Testamento, ovvero tra il Vecchio Patto e il Nuovo Patto. Ciò che indica però è che qualsiasi tale discontinuità deve essere insegnata dalla parola di Dio e non essere addotta come assunto categorico, teologico della parola di Dio. Possiamo ora andare a queste discontinuità tra il Vecchio e il Nuovo Patto che sono fondate biblicamente. Poiché la legge di Dio svolge un ruolo centrale nel modo di trattare di Dio col suo popolo, è del tutto appropriato che il contrasto tra questi due patti abbia attinenza sulla nostra relazione con quella legge.

Il Nuovo Patto supera il Vecchio Patto in gloria

Mentre il Vecchio Patto era fondamentalmente un’amministrazione di condanna e di morte, il Nuovo Patto è un’amministrazione
di giustizia e vita.

Paolo riflette sulla peculiarità del Nuovo Patto in 2 Corinzi 3, provando che chiunque esalti la legge al di sopra del vangelo (come facevano i legalisti giudaizzanti), chiunque fosse talmente assorbito nei comandamenti da oscurare o trascurare la buona novella della redenzione, ha fatto un grave errore. Paolo insegna che il Nuovo Patto supera in splendore di gloria la legge del Vecchio Patto. La legge possiede di certo la propria gloria (2 Co. 3:9, 11), ma malgrado quella gloria, ciò che spicca nel Vecchio Patto è la caratteristica della condanna che porta morte (3:6, 7, 9).

La legge è buona — infatti è ordinata a vita. Però, la peccaminosità dell’uomo opera attraverso la buona legge per produrre morte (Ro. 7:12-16). Il carattere più evidente del Vecchio Patto, nella mente di Paolo erano le tavole esterne della legge che, benché comandassero cose buone, non potevano conferire cose buone. Quegli statuti esterni condannavano necessariamente tutti gli uomini ingiusti e richiedevano la loro morte: come disse Paolo: “La lettera uccide” (2 Co. 3:6). Non c’è modo per cui l’uomo peccatore possa essere giustificato osservando la legge (Ga. 2:16; 3:11).

Quando Mosè ritornò dall’aver ricevuto la legge, la sua faccia risplendeva con la gloria di Dio, e dopo la lettura della legge al popolo, doveva mettere un velo sulla faccia per il bene del popolo (2 Co. 3:7, 13). Paolo vede in questo fatto il duplice carattere del Vecchio Patto: (1) era glorioso, ma (2) accusava e condannava continuamente quelli che, a causa del peccato, non potevano sopportare la vista della gloria sulla faccia di Mosè.

Tuttavia, quando Mosè apparve con Cristo sul Monte della Trasfigurazione, fu solo la faccia di Cristo a risplendere della gloria di Dio. Cristo, il mediatore del Nuovo Patto: “è stato ritenuto degno di una gloria tanto più grande di quella di Mosè” (Eb. 3:3). La legge del Vecchio Patto condannava e uccideva, ma al contrario Cristo toglie la maledizione della legge sopportandone la pena e dà il suo Spirito che produce vita per creare in noi un cuore ubbidiente. Di conseguenza, il Nuovo Patto è distintamente “un ministero dello Spirito” o “un ministero di giustizia” (2 Co. 3:8, 9) che “dà vita” (3:6). Cristo ha fatto “ciò che era impossibile alla legge, in quanto era senza forza a motivo della carne” (Ro. 8:3). Conseguentemente, Paolo dice che, in contrasto al patto rappresentato da tavole di pietra, il Nuovo Patto “molto più abbonda in gloria” (2 Co. 3:9).

La legge del Vecchio Patto comandava cose buone, ma solo il vangelo poteva pienamente conferirle; la giustizia richiesta dalla legge fu fornita solamente con l’opera redentiva di Cristo. Quindi il Nuovo Patto ha una gloria più grande del Vecchio. Il vecchio dichiarava la legge e con ciò condannava. Il nuovo soddisfa la legge e ci fa giusti davanti a Dio. La gloria primeggiante e ben superiore del Nuovo Patto è che procura la giustizia del popolo di Dio mediante il Figlio e lo Spirito di Dio, anziché servire primariamente a condannare la peccaminosità. Quest’ultima funzione richiese solo la gloria, benché fosse genuina, di tavole di pietra; la prima richiese che Dio manifestasse la gloria del suo unigenito Figlio, pieno di grazia e di verità (Gv. 1:14). Per questo Calvino disse: “La legge, per quanto gloriosa in se stessa, non ha gloria di fronte alla grandiosità del vangelo” (Commentario a 2 Co. 3:10). In quanto tale, l’approccio alla legge del credente del Nuovo Patto è significativamente diverso da quello del credente del Vecchio Patto. Siccome la minaccia della legge è adesso decisamente stata rimossa mediante l’espiazione di Cristo e a motivo della dimora interna dello Spirito Santo, oggi la legge può essere più pienamente una delizia per il credente.

Il Nuovo Patto dota il credente di una maggiore fiducia
nell’avvicinarsi a Dio.

La legge del Vecchio Patto prometteva il perdono del peccatore sulla base del sacrificio di animali, ma il carattere provvisorio di questo arrangiamento era evidente dal fatto che erano offerti dei meri animali e dal fatto che i sacrifici erano ripetuti più volte (Eb. 10: 4-11). C’era ancora della distanza tra il credente e Dio perché solo il Sommo Sacerdote poteva venire alla presenza di Dio nel Santissimo una volta l’anno. Un velo separava il popolo dal loro Dio. Ma con l’opera di sacrificio di Cristo che purifica i credenti del Nuovo Patto il velo è stato strappato in due (Mc. 15:58; cf. Eb. 10:20). Mediante Cristo, il mediatore del Nuovo Patto, noi possiamo avere libero accesso al trono della grazia. La via dentro al luogo santo non era ancora stata manifestata sotto il Vecchio Patto (Eb. 9:8), ma sotto il Nuovo Patto noi abbiamo “libertà di entrare nel santuario, in virtù del sangue di Gesù” (Eb. 10:19; cf. 4:15-16; 6:18-20). La certezza del perdono, la purezza del credente, e la vicinanza di Dio sono molto più grandi nel Nuovo Patto di qualsiasi cosa la legge del vecchio Patto potesse procurare. Così, Calvino giustamente constata: “La persona che ancora si attiene o spera di ripristinare le ombre della legge non solo oscura la gloria di Cristo ma anche ci depriva di una tremenda benedizione, perché pone una distanza tra noi e Dio, per avvicinarci al quale ci è stata concessa libertà dal vangelo” (Commentario a Eb. 9:19).

Diversamente dal Vecchio patto, il Nuovo Patto ha una gloria permanente e che non svanisce.

In 2 Corinzi 3 Paolo paragona la gloria del Vecchio Patto con la sua legge alla gloria che risplendette sul volto di Mosè dopo che aveva ricevuto quella legge (vv. 7, 13). Ciò che Paolo ripete più volte è che questa gloria doveva svanire, “era transitoria” (vv. 7, 11, 13) e dovette essere velata (vv. 7, 13-16). Ma il Nuovo Patto ha una gloria trasformante vista sul volto di Cristo (3:18; 4:4, 6); questa gloria è contemplata a viso scoperto e ci trasforma permanentemente e progressivamente nella stessa immagine “di gloria in gloria”. Mosè riflesse la gloria di Dio solo ad intermittenza e con una gloria che svaniva — tale fu l’eccellenza della legge del Vecchio Patto. Noi riflettiamo costantemente la gloria di Cristo che non sbiadisce, il quale è l’immagine stessa di Dio. Infatti, noi: “Ci vantiamo nella speranza di condividere la gloria di Dio” (Ro. 5:2). Peculiare al Nuovo Patto c’è una gloria che supera la legge, una gloria che può essere contemplata, così come riflessa, senza interruzione.

Ciò che abbiamo trovato è che gli scrittori del Nuovo Testamento possono contrapporre il Nuovo Patto al Vecchio Patto prendendo la legge come punto di partenza. I credenti hanno oggi maggiori benefici di quanto potessero avere i credenti del Vecchio Patto nel loro rapporto con la legge. La legge rappresentava la minaccia di morte, Dio a qualche distanza, e una gloria che svaniva. Nel Nuovo Patto la minaccia è rimossa, Dio si avvicina di più, e la gloria è permanente. Questo provvede per noi un contesto diverso entro il quale usare la legge di Dio e determina l’attitudine con cui dobbiamo approcciare la legge. Accontentarsi della sola legge o enfatizzarla al di sopra del vangelo evidenzierebbe un modo di ragionare terribilmente perverso. Il Nuovo Patto colloca la legge nella giusta prospettiva mostrandoci una gloria ben maggiore di quella posseduta dalla legge.

Il Nuovo Patto supera il Vecchio Patto in Potenza

Il Nuovo Patto ci fornisce motivazioni ulteriori e più forti
per ubbidire la legge

Tutto ciò che si trova nella Scrittura è per nostra istruzione nella giustizia e per la nostra disciplina spirituale (cf. 2 Ti. 3:16-17), e pertanto non possiamo essere completamente forniti per ogni opera buona senza prestare attenzione a tutti gli aspetti della rivelazione scritturale — la sua storia (per esempio, 1 Co. 10:6, 11), le sue promesse (per esempio, Giovanni 14:16-18), la sua sapienza (per esempio, Giacomo 3:13-18), le sue preghiere (per esempio, Atti 4:24-31), la sua lode (per esempio, Apocalisse 5:9-14), ecc. Ciascuno di questi aspetti ha la funzione di equipaggiarci meglio per vivere rettamente.

Il Nuovo Patto ci fornisce ulteriore Scrittura che ci dice dell’opera redentiva di Dio con la sua realizzazione ed applicazione. La redenzione, la nuova creazione, la dimora dello Spirito, l’unità del corpo — questi e molti altri temi nella rivelazione del Nuovo Patto sono motivazioni alla santità che vanno oltre le motivazioni a disposizione dei santi del Vecchio Patto. Le esortazioni etiche nel Nuovo Testamento sono comunemente fondate sulla considerazione di questi benefici del Nuovo Patto.

Diversamente dalla legge del Vecchio Patto, il Nuovo Patto rende
capaci di ubbidienza alla forma di giustizia rivelata

Guardando nuovamente a 2 Corinzi 3, dove Paolo contrasta il Vecchio Patto col Nuovo, leggiamo che il ministero del Nuovo Patto di Paolo aveva l’effetto di cambiare il cuore dei suoi ascoltatori — come se Cristo stesso avesse scritto sui loro cuori (v. 3). Sul Monte Sinai Dio aveva scritto la legge sulle due tavole di pietra col proprio dito, ma Geremia guardò avanti al giorno del Nuovo Patto quando la legge sarebbe stata scritta sul cuore degli uomini (Gr. 31:33) — cuori fatti di carne capaci di rispondere positivamente anziché di pietra (Ez. 11:19-20; 36:26). Proverbi insegna che “Dal cuore procedono le fonti della vita”. Con la legge scritta sul proprio cuore l’uomo sarebbe finalmente stato capace di camminare nei comandamenti di Dio ed eseguirli.

Benché lo Spirito lavorasse nella vita dei credenti del Vecchio Patto per aiutarli ad obbedire la legge di Dio, lo faceva in un modo che era sia limitato sia provvisorio — guardando avanti al giorno della grande potenza Pentecostale. Paolo in 2 Corinzi 3 nota che lo Spirito è l’agente della scrittura fatta sul cuore del credente del Nuovo Patto (v. 3). La lettera del Vecchio Patto portò morte, ma lo Spirito nel Nuovo Patto comunica vita e giustizia (vv. 6, 8-9, 18). Ciò che una volta era esterno e accusatorio (la legge scritta su tavole di pietra) è ora interiore e attivante (la legge scritta sulle tavole del cuore). Ci è detto che “la legge non poteva portare nulla alla perfezione” (Eb. 7:19 NR), ma che il Nuovo e “miglior patto” ha “migliori promesse” — in particolare l’internalizzazione della legge per mezzo dell’opera sacrificale e sacerdotale di Cristo cosicché la legge viene osservata (Eb. 8:6-10). Il “patto eterno” ci perfeziona in ogni buona opera, per fare la volontà di Dio (Eb. 13:20-21).

Troviamo qui una delle differenze più drammatiche tra la legge del Vecchio Patto e il vangelo del Nuovo Patto. Il Nuovo Patto compie ciò che la legge richiedeva ma non dava la capacità di fare. P. E. Hughes esprime bene il punto: “Il ‘difetto’ del Vecchio Patto risiede, non nella sua essenza che, come abbiamo visto, presentava lo standard di giustizia di Dio e fu propugnata come strumento di vita per quelli che l’avessero osservata, ma nella sua inabilità a giustificare e rinnovare quelli che non erano capaci d’osservarla, cioè la totalità dell’umanità decaduta. Il Nuovo Patto andò letteralmente al cuore della questione, promettendo all’uomo, cosa che fece, un cuore nuovo e ubbidiente e la grazia per amare veramente Dio e i propri consimili (Ez. 11:19 s.)”[1].  Nei lineamenti essenziali precedenti abbiamo già trovato discontinuità altamente significative tra il Vecchio e il Nuovo Patto riguardo la legge di Dio. Il Nuovo Patto supera la legge del Vecchio patto, sia in gloria sia in potenza. Il Nuovo Patto colloca la legge in prospettiva e la mette in pratica — superando l suo carattere basilarmente di minaccia, insicurezza e gloria che svanisce, provvedendo ulteriori motivazioni all’ubbidienza quanto il potere di conformarsi alle richieste della legge.

La realtà del Nuovo Patto soppianta le
ombre del Vecchio Patto

Il Nuovo Patto procura la redenzione presentata
con ombre nel Vecchio Patto

Uno dei grandi punti di diversità tra il Vecchio Patto e il Nuovo Patto si trova nell’ambito dei riti redentivi, per esempio i sacrifici del Vecchio Testamento, il sacerdozio, il tempio, i segni pattizi, ecc. Il modo in cui le leggi pertinenti a questi riti redentivi erano osservate prima della venuta di Cristo era molto diverso dal modo in cui sono osservate oggi. Introducendo la sostanza figurata con le ombre nel Vecchio Patto e realizzando la speranza anticipata nel vecchio Patto, il Nuovo Patto ci dà una prospettiva nuova sulle leggi che regolavano l’espiazione, il servizio sacerdotale e cose simili.

Laddove il credente del Vecchio Patto guardava innanzi all’opera del Salvatore e dimostrava la propria fede osservando i rituali redentivi del Vecchio Patto, il credente del Nuovo Patto guarda indietro all’opera finita del Salvatore e dimostra fede unendosi a Lui per la salvezza in modo totalmente privo delle vecchie cerimonie. Dalla Scrittura è evidente che l’arrangiamento del Nuovo Patto è migliore del Vecchio Patto per quanto concerne la redenzione, e di conseguenza queste leggi redentive sono state rese esternamente inoperanti. Qui c’è una discontinuità tra i patti che può essere soppressa solo al costo di un totale fraintendimento dell’insegnamento del Nuovo Testamento.

La logica dello scrittore di Ebrei è che, se è stato dato un Nuovo Patto, allora deve essere un patto migliore che in quanto tale rende il Vecchio Patto obsoleto. Mosè stesso testimoniò della provvisorietà della gloria dell’amministrazione della grazia che si trova nel Pentateuco guardando oltre l’ombra e la promessa della realizzazione a venire (Eb. 3:5b). Allo stesso modo, Geremia parlò da parte di Dio di un “Nuovo” patto a venire, e proprio quel fatto (secondo l’autore di Ebrei) indicava che già l’amministrazione mosaica era considerata obsoleta e transitoria, pronta a scomparire (Eb. 8:13 NR).

Dire questo porta l’autore di Ebrei direttamente dentro una discussione degli ordinamenti rituali del primo patto (9:1 ss.). L’opera di Cristo è superiore a quelle leggi in tutti i modi. Egli è “il garante di un patto migliore”, di “una migliore speranza” (7:22, 19) perché il suo sacerdozio è eterno (7:21, 24-25), e il suo sacrificio di se stesso è totalmente efficace (7:26-28). La ripetizione stessa dei sacrifici del Vecchio Patto dimostrava che erano temporanei e imperfetti (Eb. 10:4 ss.) La superiorità del ministero di Cristo sul ministero levitico del Vecchio Patto risiede nel fatto che l’opera sacerdotale di Cristo è esercitata nel vero tabernacolo celeste anziché in quello che era figura e ombra — terreno (Eb. 8:2-5). Il lavoro sacerdotale eseguito nel tabernacolo terreno era figurativo o precorritore (Eb. 9:19), mentre il ministero di Cristo è la realizzazione eseguita nel tabernacolo maggiore in cielo (9:11-12, 23-24). Il rito levitico del Vecchio Patto rivelato da Mosè fu parabolico dell’ordinamento presente del Nuovo Patto (9:9a). In se stessi i riti sacerdotali del Vecchio Patto non potevano rendere perfetta la coscienza come Cristo fa (9:9b); pertanto furono necessariamente temporanei, utilizzati fino al tempo in cui tutte le cose sono state riformate: (9:10). I santi del Vecchio Patto videro le promesse di Dio da lontano (Eb. 11:13). Al contrario, Cristo compie le promesse e garantisce redenzione, l’eredità promessa, e potere di trasformare mediante la sua opera redentiva (9:15; cf. 8:6-10). I riti redentivi della legge dell’Antico Testamento, quindi, non potevano rendere perfetto il credente; furono solo un’ombra dei beni futuri che dovevano venire (Eb. 10:1).

Con l’opera compiuta del Redentore ora nel passato, noi non usiamo o applichiamo più le leggi del Vecchio Testamento che regolavano i sacrifici, il sacerdozio, ecc. Ed è precisamente la parola di Dio che c’istruisce a vedere un’alterata applicazione di quelle leggi; di fatto siamo ammoniti di non tornare indietro all’imperfezione dell’amministrazione della grazia di Dio ora obsoleta del sistema levitico del Vecchio Testamento. Non sorprende che i primi cristiani siano stati accusati di opporsi al tempio e ai rituali della legge mosaica (per esempio, Atti 6:14; 21:28). La parola del Nuovo Patto insegna che alcuni degli ordinamenti del Vecchio Patto di Dio non furono intesi essere continuamente osservati nello stesso modo lungo la storia della redenzione. Con la venuta del Salvatore e la sua perfetta opera sacerdotale, il sacerdozio levitico è necessariamente stato cambiato (Eb. 7:12). Ecco perché i sacrifici, le festività, ecc. del vecchio ordinamento non sono vincolanti per il credente oggi nella loro forma di ombre (cf. Cl. 2:13-17). Sono osservati oggi con la fede in Cristo.

Il Nuovo Patto ridefinisce il popolo pattizio di Dio

Sotto l’ordinamento del Vecchio Patto, Israele fu costituito come nazione e adottato come popolo di Dio; ma sotto il Nuovo Patto il popolo di Dio è un corpo internazionale costituito da quelli che hanno fede in Cristo. Il regno è stato tolto ai Giudei (Mt. 8:11-12; 21:41-43; 23:37-38; 1 Co. 14:21-22), e la chiesa è adesso “l’Israele di Dio” (Ga. 6:16), “la cittadinanza d’Israele” (Ef. 2:12), il “regno di sacerdoti” (1 Pi. 2:9), le “dodici tribù” della dispersione (Gm. 1:1; 1 Pi. 1:1), e la progenie d’Abrahamo (Ga. 3:7, 29). Il fedele Israele di un tempo è incluso dentro una casa di Dio che comprende la chiesa (Eb. 3:1-6); Israeliti e Gentili sono rami separati, parte di un ulivo di fede (Ro. 11:17-18). Pertanto, la chiesa del Nuovo Testamento è la restaurazione d’Israele (At. 15:15-20), e il nuovo patto che doveva essere fatto con Israele e Giuda è in realtà fatto con gli apostoli che sono il fondamento della chiesa (Lu. 22:20; cf. Ef. 2:20). Questa ridefinizione del popolo di Dio fondata biblicamente porta con sé alcune corrispondenti alterazioni dell’applicazione della legge del Vecchio Testamento.

Poiché il Nuovo Patto non definisce il popolo di Dio come una nazione terrena tra altre, non richiede la lealtà politica all’Israele nazionale come faceva il Vecchio Patto (Fl. 3:20). Il regno di Cristo, diversamente dall’Israele del Vecchio Testamento, non deve essere difeso con la spada (Gv. 18:36; cf. 2 Co. 10:4).

Poiché il significato di Canaan come terra promessa è tramontato con l’aver stabilito il regno che rappresentava con la sua ombra (cf. Ga. 3:16; cf. Ge. 13:15; Eb. 11:8-10; Ef. 1:14; 1 Pi. 1:4), le leggi del Vecchio Patto che concernevano direttamente questa terra (per esempio la divisione della terra in porzioni famigliari, la locazione delle città rifugio, l’istituzione del levirato) troveranno ai nostri giorni un’applicazione cambiata.

La separazione dalle persone non sante richiesta da Dio mediante le leggi sull’alimentazione che simboleggiavano questa separazione facendo una separazione tra cibi puri e impuri (cf. Le. 20:22-26), non verrà più osservata evitando i Gentili (At. 10) o tipizzandola astenendosi da certi cibi (Mc. 7:19; At. 10:15; Ro. 14:17). Per il cristiano, questo richiede ora la separazione da ogni empietà e compromesso d’incredulità in qualunque posto si trovino (2 Co. 6:14-18).

Il Nuovo Patto supera il Vecchio Patto in finalità

Supera la legge del Vecchio Patto in chiarezza

Col darci ulteriori rilevanti informazioni nelle scritture del Nuovo Patto, i requisiti morali di Dio ci sono diventati ancora più chiari. Per esempio, Cristo corregge cattive interpretazioni e restringimenti delle richieste della legge (Mt. 5:21-48). Inoltre, la sua stessa vita è un’illustrazione di ciò che la legge vorrebbe che facessimo e in questo modo è un nuovo esempio di ciò che l’amore richiede. Il carattere radicale dell’amore è esibito così drammaticamente nell’espiazione che il vecchio comandamento di amarsi gli uni gli altri può essere considerato un “comandamento nuovo”; La spiegazione dell’amore di Cristo sorpassa quella del Vecchio Patto quand’Egli dice che i suoi devono amarsi gli uni gli altri “come io vi ho amato” (Gv. 13:34-35; cf. 15:12-13; 1 Gv. 2:7-11; 3:11-18, 22-24; 4:7-11).

Il Nuovo Patto supera il Vecchio nella sua efficacia

Attraverso il Vecchio Testamento le richieste morali di Dio furono progressivamente rivelate e spiegate; una rivelazione dei suoi requisiti veniva successivamente seguita da rivelazioni che la ampliavano. Però, con la venuta del Nuovo Patto, la legge di Dio non avrebbe più ricevuto ulteriori addizioni. Il canone è completo e chiuso. Dio ha fissato una volta per tutte gli standard morali che dobbiamo fedelmente applicare alla nostra vita. Tutto ciò che è necessario per essere completamente forniti per vivere rettamente è ora stato dato (2 Ti. 3:16-17).

Il Nuovo Patto porta maggior responsabilità d’ubbidienza

Col darci nuova luce e nuova potenza nel Nuovo Patto, la responsabilità degli uomini d’ubbidire la voce di Dio è aumentata. A chi è stato affidato molto, molto più sarà richiesto (Lu. 12:48). Dio non passerà più sopra la disubbidienza di nessuno ma richiede che tutti gli uomini in ogni luogo si ravvedano perché ha stabilito un Giudice e un Giorno (At. 17:30-31). La rivelazione del Nuovo Patto è ancor più inevitabile di quella del Vecchio Patto (Eb. 2:1-4).

Conclusione

Riassumendo, il nostro studio delle scritture del Nuovo Patto ci ha dimostrato che ci sono delle definite discontinuità tra la relazione con la legge del Nuovo Patto e quella del Vecchio patto. Il Nuovo Patto supera il Vecchio in gloria, potenza, realizzazione, e finalità. Non c’è però indicazione testuale che il Nuovo Patto introduca un nuovo standard di condotta morale, e non c’è indicazione testuale che lo standard del Vecchio Patto sia stato accantonato categoricamente. Le amministrazioni pattizie sono notevolmente diverse — in gloria, potenza, realizzazione e finalità — ma non come codici che definiscono giusto e sbagliato in attitudini e comportamenti.

 

Note:

1 Philip R Hughes: A Commentary on the Epistle to the Hebrews; Grand rapids, MI: Eerdmans, 1977, p. 297-98.


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