PARTE PRIMA

L’ANTICO ORDINE DEL MONDO

Dalle origini alla nostra era

1

DIO E IL SUO PATTO

2

I MONTI DI DIO

3

IL SIGNORE, LA SUA LEGGE E IL SUO POPOLO

 

 

 

1

DIO E IL SUO PATTO

Nella sacra Scrittura, apprendiamo che la grazia di Dio è rivelata e data nel contesto della relazione che Egli ha sovranamente stabilito con coloro che chiama ad essere il suo popolo, una relazione nota come Patto di Grazia [1] . La Scrittura, inoltre, rivela la storia della relazione di Dio col suo popolo in termini di sviluppo storico del Patto di Grazia, delineando per noi la  crescente portata e la profondità del patto mentre procede, secondo il piano di Dio, attraverso varie fasi e amministrazioni. Sullo sfondo di queste diverse fasi e amministrazioni – di nuovo, tutte secondo il piano di Dio – arriviamo a vedere chiaramente l’unità e la continuità di fondo del Patto dal suo punto di partenza nel giardino dell’Eden al suo compimento nella nuova Gerusalemme.
E come la sacra Scrittura ci rivela il Patto di Grazia, così, a sua volta, il Patto di Grazia fa luce sul modo in cui noi comprendiamo la natura della sacra Scrittura. La relazione inseparabile tra le due cose è radicata in ultima analisi nella relazione di ognuna di esse con Dio stesso, in quanto ognuna ha Dio quale Autore sovrano. Quindi, scegliendo di rivelare il suo patto (e i suoi fondamenti) nella sua sacra Scrittura, Dio ha stabilito che ciascuna cosa debba essere compresa unicamente in relazione all’altra. Perciò vediamo la Scrittura riferirsi a sé stessa, giustamente, come il “Libro del Patto” (Esodo 24:7), o come il trattato del patto.
Lo scopo di quest’opera è quello di spiegare il Patto di Grazia attraverso le sue successive manifestazioni (o, come vedremo, i successivi “patti”) così come sono rivelate nelle Scritture, con l’obiettivo ultimo e urgente di comprendere appieno ciò che le Scritture, alla luce del patto, indicano riguardo a come la Chiesa nel ventesimo secolo sia caduta in una tale confusione e malessere, e come possa affrontare il secolo a venire con fiduciosa speranza. Prendendo le mosse dal giardino dell’Eden e concludendo con il grande mandato (e collegando le due cose), esamineremo il patto rivelato ad Adamo, Noè, Abrahamo, Mosè e Davide, e poi adempiuto in Cristo, predicato dagli apostoli e messo in evidenza dalla caduta di Gerusalemme nel 70 d.C. Osserveremo la perenne relazione tra Dio e il suo vero popolo, tra il Vangelo e la Legge, tra la Scrittura e la vera tradizione della Chiesa, e tra la fede e l’obbedienza. Passeremo poi in rassegna la storia della lotta della Chiesa contro le sfide e le eresie, sia antiche che moderne (e “postmoderne”), alla luce delle quali possiamo comprendere meglio la nostra attuale situazione e il cammino da seguire [2].

In queste pagine iniziali dobbiamo accuratamente porre le basi considerando gli aspetti fondamentali del Patto di Grazia (sia nelle sue fasi prelapsarie che postlapsarie), prima di passare ad un’esposizione più dettagliata del patto in ciascuna delle sue successive manifestazioni (o, di nuovo, successivi “patti”).

Iniziamo con il patto prima della caduta.

 

PRIMA DELLA CADUTA: IL PATTO PRELAPSARIO [3]

Tutto ha inizio con i primi capitoli della Genesi, il punto di partenza imprescindibile della Bibbia, e con il primo uomo, Adamo. Qui troviamo l’inizio del patto e della sua storia.

Il Dio trascendente-immanente

Il patto è il dono immeritato del Dio trascendente alla creatura umana, portatrice della sua immagine: Dio è Dio. Da Lui vengono “ogni cosa buona e ogni dono perfetto” (Giacomo 1:17). Dal principio, è Lui che crea, Lui che parla, Lui che benedice, Lui che ammonisce e comanda. Inoltre, Dio è trascendente, il che significa che Lui è qualitativamente e infinitamente diverso dalle sue creature.
Eppure, la sua trascendenza – il suo essere prima del tempo e al di là dello spazio – non significa che sia distante dalle sue creature. Al contrario! Proprio perché è trascendente, è in grado di rendersi presente a tutte le sue creature, e presente in modo tale da evitare di confondersi con esse (altrimenti sarebbe mescolato con loro – alla maniera del panteismo – e non presente a loro). Si può quindi dire di Dio che la sua trascendenza è in effetti la causa della sua immanenza.                                                                                                                                                 
L’unica ragione per cui il Patto di Grazia tra Dio e il suo popolo esiste è data dalla sapienza e dalla bontà del Dio personale, uno e molti, trascendente e immanente, che lo ha stabilito per sua volontà sovrana proprio all’inizio della storia umana. E lo stesso vale per coloro che vogliono sapere perché il patto è continuato attraverso la storia, o che cercano di conoscerne il significato ultimo. Tali indagini devono indurci a riconoscere con gratitudine la saggezza e la bontà di Dio, dato che non esiste altra ragione.

                                                                                          

Due possibilità: teonomia o autonomia


Le creature umane che ricevono il patto come dono di Dio, sono chiamate a orientare tutta la loro vita in relazione al patto, e quindi a Dio stesso. Di fatto, il patto stabilisce la loro stessa libertà e responsabilità (liberté-responsabilité) in quanto creature umane – una liberté-responsabilité donata loro dalla grazia di Dio e soggetta interamente alla sua autorità. Adamo ed Eva sono chiamati a vivere da partner fedeli al patto nel tempo e nella storia, e sono chiamati a farlo sia come individui che come coppia, nei loro ruoli sia separati che condivisi.
Dobbiamo stare attenti a non confondere la liberté-responsabilité con l’autonomia. L’autonomia – essere legge a sé stessi – appartiene solo a Dio. In quanto Creatore trascendente, Lui è prima di tutto e al di sopra di tutto, e non è soggetto a nessuno. La liberté-responsabilité data agli esseri umani, le creature fatte a sua immagine, è quindi di natura teonomica (da theos = Dio e nomos = legge); cioè, sottomessa alla sovranità di Dio e alla sua Parola. Questa condizione teonomica non sminuisce, distorce, svaluta o distrugge in alcun modo la liberté-responsabilité umana; anzi, è l’unica cosa che rende la libertà e la responsabilità possibili, autentiche e piene di significato. Senza questa condizione, la relazione teonomica, la liberté-responsabilité umana semplicemente non esisterebbe (libertà a quale scopo? responsabilità verso chi?).
Assistiamo all’instaurazione di una liberté-responsabilité teonomica fin dall’inizio della relazione di Dio con le sue creature umane: “Dio li benedisse; e Dio disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate…’” (Genesi 1:28). Non appena Dio elargisce la sua benedizione all’uomo (Vangelo!), immediatamente gli dà anche i suoi comandamenti (Legge!), dando prova del fatto che le due cose (Vangelo e Legge) sono inseparabili. Dio comanda alla creatura umana di riempire la terra e di sottometterla; di esercitare dominio sul mondo sub-umano (animali, vegetazione, minerali) e di dare un nome alle creature; di curare e custodire il giardino e di mangiare da tutti gli alberi tranne uno (1:28-29; 2:15, 20). Era proibito, infatti, mangiare dall’“albero della conoscenza del bene e del male” (2:9).
Sulla sua benedizione, vocazione e avvertimento, Dio basa la liberté-responsabilité dei nostri progenitori – e con loro quella di tutto il genere umano a venire – nel contesto di un’etica teonomica. Sia che usino la loro libertà per adempiere alla vocazione del Patto di Grazia, sia che la usino nella ricerca ribelle della propria autonomia (che è in ultima analisi distruttiva per la loro libertà), essi sono, fin dall’inizio, inevitabilmente responsabili verso il loro Creatore, ch’è misericordioso e sovrano.

Due direzioni: vita o morte

Oltre alla benedizione e ai comandi (cioè Vangelo e Legge) che si trovano in Genesi 1:28-29, il patto prevede anche dei provvedimenti positivi e/o negativi. Il testo di Genesi ci porta quindi a prenderli in considerazione.                                                                  
Fintanto che il partner umano del patto rimane fedele e risponde con gratitudine alla grazia di Dio, gode del libero accesso all'”albero della vita” che si trova al centro del giardino. Tuttavia, se dovesse diventare inspiegabilmente infedele, se dovesse cessare di riconoscere e servire Dio in quanto Dio – se, da folle, dovesse pretendere la propria autonomia, desiderando di essere “come Dio”, di essere legge a sé stesso, e dovesse mangiare dall’albero proibito – subirà la morte. Sarà, dunque, scacciato dal giardino. Da quel momento in poi “la via dell’albero della vita” gli sarà sbarrata, custodita dai Cherubini con la spada fiam-meggiante (Genesi 3:24).
L’uomo sperimenta la morte in due fasi. Prima viene la morte spirituale, che sperimenta immediatamente, poiché non è più in comunione con Dio; poi, successivamente, viene la morte fisica. Se è nato di nuovo, anche la sua resurrezione avverrà in due fasi. Prima viene la resurrezione spirituale, anch’essa sperimentata immediatamente, poiché la sua comunione con Dio è ristabilita; poi, alla fine dei tempi, viene la resurrezione del suo corpo.    

Prospettive storiche e simboliche

Solo nel contesto dell’intera Bibbia si può cogliere il pieno significato delle pagine iniziali della Genesi. Questo significa che il lettore dovrebbe utilizzare sia la prospettiva storica della Bibbia (la ritroveremo quando considereremo le varie fasi e sviluppi del patto) sia la prospettiva simbolica (che si trova in particolare nei libri profetici o poetici nell’Antico Testamento e nell’Apocalisse nel Nuovo Testamento) con cui la Bibbia spesso ci richiede di “visualizzare” ciò che stiamo leggendo. La necessità per entrambe le prospettive diventa evidente quando rivolgiamo la nostra attenzione ai due alberi presenti nel giardino d’Eden.

Due alberi sacramentali

I due alberi nel giardino furono fondamentali per la rivelazione del patto di Dio ai nostri progenitori e rimangono fondamentali per la nostra comprensione dello stesso patto, ed è per questo che viene data loro tanta importanza nel racconto biblico. Storicamente parlando si trattava di alberi ordinari in ogni senso; simbolicamente parlando avevano una funzione sacramentale in quanto segni e suggelli del patto.
L’albero della conoscenza del bene e del male sta nel giardino come simbolo e vessillo della Signoria di Dio in questo patto con la creatura umana, sua immagine. Astenendosi dal mangiare di quest’albero, la creatura umana dà prova della sua sottomissione a Dio. D’altra parte, se dovesse disobbedire a Dio mangiando di quest’albero, ciò costituirebbe un atto di alto tradimento, e non solo: equivarrebbe a scegliere – e ad amare – la morte (Proverbi 8:36). La sola vista di quest’albero deve ricordare a Adamo ed Eva la loro collocazione sotto la Legge di Dio.                                                                                                                                           
L’albero della vita sta nel giardino quale simbolo e vessillo della salvezza, della pienezza di vita che si trova solo in Dio. La vista dell’albero della vita, così come il nutrimento che Adamo ed Eva ne traggono, serve a ricordare ad entrambi che il loro Creatore è l’Autore e il Sostenitore della loro vita.                                                                            
La gloria di Dio quale Salvatore del patto e della creazione – quale detentore del potere di vita e di morte – è rappresentata visivamente ai nostri progenitori mediante questi due alberi sacramentali. Se la creatura umana – per qualche atto di incomprensibile rivolta! – allunga le mani verso il primo albero e ne mangia sarà privata anche del secondo albero e sperimenterà la morte.
Quando, com’è opportuno, i caratteri storici e simbolici del testo vengono messi in relazione, diventa chiaro che Adamo si trova nel giardino con il proprio futuro davanti a sé, a contemplare una serie meravigliosa di possibilità che non sono solo belle da immaginare, ma che sarebbe bene portare a compimento – buone sia per lui, in quanto creatura a immagine di Dio che adempie alla sua vocazione divina, sia per la creazione posta sotto il suo dominio. Questo futuro dipende però da una condizione: che egli rimanga fedele a Colui che gli dà la vita e gli rivela come deve onorare il Patto di Grazia.              
Adamo vive solo per la grazia, la benevolenza e il favore del Signore, suo Creatore e Salvatore. Non ha alcuna giustificazione in sé e per sé. Non ha meritato – né può meritare – nulla. Può e deve vivere solo per fede, speranza e amore. La sua motivazione ad essere fedele scaturisce solo dalla sua gratitudine per la grazia che gli è stata data e nella quale vive. È come se Dio gli avesse detto: “Io sarò il tuo Dio e tu sarai il mio servo fedele!” e Adamo avesse risposto: “Amen! (‘così sia’) mio Signore e mio Dio!”.

DOPO LA CADUTA: IL PATTO POSTLAPSARIO

Lungo tutta la storia, Dio ha sostenuto e continuerà a sostenere il suo Patto di Grazia, e ciò mediante la sua Parola (il suo Vangelo-Legge). Proprio come è stato Dio a stabilire questo patto, così sarà Dio a rinnovarlo, Dio a confermarlo, e Dio ad adempierlo.
L’uomo e la donna vengono cacciati dal giardino in seguito alla ribellione, la disobbedienza, la caduta di Adamo (che considereremo successivamente più da vicino), quando questi udì le dure parole di condanna: “Il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno tutti i giorni della tua vita … mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto” (Genesi 3:17-19). La loro espulsione è un atto di giustizia. Ma prima ancora che vengano allontanati, e persino prima che le parole di condanna ricadano su di loro, l’uomo e la donna odono innanzitutto parole certe di speranza – parole che rivelano la pazienza di Dio e la sua amorevole cura verso di loro, e parole già cariche della sofferenza che il Signore prende su di sé in previsione della venuta di Gesù Cristo: “Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie (del serpente) e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo (del serpente) e tu le ferirai il calcagno” (Genesi 3:15; Apocalisse 12). L’inimicizia predetta suppone un conflitto tra due linee generazionali: l’una che seguirà le vie di Satana, l’ingannatore; l’altra sostenuta, perché partner del patto, dalla grazia di Dio, che punta alla remissione dei peccati, all’eliminazione della punizione (morte fisica e spirituale) per le loro trasgressioni, e che riporta la vittoria sul loro avversario, nella crocifissione e resurrezione di Cristo.
Sebbene il patto venga subito ripreso da Adamo ed Eva e continuato da Set e i suoi discendenti (chiamati “i figli di Dio” in Genesi 6:2-4), la stessa parola “patto” (berîth in ebraico) non compare nella Bibbia sino al racconto di Noè. In Genesi 6:17-18, Dio dice a Noè: “Ecco, io sto per far venire il diluvio delle acque sulla terra … ma io confermerò il mio patto con te”.
Le traduzioni italiane troppo spesso lo rendono come: “Io stabilirò il mio patto”. Se da un lato il verbo ebraico qûm (nella forma hiphil) può significare “stabilire”, dall’altro può allo stesso modo significare “ratificare, confermare”. Ora, quando ci si riferisce al patto – come in Genesi 6, 9 e 17 ed Esodo 6 – dobbiamo prediligere la traduzione “confermare” piuttosto che “stabilire”. Perché? Semplicemente perché il contesto generale precedente a questi casi mostra chiaramente, come abbiamo visto, che il Patto di Grazia già esisteva con Adamo (e persino con Adamo prima della caduta!). Inoltre, il contesto più immediato di Genesi 6 rende palese che Noè si trovava già nel patto prima dell’episodio in cui Dio lo conferma a lui, alla sua famiglia e ai suoi discendenti. Parecchi versi prima di Genesi 6:18, è detto: “Noè trovò grazia agli occhi del Signore … Noè fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi; Noè camminò con Dio” (6:8-9). Ora, è impossibile che qualcuno ottenga il favore di Dio, sia giusto ed integro, o cammini con Dio, a meno che non si trovi nel Patto di Grazia – quello che Dio chiama il mio patto. Pertanto, da questa testimonianza riguardante Noè deduciamo che egli fosse già un membro del Patto di Grazia, che, proprio prima e in vista dell’imminente Diluvio, gli viene confermato da Dio.
Le sacre Scritture rivelano l’istituzione del Patto di Grazia con Adamo alla creazione. Da quel momento in poi ci rivelano la storia fondamentale di questo patto che scorre lungo le generazioni, così come viene successivamente ripreso, rinnovato, confermato, modificato, e approfondito nel tempo. Scopriamo che ogni fase della sua storia è segnata da promesse, comandamenti, avvertimenti e sacramenti.
È necessario notare che il Nuovo Testamento si riferisce due volte a queste fasi del patto come successivi “patti” al plurale (Romani 9:4; Efesini 2:12). Il Nuovo Testamento inoltre (nell’Epistola agli Ebrei) fa distinzione tra l’ “antico patto” e il “nuovo patto”. Non si tratta di patti separati e scollegati fra loro – come se Dio avesse fondamentalmente cambiato il modo in cui si relaziona alle sue creature umane – bensì di epoche distinte nella storia dell’unico Patto di Grazia, dove l’epoca dell’ “antico patto” nel Patto di Grazia comprende le varie fasi storiche che precedono e anticipano la venuta di Cristo, mentre l’epoca del “nuovo patto” nel Patto di Grazia si riferisce al compimento in Cristo di tutto quello che c’è stato in precedenza. È per questo che tra i vari “patti” troviamo sia unità che sviluppo progressivo, a testimonianza del fatto che il piano del Dio personale, uno e molteplice, trascendente, è stato lo stesso fin dal principio.

 

Note:

[1] La parola ebraica per “grazia” è hen, che significa “benevolenza” o “favore”.
[2] N.d.t.: Questo paragrafo è stato composto e inserito dal traduttore previo consulto con M Jean-Marc Berthoud.
[3] Lapsus è  il termine latino per “caduta”; prelapsario significa “prima della caduta” di Adamo; postlapsario significa dopo questa caduta.


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