Appendice B

ADORAZIONE E DOMINIO

Nostro Signore ci insegna nella Scrittura che quelli che adorano Dio “devono adorarlo in spirito e verità” (Gv. 4:23). È pertanto di fondamentale importanza che comprendiamo la vera natura dell’adorazione che Dio richiede da noi.

In ebraico le due parole basilari per adorazione sono shachah, che significa “prostrarsi, umiliarsi”, e habad, che significa “servire, lavorare per”. Shachah equivale alla parola in greco proskuneo tradotta con “adorazione” in Giovanni 4:23, ed è un atto fisico di piegarsi o inchinarsi in umiltà. Con riferimento a Dio, naturalmente, è interamente priva di valore a meno che non simbolizzi un’umile e volontaria sottomissione a Dio e alla sua volontà.

Il termine habad ha un campo d’applicazione ben più ampio perché include l’interezza della vita e delle azioni dell’uomo. Significativamente, il sostantivo habodah, significa anche mobilio. Ciò può sembrare strano, ma la sua logica è piuttosto semplice ed istruttiva. Il mobilio serve ad uno scopo, e quello scopo è determinato da chi lo crea. È creato interamente per l’uso e il servizio dell’uomo.  Il mobilio esiste meramente per servire l’uomo e i suoi bisogni e pertanto non ha uno scopo al di fuori della volontà e del controllo di chi lo possiede o usa. Proprio allo stesso modo l’uomo fu creato per servire Dio secondo la sua volontà. La vita dell’uomo è totalmente avvolta dalla sovrana volontà di Dio. Nessun uomo ha uno scopo legittimo al di fuori del disegno di Dio, e voltare le spalle a Dio e ricercare una vita autonoma è fare di sé stessi un essere privo di scopo senza un vero significato nella vita. È diventare rifiuto della creazione, ed è calzante che la dimora eterna di chi cerca una tale vita d’autonomia sia descritta nel Nuovo Testamento come Genna, visto che la Genna era una discarica pubblica appena fuori Gerusalemme dove venivano bruciati ogni sorta di rifiuti, inclusi cadaveri di criminali e idoli rotti — la parola Genna è tradotta con “inferno” nell’Authorised Version. Lo scopo legittimo dell’uomo è interamente assorbito dalla volontà di Dio, e nel compimento di quello scopo l’uomo serve, o lavora, ovvero adora il Dio che lo ha creato mediante il suo servizio e lavoro. Quindi, negare Dio e il suo scopo per l’uomo è fare di se stessi un abitante della Genna.

La natura dell’adorazione che Dio richiede dall’uomo è spiegata ulteriormente nel Nuovo Testamento dall’apostolo Paolo quando scrive: “Vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi, il che è il vostro ragionevole servizio, quale sacrificio vivente, santo e accettevole a Dio” [qualche traduzione dice “culto spirituale”] (Ro. 12:1). La parola tradotta “servizio” qui è latreia, che significa primo, “servizio”, e in secondo luogo “servizio divino” o “adorazione”. Questa è la parola che viene usata per tradurre la parola habodah nella traduzione dei Settanta del Vecchio Testamento. Così, l’apostolo stabilisce la natura basilare dell’adorazione attirando l’attenzione sul fatto che la vera adorazione è un’intelligente, razionale servizio a Dio da parte dell’uomo intero. Ciò ha implicazioni significative.

Primo, il carattere basilare dell’adorazione è il servizio, non l’esperienza (di sensazioni). Né shachah, né habad, né i loro equivalenti nel Nuovo Testamento fanno riferimento a esperienze o a un soggettivo stato mentale emotivo. Ambedue fanno riferimento all’uomo che si sottomette a Dio, la prima nell’atto d’inchinarsi a Dio in adorazione e umiltà come espressione di rispetto e sottomissione alla sua signoria e sovranità, la seconda in una vita di servizio e obbedienza a Dio. L’adorazione è servizio, non esperienza.

Secondo, l’adorazione abbraccia il tutto della vita. Dobbiamo offrire i nostri corpi — che significa tutto il nostro essere, non solo la mente e lo spirito — un santo sacrificio a Dio in tutte le cose. Il corpo è coinvolto nella totalità della vita. Così, con tutto ciò che siamo e con tutto ciò che facciamo e pensiamo dobbiamo servire Dio in accordo con la sua volontà. In qualsiasi campo di studi siamo impegnati, qualsiasi vocazione abbiamo, qualsiasi cosa facciamo nel nostro tempo libero, dobbiamo servire Dio secondo la sua volontà, e solo se facciamo così stiamo rendendo a Dio la vera adorazione che Egli richiede da noi.

Riducendo il significato di adorazione a ciò che succede in chiesa la domenica, i cristiani hanno fatto della religione un qualcosa di irrilevante per la vita e di conseguenza la chiesa è diventata irrilevante come forza culturale nella società. È pertanto prevalso un concetto della fede che è essenzialmente monastico. Similmente, i pietisti vedono l’adorazione meramente come qualcosa fatta dall’uomo interiore, mentre nella bibbia l’adorazione è qualcosa che è fatta dall’uomo intero nel corso intero della sua vita. Abbraccia la totalità della sua vita e del suo essere, in pensieri e in azioni.

Così, terzo, l’adorazione fatta in chiesa, o culto domenicale, è solo un aspetto dell’adorazione che Dio richiede dal suo popolo, pur essendo un’adorazione essenziale e di vitale importanza. In chiesa, il popolo di Dio è impegnato corporativamente in lode, preghiera e ringraziamento, e riceve ammaestramento e istruzione dalla parola di Dio. Lì riceve anche i segni del battesimo e della Cena del Signore. Tutte queste cose sono elementi importanti della vita cristiana, ma non costituiscono il tutto dell’adorazione che Dio richiede da noi, e quando esistono meramente da soli, come spettacolo d’effetto fatto una volta la settimana, abbiamo una chiara indicazione nella Scrittura che Dio trova inaccettabile tale servizio di labbra. Ciò che facciamo la domenica, perciò, è reale e valido solo nel più ampio contesto di una vita di adorazione, cioè di servizio a Dio. 

Quarto, ci è detto che l’adorazione che Dio richiede da noi deve essere un servizio ragionevole. La parola qui tradotta con “ragionevole” (logikos) è la stessa da cui provengono le parole logica (sost.) e logico (agg). Questo specialmente deve essere tenuto a mente  oggi che la natura dell’adorazione è vista quasi interamente come di carattere emotivo e priva di contenuto razionale. Tale adorazione non è accettabile al Signore. Ci è comandato di amare il Signore nostro Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutta la nostra mente (Mt. 22:37), in altre parola con la totalità del nostro essere. L’intera natura e l‘intero corso della nostra vita, incluso il culto corporativo domenicale, deve essere un servizio razionale a Dio. Pertanto, cercare di adorare Dio in una lingua sconosciuta, che sia partecipando a una Messa Tridentina o “parlando in lingue” è una contraddizione del primo e grande comandamento come spiegato da nostro Signore.

Questo non significa che si debba idoleggiare l’intelletto. Ma non dobbiamo neppure trascurarlo. Il nostro intelletto ci è stato dato da Dio e dobbiamo usarlo al meglio delle nostre capacità, con tutta la nostra forza, e al servizio di Dio, proprio come dobbiamo sottomettere al suo servizio la nostra vita emotiva. Come cristiani il corretto approccio alle nostre menti non è né l’idolatria né la negligenza. Il cristianesimo non è una religione del cuore, né è una religione della mente. È una religione dell’uomo intero che richiede l’uso totale della vita e dell’essere dell’uomo al servizio di Dio. Perciò, tanto nella nostra vita quotidiana quanto nel culto comunitario di chiesa, rendere a Dio un’adorazione che non sia razionale è offrire a Dio meno di ciò che richiede da noi.

Quinto, poiché è essenziale al compimento del mandato creazionale che Dio ha dato all’uomo, e quindi allo scopo per cui Dio ha creato l’uomo, l’esercizio del dominio in Cristo è un atto di adorazione. Siamo chiamati a dedicare la nostra vita e le nostre vocazioni al servizio di Dio in accordo con il suo rivelato proposito per la sua creazione. Questo è il mandato creazionale o culturale, dato la prima volta in Genesi 1:28 e rinnovato e riaffermato da nostro Signore Gesù Cristo in Matteo 28:19-20. Questo mandato è il comando di esercitare il dominio nel nome del Signore e con ciò portare tutte le cose in soggezione a Gesù Cristo, ogni pensiero e azione dell’uomo, ed ogni aspetto del mondo che ci ha dato da governare. L’esercizio del dominio in Cristo è dunque un elemento essenziale del servizio che Dio richiede dall’uomo. Mancare di perseguire questo dominio in Cristo è mancare di rendere a Dio l’adorazione che richiede dall’uomo mediante una vita di totale servizio a Lui nella sua volontà rivelata per la creazione. È mancare di glorificare Dio nel modo che richiede, ed è rendere un culto inferiore a Colui che richiede e di diritto pretende la nostra vita al suo servizio.

L’esercizio del dominio è perciò una parte importante dell’adorazione che Dio richiede al suo popolo. Così, nel Salmo 149 adorazione e dominio sono inestricabilmente legati insieme:

Esultino i santi nella gloria, cantino di gioia sui loro letti. Abbiano nella loro bocca le lodi di DIO e nella loro mano una spada a due tagli, per far vendetta sulle nazioni e infliggere castighi sui popoli, per legare i loro re con catene e i loro nobili con ceppi di ferro, per eseguire su di loro il giudizio scritto. Questo è l’onore riservato a tutti i suoi santi. Alleluia (vv 5-9).

Secondo i traduttori della Geneva Bible (1560) questo Salmo è “un’esortazione alla chiesa a lodare il Signore per la sua vittoria e la conquista che ha dato ai suoi santi contro ogni potere dell’uomo”. Facendo riferimento al verso 7 dicono “Questo è compiuto principalmente nel Regno di Cristo, quando il popolo di Dio per giuste cause esegue i giudizi di Dio contro i suoi nemici”. I Puritani parlavano ovviamente nel contesto di una civiltà cristiana. Essi compresero che la vittoria della chiesa cristiana deve portare ad una civiltà cristiana e all’instaurazione della giustizia di Dio su tutta la terra.

Questo è il futuro per il quale il cristiano lavora nel servire il Signore qui sulla terra. Il vangelo deve essere predicato in tutto il mondo. La vittoria è certa perché Dio ha dato le nazioni a suo Figlio come eredità (Sl. 2:8-12), e dell’incremento del suo impero e della pace non ci sarà fine (Is. 9:6). Come popolo di Dio abbiamo un ruolo glorioso nel piano di Dio per la creazione, e confidiamo nella la vittoria che è sua, e per mezzo di Cristo anche nostra, tanto qui sulla terra che nella resurrezione. La nostra partecipazione nel proposito di Dio per la sua creazione, e pertanto nella sua vittoria e conquista del peccato e del male, è il servizio che Dio richiede da noi, ed è la totalità di quel servizio che costituisce la vera adorazione che Dio esige dal suo popolo.

Sesto, ciò ha implicazioni di vasta portata per l’istruzione. La Scrittura c’insegna che dobbiamo allevare i nostri figli nella disciplina e nell’ammonizione del Signore (Ef. 6:4). Pochi cristiani dubiterebbero che ciò implichi insegnare ai nostri figli ad adorare Dio secondo la sua parola. I nostri figli devono comprendere la natura dell’adorazione che Dio richiede dall’uomo se vogliamo che crescano nella grazia e nella fede. Ma molti mancano di rendersi conto che l’adorazione richiesta da Dio al suo popolo è molto di più che la lode comunitaria domenicale nella congregazione, e il perseguimento di una vita devozionale privata. Adorare Dio significa lottare o lavorare per Dio e per il suo proposito lungo tutto il corso della vita. Se non cerchiamo di servire Dio, di lavorare per Dio, in tutto ciò che facciamo perseguendo il dominio che Egli richiede dal suo popolo mancheremo d’adorare Dio in accordo con la sua parola.

Inoltre, se manchiamo d’istruire i nostri figli per il dominio falliremo nell’educarli per l’adorazione nel senso più pieno, e in questo modo impediremo loro di venire a Dio in Cristo (Lu. 18:16). La vita intera dell’uomo deve essere un servizio di adorazione a Dio, e perciò i figli devono essere istruiti a lavorare per Dio, a servire “come a Cristo” in tutte le cose (Ef. 6:5-7). Questo necessita un’istruzione basata su pio apprendimento e disciplina in tutte le cose, tutti gli aspetti della vita, tutte le materie accademiche, ecc..

Perciò, un’istruzione veramente cristiana è ben più vasta che l’idea tradizionale di “istruzione religiosa” insegnata nella maggior parte delle scuole della nostra nazione. Non è un singolo soggetto che tratta con aspetto particolare della vita, ma abbraccia tutta la vita, perché nell’intero corso della nostra vita e in ogni cosa facciamo dobbiamo servire Dio, e con ciò compiere il proposito per cui ci ha creati e redenti in Cristo Gesù. Solo se lavoriamo per Dio in tutte le cose adoreremo Dio secondo la sua parola, e perciò solo se educhiamo i nostri figli in questo modo li prepareremo di conseguenza per una vita di servizio e di adorazione.

L’adorazione che Dio vuole dal suo popolo richiede il provvedimento di una pia istruzione per i nostri figli, cioè un’istruzione basata su pia disciplina e pio apprendimento in tutte le materie accademiche. Il dominio a cui siamo chiamati come popolo di Dio, e pertanto l’adorazione che dobbiamo dare al nostro Redentore, necessita questo procedimento di pio apprendimento e disciplina, e negarlo ai nostri figli ammonta a rifiutare di adorare Dio in accordo con la sua parola, di impedire anche a loro di farlo, e pertanto è apostasia dalla fede.


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