1. Analisi della teologia dei Due Regni

Per comprendere e valutare la teologia dei Due Regni (2K), dobbiamo inserirla nel contesto storico più ampio delle visioni riformate riguardo al cristianesimo, alla cultura e alla società. La proposta 2K con la sua associata dedizione alla “legge naturale” è nata come reazione a visioni alternative tra i cristiani riformati. La maggior parte di questi punti di vista sono in un modo o nell’altro una continuazione, una reazione o una modifica delle opinioni di Abraham Kuyper, il padre del neo-calvinismo.

Negli Stati Uniti, gli aderenti al neo-calvinismo furono inizialmente associati alla Christian Reformed Church (CRC) e al Calvin College. Un grande dibattito negli anni ’20, chiamato la controversia sulla Grazia Comune, coinvolse tutti i principali pensatori della CRC mentre lottavano, in parte, con la questione di come mettere il cristianesimo in relazione con la cultura. Alcuni erano fortemente contrari a molte cose che Kuyper aveva insegnato, mentre altri erano favorevoli. Una scissione della chiesa si verificò quando il rifiuto della “grazia comune” da parte di Herman Hoeksema portò alla formazione della Protestant Reformed Church. La CRC formulò una posizione di chiesa nei suoi “Tre punti di Kalamazoo” (1924), da cui citiamo: “Dio mediante le operazioni generali del suo Spirito, senza rinnovare il cuore, trattiene il peccato nel suo dilagare senza ostacoli, il cui risultato fu che la società umana è rimasta possibile. … Dio, senza rinnovare il cuore, esercita un’influenza sull’uomo tale da abilitarlo a compiere il bene civico” [1].

Uomini come Louis Berkhof e R. B. Kuiper concordarono con la dichiarazione del Sinodo e promossero le opinioni di Kuyper offrendo correttivi. Questa linea di critica costruttiva fu sviluppata specialmente da Cornelius Van Til e da suo nipote Henry Van Til (1906-1961), laureato al Calvin Seminary, Westminster Seminary e alla Libera Università di Amsterdam e professore di Bibbia al Calvin College. H. Van Til fornisce una delle migliori discussioni storiche unite all’equilibrio teologico nel suo The Calvinistic Concept of Culture (1959). Questo lavoro, da molti anni un pilastro tra i calvinisti, fornisce un programma socio-culturale che ha servito bene i cristiani riformati confessionali. Purtroppo, molti hanno ignorato sia la sua analisi storica che la sua formulazione di una visione calvinista equilibrata basata su un ampio fondamento dottrinale della teologia riformata.

Un altro fu il professore del Calvin College, H. Henry Meeter (1886–1963), professore di Bibbia e Calvinismo a partire dal 1926, le cui fatiche portarono alla fondazione del Meeter Center for Calvin Studies nel 1981. Il suo lavoro: The Basic Ideas of Calvinism, fornisce un trattamento complementare a quello di Henry Van Til. Dopo aver discusso il principio fondamentale del Calvinismo e la sua teologia, fa una breve dichiarazione sul Calvinismo e sulla cultura prima di applicarla alle questioni socio-politiche. Meeter scrive: “È vostro e mio dovere lavorare con tutte le nostre forze su base cristiana, per gli ideali cristiani, in ogni sfera in cui il Signore ci chiama affinché Cristo sia il Re riconosciuto, anche nel regno della cultura. Questo è l’ideale veramente stimolante della cultura che noi come Calvinisti abbiamo” [2].

Dopo la seconda guerra mondiale, alcuni immigrati riformati olandesi che arrivarono in Canada si unirono ai seguaci del dottor Evan Runner del Calvin College per formare a Toronto l’Istituto di Studi Cristiani che promosse visioni della società e del diritto derivate dagli insegnamenti di Herman Dooyeweerd e DH Vollenhoven in Olanda. Poiché hanno formato nuove prospettive non trovate in Kuyper, è stato soprannominato movimento Neo- Kuyperiano, o “Movimento Cosmonomico” a motivo della sua enfasi sulle leggi del cosmo. Esagerando il concetto di Kuyper di sovranità sfera, hanno costruito una teoria in cui diversi aspetti della vita sono governati secondo la loro legge interna, in un modo simile alla legge naturale. Quando il movimento di Toronto raccolse seguaci appassionati negli anni ’60 e ’70, ebbe un impatto negativo sulle scuole cristiane e sollevò il dibattito in molte chiese confessionalmente riformate [3].

A. Principali Insegnanti dei Due Regni e le loro dottrine Meredith Kline: Dicotomia tra Culto e Cultura

Per comprendere la teologia dei Due Regni [da qui in poi “2K” da Two Kingdoms] dobbiamo iniziare con uno sguardo agli insegnamenti del Dr. Meredith Kline (1922-2007), probabilmente il “nonno” dell’attuale teoria 2K. Vista in questa luce, la teologia 2K non è del tutto nuova con gli insegnamenti di David VanDrunen, o quantomeno Kline ne è la principale ispirazione americana [4]. Biograficamente, ha ricevuto la sua laurea dal Gordon College prima di proseguire gli studi teologici al Westminster Theological Seminary, Philadelphia (Th.M.). Dopo aver studiato assiriologia ed egittologia al Dropsie College (Ph.D.), ha insegnato Antico Testamento a Westminster, Philadelphia (1948–1977), al Gordon-Conwell Theological Seminary (1965–1993) e infine a Westminster, California (1981–2002). Ministro ordinato nella Chiesa Presbiteriana Ortodossa, era ben noto per aver proposto la “framework hypothesis” della creazione. [Anche definita interpretazione storico-artistica o “teoria della cornice”: H. Blocher: La Creazione GBU Claudiana 1979, p. 56]

Kline spiega la sua nascente teologia 2K nel suo libro Kingdom Prologue [5], tuttavia non usa spesso la terminologia 2K. Articola invece la distinzione con la sua versione di “due città”: la santa città teocratica di Dio e la “non-santa” comune e profana città dell’uomo, che sono categoricamente diverse secondo il disegno divino [6]. Egli divide il mondo dopo la Caduta usando una distinzione culto/cultura e una distinzione santo/comune. Per Kline, “non- santo” non è una categoria morale ma piuttosto lo stato oggettivo di una cosa, azione, persona o luogo. La “città di Dio” è la città cultuale ed è santa. La “città dell’uomo” ha a che fare con la cultura ed profana. Frame riassume la distinzione di culto e cultura di Kline come segue: “Kline … stabilisce una netta distinzione tra culto (culto formale) e cultura (le altre attività dell’uomo, espresse nel Mandato Culturale di Genesi 1:28)” [7].

La versione di Kline delle due città è intrinseca alla sua comprensione della storia della redenzione e dei suoi obiettivi. Fondamentalmente, Dio ha creato l’uomo affinché fosse il suo profeta, sacerdote e re, perché s’impegnasse nel mandato culturale che implicava l’avanzamento del santo regno teocratico di Dio sulla terra. La situazione del Giardino dell’Eden era quella di una teocrazia. Culto e cultura erano una cosa sola, strutturalmente e religiosamente. Ma con la Caduta dell’uomo venne il peccato, una maledizione comune, e l’espulsione dell’uomo dall’Eden. La teocrazia edenica non c’era più.

Nel giudicare Adamo, Eva e il Serpente, Dio non diede completamente adito alla sua maledizione, ma istituì invece la sua grazia comune. Lo scopo di questa grazia era quello di limitare la maledizione. Kline scrive: “I benefici positivi realizzati in una certa misura mediante questa limitazione degli effetti del peccato e della maledizione non sono le benedizioni eterne del santo regno celeste che giungono agli eletti tramite la grazia salvifica di Dio in Cristo, ma sono benedizioni: benedizioni temporali che tutti gli uomini sperimentano in comune in virtù del loro rimanere parte del continuo ordine mondiale” [8]. Tale grazia è stabilita per un periodo provvisorio per mitigare o compensare la maledizione in modo che Dio possa portare a termine il suo programma di redenzione per salvare i suoi eletti e ristabilire la sua santa teocrazia.

Per quanto riguarda la maledizione di Dio, Kline dice che “… il Signore ha pronunciato una maledizione temporale e comune piuttosto che un giudizio finale contro l’umanità in generale” (Genesi 3:16-19). La grazia comune controbilancia la maledizione offrendo benefici temporali a tutti gli uomini.

La “Città della Grazia Comune”

Come atto di questa grazia, Dio ha nominato una città, secondo Kline, una città della grazia comune per il bene generale dell’umanità. Scrive che “non sarebbe una città teocratica, pattizia, con un’integrazione istituzionale di cultura e culto”. Edificata dall’uomo caduto, “sarebbe una città comune, temporale, profana ed esisterebbe all’ombra della maledizione comune” [9]. La completa espressione della città della grazia comune viene dopo il giudizio del diluvio noachide, in una forma pattizia come registrato in Genesi 8: 21–9: 17.

Tuttavia, la struttura giudiziaria dello Stato è stata comunicata oralmente in Genesi 4:15. La “L’Eterno gli disse: ‘Perciò, chiunque ucciderà Caino, egli sarà punito sette volte’. E l’Eterno mise un segno su Caino affinché nessuno trovandolo, lo uccidesse”, il che significa che la promessa di vendetta di Dio sarebbe discesa sulla testa di chiunque avesse ucciso Caino. Per Kline, la vendetta sarebbe stata effettuata da coloro i quali erano autorizzati a farlo, cioè lo Stato. Questo verso [Gen. 4:15] stabilisce un ordine di giustizia e diventa il virtuale atto costitutivo per la città dell’uomo. Due versetti dopo lo Stato appare quando Caino costruisce una città, il primo esempio della città dell’uomo (Gen. 4:17).

Per Kline, la città dell’uomo è una città della grazia comune e dovrebbe essere vista positivamente. L’uomo può trasformare la città in malvagia, ma le sue origini, scopo e struttura di base sono pensate per il bene (102–03). Questa città ha un ruolo riparatore in un mondo caduto. La città teocratica originale (Gen. 1:28) aveva una varietà di funzioni che rimasero operative prima della Caduta. Nella situazione postlapsariana queste funzioni sono state modificate allo scopo di frenare o compensare il male dell’uomo e la maledizione di Dio su quel male. La maledizione consiste dell’esilio: l’uomo è consegnato a una vita di vagabondaggio anziché una di compagnia con Dio e i suoi simili nella città giardino. Ma la città postlapsariana compensa questa maledizione, fornendo ora una funzione protettiva espressa da ospedali, welfare, ecc.; e una funzione correttiva, svolta dal governo, istituita con Caino come riportato in Genesi 4: 15–17.

Va notato che Kline vede nel Mandato Culturale originale la formazione e la strutturazione della città di Dio. Dopo la caduta, tuttavia, la città dell’uomo non esegue il mandato di dominio originario. Egli scrive: “la cultura comune che è il frutto diretto della grazia comune non è essa stessa identificabile col santo regno redentivo di Dio, sigillato dal Sabato”. Dice inoltre:

La cultura della grazia comune non è di per sé il regno particolare che è stato comandato sotto il patto creazionale. Sebbene alcune funzioni e disposizioni istituzionali del mandato culturale originale siano riprese nell’ordine della grazia comune, queste hanno ora un orientamento così diverso, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi, che non si può semplicemente e rigorosamente dire che quello che viene attuato nel processo della cultura della grazia comune sia il mandato culturale (156).

Dopo aver spiegato la “città della grazia comune” dell’uomo, Kline la paragona quindi ai regni di Satana e di Dio. La città assume spesso una natura bestiale, alludendo alla Bestia del libro dell’Apocalisse. Kline intende che la città della grazia comune dell’uomo è usurpata da Satana. Il controllo satanico, tuttavia, non mina la legittimità di questa città, perché è una “struttura fondata sull’ordinamento di grazia comune del creatore” (104). Non deve essere identificata, come fanno alcuni, con poteri demoniaci che spesso la usurpano, né potrà mai essere identificata con il regno di Dio. Tuttavia questo pensiero è scarsamente qualificato in quanto con “in senso istituzionale” Kline intende che è strutturalmente e istituzionalmente comune, profana. Tentare di santificare la città dell’uomo a livello istituzionale e strutturale significa essere coinvolti in un errore di categoria. Per Kline, i tentativi in tal senso sono molto comuni e costituiscono errori gravi (104), ma Kline non spiega perché sia così. Scrive solo: “In mezzo al minaccioso ambiente mondiale a cui l’uomo è esposto a causa della maledizione comune, la città della grazia comune offre la speranza di una misura di sicurezza temporale, ma non offre la salvezza eterna. Non dovrebbe quindi essere identificata con il santo regno di Dio, che è la manifestazione strutturale di quella salvezza” (105).

Tra la cultura della grazia comune e il regno santo di Dio c’è un confine che deve essere rispettato. Questo è un ordine divinamente istituito, come Kline esprime nella seguente dichiarazione:

Se ascoltiamo ciò che la Parola di Dio dice specificamente sulle istituzioni in questione, scopriamo che con l’emergere dell’antitesi religiosa, il Signore Dio, nell’interesse dei suoi propositi redentivi, ha sovranamente rivisto la struttura originaria delle cose portando in essere nell’arena della storia terrena un ordine mondiale provvisorio che implica la distinzione santo/comune come una delle sue caratteristiche fondamentali. In particolare, ha stabilito l’istituzione dello Stato come struttura non santa secondo il principio della grazia comune. La sfera dello Stato, sebbene non esente dal dominio di Dio e non priva della presenza divina (anzi, sebbene sia teatro della presenza di Dio come misura di comune benedizione), non è tuttavia da identificare come appartenente al regno di Dio o partecipe della sua santità (106).

Quindi la città della grazia comune nel periodo [interim] che va tra la caduta e l’eschaton non è teocratica in termini di status e struttura.

Nella comprensione di Kline, nel mondo postlapsariano ad interim, Dio ha istituito tra culto e cultura un confine che non deve essere trasgredito né dallo Stato né dalla cittadinanza. In altre parole, lo Stato non si impegna in attività cultuali e la cittadinanza (inclusi i funzionari dello Stato) non deve lavorare per far sì che lo Stato si impegni in strutture o funzioni di culto.

Questo è mescolare il sacro con il profano. Lo Stato appartiene al regno della “cultura“, al “comune e profano“. Certo, tutte le attività culturali devono essere svolte in devozione al Signore dal cuore, ma istituire il regno di Dio non è compito dello Stato. Kline scrive:

[Qualsiasi] attività di culto da parte dello Stato, se non è in confessione del Dio vivente, è, ovviamente, idolatra. Ma anche se è in riconoscimento del Dio della fede cristiana, è colpevole di una mostruosa confusione del santo regno di Dio con la comune, profana città dell’uomo. … Allo Stato è vietato intraprendere la funzione cultuale della comunità del patto, né può eseguire la disciplina del culto del patto. Non può usare il suo potere e la sua sanzione per obbligare l’obbedienza ai primi quattro comandamenti del Decalogo. Ma nell’adempimento della sua peculiare missione non deve ostacolare l’istituzione della santa alleanza. (111)

Per quanto riguarda la relazione tra lo stato di grazia comune e la comunità dell’alleanza (cultus), Kline sostiene che “lo stato comune è progettato da Dio per fornire un quadro di sostegno per la vita e la missione del popolo dell’alleanza di Dio, in linea con lo scopo fondamentale di grazia comune per rendere possibile una storia generale all’interno della quale possa svolgersi il programma redentivo di Dio” (111). Quindi per Kline, lo Stato ha uno scopo positivo, tranne per il fatto che non può mai essere definito santo o addirittura cristiano. I cristiani che appartengono alla città celeste possono svolgere quelle funzioni che portano la spada.

Valutazione

Non possiamo commendare le opinioni distintive di Kline agli ufficiali e ai membri della RCUS e metteremmo in guardia contro la ricezione delle sue idee in quanto alternative alla tradizionale interpretazione confessionale riformata. Tra queste idee ci sono le seguenti:

(1) Cosa dobbiamo pensare del ruolo distintivo della nazione di Israele e della sua legislazione nel piano di Dio? Per Kline, Israele è un santo regno teocratico che era tipologico della città celeste. Era un accordo temporaneo. Le sue leggi e la sua struttura appartengono a quella situazione pattizia. Era un cultus sacro, dove culto e cultura furono congiunti per un periodo.

Ma l’esistenza stessa di Gerusalemme e la sua importanza nella storia di Israele e nei Salmi punta a qualcosa di più di uno scopo escatologico nel piano di Dio. La Città del Gran Re indica che Dio ha sempre progettato la fede pattizia perché s’incarni in una civiltà e in un regno governati da Dio come Re. Invece di essere semplicemente futuro, il disegno di Dio per Israele e Gerusalemme era quello di servire come modello attuale per una cultura e una società dirette dalla Bibbia.

Ma secondo Kline, il popolo della Nuova Alleanza di Dio non appartiene all’Antica Alleanza, la cui struttura è stata abrogata. Tuttavia, come per gli antichi, apparteniamo al regno della grazia comune. Per lui, strutturalmente parlando, i credenti hanno più affinità con il popolo pellegrino della storia iniziale della Genesi che con la nazione di Israele. La seguente citazione parla di questa faccenda: “In effetti, per quanto riguarda la forma e la funzione della comunità redentiva e il suo rapporto con il mondo e la sua istituzione, quell’antica comunità offre un parallelo per certi versi più vicino alla chiesa della nostra epoca di quella israelitica la cui storia … è cronologicamente più vicina alla nostra” (100).

Noi rigettiamo questa iperescatologia e affermiamo che il regno dell’Antico Testamento di Dio ha rivelato il fatto che Dio vuole che la vera religione sia attuata in ogni area della vita, compresa la politica e lo Stato. Le leggi rivelate a Mosè non erano esclusivamente per Israele, ma erano disegnate per rivelare la volontà di Dio per ogni nazione. Questo spiega perché Dio, nei profeti, condanna le nazioni in base alla norma della stessa legge che diede a Israele (Isaia 24: 5–6).

(2) Qual è lo standard della città della grazia comune? Per Kline, la città dell’uomo deve essere governata dai regolamenti generali di Genesi 9. Inoltre, Kline sostiene che i primi quattro comandamenti della legge mosaica non devono essere imposti allo Stato di grazia comune. Ciò significa che Kline scoraggerebbe il nostro inscrivere le parole “In God We Trust” sulla nostra valuta e conio e sarebbe plausibilmente turbato dalla frase “una nazione sotto Dio” nel saluto alla bandiera. Questa proibizione si applicherebbe anche ad un giuramento in una corte di giustizia ove sia invocato il nome di Dio [10]. Per Kline non ci può essere una cosa come una nazione cristiana perché staremmo erroneamente accorpando il non-santo col santo.

Tuttavia Kline non affronta l’obiezione che se i doveri del magistrato civile sono definiti in un libro “cultuale” in Genesi 8-9, dove viene comandata la pena capitale sulla base dell’immagine di Dio nell’uomo (Gen. 9: 6), perché lo Stato non potrebbe giustamente appellarsi a quei capitoli come base della sua giurisprudenza e giustizia civile? Del resto è interessante notare che non troviamo che Kline difenda la legge naturale né la critichi. Infatti, poiché Kline distingue tra la prima e la seconda tavola della legge, egli implica che la seconda tavola della legge scritta di Dio possa essere assunta come norma giudiziaria per tutti i governi contemporanei.

(3) Le opinioni di Kline sulla grazia comune sono speculative e più ottimistiche di quelle rappresentate da teologi come Klaas Schilder, John Murray e soprattutto Cornelius Van Til, che ha scritto sulla necessità di ripensare la grazia comune: “Ciò che deve essere fatto è dare un attento sostegno scritturale alla nostra filosofia della cultura. … Solo se l’idea della grazia comune è incentrata su Cristo e quindi costruita biblicamente può aiutare l’apologeta cristiano …” [11]. Kline non tiene adeguatamente conto delle riserve rivolte da Henry Van Til nel suo The Calvinisti Concept of Culture [Il Concetto calvinista di Cultura]:

Infine, una nota di avvertimento dovrebbe essere spesa contro l’abuso e l’uso improprio della dottrina della grazia comune, a causa della quale la coscienza dell’antitesi è offuscata, l’attuazione della confessione della regalità di Cristo è ostacolata e il grido di battaglia della guerra cristiana è attutito. Così ha guadagnato terreno il concetto che la cultura sia un’impresa neutrale ed è negata la natura della religione come comprensiva della totalità della vita e e dell’esistenza dell’uomo [12].

La via alla teologia dei Due Regni

Per comprendere correttamente perché sorse la teologia del Due Regni/ legge Naturale, è necessario comprenderla come una reazione e un’alternativa alla Teonomia e alla Ricostruzione Cristiana, un movimento iniziato da R. J. Rushdoony [13]. Dice VanDrunen: “È forse casualmente che nelle due passate generazioni così tante persone riformate siano state tentate d’abbracciare il movimento teonomico, e la maggioranza che ha resistito abbia per la maggiore offerto alternative tiepide e insipide?” [14]. Nel menzionarlo non stiamo dicendo implicitamente che abbracciamo acriticamente la Ricostruzione Cristiana o condoniamo tutto ciò che è stato scritto dai suoi rappresentanti, ma semplicemente indichiamo il suo ruolo come fattore chiave nella discussione storica.

Un discepolo di Rushdoony, Greg Bahnsen (1948-1995), studiò a Westminster a Filadelfia, dove scrisse la sua tesi di dottorato su “La responsabilità teonomica del magistrato civile”, successivamente sviluppata in Theonomy in Christian Ethics [15].

Ben presto il lavoro di Bahnsen ricevette una critica feroce da Meredith Kline, nella quale compaiono gli stessi temi della dicotomia culto/cultus, così come la sua visione unica della grazia comune e dell’“etica dell’intrusione”:

Qualunque sostegno si possa trovare negli standard di Westminster per la teoria di Chalcedon della politica teonomica, quando si tratta di valutarla in termini dell’unico standard infallibile della chiesa, quella teoria deve essere ripudiata come una lettura della Bibbia errata su vasta scala. … mescola le idee bibliche del santo e del comune. L’errata interpretazione delle nazioni israelite nella teoria dello Stato di Chalcedon, porta con sé, insieme alla sua contraddizione della natura redentrice-riparatrice di quella nazione, una negazione della santità distintiva di Israele come regno messo da parte per il Signore da una speciale alleanza di redenzione.

L’esistenza di Israele come regno santo con speciali garanzie di prosperità costituiva un’eccezione intrusiva nel modello delle nazioni di grazia comune. Ma la teocrazia israelita era solo un regno locale limitato, che serviva semplicemente come un modello tipico della teocrazia universale ultima, e quindi non ha effettuato l’abolizione dell’ordine della grazia comune. Quell’ordine con tutte le sue nazioni comuni riuscì a coesistere con l’Israele teocratico. Ma le teorie millenarie che attribuiscono alla fase pre-consumazione della storia dell’era messianica l’adempimento delle profezie del regno teocratico visibile, universale, santo, messianico postulano l’abrogazione dell’ordine della grazia comune prima della consumazione [16].

Kline definisce la sua visione espansiva della “grazia comune” come l’ordine regolare della storia, in cui la venuta di Israele e le istituzioni mosaiche sono un’eccezione. Chiama Israele “un modello tipico”, il che significa che non è altro che un’immagine di una realtà futura. Vorremmo sostenere che lo scopo di Dio per Israele era quello di essere un modello morale per altre nazioni, perché la legge di Dio rivelata a Mosè è uno standard universale, non una “intrusione” dell’etica futura. Per questo motivo, il concetto di “etica dell’intrusione” proibisce ai seguaci di Kline di affermare che la legge mosaica abbia rilevanza normativa al di fuori dell’Israele storico. Questa ermeneutica speculativa occupa lo sfondo della teologia 2K.

Dopo che Bahnsen replicò a Kline nell’edizione riveduta del suo libro (1984), uno sforzo concertato di molti del Seminario di Westminster Filadelfia produsse nel 1991 Theonomy: A Reformed Critique [17]. Questo ha segnato un rifiuto generale del movimento teonomico da parte di molti seminari riformati conservatori. Molti hanno reagito al Movimento Ricostruzionista enfatizzando la “teologia biblica” e i concetti chiave che hanno portato all’emergere della Teologia 2K: ermeneutica storico-redentiva, teologia del pellegrino e la “spiritualità della Chiesa” [18].

Anche altri del vecchio retroterra della United Presbyterian Church (UPC) che furono influenzati da John Gerstner, un sostenitore di Tommaso d’Aquino e critico del presupposizionalismo di Van Til, abbracciarono queste prospettive. I loro punti di vista hanno trovato voce nella rivista Kerux e nella formazione del Northwest Theological Seminary. Charles Dennison, allora storico dell’OPC, insieme a John Muether e Darryl Hart, definì l’identità dell’OPC come segue:

In contrasto con la visione trasformazionista [cioè che la chiesa è chiamata a trasformare la società] di altre denominazioni conservatrici, l’OPC, nelle parole dello storico Charles Dennison, “non ha un’agenda culturale o sociale”. … alcuni dei critici evangelici dell’OPC hanno spesso liquidato la chiesa come “irrilevante” per la sua mancanza di un’agenda sociale. Vista da un’altra prospettiva, tuttavia, è più accurato dire che l’OPC è impegnata nella “irrilevanza” del mondo per la chiesa. Come parte del nuovo ordine escatologico svelato nella venuta di Cristo, la chiesa trova la sua speranza in un regno che non è di questo mondo … l’OPC abbandona l’aspirazione alla gloria terrena, incluso un “restaurazionismo” che anela a un ritorno a valori giudaico- cristiani, uno stato teocratico o una civiltà cristiana [19].

Due Regni e Due Leggi di David VanDrunen

David M. VanDrunen, nato nel 1971, ha studiato al Calvin College (BA, 1992) prima di andare al Westminster Seminary California (M.Div.). Ha ricevuto un Master in Teologia presso la Trinity Evangelical Divinity School, un dottorato in giurisprudenza presso la Northwestern University School of Law e un dottorato di ricerca dalla Loyola University di Chicago [20] scrivendo la sua dissertazione su “Law and Custom: The Thought of Thomas Aquinas and the Future of the Common Law” (2003). È diventato un avvocato autorizzato nello stato dell’Illinois ed è stato anche ordinato ministro nell’OPC. È un aderente, come Kline, alla “framework hypothesis” riguardante Genesi. Ha iniziato a insegnare al Seminario di Westminster in California nel 2001 e attualmente occupa la Robert B. Strimple Chair of Systematic Theology and Christian Ethics. VanDrunen è anche associato all’Acton Institute, un istituto di ricerca e istruzione americano, fondato nel 1990 a Grand Rapids, Michigan, da due cattolici romani e intitolato a un romanista inglese [21]. Sebbene VanDrunen abbia respinto l’importanza della sua associazione cattolico romana, sembra che ciò abbia comunque fortemente influenzato il suo pensiero.

La formulazione di una dottrina dei Due Regni

VanDrunen è probabilmente il principale motore e divulgatore di 2K, avendo scritto A Biblical Case for Natural Law (Acton Institute, 2006); Natural Law and the Two Kingdoms: A Study in the Development of Reformed Social Thought (2010); Living in God’s Two Kingdoms: A Biblical Vision for Christianity and Culture (2010); e Divine Covenants and Moral Order: A Biblical Theology of Natural Law (2014).

Nel suo popolare libro Living in God’s Two Kingdoms, VanDrunen pone due domande che sono al centro della controversia sui due regni. La prima è: le nostre produzioni culturali adorneranno la città eterna? La seconda è: le nostre opere di restaurazione saranno incluse nei “nuovi cieli e nella nuova terra”? La risposta inequivocabile di VanDrunen ad entrambe è: No. La risposta negativa lo porta a concludere che le discussioni contemporanee sul cristianesimo e la sua connessione con questo mondo decaduto sono attualmente sulla strada sbagliata. Sostiene che i cristiani dovrebbero rendersi conto che le nostre fatiche culturali nel mondo attuale sono temporanee e alla fine passeranno quando Gesù tornerà; tuttavia, il nostro lavoro spirituale nella Chiesa durerà per sempre. Pertanto, il nostro lavoro dovrebbe concentrarsi sui bisogni spirituali della Chiesa piuttosto che sulla trasformazione del mondo. VanDrunen scrive: “Le nostre attività culturali non inaugurano in alcun modo la nuova creazione”. Allo stesso modo, afferma: “L’attività culturale rimane importante per i cristiani, ma finirà bruscamente, insieme a questo mondo attuale nel suo insieme, quando Cristo tornerà e catastroficamente introdurrà i nuovi cieli e la nuova terra” [22].

VanDrunen vede la teologia 2K come una diretta alternativa al neo- calvinismo. A tal fine, dipinge impropriamente il neo-calvinismo con ampi tratti associandolo erroneamente a Karl Barth e N.T. Wright, e quindi considera che sia in qualche modo un precursore di due movimenti teologici contemporanei, sebbene problematici: la Emergent Church e la New Perspective on Paul. Secondo VanDrunen, queste moderne espressioni del neo-calvinismo devono essere criticate perché pongono troppa enfasi sulla trasformazione della cultura di questo mondo. VanDrunen afferma che non riescono a rendersi conto che questo mondo, insieme alla sua cultura, passerà inevitabilmente quando Cristo tornerà per inaugurare il suo regno celeste.

Nella teologia 2K, la Chiesa costituisce un regno mentre il mondo comprende l’altro; il primo è un regno spirituale mentre il secondo è un “regno comune”. Di primaria importanza è come questi due regni si relazionano l’uno con l’altro. La formula 2K è in realtà abbastanza semplice in quanto contrasta Adamo con Cristo, l’Alleanza Noachiade con l’Alleanza Abramitica, e quindi trae implicazioni che determinano come dovremmo vivere come cristiani nei due regni di Dio.

Ad Adamo fu originariamente dato un mandato che avrebbe dovuto compiere: esercitare il dominio sulla terra (Gen. 1: 26-28). Secondo VanDrunen, questo era un mandato culturale. Era stato commissionato da Dio e aveva una ricompensa ad esso collegata. Se Adamo avesse implementato con successo questo mandato culturale, Dio lo avrebbe promosso in un nuovo regno; in un certo senso, le fatiche culturali di Adamo gli avrebbero guadagnato un posto in quel regno. Questo nuovo regno avrebbe superato il paradiso rappresentato dal Giardino dell’Eden prima della Caduta. Tragicamente, Adamo fallì nel suo compito e non portò a termine questo mandato. Tuttavia, Gesù riuscì dove Adamo originariamente fallì. Non solo Gesù ha pagato la pena per il peccato di Adamo, ma ha anche completato il compito originale di Adamo. Quindi, solo Gesù è il secondo Adamo.

Gran parte della differenza tra il neo-calvinismo e la teologia 2K è incentrata sulla natura dell’opera redentiva di Cristo. I neo-calvinisti credono che la redenzione di Cristo permetta ai cristiani di continuare a lavorare secondo il mandato culturale che è stato dato ad Adamo prima della caduta. Essenzialmente vedono i cristiani come nuovi Adamo, credendo che la posizione originale di Adamo nella creazione sia stata riconquistata per i cristiani dalla redenzione di Cristo.

Tuttavia, VanDrunen spiega che solo Gesù ha riguadagnato la posizione di Adamo, certamente non i cristiani. Inoltre, Gesù completò il lavoro che era stato lasciato incompleto da Adamo. Stando così le cose, per i cristiani, la creazione non viene riconquistata nella redenzione; piuttosto, si ottiene una “creazione completamente nuova”. Eppure questa “nuova creazione” non è pienamente presente ma è attesa con impazienza dai cristiani al ritorno di Cristo. Le fatiche culturali di Adamo avrebbero inaugurato il nuovo regno, ma Adamo fallì. Tuttavia Gesù compì quelle fatiche, guadagnando così ai cristiani la cittadinanza celeste. Per mettere questo in una prospettiva più chiara, dovrebbe essere spiegata la natura dei due regni pattizi.

VanDrunen individua due distinte alleanze che corrispondono ai due regni. L’alleanza noachiade corrisponde al regno comune, mentre l’alleanza abramitica corrisponde al regno celeste. Secondo VanDrunen, l’Alleanza noachiade governa tutte le persone (credenti e non credenti allo stesso modo), mentre l’Alleanza abramitica ha giurisdizione sulla Chiesa.

Un’alleanza, quella noachiade, riguarda il governo del regno comune, abitato sia da credenti che da non credenti. Questo regno si concentra su cose secolari come l’istruzione, la vocazione, la politica, ecc., cose condivise da credenti e non credenti, ma anche cose che alla fine svaniranno quando Cristo tornerà.

L’altra alleanza – quella abramitica – riguarda le cose spirituali (cioè la salvezza, ecc.) che appartengono esclusivamente alla Chiesa. Dal momento che non ci si aspetta che i cristiani adempiano il mandato culturale di Adamo e il regno comune alla fine passerà, i cristiani dovrebbero concentrare le loro fatiche nella Chiesa piuttosto che cercare di trasformare il regno comune.

La prospettiva 2K su Adamo e Gesù, alleanze e regni, ha implicazioni sismiche per il modo in cui noi cristiani viviamo e interagiamo con il “regno comune”. VanDrunen sostiene che il punto focale del cristiano dovrebbero essere la vita e il ministero della Chiesa, non la vita culturale e le attività del regno comune. Gli affari della cultura umana sono temporanei e provvisori. Quando Gesù tornerà, il regno comune e i suoi affari cesseranno, ma la Chiesa durerà per sempre. Pertanto, i cristiani non dovrebbero spendere energie per la cultura e la politica nel regno comune. Perché il “regno comune” è evanescente e indifferente alle cose spirituali; la vita cristiana consiste nell’attesa del ritorno di Cristo, poiché la Bibbia ci chiama anche “pellegrini” e “forestieri” in questo mondo.

Secondo VanDrunen, il neo-calvinismo descrive la propria visione della trasformazione culturale definendo “cristiani” i suoi punti di vista e le sue istituzioni. Quando il neo-calvinista cerca di trasformare il sistema educativo, il posto di lavoro e persino la politica, mira a riformare il regno comune per farlo diventare distintamente cristiano. Eppure VanDrunen non vede alcun mandato biblico per questa visione neo-calvinista di creare una società o una cultura cristiana. Ma ci assicura che questo non vuol dire che le fatiche di un cristiano all’interno del regno comune non siano importanti; sono molto importanti. Tuttavia, le nostre fatiche spirituali nella Chiesa sono più importanti, poiché saranno portate nel regno celeste, mentre le nostre fatiche culturali nel regno comune non lo saranno. VanDrunen scrive: “Pertanto i cristiani non sono chiamati a perseguire attività culturali come un modo per arrivare al mondo a venire, né dovrebbero aspettarsi che i prodotti del loro lavoro culturale sopravvivano nella nuova creazione” [23].

Un testo chiave per VanDrunen è 1 Timoteo 6: 7 che recita: “Non abbiamo portato nulla al mondo e non possiamo portare nulla fuori dal mondo”. Di conseguenza, ciò che VanDrunen intende con la parola “prodotti” sembra essere materiale. Ci dice che “i nostri corpi terreni sono l’unica parte del mondo presente che la Scrittura dice sarà trasformata e assorbita nel mondo a venire …. Affermare che qualsiasi altra cosa in questo mondo sarà trasformata e assorbita nel mondo a venire è una speculazione oltre la Scrittura” (71).

VanDrunen ci dice anche che il neo-calvinismo “sottolinea la centralità del lavoro culturale cristiano come mezzo per costruire il regno di Dio e anticipare la nuova creazione” (23). Crede che il neo-calvinismo veda la redenzione come la creazione riconquistata, il che significa che i cristiani occupano una posizione (o ufficio) simile a quella di Adamo prima della caduta. Tuttavia, VanDrunen pensa che Cristo abbia già adempiuto il mandato culturale originale di Adamo; perciò, la creazione non è stata riguadagnata attraverso la redenzione, ma è stata acquisita una nuova creazione, anche se una creazione che non è ancora qui nella sua interezza.

Per quanto riguarda il modo in cui il regno comune deve essere governato, VanDrunen afferma che non deve essere governato dal canone della Scrittura. Scrive espressamente: “La chiesa si occupa degli affari del regno redentivo e non calpesta l’autorità delle istituzioni del regno comune. A differenza di queste altre istituzioni, la sua autorità deriva dalle Scritture solamente”(31).

Eppure sostiene che, oggettivamente, “gli standard di moralità ed eccellenza nel regno comune sono ordinariamente gli stessi per credenti e non credenti: condividono questi standard in comune sotto l’autorità di Dio nel patto con Noè” (31). Questi standard “noachidi” sono quelli della “legge naturale”.

Anche se VanDrunen sottolinea che i cristiani non sono chiamati “ad assumere il Mandato Culturale originale di per sé, tuttavia Dio ci chiama “ad obbedire al Mandato Culturale dato in forma modificata a Noè in Genesi 9” (164). Non dice molto su ciò che questa “forma modificata” di Genesi 1: 26– 28 includa o escluda. Sembra restringerlo al comando di essere fecondi e di moltiplicarsi, cioè di “esercitare il dominio sulla terra” in senso solo procreativo.

Probabilmente il suo uso della parola dominio include anche il comando di esercitare la pena di morte per omicidio (Gen. 9: 6). Tuttavia, anche se dobbiamo obbedire al mandato culturale in una “forma modificata”, l’autorità per le altre istituzioni non deriva dalle Scritture [24].

Per sostenere la sua etica sociale, VanDrunen usa quella che chiama la dottrina delle due funzioni di mediatore di Cristo [25].

La discussione di VanDrunen sulla “dottrina delle due mediazioni” implica l’accettazione di un dualismo funzionale nella persona di Cristo? [26]. Dice che la cristologia è un’area che necessita di ulteriore sviluppo come parte del programma 2K [27].

Questa nuova etica richiede una nuova cristologia. Ma dovremmo renderci conto che per Cristo essere Mediatore della Creazione implica un dualismo originale tra Creatore e creatura. Ciò è chiaramente contrario alla comprensione riformata della Genesi e della Creazione [28].

Michael Horton: la teologia del pellegrino

Michael Horton, nato nel 1964, ha svolto i suoi studi universitari presso l’Università evangelica di Biola. Fu uno dei primi studenti del seminario di Westminster in California a studiare sotto Meredith Kline, Robert Strimple e Robert Godfrey. Ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università di Oxford e ha svolto studi post-dottorato presso la Yale Divinity School. Ordinato prima come diacono nella Reformed Episcopal Church, è stato poi ordinato ministro nelle United Reformed Churches. Nel 1998 ha iniziato a insegnare al Westminster Seminary California e ora è J. Gresham Machen Professore di Teologia sistematica e Apologetica. È ospite della trasmissione settimanale, White Horse Inn e redattore capo della rivista Modern Reformation. Horton ha scritto o curato più di venti libri su argomenti teologici e culturali, tra cui The Christian Faith: A Systematic Theology for Pilgrims on the Way di 1.057 pagine. Il tema del “pellegrino” è centrale per la comprensione che Horton ha del cristiano nel mondo.

Il dottor Michael Horton non ha scritto molto sulla teologia 2K; la maggior parte se non tutte le sue conferenze e articoli sui Due Regni sono una difesa contro le caricature della prospettiva 2K. Cerca anche di chiarire la questione rinnegando che esista una cosa come la “Teologia di Escondido”, facendo notare anche che il presidente del seminario di Westminster in California è un neo-calvinista kuyperiano. Horton sostiene anche che sui punti più importanti la posizione kuyperiana e la teologia 2K concordano.

Come VanDrunen, Horton afferma che “tutte le cose sono sotto il dominio personale di Cristo” [29], eppure si oppone all’idea che un ordine civile valido debba essere basato sulla Bibbia. Sostiene che la legge naturale e la legge comune sono complementari, poiché “l’opera della legge è scritta nel cuore” di ogni uomo (Ro. 2:14-15). Questo “canone della legge naturale” è inciso su ogni essere umano (152). Dice che “Dio è Re in status, ma un giorno sarà Re escatologicamente in tutta la terra” (540). La maggior parte, se non tutti, i suoi usi della parola “regno” sono riservati alla Chiesa, poiché la Chiesa è sia il regno di grazia ora che il regno di gloria in futuro (537).

Interpreta le parole di Apocalisse 11:15 che parlano dei regni di questo mondo che diventano i regni del Signore e del suo Cristo come riferirsi all’inaugurazione del regno di gloria. Sottolinea anche che il regno di Dio “non è un regno che stiamo costruendo” ma che “riceviamo” (543). Spingendo il concetto scritturale del “già-non ancora” Horton sostiene che il regno sta venendo, ma è anche venuto (544). Quindi, “dovunque è presente il Re, è presente anche il suo regno” (547), ma non sembra disposto ad applicare la parola “regno” allo Stato o a qualsiasi attività culturale al di fuori della Chiesa. Uno dei motivi è che “in questa era il regno di Cristo non rovescia i regni dell’età presente” (973).

Uno dei motivi per cui i cristiani non sono trasformatori è che la Scrittura ci identifica come “stranieri e pellegrini”. Horton spinge così tanto questa metafora che la copertina del suo libro sulla teologia sistematica raffigura due pellegrini, avvolti nell’oscurità, che percorrono la vita su un suolo annerito. Infatti, il sottotitolo del libro recita: “Una teologia sistematica per pellegrini sulla Via”. Di conseguenza, i teologi di 2K descrivono il cristiano come uno straniero, in viaggio verso un santuario religioso (“il regno della gloria”). Per Horton, la figura di uno straniero pubblicizza la sua teologia meglio che un re trionfante sulla terra che “occupa” fino al secondo avvento di Cristo (Luca 19:13). Horton non bilancia la sua enfasi sui “pellegrini sulla Via” con altre importanti metafore del Nuovo Testamento, come il nostro essere re vittoriosi e sacerdoti che combattono le battaglie di Dio sulla terra (Apocalisse 5:10).

Il Dr. Horton fa riferimento a tutti i governanti di questo mondo come “governanti secolari” (713), che non devono essere diretti dalla Chiesa (896). A dimostrazione, egli cita la Confessione di Fede di Westminster, articolo 32. 1-2, che afferma che la Chiesa non deve dirigere lo Stato “se non per umile petizione in casi straordinari” (889). La sua convinzione è che la Chiesa non diriga “affari secolari” (896). Questi “affari secolari” sono questioni che riguardano il vecchio Mandato Culturale, non il Grande Mandato di Matteo 28. Horton afferma: “In nessun punto del Nuovo Testamento il Grande Mandato è fuso col Mandato Culturale. Anziché offrire un modello per stabilire il regno di Cristo attraverso il potere culturale, politico o sociale, le istruzioni di Paolo per la condotta quotidiana dei credenti nella società civile sembrano piuttosto modeste” (713).

Scrive ancora:

I cristiani non si distinguono dai non cristiani, vale a dire non sono santi perché mostrano amore e gentilezza al prossimo, difendono la giustizia e si prendono cura dell’ambiente. Questi sono obblighi della legge della creazione che i cristiani riconoscono nella loro coscienza insieme ai non cristiani. È solo il vangelo che segna i credenti come santi, ed è solo la predicazione del vangelo e la sua ratifica nel battesimo e nella comunione che generano una città di luce in un mondo oscuro. (719)

Ancora, egli sostiene che “la chiamata della Chiesa non è quella di testimoniare la propria pietà o di trasformare il mondo nel regno santo di Cristo” (868). secondo Horton l’impatto della Chiesa sullo Stato non dovrebbe essere diretto. L’era in cui viviamo è “l’era del diritto comune misurato dall’equità a cui credenti e non credenti sono legati in amicizia secolare” (973). Ciò significa che i nostri atteggiamenti verso i non credenti sono determinati dalla grazia comune. Horton scrive: “Tutti i luoghi sono comuni …” (961). Per Horton, questo significa che i cristiani devono “influenzare” il mondo senza trasformare il mondo. L’obiettivo di trasformare il mondo è “l’eresia del costantinismo”. Quanto a distinguere come dobbiamo influenzare ma non trasformare, Horton dice che “i cristiani possono fare appello ai principi generali di giustizia e amore del prossimo, ma non al patto nazionale di Israele” (973). Horton sostiene anche che “la teologia non fornisce una teoria normativa della politica, né affronta ogni area di interesse morale” (105).

Tuttavia, malgrado sostenga la discrezione quando la Chiesa consiglia lo Stato, Michael Horton ci dice che la Bibbia non parla di tutte le questioni etiche, implicando che una delle ragioni del silenzio della Chiesa è perché la Bibbia ha poco o niente da dire. Al contrario, ci chiediamo se Horton abbia considerato che la Bibbia abbia troppo da dire allo Stato talché la Chiesa non solo interferirebbe se avesse fatto dell’intervento una pratica comune, ma abbandonerebbe la sua chiamata ad evangelizzare e predicare la buona novella di Gesù Cristo in un mondo inconvertito [30].

Note:

1 Citato in: Cornelius Van Til, Common Grace and the Gospel, ed. K. Scott Oliphint (Phillipsburg, NJ: P&R Publishing, 2015), 27, 29.

2 H. Henry Meeter, The Basic Ideas of Calvinism (Grand Rapids: Baker, 1990), p. 67.

3 John Frame, The Amsterdam Philosophy: A Preliminary Critique (Pilgrim Press, 1972); 2005 versione disponibile online at frame-poythress.org.

4 Per un’analisi critica di Kline, rimandiamo ai commenti di John Frame’s in The Escondido Theology: A Reformed Response to Two Kingdom Theology (Whitefield Media Productions, 2011) 166–81.

5 Meredith Kline, Kingdom Prologue: General Foundations for a Covenantal Worldview (Wipf & Stock, 1981, rep. 2006).

6 La visione di Agostino della Città di Dio e Città dell’Uomo sarà discussa più tardi in questa relazione.

7 John Frame, Escondido Theology: A Reformed Response to Two Kingdom Theology (Whitefield Media Productions, 2011), 169.

8 Kline, Kingdom Prologue, 95.

9 Ibid., 95, 101.

10 Il Cathechismo di Heidelberg dice in D.101: “Si può fare un giuramento religioso nel nome di Dio? Risposta. Sì, quando è l’autorità a esigerlo, o altrimenti quando è necessario serbare e promuovere la fedeltà e la verità per la gloria di Dio e per il bene del prossimo; un tale giuramento è fondato sulla Parola di Dio”, ed è stato perciò rettamente usato dai santi nell’Antico e nel Nuovo Testamento”.

11 Van Til, Common Grace and the Gospel, 264–65; John Murray, “Common Grace,” Collected Writings, vol. 2 (Edinburgh: The Banner of Truth Trust, 1977), 93–119.

12 Henry van Til, The Calvinistic Concept of Culture (Grand Rapids, MI: Baker, 1972), 245.

13 Rousas J. Rushdoony (1916–2001), figlio di immigrati armeni, ha studiato a UC Berkeley and the Pacific School of Religion prima di essere ordinato nella Presbyterian Church USA. Successivamente si trasferì alla Orthodox Presbyterian Church. La sua visione, incarnata in The Institutes of Biblical Law (Phillipsburg, NJ: Presbyterian and Reformed, 1973), in cui propose che la legge civile del Vecchio Testamento sia normativa per il governo civile oggi. Il suo trattamento del codice mosaico formò un’ampia prospettiva, combinata alle aspettative post-millennialiste, a formare il Movimento Ricostruzionista.

14 David VanDrunen, “VanDrunen in the Hands of an Anxious Kloosterman: A Response to a Review of A Biblical Case for Natural Law,” Ordained Servant Online (December 2007) http:// www.opc.org/os.html?article_id=78&issue_id=26. Vedi anche Nelson Kloosterman, in Kingdoms Apart: Engaging the Two Kingdoms Perspective, ed. Ryan McIlhenny (Phillipsburg, NJ: P&R Publishing, 2012), 90.

15 Greg L. Bahnsen, Theonomy in Christian Ethics (Phillipsburg, NJ: Presbyterian and Reformed, 1977).

16 Meredith Kline, “Comments on an Old–New Error,” Westminster Theological Journal 41:1 (Fall 1978): 172–89.

17 Theonomy: A Reformed Critique, William S. Barker and W. Robert Godfrey, ed. (Grand Rapids: Zondervan, 1991).

18 Il moderno Movimento della Teologia Biblica sorse col luteranesimo tedesco ed evidenziava che la Bibbia debba essere primariamente compresa come una storia che concerne la redenzione spirituale cristocentrica. Non dovrebbe essere confusa con la teologia pattizia storica.

19 Darryl G. Hart and John Muether, Fighting the Good Fight: A Brief History of the Orthodox Presbyterian Church (Philadelphia: Committee for the Historian of the Orthodox Presbyterian Church, 1995), 190–92. Vedi anche History for a Pilgrim People: The Historical Writings of Charles G. Dennison, Danny E. Olinger and David K. Thompson, eds. (Committee for the Historian of the Orthodox Presbyterian Church, 2002)

20 Loyola è una delle più grandi università gesuite cattoliche della nazione. Norman Geisler, un promotore evangelicale dell’Aquinate, ha anche ottenuto i suo dottorato lì.

21 Intitolata a Lord Acton, uno storico, politico e scrittore inglese cattolico romano. Sirico, un sacerdote Paolista , fu assegnato al Catholic Information Center in Grand Rapids, Michigan, e poco dopo fondò l’Istituto insieme a Kris Alan Mauren. Stephen J. Grabill (PhD, Calvin Theological Seminary) è l’attuale direttore dei programmi dell’Istituto e l’autore di Rediscovering the Natural Law in Reformed Theological Ethics (2006).

22 David VanDrunen, Living in God’s Two Kingdoms: A Biblical Vision for Christianity and Culture (Wheaton: Crossway, 2010), 28.

23 VanDrunen, Living in God’s Two Kingdoms, 71.

24 Le ampie opinioni di VanDrunen’s saranno considerate ulteriormente nel resto di questa relazione. John Frame dedica il capitolo 4 del suo The Escondido Theology a A Biblical Case for Natural Law di VanDrunen.

25 David VanDrunen, Natural Law and the Two Kingdoms: A Study in the Development of Reformed Social Thought (Grand Rapids, MI: Eerdmans, 2010), 75–76. “Anche dopo la caduta nel peccato e l’incarnazione del Figlio, secondo Calvino, Cristo non esiste e opera nel mondo unicamente attraverso la sua natura umana nella sua qualità di redentore. In contrasto alla dottrina luterana dell’ubiquità … Calvino insegna che la natura divina di Cristo è presente etiam extra carnem (“anche al di fuori della sua carne”). Questo dà a Calvino le categorie per affermare che il Figlio di Dio governa un regno in modo redentivo e l’altro regno in modo non redentivo. Nella sua descrizione del pensiero sociale di Calvino, John Bolt spiega utilmente: “In quanto mediatore, il Logos divino non è limitato alla sua forma incarnata anche dopo l’incarnazione. Era mediatore della creazione prima della sua incarnazione e come mediatore continua a sostenere la creazione indipendentemente dalla sua opera di mediatore come riconciliatore della creazione nell’incarnazione, morte, risurrezione e ascensione di Gesù di Nazareth”. La dottrina a cui Bolt allude qui, quella dei due mediatori del Figlio di Dio, rispettivamente sulla creazione e sulla redenzione, è stata sviluppata dalle generazioni successive di teologi riformati ed è venuta a servire come fondamento cruciale per la loro dottrina dei due regni”. “

26 Questo non è un punto minore nella sua formulazione. VanDrunen rafforza il suo punto di vista cercando di trovare la “dottrina delle due funzioni di mediatore di Cristo” in Calvino (75-76), Turretin i(177, 180) e Kuyper (3 13-14). Anche se si potrebbe dire che l’autore tratta solo personaggi storici, l’analisi che fornisce e le conclusioni che trae non sono affatto osservazioni neutre. Faremo ulteriore riferimento a questo argomento nelle sezioni esegetiche e storiche di questa relazione. Nella sua argomentazione VanDrunen si riferisce al cosiddetto “extra calvinisticum”. Ma è pericoloso accettare acriticamente un termine coniato dai luterani che implica che la teologia riformata separa le due nature di Cristo. Pur distinguendo chiaramente tra le due nature di Cristo, il Catechismo di Heidelberg nega chiaramente qualsiasi separazione della natura umana di Cristo dalla sua divinità (D.48).

27 Ibid., 429–30. “Un ambito riguarda la dottrina delle due funzioni di mediatore del Figlio di Dio. I sostenitori riformati dell’idea dei due regni fondarono storicamente l’origine e la natura dei regni civile e spirituale rispettivamente sulla distinta mediazione della creazione e della redenzione del Figlio. Tuttavia, un certo numero di scrittori riformati nel secolo scorso hanno rifiutato questa dottrina e insieme ad essa un approccio dei due regni al pensiero sociale. Sebbene questo possa sembrare un argomento intimidatorio e remoto per i non teologi alle prese con questioni di cristianesimo e cultura, coloro che desiderano dare un resoconto teologicamente ricco di questi problemi dovranno certamente lottare con l’idea delle due funzioni di mediatore”. (enfasi aggiunta)

28 vedi valutazione di “Two mediatorships” by J. van Genderen and W. H. Velema, Concise Reformed Dogmatics, trans. by Gerrit Bilkes and Ed M. van der Maas (Phillipsburg, NJ: P&R Publishing, 2008), 250–51. Per una chiara affermazione riguardo la creazione: The Days of Creation: The Report of the Special Committee to Articulate the Doctrine of Creation Reformed Church in the United States, 1999,che si può trovare a: rcus.org.

29 Michael Horton, The Christian Faith: A Systematic Theology for Pilgrims on the Way (Grand Rapids: Zondervan, 2001), 26.

30 Per un quadro più completo della prospettiva di Horton vedi il suo “In Praise of Profanity: A Theological Defense of the Secular,” in Evangelicals and Empire, ed. Peter Heltzel (Oxford: Oxford University Press, 2008), 252–56; il capitolo 6 del suo God of Promise: Introducing Covenant Theology (Grand Rapids, MI: Baker Books, 2006). John Frame analizza la prospettiva di Horton in “Christless Christianity,” The Escondido Theology, capitolo 2.


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