32. Intercessione
Un testo della Scrittura molto frainteso è 1 Timoteo 2:1-2
Ti esorto dunque prima di ogni cosa, che si facciano suppliche, preghiere intercessioni e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in ogni pietà e decoro.
Questo è un testo molto utilizzato da coloro che sostengono la sottomissione incondizionata alle autorità civili. È bene ricordare che questo testo rappresenta un punto di offesa per Roma e un conflitto con i magistrati. Perowne, nell’analizzare i punti di conflitto tra Roma e la chiesa, cita questo come uno di essi. Riguardo “all’atteggiamento dei cristiani verso lo Stato”, Perowne afferma: “In breve, mentre erano disposti e bramosi di pregare per Cesare e, come il loro Maestro aveva insegnato loro, di restituirgli ciò che gli apparteneva, si rifiutavano di pregarlo. Questo atteggiamento non faceva che confermare la convinzione che fossero un’organizzazione sediziosa e sovversiva [1].
Con questo in mente, il testo assume un nuovo significato. Viene in mente “Il violinista sul tetto”, in cui al rabbino viene chiesto come pregare al meglio per lo zar. Il rabbino risponde: “Dio benedica lo zar, … e lo tenga lontano da noi!”. Le parole di Paolo, tuttavia, sono molto positive. Dobbiamo pregare per i governanti affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e decoro: l’ordine civile e la pace dipendono dal loro giusto esercizio dell’autorità. Dobbiamo ringraziare per tutto il buon governo che il governante civile fornisce. Tuttavia, le nostre preghiere per le autorità civili implicano anche intercessioni per loro. Il termine greco è enteuxis, Un termine tecnico per indicare l’avvicinarsi a un re. Qui, tuttavia, il re è trattato come un’anima bisognosa e il cristiano che prega come una potenza superiore che intercede presso il Grande Re per lui! Il cristiano ha accesso continuo al grande Intercessore alla destra di Dio, Gesù Cristo, che “può anche salvare appieno coloro che per mezzo suo si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro” (Ebrei 7:25). Pregare per Cesare, in breve, era un affronto a Cesare e una grave violazione della sua autorità.
Tornando al presente, si può citare un episodio correlato. Il Rev. Robert McCurdy, pastore battista di East Point, in Georgia (una frazione di Atlanta), pubblicò sul giornale della chiesa un avviso che invitava a pregare per l’abolizione dell’Internal Revenue Service federale. (l’equivalente del nostro Ufficio delle Entrate). L’IRS si considera l’unica entità che può convalidare la rivendicazione di una chiesa di essere tale. Concede ai contribuenti debitori un determinato numero di “giorni di grazia” per pagare. La reazione dell’IRS alla richiesta del pastore McCurdy che si pregasse contro l’IRS fu una dura nota di protesta!
Citando ancora il presente, Segundo, teologo della liberazione, definì il socialismo in questo modo:
Diamo il nome di socialismo a un regime politico in cui la proprietà dei mezzi di produzione viene sottratta agli individui e trasferita a istituzioni superiori il cui interesse è il bene comune [2].
Le “istituzioni superiori” sono agenzie dello Stato. Lo Stato è visto come un’agenzia che trascende l’avidità e i limiti degli individui “privati” e ha come suo “interesse … il bene comune”. Lo Stato sostituisce Dio come potere trascendente che è al di sopra e al di là dei meschini interessi degli uomini. Lo Stato diventa un dio in terra.
L’ “interesse” dello Stato è per sua natura buono, perché, a partire da Platone, una vasta corrente filosofica ha identificato politica ed etica. Come sottolineò Willoughby molti anni fa:
In una filosofia politica come questa, l’idea che lo Stato esista esclusivamente, o addirittura principalmente, per la protezione dei diritti privati dei suoi cittadini, ovviamente, non trovava posto. Si sosteneva piuttosto che senza lo Stato l’individuo non avrebbe avuto alcun diritto, nemmeno diritti naturali o morali, poiché senza l’educazione e l’ordine che lo Stato offre, non avrebbe né la disposizione né l’opportunità di condurre una vita morale e razionale.
Un’ulteriore conseguenza derivante da questa concezione estesa della portata dello Stato fu quella di fare della politica e dell’etica praticamente un’unica scienza. Come vedremo più avanti, negli scritti di Platone le due erano completamente identificate. Aristotele le distingueva, ma in conformità con i principi che abbiamo esposto, faceva della politica la scienza principale, e dell’etica una delle sue suddivisioni. Pertanto, dichiara esplicitamente che la sua Etica Nicomachea è un trattato politico e non è altro che l’introduzione al suo trattato sulla politica vera e propria [3].
Né Platone né Aristotele stavano aprendo nuove strade con le loro idee. Stavano formulando la prassi greca in base ai propri obiettivi specifici. A conferma di ciò Willoughby citò Felix Dahn:
Non era tanto che lo Stato interferisse in quasi tutto, quanto piuttosto che ogni cosa fosse assorbita dallo Stato. La religione era religione di Stato, e chiunque annunciasse nuovi dèi doveva tracannare il calice letale. La famiglia era solo un mezzo per raggiungere il fine dello Stato. Lo Stato poteva impedire il commercio e il traffico con l’estero e intralciare la piena attività economica dell’individuo; non riconosceva altra società se non se stesso. Lo Stato era solo la logica conseguenza della stessa idea politica che prescriveva alla musica le sue melodie, agli strumenti i loro accordi, e che si azzardava persino a proibire agli Elleni di leggere Omero [4].
Il punto è ben colto: “tutto fu assorbito nello Stato”. Questo stesso assorbimento si sta verificando di nuovo, o almeno lo è stato, come negli stati marxisti. Il suo presupposto è l’infallibilità dello Stato e la virtuale imbecillità di tutti coloro che dissentano, come Mill sottolineò più di un secolo fa.
Nel mondo occidentale, molti pensatori liberali e giacobini hanno una teoria alternativa che ci porta infine a una conclusione simile. In questa teoria, esiste un’entità che incarna la virtù e che è allo stesso tempo l’elemento oppresso. Questa entità è “il popolo”. I marxisti usano lo stesso concetto, ma identificano “il popolo” con una particolare classe sociale. “Il popolo” rappresenta gli oppressi e i buoni; “il popolo” cerca di raggiungere la propria perfetta realizzazione nello Stato. Se lo Stato frustra tale realizzazione, è malvagio, fascista, reazionario o qualche simile entità mostruosa. Tuttavia, la priorità e l’inizio è “il popolo”, e “il popolo”, il vero logos della storia, cerca di incarnarsi nello Stato. Invece di essere Dio la base e la fonte del potere lo è “il popolo”. Tutto ciò che non è del, dal e per il popolo è male. Come ha osservato Halle:
Oggi, quando il Primo Ministro dell’Unione Sovietica indirizza una comunicazione al Presidente degli Stati Uniti, si impegna a esprimere il punto di vista del “popolo sovietico” sulla materia in questione. Quando il Presidente degli Stati Uniti risponde, fornisce la risposta del “popolo americano” al contenuto della nota del Primo Ministro Sovietico. A San Francisco, nel 1945, sessanta persone, investite dell’autorità di altrettanti Stati sovrani, alcuni dei quali chiamiamo dittature e pochi che chiamiamo democrazie liberali, redassero e concordarono un documento che inizia: “Noi, il popolo delle Nazioni Unite…” [5].
Il Preambolo della Costituzione degli Stati Uniti invoca lo stesso mito malvagio di “Noi, il popolo”. “Il popolo” non è un’entità corporativa con una volontà corporativa, ma questo è il mito della politica moderna. “Il popolo”, come entità corporativa con una volontà comune, è un’idea, non un dato di fatto, non un’entità. Basare la nostra vita politica su un mito significa invitare ogni tipo di male in nome del mito. Come ha sottolineato Halle, “Sia le procedure liberali che quelle giacobine si basano sulla premessa che, tra le forme dell’essere nel mondo esistenziale, vi sia un’entità personale chiamata ‘il popolo’ “.
Data l’identificazione del “popolo” come entità, ogni ciarlatano, furfante, fariseo, cialtrone e ipocrita politico può quindi denunciare tutti gli oppositori come “contro il popolo”. Possiamo, infatti, identificare il Giuda politico come uno che “parla a nome del popolo”. Robespierre amava proclamare nell’Assemblea francese: “Il popolo è la legge” [6]. Ma se qualcuno tra “il popolo” non era d’accordo con Robespierre, veniva decapitato. Due giacobini, d’Herbois e Fouché, emanarono un editto che iniziava così: “Tutto è permesso a coloro che agiscono in direzione rivoluzionaria” [7]. Nulla era permesso a coloro che per definizione non erano “il Popolo” e quindi non facevano parte della Rivoluzione.
Negli anni ’60, il movimento giovanile abbracciò l’illegalità e la violenza in nome del “popolo”. Il movimento per il congelamento delle armi nucleari, l’ambientalismo, la crescita economica zero, la crescita demografica zero, l’aborto, l’omosessualità e altro ancora sono stati tutti promossi in nome del “popolo”. Già, in nome del “popolo”, tutto è lecito. Questo è il grande nome del potere nel mondo moderno.
I cristiani offendevano Roma invocando, non Cesare, ma pregando Dio. Ora, l’umanesimo invoca il nome del “popolo” e si offende quando i cristiani rifiutano di sottomettersi alla volontà del “popolo” espressa nello Stato. Le chiese cristiane, le loro scuole, i pastori e i genitori vengono trascinati in tribunale perché per motivi religiosi dissentono dalla sottomissione al nuovo dio. (Ho sentito giudici rimproverare i cristiani per aver citato le Scritture, perché non riconoscono alcuna autorità da Dio). Il modo in cui gli uomini affrontano questa guerra dipende in larga misura dalla loro dottrina dell’intercessione. Se il potere la cui parola di legge deve essere obbedita e a cui si rivolge l’intercessione è lo Stato o “il popolo”, allora i cristiani che resistono sono chiaramente in errore. Ma se Dio è l’unico Signore e i cristiani hanno un Intercessore presso il trono, allora lo Stato e i paladini del “popolo” sono in errore e saranno giudicati.
Note:
1 Stewart H. Perowne: Caesars and Saints, p. 85. New York, NY: WW Norton, (1962) 1963.
2 Juan Lois Segundo: Liberation South, Liberation North, p. 15. Washington, D.C. American Enterprise Institute for Pubic Polici Research, 1981.
3 Westell Woodbury Willoughby: The Politica Theories of the Ancient Word, p. 61s, New York, NY: Longmans, Green, 1903.
4 Ibid., 61n.
5 Louis J. Halle: Men and nagtions, p. 38. Princeton, NJ: Princeton University Press, 1962.
6 Otto J. Scott: Robespierre: The Voice of Virtue, p. 73. New York, NY: Mason & Lipscomb, 1974
7 Ibid., p. 205.