L’eredità giuridica divisa lasciata da Calvino
(un capitolo da Westminster’s Confession)

Se distinguiamo tra un punto di vista teorico e strettamente “teonomico” da un lato, e un punto di vista “teonomico” più pratico e sciolto dall’altro, potremmo dire che Calvino non era un Teonomista ma un teonomista. Cioè, un esame degli scritti teorici di Calvino sugli aspetti giuridici della legge mosaica rivelerà che egli credeva che fossero stati dati a Israele in un modo piuttosto unico, e non fossero vincolanti per i moderni governi civili. Un esame degli scritti e dei sermoni pratici di Calvino (come i sermoni sul Deuteronomio) rivelerà che egli usò la legge mosaica, compresi i suoi aspetti giuridici, come fondamento della sapienza sociale, politica e legale, e generalmente preferiva imitare le leggi mosaiche nel mondo moderno.

James B, Jordan (1990)[1]

Giovanni Calvino fu una figura di transizione. (Adamo e Gesù Cristo furono le figure di transizione di valore ultimo; tutti gli altri sono una figura mini-transitoria o una figura micro-transitoria.) Calvino aveva ereditato dal passato una grande quantità di bagaglio filosofico. Ne ha rottamato solo una parte. Ogni volta che si affidò alla bibbia o ad Agostino, di solito fu al sicuro da interpretazioni errate. Ma in diverse aree dottrinali chiave, fu confuso. Non intendo semplicemente confuso; voglio dire di mente doppia. Ha dichiarato posizioni opposte in diverse occasioni. Offre un “sì” in un’occasione e un “no” in un’altra. Nel calvinismo questa litania di sic et non è continuata nei secoli. Questo dualismo ha portato alla creazione di ali rivali all’interno del Calvinismo, ali che stanno ancora sbattendo l’una contro l’altra. Di conseguenza, il Calvinismo non si eleva; corre per terra come una gallina spaventata.

La confusione di Calvino è parallela alla confusione della Chiesa cristiana dal V secolo in poi. Questa confusione è strettamente correlata al modello del patto biblico; anzi, è una manifestazione storica dei cinque punti di quell’alleanza: la trascendenza di Dio, la gerarchia delle autorità istituzionali, la legge di Dio, le sanzioni di Dio nella storia e il millennio. La Chiesa primitiva ha formulato correttamente la dottrina trinitaria di Dio. Nessuno nel campo degli ortodossi suggerisce la necessità di rivedere i primi credi su questo punto. Se la Chiesa avesse fallito qui, saremmo tutti ariani, o anche peggio, proprio come lo è oggi la stragrande maggioranza del nostro prossimo. Sulla questione della sovranità assoluta di Dio, tuttavia, in occidente i pelagiani trionfarono costantemente sugli agostiniani dopo la morte di Agostino nel 430. Fu solo con la rivitalizzazione della dottrina agostiniana della predestinazione da parte di Lutero e Calvino che la Riforma iniziò a recuperare l’eredità agostiniana abbandonata.

Sulle altre quattro dottrine del patto, non c’è mai stata alcuna convergenza. Nel 1054, l’Ortodossia orientale si separò dal cattolicesimo occidentale sulla questione della corretta gerarchia: Papa contro Patriarca, Chiesa contro Stato. Le questioni della Chiesa e dello Stato in occidente arrivarono all’apice nell’undicesimo secolo, culminando con la decisione del re Enrico IV di stare a piedi nudi nella neve per tre giorni a Canossa nel 1077, nel suo tentativo poi riuscito di convincere papa Gregorio VII a rimuovere la sua scomunica del 1076 [2]. Questo dibattito sul controllo dei laici da parte della Chiesa (la questione dll’investitura) continua ancora oggi. Il Vaticano II all’inizio degli anni ’60 è stato un’estensione di questo antico dibattito all’interno del cattolicesimo, e questo dibattito si è intensificato [3]. Non c’è stata alcuna intesa.

Successivamente, il dibattito sulla natura, la funzione e le connessioni del diritto canonico e del diritto civile in occidente iniziò poco dopo che Gregorio aveva concesso a Enrico ciò che desiderava [4]. Non c’è stata una soluzione nemmeno a questo dibattito: nessuno presta molta attenzione al diritto canonico.

Tre secoli e mezzo dopo Canossa, la Riforma divise l’Europa e la cristianità occidentale sulla questione delle sanzioni ecclesiastiche: chi ha il diritto di scomunicare chi? Qual è la natura dei sacramenti (battesimo e santa cena)? Quanti sacramenti ci sono? Non c’è stata alcuna intesa [5]. (La vendita delle indulgenze da parte della Chiesa romana – vie di fuga per i morti da un luogo di sanzioni chiamato purgatorio – ha catalizzato il dibattito.)

Infine, il millenarismo rimane il grande punto di contesa di questo secolo all’interno del protestantesimo evangelico [6]. (Quell’altro grande movimento escatologico, il comunismo marxista [7], crollò visibilmente come ideale alla fine del 1989.) Con il passare del ventesimo secolo, i dibattiti sull’escatologia si sono intensificati. L’ultimo è il dibattito sul Nuovo Ordine Mondiale.

La sovranità di Dio

Calvino non ha lasciato dubbi riguardo alla sua visione della sovranità di Dio. Era agostiniano. (Così fu anche per Martin Lutero [8], ma i suoi successori, a cominciare quasi immediatamente da Filippo Melantone, tornarono a una visione molto più pelagiana). Calvino lasciò pochi dubbi anche sulla gerarchia: la Chiesa ha una struttura presbiteriana e lo Stato deve proteggere la Chiesa. “Scopo di questo governo temporale è invece garantire e mantenere il servizio di Dio nella sua forma esteriore, la pura dottrina, la religione, custodire la chiesa nella condizione della sua integrità, educare ad ogni sentimento di rettitudine, richiesta dalla convivenza umana, gli uomini per il tempo che abbiamo a vivere fra loro, adeguare i nostri costumi ad una giustizia civile, mantenere l’intesa degli uni con gli altri, stabilire e conservare una pace, una tranquillità comune” [9]. Calvino affermò l’ideale dello Stato cristiano [10]. (Questa prospettiva ha costituito un grande imbarazzo per i suoi seguaci americani post-1788) [11]. Per Calvino, come per Tommaso d’Aquino, la cristianità includeva lo Stato e tutte le altre istituzioni. Nell’era post-1788, il concetto stesso di cristianità è diventato un anatema per quasi tutti i protestanti, indicando che i deisti, gli unitari e gli anabattisti post-Munster hanno trionfato sul calvinismo originale in particolare e sul pensiero e sulla cultura europea pre-newtoniana in generale. Ma nell’era della Riforma, il punto di vista di Calvino non era rivoluzionario. In effetti, qualsiasi allontanamento da tale punto di vista sarebbe stato considerato rivoluzionario. Fino alla guerra civile del 1640, nemmeno una manciata di inglesi considerava questa visione delle relazioni tra Stato e Chiesa pericolosa per le libertà religiose. Dove vediamo un Calvino diviso è su due aspetti del modello del patto biblico: legge e sanzioni storiche.

Diritto Privato e Sanzioni Civili

Calvino nell’Istituzione ha espresso una visione del diritto privato chiaramente scolastica. Difese il concetto di legge naturale [12]. Nei suoi sermoni sul Deuteronomio, tuttavia, ha espresso una concezione del diritto civile che deve essere considerata teonomica. Fece appello alla giurisprudenza dell’Antico Testamento per giustificare la pena capitale per apostasia (Sermoni 87-89, 103), omicidio (113), occhio per occhio: falsa testimonianza (115-16), adolescenti ribelli (123), adulterio (128- 29), e il rapimento (138) [13]. Sembra esserci un conflitto nel pensiero di Calvino tra teoria giuridica (Istituzione) e pratica (Sermoni sul Deuteronomio).

Nell’Istituzione, Calvino ha respinto l’idea che lo Stato abbia l’obbligo d’adottare le leggi civili degli Israeliti. Rifiutò come “perniciosa e pericolosa” l’opinione di coloro “che negano che uno Stato possa essere retto in modo conveniente qualora, abbandonando la legislazione mosaica, sia governata sulla base di leggi comuni delle nazioni” [14]. Quest’affermazione apparve nell’edizione del 1536 dell’Istituzione [15], pubblicata appena un anno dopo la caduta a Munster degli anabattisti comunisti e poligami. Calvino divise le leggi mosaiche nelle familiari categorie: morale, cerimoniale e giuridica. Egli riconobbe che le leggi giuridiche (che dice “sono incluse nella legge morale” N.d.t.) fanno riferimento ai costumi [16]. Le leggi cerimoniali sono abrogate. Lo stesso vale anche per le leggi giuridiche. “Ma se questo risulta vero (e di certo lo è), viene concessa libertà a ogni nazione di darsi quelle leggi che giudica convenienti” [17]. Ma aggiungeva questo avvertimento: “Le quali risultino nondimeno commisurate alle legge eterna della carità cosicché, avendo solo forme diverse raggiungano lo stesso scopo. Non penso debbano considerarsi leggi, usi barbari e bestiali quali i remunerare ladroni con premi, permettere convegni di persone dei due sessi senza distinzione o di altre cose ancor più spregevoli o esecrande, estranee non solo ad ogni norma di giustizia, ma altresì ad ogni concetto di umanità”. Alcune leggi civili non sono leggi civili vincolanti.

Quali sono i criteri delle leggi civili moralmente vincolanti? Giustizia, umanità e gentilezza. Ha riassunto questi tre nel termine equità. “Il concetto di giustizia (Il Tourn traduce con giustizia l’originale latino equitas n.d.t.) in quanto elemento naturale, permane sempre identico in ogni popolo. Tutte le leggi del mondo, di qualsiasi natura siano, sono pertanto da ricondursi ad un unico concetto di giustizia” [18]. In breve, “solo l’equità deve essere il fine e la regola e il limite di tutte le leggi.” Tutto questo era assolutamente convenzionale, e lo era stato almeno dal XII secolo, ma specialmente dopo Tommaso d’Aquino. Questa era la Scolastica medievale. Non sopravvisse alla visione del mondo di Newton, o di Kant.

La mezza eredità di Van Til

Tuttavia, nessun teologo protestante riformato post-1788 abbandonò ufficialmente la visione del diritto civile di Calvino fino alle Istituzioni della legge biblica di R. J. Rushdoony’s nel 1973. Rushdoony non aveva familiarità con i sermoni di Calvino sul Deuteronomio. Considerò solo la difesa della teoria della Legge naturale nell’Istituzione. Il fondamento filosofico ed etico della teoria del diritto civile di Calvino era la sua visione dell’equità della Legge naturale. Questo assunto era stato abbandonato più di quattro decenni prima da Van Til, a partire dagli anni ’20. Fu solo Van Til a rifiutare qualsiasi traccia di giusnaturalismo nell’apologetica, intesa come difesa intellettuale della fede. Egli aveva rintracciato la metodologia razionalista della Scolastica attraverso il luteranesimo e il fondamentalismo moderno, che ha attaccato su ogni punto. Ha dedicato la sua carriera a dimostrare che ogni appello all’ipotetica neutralità e universalità della ragione dell’autoproclamatosi uomo autonomo è una trappola e un’illusione.

Così, il sistema di Van Til rompeva nettamente e totalmente con la visione del diritto civile che Calvino difendeva nell’Istituzione Ma Van Til stette attento a non discutere mai di diritto civile; discusse solo le questioni ristrette della filosofia, cioè il diritto naturale nella sua relazione a temi come l’epistemologia (le prove di Dio della Scolastica, ecc.).

A causa di questa sua riluttanza ad estendere le ovvie implicazioni del suo pensiero presupposizionalista al regno della teoria sociale, Van Til poteva affermare di non essere un ricostruzionista cristiano. La sua posizione intellettuale ricordava quella di Charles Lyell, il sistematizzatore della geologia uniformitaria, che insistette per diversi anni dopo la pubblicazione dell’Origine delle specie di Darwin di non essere lui stesso un darwinista, poiché non credeva che l’uomo si fosse evoluto. L’uomo era discontinuo dalla natura, insisteva [19]. Eppure era stata la dottrina di Lyell della continuità nello sviluppo geologico (misurata dalla presenza di fossili) che aveva portato Darwin alla sua teoria della continuità organica. Fu la lettura da parte di Darwin dei Principi di Geologia di Lyell (1833) sul famoso viaggio del Beagle che persuase Darwin ad adottare una nuova spiegazione dello sviluppo biologico: l’evoluzione per selezione naturale. (Tardi nella vita, quasi un decennio dopo la comparsa dell’Origine, Lyell alla fine adottò le opinioni di Darwin) [20]. Allo stesso modo, fu la lettura di Van Til da parte di Rushdoony negli anni ’50 che lo portò alla fine degli anni ’60 a iniziare a sviluppare la struttura della teonomia [21]. Questa cautela da parte di Van Til ha creato problemi strategici ai suoi seguaci teonomisti. Hanno difficoltà con la domanda: “Perché Van Til non ha aderito?” Fino a quando non ho scritto Political Politeism, nessun teonomista ha affrontato direttamente questa domanda [22].

Rushdoony si appellò direttamente all’opera di Van Til come suo punto di partenza filosofico per la teonomia. In altre parole, si appellò a Van Til piuttosto che a Calvino. Quindi, in questo senso, Rushdoony ha ammesso fin dall’inizio che Calvino non fosse un moderno teonomista, visto che Calvino non fu un Vantiliano. La teonomia è quindi un pacchetto. Fu la difesa di Calvino della teoria di legge naturale che attirò l’ira di Rushdoony [23]. Ma il rigetto di Calvino da parte di Rushdoony su questo punto era semplicemente un’estensione dell’attacco originale di Van Til all’Aquinate, al luteranesimo e al fondamentalismo. Van Til ha prudentemente ignorato Calvino quando ha diretto il suo devastante bombardamento sulla teoria della legge naturale, preferendo invece enfatizzare la visione di Calvino della sovranità di Dio, la distinzione Creatore-creatura, lo Spirito Santo, la caduta etica dell’uomo, la Trinità e così via [24]. Rushdoony si mette (mise) nei guai con i calvinisti antiteonomici che affermano di essere discepoli di Van Til, eppure il loro contenzioso è in realtà con Van Til [25]. (Bahnsen, seguendo l’esempio di Van Til, rimase a lungo giudiziosamente silente su questo aspetto del pensiero di Van Til: Calvino contro Van Til sulla teoria della Legge naturale) [26].

Calvino fu un teonomista?

Rimane la domanda: perché Calvino dedicò così tanto tempo alle leggi civili del Deuteronomio? Perché ha raccomandato la continua applicazione delle sanzioni capitali richieste da molte di quelle leggi? La risposta è semplice: perché fu un teonomista nella sua visione della legge dell’Antico Testamento. Vedeva quelle leggi come l’incarnazione dei principi di giustizia civile di Dio nella storia pattizia. Sebbene non abbia insistito sul fatto che siano oggi universalmente richiesti, non li ha liquidati come non applicabili in uno Stato cristiano. Nell’Istituzione Calvino fece questa difesa della Legge dell’Antico Patto, specificamente della cosiddetta seconda tavola: “Possiamo ora capire quali siano i frutti del ravvedimento: sono le opere compiute per servire e onorare Dio, le opere di carità congiunte ad una vera santità e innocenza di vita; quanto più ognuno si sforza di conformare la sua vita alle indicazioni della legge di Dio, tanto più darà segni di essere veramente pentito. Pertanto lo Spirito, volendo esortarci al pentimento, ci propone a volte tutti i precetti della legge a volte il contenuto della seconda tavola” [27]. Mentre il moderno calvinista può sempre ribattere: “Sì, ma Calvino intendeva solo il governo della legge in ciascun cuore individuale” questo non quadra col punto di vista di Calvino sulla cristianità, e con la sua insistenza sul fatto che il magistrato civile non dovrebbe trascurare di far rispettare la “prima tavola” della legge, né tanto meno trascurare la “seconda” [28].

Rispetto alle singole linee guida giuridiche, Calvino fu anche un difensore della Legge dell’Antico Patto. Nella sua Breve istruzione per armare tutti i buoni fedeli contro gli errori della setta comune degli anabattisti (1544), scrisse:

Manteniamo questa posizione: che riguardo alla vera giustizia spirituale, vale a dire nei confronti di un uomo fedele che cammina in buona coscienza ed è integro davanti a Dio sia nella sua vocazione che in tutte le sue opere, esiste una chiara e completa guida per essa nella legge di Mosè, alla quale dobbiamo semplicemente [29] attenerci se vogliamo seguire la retta via. Così chi ne aggiunge o toglie qualcosa, supera i limiti. Pertanto la nostra posizione è sicura e infallibile [30].

La legge naturale nel Cinquecento

Ciò che dovrebbe essere chiaro a chiunque indaghi su questa questione è che la visione di Calvino della legge naturale, come quella di Tommaso d’Aquino, era colorata dall’esistenza di una visione generale dell’etica che era stata formata da secoli di predicazione, legislazione e dispute sull’etica – cristiane. Calvino era stato addestrato nella legge e l’ordinamento giuridico scolastico era fortemente cristiano. Nel Nord Europa, il revival del razionalismo classico nel Rinascimento italiano, così come l’occultismo classico ed ebraico (Kabbalah), non penetrarono completamente nella cultura [31]. Il senso di giustizia, umanità e gentilezza che prevalevano nella prima moderna nord Europa era compreso in termini di norme morali bibliche. Questo significa i Dieci Comandamenti. Quelli che i commentatori percepivano come principi universali erano in realtà principi giuridici dell’Antico Testamento che erano stati adottati sporadicamente anche da altre civiltà.

Calvino mise in guardia contro la sufficienza della legge naturale. “Di conseguenza il Signore ha dato la sua Legge scritta, necessaria alla rozzezza del nostro spirito e della nostra presunzione, per darci una testimonianza più chiara riguardo a ciò che era oscuro nella legge naturale, correggendo la nostra indifferenza, e colpire maggiormente il nostro spirito e la nostra attenzione” [32]. Qui stava parlando di culto legittimo. Anche questo era un retaggio scolastico: la conoscenza della volontà di Dio per la legge civile era considerata più chiara della sua legge per il culto. Nondimeno, Calvino riguardo alla legge civile affermò che:

Nostro Signore non l’ha data per mano di Mosè perché fosse pubblicata a tutte le nazioni, e osservata in tutti i paesi, ma, avendo accolto il popolo ebraico sotto la sua particolare tutela e protezione e sotto il suo governo, ha voluto legiferare anche in modo particolare e come compete ad un buono e saggio legislatore ha posto, nello stabilire ogni legge, una singolare attenzione al bene di quel popolo [33].

Separando le leggi specifiche del diritto civile dell’Antico Testamento dal principio generale di equità della giustizia civile, ha lasciato aperta la porta a generazioni di Calvinisti che potrebbero, in buona coscienza, definirsi calvinisti e accettare ancora un’ampia gamma di umanesimo politico ed economico, inclusa la legalizzazione dell’aborto (come pubblicamente sostenuto, ad esempio, dal defunto professore del Seminario di Westminster Paul Woolley) [34]. Il diritto naturale è privo di contenuto autorevole; il termine serve semplicemente da copertura per qualunque sistema giuridico un teorico del diritto naturale scelga.

Tuttavia, ai nostri giorni i teorici del diritto naturale sono rimasti pochi. In linea di principio, il sistema di Kant ha sopraffatto la maggior parte dei difensori non cristiani dell’idea, e l’umanesimo democratico moderno – darwiniano fino al midollo – ha sopraffatto il resto. Solo all’interno di circoli cristiani e di sacche isolate del movimento libertario troviamo ancora difensori della teoria della legge naturale. Entrambi i movimenti sono stati divisi dalla questione dell’aborto. Le legge naturale non ha portato a una soluzione di questo problema.

Giovanni Calvino accettò la teoria della legge naturale del suo tempo, una prospettiva fortemente influenzata dall’insegnamento cristiano. Vedeva le leggi dell’Antico Testamento come esempi di teoria della legge naturale nella storia. Ha sostenuto l’imposizione dell’esecuzione pubblica per molte delle infrazioni elencate nella legge mosaica dell’Antico Testamento. Quindi, la sua difesa della teoria della legge naturale fu di carattere molto diverso da qualsiasi cosa proposta dai calvinisti post-newtoniani, post-darwiniani, post- Heisenberg e post-Van Til, difensori del pluralismo politico “cristiano”, che farebbero togliere ogni traccia della legge mosaica dal diritto civile contemporaneo e vorrebbero riportarci a Noè, il cui unico comando diretto di Dio di imporre una specifica sanzione negativa riguardava il reato di omicidio [35]. Avendo abbandonato sia Calvino che Van Til, ci vorrebbero riportare alla politica unitaria di Thomas Jefferson e James Madison, e vorrebbero farlo in nome di Gesù.

Le sanzioni di Dio nella storia

Qui troviamo una discrepanza simile. Calvino scrisse nei suoi sermoni sul Deuteronomio che le sanzioni positive e negative di Dio si applicano direttamente agli individui nella storia. Se questo è vero, allora diventa possibile per gli uomini elaborare la teoria etica nei termini della legge di Dio. Se gli osservanti del patto come classe sono generalmente benedetti nella storia a causa della loro obbedienza esteriore e interiore alla legge di Dio, e i trasgressori del patto come classe sono generalmente maledetti nella storia a causa della loro ribellione contro la legge di Dio, allora l’espansione della civiltà cristiana è assicurata. D’altra parte, nella misura in cui questa correlazione pattizia positiva non si applica nella storia, diventa meno possibile per gli uomini elaborare la teoria etica nei termini della legge di Dio. Se gli osservanti del patto come classe non sono prevedibilmente benedetti nella storia, e i trasgressori del patto come classe non sono prevedibilmente maledetti nella storia, allora l’espansione della civiltà cristiana è impossibile. La Chiesa rimarrà un ghetto all’interno di una civiltà pagana.

Nell’Istituzione, l’affermazione di Calvino sulla prevedibilità storica delle sanzioni di Dio fu più smorzata. Ciò ha portato alla confusione tra i suoi seguaci riguardo le sue reali credenze. Quindi, cominciamo con le sue affermazioni che affermano l’ineluttabilità delle prevedibili sanzioni storiche di Dio. Torniamo ai suoi sermoni sul Deuteronomio. Comincio dal suo punto di vista favorevole alla perdurante validità del Decalogo: le parole della legge. Egli cita Deuteronomio 27:26: “Maledetto chi non si attiene alle parole di questa legge per metterle in pratica!. E tutto il popolo dirà: Amen”. I suoi commenti non indicano alcun dubbio da parte sua riguardo alle pretese globali della legge di Dio nella storia. Sono così grandi che abbiamo bisogno della sua misericordia.

Per questo, dunque, si dice: “Maledetto chi non si attiene le parole di questa legge.” Non si tratta qui di uno o due comandamenti, o di una parte di essi, ma di tutta la legge, di ogni sua parte, senza eccezione. E infatti dovremmo pensare come san Giacomo dice che Colui che ha proibito di rubare, ha anche proibito di commettere adulterio; e che Colui che ha proibito di uccidere ha proibito anche la falsa testimonianza. Non dobbiamo fare a pezzi la giustizia di Dio. In qualunque modo trasgrediamo, violiamo la legge di Dio e disprezziamo la sua maestà. Ma Egli sarà riconosciuto nella sua intera legge in tutti i punti, e non solo in parte, come vi ho detto prima [36].

Ma ecco una frase terribile, e tale che dovrebbe far drizzare i capelli sulle nostre teste: “Maledetto chi non esegue tutte le parole di questa legge.” Chi dice questo? È Dio stesso. È, quindi, una sentenza definitiva, che non ammette appello esterno. Dio la farà confessare a tutti gli uomini, sì, la farà confessare ad ogni uomo con la propria bocca. Che cosa ci resta dunque da fare? Dov’è la speranza della salvezza? Da questo vediamo che se avessimo solo i dieci comandamenti della legge saremmo del tutto disfatti e periremmo. È necessario che noi ricorriamo alla sua misericordia, che supera la sua giustizia, come dice san Giacomo (Gm. 2:13). La bontà di Dio, quindi, deve manifestarsi verso di noi per liberarci dalla dannazione che tutti noi sperimenteremmo se questa maledizione dovesse sussistere e non ci fosse grazia per superarla [37].

Le leggi in dettaglio (casuistica)

Calvino ha preso sul serio i dettagli della giurisprudenza Mosaica? Sì. Andò a Levitico 18 e 20 alla ricerca della definizione di incesto. Egli scrive che “questi gradi di consanguineità devono essere osservati. Perché senza tale ordine, che ne sarebbe delle cose? In che cosa saremmo diversi dai tori e dagli asini?”[38] Non fece la sua causa giuridica sulla base di un ricorso alla teoria di legge naturale.

Questo confronto tra una bestia bruta e un uomo senza la legge di Dio è familiare nella teologia giuridica di Calvino:

Come siamo fatti popolo di Dio se non essendo la sua Chiesa, e avendo l’uso dei suoi sacramenti, e ciò è come se Egli apparisse in mezzo a noi? Perché non dovremmo aspettarci che Dio scenda dal cielo nella sua stessa persona, o ci mandi i suoi angeli. Piuttosto, il vero segno per cui sarà conosciuto per essere presente in mezzo a noi è la predicazione a noi della sua pura Parola, perché non ci può essere alcun dubbio che allora Egli governa in mezzo a noi. Dunque, ci giovi questa cosa, che sappiamo che nostro Signore ci accoglie presso di sé e vuole che siamo della sua stessa casa. Visto che è così, prendiamoci cura di obbedirgli in tutta la nostra vita e di osservare i suoi comandamenti. Non vaghiamo come bestie brute come fanno i miserabili miscredenti, perché non hanno mai saputo che cosa significasse essere della casa di Dio [39].

La teologia giuridica di Calvino

Calvino credeva nel primato dell’obbedienza. Per questo la sua teologia è intensamente giuridica.E possiamo vedere che la promessa non è vuota quando continuiamo a leggere:

“Osserva il comandamento che oggi ti pongo davanti”, dice Mosè, “che tu non devii né a sinistra né a destra per andare dietro a divinità straniere e per adorarle”. Vediamo come Dio ci ricorda continuamente l’obbedienza alla sua Parola affinché lo serviamo, anche se non in quell’ipocrisia a cui siamo tanto inclini. Ricordiamo quindi questa lezione: che per adorare sinceramente il nostro Dio dobbiamo sempre cominciare ascoltando la sua voce e prestando orecchio a ciò che ci comanda. Perché se ognuno va per la sua strada, noi vagheremo. Possiamo anche correre, ma non saremo mai un briciolo più vicini alla retta via, ma anzi più lontani da essa [40].

Qui la visione di Calvino delle sanzioni di Dio nella storia è chiaramente teonomica. Quando esponeva gli effettivi testi dell’Antico Testamento, scriveva al tempo presente. Calvino credeva che queste sanzioni si applicano ancora ai tempi del Nuovo Testamento. Ma i suoi sermoni sul Deuteronomio non sono familiari alla maggior parte dei calvinisti. Furono stampati in inglese nel 1583, quasi due decenni dopo la sua morte, e poi ristampati solo nel 1987. Il lettore medio lo conosce, se lo conosce, solo dall’Istituzione; pochi lettori avranno consultato i suoi commentari. Nell’Istituzione qualifica la sua esegesi esplicita delle prediche del Deuteronomio. Dice di Dio che “quanto al fatto che Egli permette spesso ai malvagi di gioire per un tempo e di rallegrarsi perché non subiscono alcun male (“impuniti per un tempo”, tr. F.L. Battles, n.d.t.) [41], ciò indica il fatto che “quando ne lascia impunite molte (malefatte) ci sarà un giudizio ultimo al quale sono state riservate.” La domanda è: cosa intende con la frase “per un tempo”? Quanto dura questo tempo? Non lo dice. Questo dice: “E per incitarci in tutti i modi promette le benedizioni della vita presente e la beatitudine eterna a chi osserverà i suoi comandamenti; e dall’altro minaccia i trasgressori di calamità attuali e di eterni tormenti mortali” [42]. Dice che “nella legge è enumerato anche un lungo elenco di benedizioni e maledizioni presenti” Le. XXVI, 4 seg; De. XXVIII, 1 seg.). Eccole qua: sanzioni.

Dice che “le pene temporali che Dio infligge ad alcuni sono testimonianze della sua collera contro il peccato, e segni del giudizio che cadrà su tutti i peccatori, sebbene molti nella vita presente rimangano impuniti” [43]. Questo non ha la stessa forza dei suoi sermoni sul Deuteronomio. La domanda è: queste sanzioni negative avvengono abbastanza spesso da incutere timore nei cuori dei malvagi, se solo prestassero attenzione agli eventi esterni della loro vita? Nei sermoni del Deuteronomio, dice che è così. Però non lo dice nell’Istituzione.

Prove e tribolazioni: L’ Istituzione

Nell’Istituzione la sua discussione dei patriarchi indica le loro prove e tribolazioni sulla terra. Abramo fu un vagabondo. Visse tra vicini barbari. Non ebbe un figlio naturale fino a tarda età. Gli fu chiesto di sacrificare suo figlio naturale. “Insomma, durante tutta la sua vita è stato tormentato ed afflitto e se qualcuno volesse rappresentare un tipo di vita miserabile non troverebbe esempio più adatto” [44]. Eppure la Bibbia dice chiaramente che Abramo fu un uomo molto ricco (Ge. 13:2). Ha sconfitto i suoi nemici in battaglia (Ge. 14). Ha vissuto una lunga vita, generando nazioni molto tempo dopo che Isacco si era sposato (Ge. 25). Calvino riconosce che qualcuno obietterà e sottolineerà che Abramo “non è stato del tutto infelice essendo sfuggito a tanti pericoli e avendo sormontato tante tempeste, rispondo che non possiamo definire felice una vita che giunge alla vecchiaia attraverso infinite difficoltà, ma quella dell’uomo che vive tranquillamente e nel benessere” [45]. Perché, allora, Calvino si concentra sugli aspetti più problematici della vita di Abramo? La stessa cosa fa con Isacco e Giacobbe [46]. Apparentemente, sta cercando di persuadere il lettore che la vita eterna vale lo sforzo di perseverare. “Appare chiaro, insomma, che in tutta la loro esistenza hanno guardato a questa felicità della vita futura” [47].

Cita selettivamente i salmi di Davide. “Lascia i buoni languire nelle tenebre e nella sventura mentre gli iniqui risplendono come le stelle del cielo … infatti quasi sempre l’empietà prospera e fiorisce” [48]. Poi viene la pietra angolare. Cita il salmo 73, che Davide inizia ammettendo di essere turbato dalla prosperità dei malvagi. Il salmo si conclude, però, con un’affermazione della fede di Davide che Dio mette gli uomini malvagi in luoghi sdrucciolevoli (v. 18). Qui c’è il cuore di tutto il salmo, il motivo per cui Davide lo ha scritto: il periodo dei tempi buoni per i malvagi alla fine finisce nella storia. Calvino ignora questo aspetto cruciale del salmo, e poi conclude:

Da questa sola dichiarazione di Davide si può dedurre che i santi padri dell’antico Patto non hanno ignorato quanto raramente Dio realizzi in questo mondo le promesse fatte ai suoi servitori, o non le realizzi affatto; e per questo motivo hanno innalzato il loro cuore al santuario di Dio dove trovavano nascosto quanto non appariva evidente in questa vita corruttibile. Questo “santuario” era il giudizio ultimo …[49].

Prove e tribolazioni: i commentari

Tuttavia, se andiamo al suo commento a questo salmo, vediamo che lì ha mantenuto la sua fede nelle sanzioni temporali di Dio. Commentando il versetto 18, quello dei “luoghi sdrucciolevoli”, Calvino scrive che “Davide, avendo ora attraversato i suoi conflitti, comincia, se possiamo usare l’espressione, ad essere un uomo nuovo; e parla con mente calma e composta, essendo, per così dire, elevato su una torre di guardia, dalla quale ottenne una visione chiara e distinta delle cose che prima gli erano nascoste” [50]. Ora Davide poteva vedere la verità sui malvagi di questo mondo. Vengono istituiti da Dio per una caduta. Calvino quindi offre questa opinione: “… quando Dio percepisce che siamo così lenti nel considerare i suoi giudizi, infligge agli empi giudizi di un tipo molto severo, e li persegue con segni insoliti della sua ira, come se volesse far tremare la terra, per correggere così la nostra ottusità di apprendimento” [51].

Per la persona che conosce Calvino attraverso l’Istituzione, può sembrare che Calvino non abbia visto alcun modello giuridico o pattizio per le sanzioni di Dio nella storia. Ma se ci rivolgiamo ai suoi commentari, troviamo esattamente l’opposto. Come il lettore possa spiegarsi tutto questo è una sfida. Quando Calvino espose passaggi specifici nella Scrittura, offrì una visione teonomica delle sanzioni di Dio nella storia. Ma nell’Istituzione manca questa chiarezza di visione. Non posso offrire una spiegazione plausibile. Forse stava scrivendo per un pubblico diverso: studiosi che erano fortemente influenzati dalle categorie della teoria della legge naturale scolastica piuttosto che per laici seduti in una chiesa. Tutto quello che posso dire con sicurezza è che questo dualismo nei suoi scritti ha creato problemi a tutti i successivi eticisti calvinisti, specialmente quelli interessati all’etica sociale [52].

I teonomisti possono appellarsi alla sua esposizione del diritto dell’Antico Testamento, e i non teonomisti possono appellarsi all’Istituzione. La sua eredità giuridica è divisa.

Fondamenti della teoria sociale di Calvino

Qual è la natura del cambiamento sociale? Questa è la domanda della moderna teoria sociale [53]. Gli studiosi umanisti di solito si concentrano sul dualismo percepito tra mente e materia: idee contro storia come base primaria dello sviluppo sociale. La Bibbia, al contrario, si concentra sulla questione dell’etica: l’osservanza del patto contro la violazione del patto. Ciò solleva la questione chiave nella teoria sociale biblica: le sanzioni di Dio nella storia [54].

Nei suoi sermoni sul Deuteronomio, la visione della storia di Calvino è chiara: Dio porta le sue sanzioni – benedizioni e maledizioni – dentro la storia nei termini dell’obbedienza di ciascun uomo alla sua legge. Ogni uomo raccoglie nella storia ciò che semina. Calvino non ha qualificato questa affermazione in alcun modo significativo, e l’ha ripetuta più e più volte:

Perché se chiunque di noi calcolasse ciò che ha sofferto tutti i giorni della sua vita, e poi esaminasse lo stato di Davide o di Abramo, senza dubbio si troverà in uno stato migliore di quei santi padri. Poiché essi, come dice l’apostolo (Eb. 11,13), vedevano solo da lontano cose che sono proprio davanti ai nostri occhi. Dio aveva promesso di essere il loro Salvatore; li aveva scelti per essere, per così dire, della sua famiglia; ma intanto dov’era Colui che doveva essere il loro promesso Redentore? Dov’era la dottrina che ci è resa così chiara nel Vangelo riguardo alla risurrezione? Lo sapevano da lontano, ma ora ci è dichiarato nel Vangelo in modo tale che possiamo davvero dire, come il nostro Signore Gesù Cristo ci fa capire, che benedette sono le orecchie che ascoltano le cose che ci vengono dette riguardo a Lui e agli occhi che vedono le cose che vediamo noi, poiché i santi re e profeti desiderarono le stesse cose e non poterono ottenerle (Matteo 13:16 s.).

Abbiamo quindi un patrimonio molto più eccellente di quello che avevano coloro che vivevano sotto la legge. Questa è la differenza di cui parlo, che doveva essere supplita da Dio a causa dell’imperfezione [mancanza di compimento] che era nella dottrina circa la rivelazione della vita celeste, che i padri, sebbene fossero molto cari a Dio, conoscevano solo per pegni esteriori. Ora che Gesù Cristo è sceso fino a noi e ci ha mostrato come dobbiamo seguirlo soffrendo molte afflizioni, come ci è detto (Mt. 16:24; Ro. 8:29), nel sopportare la povertà e il biasimo e tutte cose simili, e per essere brevi, che la nostra vita deve essere come una specie di morte; poiché noi sappiamo tutto questo e l’infinita potenza di Dio si esprime nel risuscitare Gesù Cristo dalla morte e nell’esaltarlo alla gloria del cielo, non dovremmo forse prendere da questo un buon coraggio? Non dovrebbe questo addolcire tutte le afflizioni che possiamo soffrire? Non abbiamo motivo di rallegrarci in mezzo ai nostri dolori?

Notiamo, dunque, che se i patriarchi fossero stati da Dio più benedetti di noi, riguardo a questa vita presente, non ce ne dovremmo affatto meravigliare. Il perché è evidente. Ma comunque vadano le cose, tuttavia si verifica sempre questo detto di S. Paolo: che il timore di Dio ha una promessa non solo per la vita futura, ma anche per questa vita presente (1 Tm 4:8). Camminiamo dunque nell’obbedienza a Dio, e allora possiamo essere certi che Egli si mostrerà a noi un Padre, sì anche nel mantenimento dei nostri corpi, almeno per quanto riguarda il custodirci e preservarci in pace, liberandoci da tutti i mali e provvedendo alle nostre necessità. Dio, dico, ci farà sentire la sua benedizione in tutte queste cose, così che camminiamo nel suo timore [55].

Le benedizioni nella storia: il frutto dell’obbedienza

Calvino non stava parlando semplicemente dei grandi movimenti radicali nella storia dell’umanità. Stava parlando delle piccole cose della vita di ogni uomo. C’è ordine nella vita di un uomo perché c’è una relazione coerente e prevedibile tra obbedienza e benedizioni. Dio non limita le Sue benedizioni del patto all’aldilà.

Persuadiamoci dunque che la nostra vita sarà sempre maledetta, se non torniamo a questo punto a cui ci conduce Mosè, cioè ad ascoltare la voce del nostro Dio, per essere così commossi e continuamente confermati nel fatto che Egli ha cura della nostra salvezza, e non solo per la salvezza eterna delle nostre persone, ma anche per il mantenimento del nostro stato in questa vita terrena, per farci gustare al presente il suo amore e la sua bontà in modo tale che ci appaghi e ci basti, aspettando che possiamo saziarcene e vedere faccia a faccia ciò che ora siamo costretti a guardare come attraverso uno specchio e nell’oscurità (1 Co. 13:12). Questa è un’altra cosa che dovremmo ricordare da questo testo, dove si dice che saremo benedetti se ascolteremo la voce del Signore nostro Dio.

Questo deve essere applicato a tutte le parti della nostra vita. Ad esempio, quando un uomo desidera prosperare nella propria persona, cioè desidera impegnarsi al servizio di Dio e ottenere qualche grazia in modo che possa non essere inutile in questa vita, ma che Dio possa essere onorato da lui – fargli pensare così tra sé: “Signore, io sono tuo. Disponi di me come vuoi, eccomi, pronto ad obbedire a Te”. Questo è il punto da cui dobbiamo cominciare se desideriamo che Dio ci guidi e crei in noi la disposizione a servirLo, in modo che le sue benedizioni possano apparire e far luce su di noi e sulle nostre persone. Così è riguardo la famiglia di ogni uomo [56]. (enfasi aggiunta)

La stessa cosa vale per il bestiame, il cibo e tutte le altre cose. Perché vediamo qui [in questo testo] che nulla è dimenticato. E Dio ha voluto farci percepire la sua infinita bontà, in quanto dichiara che si occuperà delle nostre più piccole faccende, nelle quali un nostro pari rifiuterebbe di immischiarsi. Se abbiamo un amico, dovremmo essere molto riluttanti, davvero, e vergognarci di usare il suo aiuto a meno che non si tratti di una questione di grande importanza. Ma qui vediamo che Dio entra nei nostri ovili e nelle stalle del nostro bestiame e dei nostri buoi, e va nei nostri campi, e si prende cura anche di tutte le altre cose. Dal momento che lo vediamo abbassarsi in questo modo, non dovremmo essere rapiti a onorarlo e a magnificare la sua generosità? [57] (enfasi aggiunta)

Dio promise agli Israeliti che sarebbero stati benedetti, in modo da confermare la sua alleanza con i loro padri. «Ma ricordati del SIGNORE tuo Dio, perché è lui che ti dà la forza per acquistare ricchezze, per mantenere il patto che giurò ai tuoi padri come è oggi» (De. 8:18) . Calvino fece eco a questa visione: le benedizioni di Dio nella storia indicano la sua fedeltà nell’eternità.

Concludiamo, quindi, che quando Dio dice che ci benedirà nel frutto della terra e che ci benedirà nel frutto del nostro bestiame, è un argomento sicurissimo che non dimenticherà la cosa principale. Queste cose sono umili e di poco conto, e molte volte gli uomini le disprezzano, eppure vediamo che Dio nondimeno si prende cura di loro. Poiché è così, dimenticherà le nostre anime, che ha creato a sua immagine, che ha anche così amabilmente redento con il sangue sacro di suo Figlio? Sicuramente no. Prima di tutto, dunque, riconosciamo il favore di Dio verso di noi, abbassandosi fino a dirigere e governare tutto ciò che appartiene alla nostra vita e al nostro sostentamento. E di là saliamo più in alto e comprendiamo che Egli non ci mancherà nelle cose che sorpassano questa vita presente, ma piuttosto che nelle cose principali che appartengono alla nostra vita, anzi anche in questo mondo, Dio stenderà la sua mano per fornirci sempre di tutto ciò che è necessario [58]. (il corsivo è mio)

Nell’Istituzione non è entrato in dettagli comparabili. Pertanto, non troviamo alcuna base per determinare quale fosse la visione del cambiamento sociale di Calvino. Non è possibile elaborare un concetto di causa ed effetto giudiziale nella storia sulla base dell’Istituzione di Calvino. Questo è il motivo per cui quei calvinisti il cui obiettivo è affermare l’indeterminatezza della teoria sociale calvinista – una visione tipo Cole Porter della teoria sociale: “Anything Goes”, che significa una teoria dell’apertura sociale indiscriminata – concentrano la loro attenzione sull’Istituzione. Gli antiteonomici non sono autoconsapevolmente interessati ad esplorare il Calvino dei sermoni sul Deuteronomio. Questo è comprensibile, ma ha prodotto studi storici fuorvianti.

Conclusione

Riguardo alla cristianità Giovanni Calvino assumeva molto di più di quanto non mettesse sulla carta. Così, quelli dei suoi seguaci che oggi rifiutano sia l’ideale storico che la possibilità della cristianità – il “costantinianesimo”, nel gergo del pluralismo calvinista [59] – non sono continuamente confrontati nei suoi scritti con la grandezza della differenza tra la visione del mondo di Calvino e la loro. Avendo respinto la chiara affermazione di Calvino dello Stato come protettore della Chiesa, respingono anche il suo ideale di cristianità. Necessariamente passano sotto silenzio i suoi sermoni sul Deuteronomio circa la legittimità delle sanzioni civili della legge mosaica, così come la sua difesa dell’esistenza delle sanzioni di Dio nella storia. Quindi si ritraggono scandalizzati, con orrore e indignazione, dal compito che i teonomisti hanno posto loro dinanzi dal 1973: per offrire una visione calvinista della teoria sociale senza (1) la visione di Calvino delle sanzioni civili e (2) la visione di Calvino del futuro del Vangelo 60. Indicano in modo difensivo la sua accettazione della teoria della legge naturale protestante del XVI secolo, ma rifiutano anche i fondamenti cristiani di quella teoria – i fondamenti che l’apologetica di Van Til ha distrutto.

Nel caso dei pluralisti nella facoltà del Seminario di Westminster, questi proclamano pubblicamente il loro impegno per l’apologetica di Van Til, ma ignorano risolutamente le implicazioni per la teoria sociale e politica del suo rifiuto della teoria della legge naturale. Si aggrappano all’amillennialismo pessimista di Van Til – esso stesso un allontanamento da Calvino – e quindi su questa base giustificano il loro rifiuto delle sanzioni prevedibili e bibliche di Dio nella storia basate sulla legge. Alcuni di loro si propongono perfino sia nel nome del pluralismo che di Calvino. Ma hanno questo fastidioso problema: il modo in cui Calvino si occupa di Serveto. Si sono rifiutati per sessant’anni di affrontare questo spinoso problema politico, eppure è al centro della visione della società di Calvino. È tempo che ogni calvinista ponga queste domande a se stesso e ai suoi insegnanti di seminario:

Se è stato moralmente e giuridicamente sbagliato che Calvino abbia approvato l’esecuzione di Serveto, allora quanto del Calvinismo dobbiamo scartare, e su quale base esegetica biblica? Che aspetto ha questo completa sostituzione teologica dell’altrettanto completa visione del mondo di Calvino? Infine, perché i calvinisti posteriori al 1788 non ci hanno offerto questa alternativa?

Per quanto riguarda le eredità contrastanti di Calvino e Van Til, gli studenti del seminario di Westminster non sono stati chiari fin dall’apertura del seminario nel 1929. Questo non dovrebbe sorprendere. Van Til ha fatto del suo meglio per coprire questi conflitti durante la sua carriera, e nemmeno Rushdoony e Bahnsen sono riusciti a convincerlo a chiarire la sua posizione. I suoi studenti non hanno percepito che c’era un problema, dal momento che il Seminario di Westminster raramente (o mai) assegna un libro di Calvino, per non parlare dei suoi sermoni sul Deuteronomio. Ciò che sorprende, tuttavia, è che la facoltà abbia deciso nel 1990 di stampare Theonomy: A Reformed Critique, con queste eredità contrastanti visibili al lettore attento. Ora hanno aperto quel controverso barattolo di vermi che Van Til ha passato mezzo secolo a cercare di tenere sigillato. Ci ha dato l’apriscatole: il suo rifiuto della teoria della legge naturale, e poi si è sistematicamente rifiutato di usarlo sulla scatoletta contrassegnata con “diritto civile”.

I teonomisti hanno raccolto l’apriscatole di Van Til nel 1973 e si sono messi a lavorare su quella scatoletta. Per diciassette anni abbiamo versato i vermi nel lavello della cucina del Calvinismo. Poi è arrivata Teonomy: A Reformed Critique, che generalmente continua a fingere che dopo diciassette anni questi vermi non stiano puzzando nel lavello. Invito ora formalmente la facoltà di Westminster ad aiutare noi teonomisti a buttarli nella spazzatura o ad aggiungerli, per motivi di nutrizione culturale, al timballo di Calvino. Per quest’ultima operazione potremmo aver bisogno di alcune spezie esegetiche.

È ora che la facoltà del seminario teologico di Westminster smetta di giocare a una versione accademica del giochino montessoriano del “facciamo a finta che…”. Devono fare le loro scelte pubblicamente: (1) l’eredità giudiziale di Calvino nell’Istituzione o nei suoi Sermoni sul Deuteronomio; (2) Van Til sulla legge naturale o Calvino sulla legge naturale. Le scelte sono inevitabili. Rimandare le scelte significa convivere con la schizofrenia giuridica o con l’agnosticismo giuridico.

Note:

1 James B. Jordan, “Editor’s Introduction”: John Calvin, The Covenant Enforced: Sermons on Deuteronomy 27 and 28; Tyler Texas: Institute for Christian Economics, 1990, pp. xxxii- xxxiii.

2 Gerd Tellenbach: Church, State, and Christian Society at the Time of the Investiture Contest; Oxford: Basil Blackwell, [1940] 1948.

3 Malachi Martin: The Keys of This Blood; New York: Simon & Shuster, 1990.
4 Harold J. Berman: Law and Revolution: The Formation of the Western Legal Tradition;

Cambridge, Massachussetts: Harvard University Press, 1983.

5 La questione secondaria del rapporto tra sanzioni civili ed ecclesiastiche portò alla Guerra dei Trent’anni in Germania (1618-48), con questa soluzione: le persone nel regno di ciascun principe avrebbero adottato la sua religione, cioè l’erastianesimo. Questa soluzione fu costantemente abbandonata a seguito dell’Illuminismo, culminando nel continente con la sconfitta dell’Impero asburgico da parte degli Alleati nel 1918, e negli Stati Uniti, con l’abbandono di un commonwealth cristiano da parte della Costituzione degli Stati Uniti nel 1788. Vedi Gary North: Political Polytheism, the Myth of Pluralism; Tyler, Texas: Institute for Christian Economics, 1989, Parte 3.

6 James Orr, The Progress of Dogma; London: Hodder & Stoughton, 1901. pp. 29-30.

7 Francis Nigel Lee: Communist Eschatology; Nutley, New Jersey: Craig Press, 1974.

8 Lutero: Il servo arbitrio (1524). Claudiana

9 Giovanni Calvino: Istituzione della Religione Cristiana, Torino, Utet, 1971, vol II, IV: XX: 2 p. 1713.

10 Ibid., IV: XX: 14.
11 Con la sola esclusione dei Covenanters: La Chiesa Riformata Presbiteriana del Nord

America.

12 Un solido studio introduttivo sulla visione di Calvino della Legge Naturale si trova in Ronald S. Wallace: Calvin’s Doctrine of the Christian Life; Tyler Texas:Geneva Divinity Scholl Press, [1959] 1982, pp 141-147.

13 John Calvin: Sermons on Deuteronomy; Edimburgh: Banner of Truth Trust, [1583] 1987. 14 Calvino: Istituzioni, IV: XX: 14.

15 Calvin: Institutes of the Chistian Religion (1536), Tradotto da Ford Lewis Battles; Grand Rapids, Michigan: Eerdmans, 1986; VI:48, p. 215.

16 Istituzioni (1559); IV: XX: 14.

17 Istituzioni IV: XX: 15.

18 Istituzioni IV: XX: 15

19 Loren Eiseley: Darwin’s Century:Evolution and the Man Who Discovered It; Garden City, New York: Anchor, [1958] 1961, p. 267.

20 William Irvine: Apes, Angels, and Victorians: The Story of Darwin, Huxley, and Evolution; New York: MaGraw-Hill, 1955, p. 210.

21 Rushdoony cominciò questa ricostruzione in una serie di lezioni sulla legge biblica a partire intorno al 1968. Queste lezioni diventarono Le Istituzioni della Legge Biblica; Nutley, New Jersey: Craig Press, 1973.

22 Gary North: Political Polytheism, cap. 3.
23 R.J.Rushdoony: Istituzioni; originale p. 9, traduzione in italiano p. 29.

24 Vedi ad es. la discussione di Calvino da parte di Van Til in A Survey of Christian Epistemology, vol. 2 di In Defense of Biblical Christianity; Den Dulk Foundation, 1969, cap. 8.

25 W. Robert Godfrey: “Calvin and Thenomy” in Theonomy: A Reformed Critique, p. 300.

26 Non c’è riferimento agli scritti di Van Til nel testo di Theonomy in Christian Ethics (1977) benché Van Til sia citato nel retro di copertina. Non c’è riferimento a Van Til in By This Standard (1985).

27 Istituzioni III: III: 16.

28 Io concordo con Meredith Kline che le due tavole della legge siano due tavole separate, ciascuna contenente tutti i comandamenti. Furono poste nell’arca del patto come documento legale: una copia per Dio, una per la nazione d’Israele. Kline: The Structure of Biblical Authority; ed. riv.: Grand Rapids, Michigan: Eerdmans, 1972; pp. 123-124.

29 “Semplicemente!” Calvino deve essere stato un teonomista secondo l’argomento di Theonomy: A Reformed Critique che considera i teonomisti dei sempliciotti giuridici. Vedi sotto pp. 199, 203-6, 208-9, 240-41, 256. Rimando il lettore al documento intero online.

30 John Calvin: Teratise Against the Anabaptists and Against the Libertines, tradotto e pubblicato da Benjamin Wirt Farley; Grand Rapids, Michigan: Baker Book House, 1982; p. 78.

31 Stephen A. McKnight: Sacralizing the Secular: The Reinassance Origins of Modernity; Baton Rouge: Lousiana State University Press, 1989; Frances A. Yates: Giordano Bruno and the Hermetic Tradition; New York: Vintage, [1964] 1969.

32 Istituzione, II: VIII: 1.
33 Ibid., IV: XX: 16.
34 Su questa questione dibatté John Frame quando era a Westminster.

35 John Murray: Principles of Conduct: Aspects of Biblical Ethics; Grand Rapids, Michigan: Eerdmans, 1957), pp. 112-13. In questo argomento è seguito dai dispensazionalisti H. Wayne House e Thomas D. Ice, Dominion Theology: Blessing or Curse? Portland, Oregon: Multnomah Press, 1988, pp. 126-27. È interessante che i critici dispensazionalisti siano stati costretti a fare appello a una visione tradizionale riformata dei patti per poter difendere la loro posizione.

36 Calvino: Covenant Enforced, p. 64. Sermone 152. 37 Ibid., pp. 66-67. Sermone 152.
38 Ibid., p. 54. Sermone 151.
39 Ibid., p. 33. Sermone 150.

40 Ibid., p. 128. Sermone 155.
41 Calvino: Istituzione, I: V: 7. Cfr. I: V: 10. 42 Ibid., II: VIII: 4.
43 Ibid., II: VIII: 21.
44 Ibid., II: X: 11.
45 Idem.
46 Ibid., II: X: 12-13.
47 Ibid., II: X: 14.
48 Ibid., II: X: 16.
49 Ibid., II: X: 17.

50 Calvin: Commentary on the Book of Psalms; Grand Rapids, Michigan: Baker Book House, [1557] 1979, III, p. 144.

51 Ibid., III, p. 146, al verso 19.

52 Non trovo le cose così chiare come fa Jack W. Sawyer; Non trovo Calvino “perfettamente coerente in tutto”. Jack W. Sawyer, “Moses and the Magistrate: Aspects of Calvin’s Political Theory in Contemporary Focus”, Westminster Theological Seminary, Th.M. tesi (1986), p. 61. Non c’è modo di ottenere coerenza dalla legge teonomica e dalla teoria di legge naturale. Si può essere costantemente incoerenti per tutto il tempo e mantenere entrambe le posizioni, ma non si può essere coerenti.

53 Robert A. Nisbet: Social Change and History: Aspects of the Western Theory of Development; New York: Oxford University Press, 1969.

54 Gary North: Millennialism and Social Theory; Tyler, Texas: Institute for Christian Economics, 1990, cap. 7, 8.

55 Calvin: Covenant Enforced, pp.100-1. Sermone 154. 56 Ibid., p. 107. Sermone 154.
57 Ibid., p. 108.
58 Ibid., pp. 108-9.

59 Il termine è usato contro Calvino da Leonard Verduin: The Reformers and Their Stepchildren; Grand Rapids, Michigan: Baker Book House, 1964; p. 82. Theodore Beza fu ancor peggio: “Costantinianesimo concentrato” (undiluted. n.d.t.), p. 83.

60 Sulla sua visione del Millennio, vedi appendice D, sotto nel documento originale..


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