Pietro Martire Vermigli sul dovere del magistrato di implementare la prima tavola della legge
Primo, ho detto che il magistrato è il difensore della legge divina, la quale include non solo la seconda tavola, ma anche la prima. Perciò egli è il difensore di entrambe, l’una e l’altra. Ho pure menzionato le parole di Agostino il quale ha detto che sia i privati che i re dovrebbero servire il Signore. È scritto nei Salmi: “Quando popoli si riuniscono e regni, per adorare il Signore”. In un altro posto: “Ora, perciò, O re, siate saggi; accettate la correzione, O giudici della terra. Servite il Signore con timore e con tremore”. Agostino aggiunge che un privato serve il Signore confessando il suo nome e vivendo rettamente. Questo, però,non è sufficiente per un re o un magistrato. Egli dovrebbe servire il Signore con la sua autorità e col suo potere punendo quelli che si oppongono a Lui. Se non lo fa, il magistrato da l’impressione di dare il suo assenso alla blasfemia e all’eresia. Quando il re vede questi uomini e li tollera, si unisce a loro e promuove le loro opere vergognose. Quando Nabukadnetsar pervenne alla conoscenza di Dio per la prima volta, propose un decreto che comminava la pena di morte per chi avesse bestemmiato contro il Dio di Daniele. Dario, più tardi, fece un simile decreto. I nostri magistrati dovrebbero soffocare ogni idolatria, blasfemia e superstizione. […] La legge di Dio dice che i bestemmiatori dovrebbero essere messi a morte non per mano di privati cittadini o per mano di sacerdoti, ma dal magistrato. [Levitico 24:16]
Pietro Martire Vermigli: “Of a magistrate, and the difference between civil and ecclesiatical power” (1561) in W.J.T. Kirby editore: The Zurich connection and Tudor political theology (Leidenand Boston 2007), pp. 116-117.