RISORSE:

 

(L’autore descrive la situazione in Inghilterra ma faccio mio questo intervento perché la mia esperienza italiana è identica fatta eccezione per il tè di gala dal vicario, cosa esclusivamente british. La scrofa invece fotografa la comune realtà. GM)

Sono stato un cristiano per 45 anni. In tutto questo tempo in tutte le chiese in cui sono stato ho trovato molto poco che sia particolarmente cristiano nei termini di ciò che leggo nella bibbia debba essere il cristianesimo, fatta eccezione per un sermone settimanale che dice che credere in Gesù è l’unica via per essere salvati, con la salvezza che in questo caso è principalmente sfuggire all’inferno anziché liberazione dal peccato e dove sia intesa come liberazione dal peccato, il peccato è generalmente stato definito in modo ristretto nei termini di mancanza di pietà personale, non  nei termini della legge di Dio. I valori che dominano la chiesa oggi sono gli stessi valori mondani che dominano la nostra cultura, non i valori del regno di Dio. Il regno di Dio e la giustizia di Dio che Gesù ci ha detto di cercare per primi, sono poco discussi nella chiesa perché la chiesa e il suo ministero, servizi, rituali e obbedienza a regole fatte dall’uomo, hanno preso il posto del regno di Dio e della sua giustizia come centro della vita cristiana. Questo problema,  cioè che i valori mondani dominano la vita della chiesa non è confinato alle denominazioni e alle chiese liberali le quali, di certo non fingono neppure più di conformarsi ai valori e all’etica biblica. Non sorprende che il sistema di valori del mondo domini in queste chiese — si sforzano forse di dichiararsi cristiane in un senso che abbia significato?

Ma il problema non è meno acuto nelle chiese evangelicali, Riformate e carismatiche, benché in queste si finga meglio che non sia così. (Ebbene, chiamiamolo come lo chiama la bibbia: ipocrisia.)

Perché?

Perché quando in queste chiese si discute del regno di Dio invariabilmente lo si spiritualizza in qualcosa che non ha nessuna rilevanza pratica e pertanto nessun significato o valore per la vita reale. Se si chiede ai cristiani, pastori e ministri inclusi, cosa sia il regno di Dio, la maggior parte di essi non ha idea di come rispondere se non ripiegando in un concetto dualista della realtà che colloca il regno e la fede cristiana al piano superiore dove non ha una effettiva attinenza sul mondo reale che è vissuto quotidianamente al piano inferiore. In altre parole la risposta che si riceve è usualmente basata su qualche forma di spiritualità gnostica che è l’antitesi più completa della religione cristiana — e se pensate che la parola religione come mezzo per descrivere la fede cristiana sia problematica o inaccettabile anche questo probabilmente indica che state ragionando da una prospettiva dualista che è contraria alla cristianità della bibbia.

Di sicuro, la chiesa ha storicamente sempre condannato lo gnosticismo come eresia, è lo è, una delle peggiori, proprio perché la chiesa stessa l’ha abbracciata con fervore, anche se spesso inconsapevolmente.

Ma, potreste chiedere, come può essere che i valori della nostra empia società dominino la vita della chiesa se la spiritualità prevalente è dualista, considerato che il dualismo gnostico non è la religione del moderno secolarismo?

Perché questo dualismo rimuove la maggior parte di ciò che significa essere cristiano dal reame della vita quotidiana e lo ricolloca nel reame spirituale. Ma tutti devono vivere nel mondo reale, anche i pietisti dualisti. E così, senza una prospettiva cristiana che guidi i loro pensieri e la loro vita nel mondo reale di tutti i giorni, perché la fede non è vista come rilevante per esso, i cristiani inconsapevolmente assorbono i valori del mondo attorno a loro come mezzo per affrontare la vita quotidiana.

A questi valori potrà anche essere applicata una mano di vernice cristiana per rivestirli ad apparire cristiani ma rimangono i valori del mondo. Agghindare una scrofa in un bell’abitino con aggiunta di perle e rossetto non significa che si comporterà con decoro e civiltà al ricevimento del vicario. E così la chiesa si fa corrompere dai valori del mondo e il regno di Dio, che Gesù ci ha detto di avere per obbiettivo centrale della nostra vita, viene trasferito ad un reame spirituale che è inutile per la vita. Una volta che i valori del regno sono stati esiliati nel reame spirituale i valori del mondo sono tutto ciò che rimane a guidare i cristiani nella loro vita quotidiana.

Come trattiamo dunque questo problema? Dobbiamo smettere di fare un idolo della chiesa e delle sue forme, servizi, governo, riti, liturgie, musica, e tutte le altre regole fatte dall’uomo che sono giunte a dominare la vita della chiesa e tornare a focalizzarci sul regno di Dio e la sua giustizia come nostra priorità.

Che cos’è il regno?

È un ordine sociale profetico anti-rivoluzionario fondato e governato dal patto di grazia che è stato destinato a manifestarsi e realizzarsi sulla terra tra gli uomini in quest’era presente e che proprio per la sua reale esistenza chiama uomini e nazioni a pentimento e obbedienza a Gesù Cristo. Non è confinato all’era a venire, né è confinato al reame spirituale. La bibbia ci dice che ogni autorità in cielo e sulla terra è stata data a Gesù Cristo. Il regno di Dio è per questa era, per adesso. È destinato a crescere finché rimuoverà e rimpiazzerà gli ordinamenti sociali empi e secolari del mondo, e questo dovrà continuare finché tutte le nazioni l’avranno abbracciato. Questo, dopo tutto, è ciò che insegna il Grande Mandato. Noi dobbiamo inoltre spogliarci del concetto dualista della realtà e della fede che domina la comprensione della maggior parte dei cristiani visto che è fonte di così tanto errore nella chiesa tanto in termini di teologia che di pratica. Questo mondo appartiene a Dio e il Signore Gesù Cristo è venuto a redimere il mondo intero, non meramente a strappare tizzoni dal fuoco. La nostra vocazione è di portare tutte le cose all’ubbidienza di Cristo. Come disse Abraham Kuyper con parole rimaste famose: Non c’è un centimetro quadrato dell’intero dominio dell’esistenza umana su cui Cristo, che è sovrano su tutto, non dica: “È mio!”.


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