RISORSE:

Recentemente ho cercato di promuovere una discussione sul fatto che la Bibbia parli con autorità su tutto ciò che tratta e inoltre che tratta di tutto, offrendo delle letture. Nulla è seguito. Magari non tutti abbiamo molto tempo da dedicare alla lettura e chi ne ha un po’ sceglie argomenti che reputa più strettamente correlati all’evangelo. Forse preferiamo strumenti più facili che richiedono meno impegno. Ho pensato di offrire brevemente la “testimonianza” della mia conversione centrandola sul punto che desidero fare. Nei nostri circoli una testimonianza suscita sempre una certa curiosità.

Sono diventato cristiano più di quarant’anni fa. Ero un giovane di ventitrè anni, sposato e con un figlio. Erano gli anni 70 e mi trovavo in Canada come emigrante per mia “fortuna” proprio durante un periodo di fermento evangelistico definito “Evangelism Explosion” (Formidabili Quegli Anni!). Ero comunista per invidia, voglio dire che ero uno dei tanti che, per invidia di chi era più bravo o aveva di più per condizione famigliare, sperava in un ordine sociale proletario che abbassasse tutti gli altri al mio livello. Un giorno, mentre in fabbrica stavo cercando di fare proseliti, si fermò a parlare il fratello del datore di lavoro il quale mi disse che la Parola di Dio aveva per i problemi sociali una soluzione migliore. Mi spiegò che quando il popolo è fedele alla parola di Dio, Dio gli dà dei governanti buoni e il Signore benedice quella nazione con libertà, salute, prosperità, pace. Quando invece il popolo è idolatra e s’allontana dalla legge di Dio, Dio gli dà dei governanti malvagi insieme con malattie, problemi, schiavitù, siccità e guerre. (Si noti che non mi parlò subito di Gesù). Accettai un invito a casa sua per approfondire questa visione del mondo e lì fui reso edotto del fatto che il problema del mondo è il peccato e che la “salvezza del mondo” offerta da Dio in Cristo si ha per conversione, non per rivoluzione. Cominciai così a studiare la parola di Dio con lui e poi col pastore della sua chiesa e nel tempo di qualche mese il Signore mi convertì.

Vengo al dunque: sono stato convertito (o quantomeno “pescato”) da un vangelo che aveva una rilevanza sociale, una visione per il qui ed ora.

Perché “Gesù Nazareno Re dei Giudei”? L’ho scelto perché questa mia “esperienza” con la predicazione biblica mi permette di sviluppare il punto in modo semplice e breve. Ricordo di aver ricevuto, tanto in Canada (Reformed Presbyterian Church Evangelical Synod, Calgary) quanto successivamente in Italia  (Chiesa Cristiana Evangelica, Padova) delle predicazioni centrate intorno all’iscrizione posta sulla croce di Gesù. L’iscrizione era in ebraico, greco e latino. Tali sermoni argomentavano che il significato della triplice iscrizione è che per aver dato se stesso per la riconciliazione del mondo il Padre annunciava Gesù come Re sulla Religione (l’ebraico), sulla Cultura (il greco) e sulla Legge, ovvero sull’ordine sociale (il latino). Questo tipo di convinzione, e cioè che Gesù è Re su tutto mi è sempre risultata affascinante, in sintonia con la realtà della sua divinità e dello scopo che il Padre aveva per lui, con la testimonianza della Scrittura, e gradualmente compresi che aveva anche uno scopo totale per la mia vita nel regno.

Da circa vent’anni, però, il mondo evangelicale sta dimostrando di essere infettato da convinzioni diverse (su queste infezioni c’è del materiale sparso su questo sito). C’è oggi da più parti un attacco, consapevole o meno, alla totale signoria di Gesù proprio su questi tre punti.  Qualcuno dice: “Gesù non ha istituito una religione ma una relazione personale” (entusiasti e arminiani antinomiani), altri: “il cristianesimo non deve avere la pretesa di cambiare la cultura” (vedi  ad es. MacArthur, pietismo), e  altri ancora: “la legge naturale è da preferirsi alla legge di Dio” (ad es. IFED e  Westminster West). Questo sviluppo ha contribuito a degradare il cristianesimo evengelicale da Regno a setta misterica cioè una setta della salvezza personale (la Religione). La concentrazione sulla salvezza personale ha fatto diventare il cristianesimo irrilevante nella società la quale ha progressivamente adottato etiche pagane (la Cultura), e ha generato tribunali che amministrano ingiustizia (la Legge).

Bisogna concedere che in questi anni, in Italia, del lavoro è stato fatto. I Sola della Riforma e le dottrine bibliche della grazia sono state definite con maggiore precisione, divulgate ampiamente e c’è una sempre maggiore loro accettazione. Però, insieme a Sola Scrittura c’è anche Tota Scrittura che lo qualifica. Soprattutto a quest’ultimo c’è un’adesione a parole, ma non nei fatti. Ma quando Paolo dice a Timoteo “Tutta la Scrittura …” la sola Scrittura esistente allora era l’AT. Oggi l’AT è studiato quasi esclusivamente per dimostrare la progressione della Rivelazione (col chiaro intento di abbandonarlo visto che la Rivelazione è più chiara nel Nuovo), raramente per “istruire nella giustizia”. La chiesa oggi predica quasi esclusivamente per fare nuovi convertiti (le dottrine della grazia) ma non educa i credenti in tutto il consiglio di Dio (il resto della Scrittura). Alcuni argomenti vengono sì trattati, ma sempre da una prospettiva pietista, mai con l’intento di preparare il credente al suo servizio nel regno di Dio.  La chiesa si ritiene erroneamente coestensiva del regno di Dio ma non sta attivamente esercitando le funzioni che ne promuovano la giustizia, né preparando i suoi membri a farlo. Li tiene stretti in un abbraccio mortale impedendo loro di essere Regno. Eppure il comando di Gesù è chiaro: “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia”.

Con l’apparizione del covid-19 e la conseguente momentanea cancellazione dei culti pubblici si è cominciato a vedere questo evento come un giudizio di Dio sulla chiesa (il giudizio inizia sempre da lì) ma mi sembra non sia stata fatta nessuna riflessione sul fatto che da tanti decenni la chiesa era già stata rinchiusa e confinata nel suo precinto (cioè tenuta in cattività, che nella bibbia è segno di giudizio, non la condizione permanente del cristiano prima del Ritorno come vorrebbe qualche moderna teologia del deserto o dell’esilio) e ha volentieri ceduto allo stato alcune aree di servizio nel regno che la Scrittura le affida con mandato diretto (ad es. l’istruzione, la guarigione, il welfare di vedove e orfani, ecc.). Ci sono molte ragioni per questo fatto, e il nostro cedimento su questi punti va analizzato per poter offrire una soluzione.  Ignorare il problema  determinerà la nostra scomparsa perché irrilevanti lo siamo già.

Giorgio Modolo  (Aprile 2020)


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