40. La Legge, Lo Stato, e Il Popolo

La natura e il significato di legge sono cambiati da una cultura ad un’altra. Prima di tutto, tutta la legge è religiosa nei suoi presupposti perché è un’espressione di valori basilari e ultimi. Le leggi proteggono quei valori che sono i più importanti per una società e indica quelli che considera alieni e malvagi. Ogni sistema giuridico incorpora un concetto di interesse ultimo, di religione e di etica. Secondo, le leggi, oltre a proteggere i valori protegge anche gli uomini. Gli uomini protetti negli stati odierni possono essere, teoreticamente, tutti gli uomini all’interno di quella società, lo stato e i suoi agenti, o una classe di uomini come potrebbe essere il proletariato. Non è nostro interesse al momento se la protezione sia teoretica oppure effettiva. Nell’antichità la legge era comunemente legge del re; anzi, meglio, era spesso la legge di un re che si pretendeva divino-umano, la cui parola era legge. In un certo senso, la legge è sempre parziale; protegge quelli che la legge considera giusti e persegue quelli che sospetta d’ingiustizia. Dove la parzialità della legge sia determinata dall’uomo, tutti quelli che divergono dal legislatore possono essere giudicati illeciti e criminali. Pertanto non c’è libertà per il capitalismo nell’Unione Sovietica, e ci sono a volte delle limitazioni alla libertà di comunisti in alcune democrazie. Dove le leggi provengono dagli uomini, gli uomini determineranno i limiti della protezione garantita dalla legge.
In questo modo la legge ha sempre un interesse; la legge protegge e punisce nei termini di presupposti pre-teoretici che sono in essenza religiosi. La domanda importante da fare alla legge riguarda la natura del suo interesse. L’interesse può essere monarchico, democratico, fascista, razzista, e così via. In ogni caso è l’espressione di certi valori.
Storicamente, la legge, che ci piace vedere come l’espressione della giustizia, è stata vista molto comunemente come ingiustizia. In India, la legge regale favorì per secoli lo sfruttamento del popolo e fu vista come oppressiva. Un vecchio missionario che aveva avuto contatti con cinesi abbastanza vecchi da aver vissuto attraverso il dominio dell’imperatrice, della “repubblica” e dei comunisti, chiese loro come le differenze da un regime all’altro avessero avuto un impatto su di loro, i contadini. La loro risposta fu che tutte le cose erano essenzialmente uguali: “Tutti i padroni vogliono la loro volontà e i nostro lavoro.” I teorici della legge amano vederlo come l’equivalente della giustizia. Durante la maggior parte della storia gli uomini l’hanno visto come l’oppressiva volontà dei padroni.
L’antico Israele fu un’eccezione. Nei periodi di fedeltà la produzione di leggi fu riconosciuta come prerogativa di Dio, non dell’uomo, e Dio aveva rivelato la sua legge pattizia mediante Mosè. Questa legge fu difesa ed esposta dai profeti, ed era vincolante per il Re e per il popolo. L’atto d’accusa che Nathan porta davanti a re Davide, uno di una lunga serie di tali scontri, fu senza paragoni nell’antichità. Una legge al di sopra dell’uomo e da Dio giudicava sia il re che il popolo, di fatto, tutti gli uomini e tutte le nazioni.
Per i nostri propositi qui, dobbiamo notare alcuni limitati aspetti della legge biblica. Primo, ogni sistema giuridico impone certe restrizioni su alcuni per la libertà di altri. Fuori della legge biblica, queste restrizioni sono su un segmento di uomini per la libertà di altri, spesso solo di pochi. Nel Repubblica di Platone, i liberi sono molto pochi, questi sono i filosofi-Re. In altri sistemi, altre élite sono libere e gli altri vincolati. Secondo, in un ordine sociale la liberà non solo è selettiva, ma è anche sia positiva sia negativa. In questo modo, nella Russia Sovietica c’è libertà dal capitalismo, e una libertà per lo stato di controllare i propri cittadini. Un uomo che eserciti la libertà di peccare si assicura con ciò la libertà dalla virtù e delle sue molte benedizioni. Nessuna presa di posizione o azione ha una singola conseguenza; noi siamo in ogni momento ad un nesso di eventi, passati, presenti e futuri. La legge biblica ci da’ libertà dagli uomini, dallo stato, ma non da Dio. L’ordine sociale creato dalla legge biblica non si fida dell’uomo in quanto peccatore e pertanto minimizza i suoi controlli mentre mette in rilievo le sue responsabilità.
Terzo, questo significa che la legge biblica porta ad uno stato minimo. Il re o il giudice in Israele aveva minor potere di quanto sia oggi routine per gli alti funzionari della burocrazia statale. L’accento della legge biblica è sulle responsabilità che l’uomo ha verso Dio e verso i suoi consimili sotto Dio. L’uomo deve diffidare di se stesso, dei suoi consimili e dei suoi governanti; per usare le parole di Isaia: “Cessate di confidare nell’uomo, nelle cui narici non c’è che un soffio: quale conto si può fare di lui?” (Isa. 2:22). Potere ed autorità non devono essere concesse agli uomini separatamente dalla parola di Dio e dalla sua legge. Allo stesso tempo, ci è comandato di ricordarci sempre che “Siamo membra l’uno dell’altro” (Ef. 4:25).
Si potrebbe dire molto di più della legge biblica, ma per i nostri propositi attuali questo sarà sufficiente. Con la progressiva conversione a Cristo dell’occidente, la parola-legge di Dio divenne i canoni della società e degli stati in modo che nella vita della legge fu introdotto un nuovo elemento. Roma vide molto presto le radicali implicazioni del cristianesimo e perciò lo resistette. Due dottrine rivali di sovranità e di giurisprudenza erano in guerra l’una con l’altra, la sovranità di Dio e della sua legge contro la sovranità dell’uomo, dello stato, e della legge fatta dall’uomo. Dai giorni di Roma fino al presente, la storia è stata testimone di questo continuo combattimento.
In qualsiasi sistema di pensiero, il sovrano è il legislatore e pertanto de facto: Dio. Sovranità o signoria, e il legiferare sono inseparabili. Il potere di fare leggi è una manifestazione di possesso di valore ultimo e di sovranità in una società e sulla società. È un fatto religioso e manifesta il dio di quel sistema.
A motivo di questo, il conflitto del cristianesimo con varie forze, e più in particolare con lo stato, è stato un fatto continuo della storia dell’occidente. Il periodico prevalere della prospettiva cristiana ha significato la liberazione dell’uomo dal controllo dello stato. Ha anche significato che la storia dell’occidente è stata segnata da una libertà sconosciuta ad altre zone del mondo, e il risultato è stato che l’occidente ha avuto una vitalità di dimensioni ineguagliate.
Al posto di una società monolitica dominata da uno stato monolitico, abbiamo visto conflitto e libertà entrambi. Per quanto la comunità cristiana sia stata usualmente difettosa, la sua presenza ha prodotto energie sociali e progresso senza eguali in tutta la storia. Qualsiasi studio della storia dell’occidente che sia separato dalla teologia è un esercizio d’evasione di futilità. Riportare eventi non è comprendere la storia.
Come risultato di questo fattore cristiano, l’interesse di un ordine sociale è un interesse diviso. È oggi popolare che i politici parlino dell’interesse dello stato e che lo equiparino all’interesse pubblico. Questa identificazione era alla base delle antiche tirannie ed è ora luogo comune con le nostre più nuove. Le sue origini moderne sono in Jean-Jacques Rousseau che identificò lo stato con la volontà generale del popolo. Questa identificazione ha reso possibili le tirannie del moderno Marxismo e del Nazional Socialismo. Rousseau sosteneva che al collettivo “deve essere insegnato che cos’è che vuole.” Nel Contratto Sociale, Rousseau sostenne che, mentre la volontà del popolo potrebbe non corrispondere alla volontà generale, “La volontà generale è sempre giusta e tende sempre al bene pubblico; ma non ne consegue che le deliberazioni del popolo abbiano sempre la stessa rettitudine … C’è spesso una grande differenza tra la volontà di tutti e la volontà generale.” Questa identificazione della vera volontà del popolo come volontà generale, e la volontà generale con lo stato, portò a una riproposizione dell’antico stato pagano. Dopo Hegel, lo stato fu effettivamente un dio in terra.
La Rivoluzione Francese cominciò l’idealizzazione dello stato ad un grado precedentemente sconosciuto nel mondo occidentale. Razionalizzò inoltre la tirannia nel nome del popolo. Il riconoscimento che l’interesse pubblico e l’interesse dello stato potevano essere assai diversi era cresciuto lentamente e stabilmente. Ora, con la laicizzazione della società e l’idealizzazione dello stato, quella distinzione cominciò a venire accantonata.
Nel mondo di lingua inglese, quella distinzione era divenuta particolarmente forte. Una lunga tradizione di uomini coraggiosi avevano difeso l’interesse pubblico contro i poteri della corona. Passo dopo passo quella distinzione fu messa in rilievo e diffusa. I poteri illimitati delle commissioni della corona furono contrastate e le aree di libertà espanse. La dichiarazione di James Otis, nella Nuova Inghilterra, che la casa di un uomo è il suo castello, era in questa tradizione, che va indietro fino al Medio Evo, a Thomas Becket, alla Magna Carta, e a tanto altro. Il papato ebbe un ruolo in questo, un ruolo importante, nello sfidare i controlli che monarchi vari cercarono d’imporre alla chiesa. La libertà fu una lunga battaglia, o meglio, una guerra con molte battaglie, alcune ancora da combattersi.
Dobbiamo ora volgerci ad un fattore chiave in tutto questo. Come abbiamo visto, questo sviluppo cristiano portò lentamente al riconoscimento della differenza tra l’interesse dello stato e l’interesse pubblico. L’accusa a Davide da parte del profeta Nathan è un importante esempio di ciò nella storia dell’Antico Testamento. Le storie d’Europa, Inghilterra e America ci danno molti altri esempi di questo riconoscimento.
Il fatto che rese possibile questa ed altre differenziazioni fu la legge, la legge di Dio. Diversamente da tutte le altre leggi, la legge di Dio non era identificata con nessuna classe, razza, o popolo; giudicò gli ebrei, e più tardi i Giudei ancor più severamente di altri popoli talché non dava loro esenzioni ed era enfatica nel precluderlo.
La legge di Dio non è identificabile con l’interesse dello stato né con quello pubblico. Mette in evidenza le loro differenze, ma non favorisce nessuno dei due. Anzi, la legge di Dio parla dal di sopra della storia per giudicare e governare tutti quelli dentro la storia. In II Samuele 12 Natahn dice a Davide: “Tu sei quell’uomo,” e poi preannuncia il giudizio di Dio su di lui. La legge di Dio giudica ambedue, l’interesse pubblico e quello privato perché li trascende entrambi.
Tutte le leggi fatte dall’uomo riflettono un interesse umano particolare. A questo punto, le teorie giuridiche e i sistemi umanisti sono stati vulnerabili alla critica Marxista. Secondo il Marxismo, le leggi non sono sistemi oggettivi di verità trascendentale ma prodotti di classe. Un prodotto di classe, il sistema giuridico difende la classe che l’ha creato e che lo sponsorizza. Accettando questa premessa, i Marxisti sostengono che gli operai debbano essere la classe dominante e in controllo, e le leggi devono riflettere i loro interessi di classe. Anche qui, comunque, un gruppo elitario esprime la supposta volontà del popolo, ma non col consenso del popolo e degli operai.
In più, mentre il Marxismo ha notato la parzialità della legge, non ha risolto il problema ma l’ha aggravato insistendo in una rigida e totale parzialità di classe a rimpiazzare quella vecchia e limitata. Come risultato, ha sostituito la società mista con le sue frequenti ingiustizie con uno stato totalitario dedicato a incessante e totale ingiustizia.
Chiaramente, lo stato non è dio; sulle proprie premesse umaniste non può fare a meno di confondere l’interesse dello stato con l’interesse pubblico, e di insistere che la propria volontà equivale a legge. A causa di questa identificazione, c’è una costante perdita di libertà religiosa, e di libertà personale e famigliare. Anche la perdita in altre aree, economica, educativa, culturale e così via, è considerevole. Sempre più lo stato identifica il proprio interesse con la giustizia.
Negli Stati Uniti c’è uno stabile movimento a forzare una dottrina di “politiche sociali pubbliche” su tutte le chiese mediante regole e leggi. Questo darebbe al governo federale il potere di regolare, controllare o eliminare qualsiasi o tutti i gruppi che si pongano in conflitto con le “politiche sociali”. Poiché le “politiche sociali” attualmente favoriscono cose come omosessualità e aborto, questo significa che le chiese che si oppongano a uno dei due hanno l’opzione di arrendere la loro fede o cedere allo stato su queste e su altre questioni. Questo andamento segna la morte della libertà.
Ogni qual volta e ogni dove la legge è stata vista come la voce del popolo o la voce dello stato, questa fede totalitaria ha prevalso. O la legge è trascendentale, o è il prodotto di qualche agenzia umana. Se la legge è il prodotto di un’agenzia umana non può giudicare quell’agenzia. Quando lo stato fa leggi, non può essere portato in tribunale senza il suo consenso, e a quel punto, nei suoi tribunali. In ogni ordine sociale umanista, la giustizia diventa la volontà dello stato, e la libertà diventa un lusso riservato allo stato e ai suoi agenti.
Poiché oggi stiamo assistendo alle conseguenze alla lunga di una profondamente radicata dipartita dalla natura trascendentale della legge, dalla legge di Dio, assistiamo da tutti i lati l’attacco alla libertà cristiana.
Allo stesso tempo, vediamo l’ascesa di un altro tipo di libertà, la libertà degli schiavi, la libertà dell’irresponsabilità. Ciò che spesso dimentichiamo è che uno dei fattori peggiori nella schiavitù è sempre stato quello intangibile: la diminuzione della responsabilità. Niente è più devastante per l’uomo e la società. L’aborto, la rivoluzione sessuale, l’omosessualità, e altre sono tutte evidenze di libertà di schiavo non di libertà responsabile.
Quelli che disprezzano la legge di Dio stanno così imperversando contro responsabilità, giustizia e libertà responsabile. La libertà sotto Dio fa di noi membri, non signori l’uno dell’altro. Ci libera dalla schiavitù a una vocazione sotto Dio. La legge di Dio è giustizia; il legiferare dell’uomo porta all’ingiustizia. Il punto di partenza della libertà e della giustizia è Gesù Cristo e la sua potenza di rigenerare: “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Gv. 8:36).
(Maggio 1983)