16. Le Prerogative imperiali di Gesù Cristo
Il Nuovo Testamento è enfatico circa le prerogative imperiali di Gesù Cristo. San Paolo parla di questo come di un fatto della storia ineludibile e inevitabile.
Perciò anche Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesú si pieghi ogni ginocchiodelle creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee, e ogni lingua confessi che Gesú Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre. (Fil. 2.9-11)
Non ci saranno eccezioni al dominio universale di Cristo. Prima della fine del mondo, tutte le cose saranno sotto il dominio di Cristo, e tutti gli uomini, e dopo, l’ultimo nemico, la morte, sarà distrutto.
Poi verrà la fine, quando rimetterà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo aver annientato ogni dominio, ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni, finché non abbia messo tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico che sarà distrutto è la morte. (I Cor. 15.24-26).
Questo è semplicemente naturale, poiché Cristo è Colui del quale dobbiamo dire: “Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistonoin lui” (Col. 1.17). “ Egli è la parola fatta carne. Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (la Parola), e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta” (Gv.1.3). Giovanni ci dice che Gesù dichiara: “ Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio, e la fine», dice il Signore «che è, che era e che ha da venire, l’Onnipotente” (Riv. 1.8). La parola dal cielo alla terra è: “I regnidel mondo sono divenuti il regno del Signor nostro e del suo Cristo, ed egli regnerà nei secoli dei secoli” (Riv. 11.15). Non ci sono eccezioni al suo dominio universale, perché Gesù Cristo è il Re e Signore universale. “Re dei re, Signor dei signori” (Riv. 19.16). Per ogni stato cercare di controllare il reame di Cristo è un’assoluta malvagità.
C’è ancora un altro termine applicato a Gesù Cristo che è un attributo di Dio (Ef. 1.17), un termine centrale agli antichi concetti orientali di potere regale assoluto, il possesso della gloria. Gesù Cristo fu molto chiaramente visto dagli scrittori del Nuovo Testamento come “Il Signore della Gloria” (Gc. 2.1)
I re orientali e gli imperatori di grandi potenze erano visti come il volto di Dio sulla terra. Erano la rappresentazione personale di Dio nel tempo. Essi erano la soglia, e perciò i mediatori di Dio. Come tali, erano possessori della Gloria divina. Il re veniva visto come “la rivelazione della Gloria” e la “Forma della coorte del re è preservata nella forma delle nostre chiese”. L’altare è il trono della Grazia, ed il “santuario, ‘all’interno del raggio ’, il posto riservato per la cerchia di ‘amici ’ del re”.[1] Questo concetto di regalità è essenziale per la comprensione del mondo delle nazioni del Vecchio Testamento ed il mondo dell’epoca del Nuovo Testamento. La divinità in ogni essere manifestava la propria gloria nei grandi re e nei loro stati. Ogni riferimento alla Gloria di Dio è anche un diniego della gloria di re terreni. Quando Erode, che avrebbe dovuto saperlo bene, cercò di reclamare quella gloria, Dio lo colpì per la sua profanazione dentro al reame del tempio ancora in piedi. Erode si era vestito di abiti disegnati per riflettere il sole, secondo Giuseppe Flavio tessuti di puro argento. La folla servile salutò Erode Agrippa come un dio, dichiarandolo essere ovviamente più che un uomo.[2]
Nel giorno stabilito Erode, vestito del manto regale e seduto sul trono, teneva loro un discorso. Il popolo lo acclamava, dicendo: «Voce di Dio e non di uomo!». In quell’istante un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; e morì roso dai vermi. Ora la parola di Dio cresceva e si diffondeva. (At. 12.21-24)
Buckler richiamò l’attenzione alla condizione di coloro che il Re della Gloria prendeva nella propria casa. Primo, erano chiamati amici, come fa Gesù con tutti quelli che osservano i Suoi comandamenti (Gv. 15.16). La parola tradotta amici è philos in Greco, e quando usata da un monarca significa principi di grazia, perché tutti quelli che un re fa suoi amici fa principi della casa e famiglia reale. La stessa parola è tradotta con principi nella versione dei Settanta di Ester 1.6.
Secondo, tutti coloro che per grazia sono inclusi nella famiglia reale vengono vestiti dal Grande Re da suoi figlioli. La necessità di essere vestiti dal grande Re è dichiarata chiaramente da nostro Signore nella parabola della Festa delle Nozze (Mt.22.1-14). La veste di gloria del Re, la Sua santità e giustizia, copre i suoi figli adottivi. Rifiutare la Sua veste è rifiutare Lui.
Terzo, i principi di grazia, che per adozione sono fatti membri della casa reale, siedono alla festa reale. La Tavola del Signore (Comunione) è la festa regale, la testimonianza visibile della Sua cura provvidenziale per i Suoi. Buckler sottolineò:
“Partecipare della festa reale è offrire se stessi ad essere ‘membri’ del corpo del re. Nelle parole della preghiera di consacrazione ‘che noi che riceviamo queste tue creature del pane e del vino…possiamo essere partecipi del suo benedetto Corpo e Sangue”.[3]
Quarto, quelli che rivestono Cristo rivesto pure la giustizia regale opposta a giustizia servile. La giustizia regale manifesta la gloria di Dio in gioiosa obbedienza alla Sua parola-legge dove invece la giustizia servile è un’obbedienza che nasce da timore e schiavitù.
Quinto, Sconfiggendo sulla croce la potenza del peccato e della morte, Gesù Cristo, il Signore della gloria, ha sconfitto il potere del principe delle tenebre proprio in quello stesso mondo che esso ha corrotto e catturato. Ora questo mondo può essere riconquistato, e la gloria di Dio manifestata in ogni area di vita e di pensiero.
Sesto, per assicurare la continuità del regno di Cristo sulla terra, la chiesa fu stabilità per estendere a tutta la terra i diritti regali del Signore della Gloria, e per fare discepoli di tutte le nazioni (Mt. 28. 18-20). Il potere della vera e fedele chiesa di Cristo è così grande che nemmeno le porte dell’inferno potranno prevalere o resistere ad essa. (Mt. 16. 18).
Settimo, per rendere chiaro questo fatto, dio il Signore, alla Pentecoste utilizzò un antico simbolo di gloria regale per manifestare il Suo Spirito. Secondo Atti 2.1-4:
Come giunse il giorno della Pentecoste, essi erano tutti riuniti con una sola mente nello stesso luogo. E all’improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro. così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi.
Una grande luce o fuoco risplendente è l’antico simbolo della gloria. Alla Pentecoste non fu un fuoco o una lingua di fuoco ad apparire ma lingue di fuoco. In precedenza, una lingua di fuoco era stata portata davanti a Grandi Re quali Ciro, Dario e Alessandro Magno, a significare la loro dichiarazione di essere la luce della gloria. Queste erano tutte fiamme fatte dall’uomo, perché erano dichiarazioni di Gloria divina prodotte umanamente. Ora, alla Pentecoste fu Dio lo Spirito a portare il fuoco e viene a tutti quelli che sono chiamati da Dio. Per citare nuovamente Buckler:
Lo Spirito Santo è la divina, Regale Gloria del Regno di Dio, stabilito sulla terra da nostro Signore. Le dottrine della Sua divinità e del Suo posto nella Trinità come uno stesso essere (homoousion) col Padre e col Figlio, dai quali procede, è per la Chiesa l’assegnamento della propria scaturigine della Gloria che le appartiene per mezzo del suo Signore. Dal possesso della Gloria proviene la giustizia regale. In questo fatto, che è simboleggiato nel sacramento della cresima, che è in realtà il più importante di tutti i sacramenti, poiché è l’Epifania di ogni figlio dell’uomo.[4]
L’ascendenza del re della Gloria, Gesù Cristo, a tutti i sedicenti re di gloria è più che ovvia. Suggerire che il reame di Cristo dovrebbe essere controllato o concesso dai pretendenti è assurdo e blasfemo. Lo stato moderno, attraverso molti simboli, dichiara di essere il portatore della vera gloria. Tecnicamente questo è meno vero degli Stati Uniti che di altri Paesi, perché la nostra Costituzione omette qualsiasi dichiarazione di sovranità, benché questa dichiarazione sia stata re-introdotta dalle Corti Costituzionali. Nonostante ciò, noi abbiamo il riferimento alla bandiera come alla “Vecchia Gloria”.
Non è tutto. Ogni fedele credente è il tempio dello Spirito Santo. Per grazia, egli è costituito l’abitazione della Gloria di Dio. Egli dunque possiede ciò che re e stati hanno dichiarato d’avere ma non hanno, la Gloria di Dio. Da ciò, mentre al cristiano è comandato, sotto Dio, di sottomettersi ai governanti, questa non può mai essere una totale o incondizionata sottomissione, perché il credente è nel mondo ma non del mondo (Gv. 15.19). Gli empi sono di questo mondo (Gv. 8.23). Nostro Signore è stato chiaro che il Suo Regno non è di o derivato da questo mondo (Gv. 18.36). Questo mondo perciò non ha diritto di controllarlo.
Non dobbiamo mai dimenticare che, nell’Antico Testamento, il Tempio ed il Luogo Santissimo erano il palazzo di Dio e la sala del trono. Quanto seriamente dovesse essere stato preso questo fatto è evidente nel Salmo 24. Questo Salmo celebra l’assoluta sovranità di dio su tutte le cose (vss.1-2); ci da la base d’ammissione alla presenza regale (vss. 3-6). Poi le porte di Gerusalemme, ma metaforicamente, tutta la creazione, è invitata ad aprire al Re della Gloria (vss.7-10). Le “porte eterne” devono aprirsi all’eterno Re di Gloria:
All’Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti.
2 Poiché egli l’ha fondata sui mari e l’ha stabilita sui fiumi.
3 Chi salirà al monte dell’Eterno? Chi starà nel suo santo luogo?
4 L’uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l’animo a vanità e non giura con frode.
5 Egli riceverà benedizioni dall’Eterno e giustizia dal DIO della sua salvezza.
6 Tale è la generazione di quelli che lo cercano, che cercano la tua faccia, o Dio di Giacobbe. (Sela)
7 O porte, alzate i vostri capi; e voi, porte eterne, alzatevi, e il Re di gloria entrerà.
8 Chi è questo Re di gloria? E’ l’Eterno forte e potente, l’Eterno potente in battaglia.
9 porte, alzate i vostri capi; alzatevi, o porte eterne, e il Re di gloria entrerà. 10 Chi è questo Re di gloria? E’ l’Eterno degli eserciti; egli è il Re di gloria. (Sela)
Il Nuovo testamento ci dice che Gesù Cristo è il Signor della Gloria. Ė il dovere dello stato moderno lasciarlo entrare e sottomettersi a Lui, non di controllarLo.
[1] F.W. Buckler:The Epiphany of the Cross,p.5 Cambridge, England: W. Haffer, 1938.
[2] Giuseppe Flavio:Antichità Giudaiche, libro XIIX, viii.
[3] F.W. Buckler: The Epiphany of the Cross,p.9. Cambridge, England, W Haffer, 1838.
[4] Ibid, p.74. è necessario aggiungere che ci sono sviluppi nel pensiero di Buckler che non sono condivisi da questo scrittore.