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SALMO 149

LA CHIAMATA È ALLA VITTORIA

 

Ci fu un tempo in cui il Salmo 149 era largamente usato in tempi di pericolo e di guerra. Ammesso che a volte eretici come Thomas Munzer ne fecero un uso malvagio, rimane il fatto che tutti quelli che lo utilizzarono avevano su questo punto una consapevolezza più realistica del significato delle Scritture di quanto non abbiano i cristiani oggi. Salmo 149 e testi simili delle Scritture furono usati in egual modo da ortodossi e da eretici perché su questo punto entrambi credevano nell’affermazione spesso ripetuta delle Scritture che Dio chiama il suo popolo alla vittoria nel tempo e nell’eternità.

Questo è un salmo di lode: ci dà aspetti della lode di Dio, aspetti che Dio ha ordinato e richiede.

Ci sono due modi in cui noi siamo chiamati e ci viene richiesto di lodare Dio. Il Salmo comincia e termina con una chiamata ed un comando: “Lodate il SIGNORE” (che è il significato di Alleluia: lodate Jah!).

La prima forma di lode richiesta è la lode di adorazione esuberante, di gioia e di bellezza (vv.1-4). La chiamata è a cantare un “canto nuovo”, cioè un canto di ringraziamento per la liberazione. L’adorazione di Dio richiede lode e ringraziamento (v.1).

Il popolo di Dio (Israele) deve gioire nel suo Fattore; devono essere gioiosi in colui che è il loro Re. Il fatto della regalità di Dio proviene dalla sua creazione del cielo e della terra. Quale creatore di tutte le cose, Dio è l’assoluto legislatore, Signore e Re su tutto.

La lode di Dio è di esuberante, gioioso ringraziamento. Devono lodare Dio (v.3) con la mente e col corpo, con la musica e la danza (cfr. Es. 15:20; Gc. 11:34; 2 Sa. 6:14; Gr. 31:4). La vita del credente deve essere una vita gioiosa in ogni aspetto. Egli deve essere di mente “sobria” (1 Te. 5:6), cioè stabile, calmo, evitando sia l’indifferenza che l’eccitabilità. Ma una persona sobria può essere anche gioiosa ed esuberante, L’eccitabilità o l’instabilità emozionale e la gioiosa esuberanza sono due cose diverse.

La ragione per questa gioia si trova nel fatto che il Signore “si compiace nel suo popolo”. Essi sono gli “umili” che qui significa “inchinati” dall’oppressione, dalla sofferenza, a motivo della loro posizione di fede. Ma il Signore “corona gli umili di salvezza” (v.4). Il proposito di Dio, come lo ha dichiarato Isaia è “Per accordare gioia a quelli che fanno cordoglio in Sion per dare loro un diadema invece della cenere, l’olio della gioia invece del lutto, il manto della lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di giustizia, la piantagione dell’Eterno per manifestare la sua gloria” (Is. 61:3).

La seconda forma di lode richiesta è con la battaglia fino alla vittoria (vv.5-9).

L’introduzione a questo è il verso 5, che richiede ai santi di “esultare nella gloria, cantare di gioia sui loro letti”. Ciò che i versi 6-9 hanno in mente è una battaglia reale e la distruzione fisica dei nemici di Dio. Questi versi non si possono mitigare spiritualizzandoli. Parlano di una letterale distruzione dei nemici di Dio come mezzo per lodare Dio, un mezzo ordinato da Dio e una vittoria da lui ordinata. È questo trionfo che li fa gridare di gioia sui loro letti, incapaci di dormire dalla vera gioia. È la chiamata di Dio per il suo popolo.

Questa chiamata alla vittoria implica, primo, la lode di Dio dal cuore e dalla bocca. Secondo, richiede uno stato di guerra, di guerra totale, contro i nemici di Dio, contro il male. Il popolo di Dio deve essere pronto alla guerra: “Abbiano nella loro mano una spada a due tagli” (v.6). Terzo, Dio chiama il suo popolo ad esercitare il potere in ogni area, nella chiesa e nello stato, e a servire Dio nel portare ad efficacia la giustizia contro chi commette il male: “per far vendetta sulle nazioni e infliggere castighi sui popoli” (v.7). Quarto, la natura stessa di questa vendetta viene specificata. Non tutto il male può essere eliminato dal mondo. Ma una legge ed un ordinamento pii possono “legare”, incatenare il male ed imporre “ceppi di ferro” e restrizione su tutti coloro che violano la legge. Quinto, “per eseguire su di loro il giudizio scritto”, non è per i santi solo un dovere, ma fare questo è anche il loro “onore” o la loro gloria. Come scrisse Alexander: “Agire come strumento di Dio in questo grande procedimento giudiziario, lontano dall’essere disonore o fatica, è un onore riservato per tutti quelli che sono oggetto della sua misericordia e soggetti della sua grazia” [1].

Il travisamento di questo Salmo implica la sua lettura come un documento interamente del passato, della storia di Israele, di nessun rilievo per noi oggi. Ammesso che il Salmo possa aver avuto un riferimento ad uno specifico accadimento storico, ed è probabile che sia così, nondimeno è una perversione della storia limitare al passato un testo che è dato senza tale limitazione. Era Dio per la vittoria la dove si concerne con Israele e per la sconfitta dove si concerne con uomini e nazioni cristiane? Leupold legge questo Salmo nei termini del passato, e in quei termini lo difende [2]. Ma tale difesa è triste, e rincresce in un abile commentatore. Era l’azione di Dio morale allora e immorale ora?

La negligenza verso questo Salmo, e di molti altri passi similari, avviene a motivo della prevalente eresia del disfattismo, un credo Manicheo che Satana trionferà nel mondo materiale e solo la seconda venuta ribalterà questa sconfitta.

Questo Salmo parla incondizionatamente, e parla di vittoria. Coloro i quali rifiutano di credere che la storia vedrà il trionfo del popolo di Dio, la loro vendetta sui nemici di Dio, e il loro governo in giustizia e verità, stanno negando a Dio la lode che gli è dovuta.

Salmo 149 è uno dei salmi de “Il Grande Hallel” (Sl. 146-150) è fondamentale alla lode di Dio, alla “lode espressa con potenza” [3].

Un punto finale: i commentatori che, trattando questo Salmo come applicabile esclusivamente alla storia d’Israele, allora e solo allora difendono la sua moralità, rivelano la propria immoralità. Limitare una giustificazione della vittoria alla storia da tempo passata è spaventoso. Il loro Dio è morto; era in funzione solo nell’antico passato d’Israele. Tali uomini sono colpevoli di bestemmia e meritano la vendetta di Dio, che siano credenti o meno. Il Signore è un Dio di battaglia e di vittoria. Non c’è altro Dio. Le Scritture conoscono un solo vero Dio, ed egli non cambia.

 

Note:

1 Joseph Addison Alexander: The Psalms; Grand Rapids, Zondervan, 1864, p. 563.
2 H.C. Leupold: Exposition of the Psalms; Columbus Ohio, Wartburgh Press, 1959, p. 1001-1005.Nel v.3, Leupold insiste nel tradurre la semplice parola “danza” in “danza solenne!”. Se c’è in questo salmo qualcosa di chiaro è che è significata gioia esuberante, non solennità. Una “danza solenne” è il tipo di bestemmia pretenziosa messa in campo dalle chiese moderniste. Leupold assume che sia significata una danza religiosa. Dalla prospettiva delle Scritture, tutte le cose sono religiose, ma solo atti di adorazione sono associati col santuario.
3 Lesile S. M’Caw. “The Psalms” , in F. Davidson, A.M. Stibbs, E.F. Kevan, editori: The New Bible Commentary; Grand Rapids, Eerdmans, 1953; p. 513.


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